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Generali e battaglie della Linea Gotica
Generali e battaglie della Linea Gotica
Generali e battaglie della Linea Gotica
E-book174 pagine2 ore

Generali e battaglie della Linea Gotica

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Info su questo ebook

Troppo spesso scrivendo di guerra ci si dimentica degli uomini che l'hanno combattuta per lasciare spazio ad armi, tattiche e strategie. Il francese Roland Dorgelés scrisse una volta "Io odio la guerra, ma amo coloro che l'hanno fatta". Le battaglie sono infatti il racconto collettivo di migliaia di vite, molte interrottesi per sempre nel luogo dello scontro. Posti vicini a casa che vediamo ogni giorno con occhio distratto, racchiudono storie di uomini e donne che hanno avuto a che fare con il flagello della guerra. Il ricordo di queste persone e delle loro azioni in guerra deve essere obiettivo prioritario dello storico militare. Attraverso le biografie di generali e comandanti e con la narrazione delle più importanti battaglie della Linea Gotica questo libro ricostruisce la grande e sanguinosa storia della guerra in Italia nel biennio 1944-1945.  

L'autore
​Andrea Santangelo, archeologo e storico militare, collabora con il Corriere della Sera, Il Resto del Carlino, la Rivista di Studi Militari e Icaro TV. Tra le sue monografie più recenti di storia militare: Le armi del Diavolo (con Marco Scardigli, Utet 2015), Cesare Borgia. Le campagne militari del Cardinale che divenne Principe (Salerno, 2017), Eccentrici in guerra. Storie e personaggi stravaganti della seconda guerra mondiale (Utet 2017), L'Italia va alla guerra, il falso mito di un popolo pacifico (Longanesi, 2017, Premio Cerruglio per l'editoria storica di difesa e sicurezza 2018).
LinguaItaliano
Data di uscita4 ott 2019
ISBN9788898275939
Generali e battaglie della Linea Gotica

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    Anteprima del libro

    Generali e battaglie della Linea Gotica - Andrea Santangelo

    ​Bibliografia

    Prefazione

    «Gothenstellung»

    Verso la grande battaglia difensiva sulla «Linea Gotica», giugno-agosto 1944

    Gastone Breccia, Università di Pavia

    «May I give you a word of advice? Next time you invade Italy, do not start at the bottom» («Mi permette un consiglio? La prossima volta che invadete l'Italia, non cominciate dal fondo»). A parlare è l'ex General der Panzertruppen Frido von Senger und Etterlin (1891-1963), comandante del XIV Panzerkorps, celebre protagonista delle battaglie difensive di Cassino nei primi mesi del 1944; a riportare le sue parole lo storico militare britannico Michael Howard, sbarcato a Salerno come giovane tenente del 3° battaglione delle Coldstream Guards, che ebbe occasione di incontrarlo e intervistarlo nel dopoguerra.

    «Non cominciate dal fondo»: una battuta ironica tra vecchi nemici e soldati di valore, pronunciata con un bicchiere di vino in mano durante una cena elegante, ma che toccava la questione strategica cruciale della campagna d'Italia del 1943-45. Perché, all'indomani della conquista della Sicilia, gli alleati si trovarono di fronte alla scelta se procedere metodicamente dalla punta dello stivale verso settentrione, sotto l'ombrello protettivo dei propri aerei da caccia di base tra Catania, Messina e Palermo, oppure sbarcare subito a nord di Roma, sfruttando l'eccezionale estensione delle coste della penisola, l'appoggio dell'Esercito Italiano e l'incontrastata superiorità navale – opzione certamente più rischiosa, ma che avrebbe aperto prospettive ben più vantaggiose per una rapida conclusione delle ostilità nel teatro operativo del Mediterraneo.

    Subito dopo la caduta di Mussolini, mentre si moltiplicavano i segnali di una possibile defezione italiana, Erwin Rommel era stato incaricato dall'OKW – il comando supremo germanico – di pianificare la difesa del «ventre molle» dell'Asse. Il feldmaresciallo aveva escluso di poter contendere agli alleati il possesso dell'Italia peninsulare: a suo avviso, le truppe della Wehrmacht avrebbero dovuto utilizzare linee di comunicazione troppo vulnerabili, e le posizioni a sud di Roma sarebbero state pericolosamente esposte a una manovra di aggiramento anfibio. La posizione principale di resistenza doveva essere approntata lungo la dorsale appenninica, dalla foce del Magra sul Tirreno fino a Rimini sull'Adriatico: questo avrebbe consentito di proteggere comunque la pianura padana, dove era concentrato il 90% delle attività produttive del paese per il momento ancora alleato, sfruttando la più grande barriera naturale offerta dal territorio italiano. Il 14 agosto del 1943 Rommel stabilì quindi a Bologna il quartier generale del costituendo Heeresgruppe B («Gruppo di armate B»), da dove diramò le prime istruzioni per individuare quella che sarebbe diventata la Gothenstellung («posizione difensiva dei Goti»), ribattezzata nel 1944 Grüne Linie («linea verde») per volere di Hitler, che temeva le ripercussioni negative dell'eventuale sfondamento di una linea difensiva con il nome di una celebre popolazione germanica.

    Rommel aveva molti buoni motivi per chiedere all'OKW di abbandonare la penisola senza impegnarvi forze consistenti; ma gli alleati non giocarono la partita che lui aveva previsto e scelsero la strategia più prudente, sbarcando a Reggio Calabria il 3 settembre e a Salerno sei giorni dopo, dove le forze tedesche (riunite nella 10a armata agli ordini del generale Heinrich von Vietinghoff) riuscirono a contrastare efficacemente la loro avanzata verso Napoli. Il 21 novembre 1943, con le forze del XV gruppo di armate di Harold Alexander ancora bloccate circa 150 chilometri a sud-est di Roma, l'OKW decise di trasferire il comando dell'Heeresgruppe B dall'Italia alla Francia settentrionale, in previsione dell'invasione della «Fortezza Europa». Partito Rommel, la guida della guerra in Italia rimase affidata al solo feldmaresciallo Albert Kesselring, nominato il 6 novembre Oberbefehlshaber Südwest (OB Südwest), ossia comandante dello scacchiere sudoccidentale e contestualmente del nuovo Heeresgruppe C, formato il 26 novembre 1943 affiancando la 14a armata di Eberhard von Mackensen (ricostituita nella zona di Roma in funzione antisbarco) alla 10a armata di von Vietinghoff, schierata sulla «linea Gustav» tra Formia e Ortona. Kesselring – un fedelissimo di Hitler, tenace e ottimista – al contrario di Rommel era convinto di dover contrastare l'avanzata nemica ovunque fosse possibile imbastire azioni difensive efficaci, facendo pagare caro al nemico ogni palmo di terreno. Gli alleati gli erano venuti incontro, come già accennato, iniziando la campagna at the bottom, secondo le parole di Frido von Senger; la scelta strategica di Kesselring si dimostrò corretta fin dall'inverno del 1944, perché non solo le truppe della 10a armata riuscirono a respingere i reiterati attacchi contro la «linea Gustav» nella zona di Cassino, ma la 14a armata di von Mackensen fu in grado di bloccare dopo una dozzina di chilometri l'avanzata delle forze anglo- mericane sbarcate ad Anzio il 22 gennaio.

    Cassino, Anzio. Quando si pensa alla campagna d'Italia del 194345, la mente va subito alle tre battaglie che ebbero come epicentro la grande abbazia benedettina, e allo sbarco voluto da Churchill per aggirare la «linea Gustav» e liberare Roma; tutto ciò che è venuto dopo – le azioni ritardatrici delle due armate tedesche durante la ritirata verso nord, la loro resistenza sugli Appennini e in Romagna, lo sfondamento alleato dell'aprile 1945, la resa dell'Heeresgruppe C il 2 maggio successivo – sembra quasi un'appendice necessaria, dall'esito segnato in partenza. È piuttosto vero il contrario: i feroci combattimenti attorno a Montecassino e la «balena arenata» sulle spiagge laziali, la durissima lotta nell'agro pontino, l'operazione Diadem di maggio e la liberazione della Città Eterna il 4 giugno del 1944 vanno considerati, dal punto di vista strategico, nient'altro che una titanica ouverture alla grande «battaglia d'arresto» combattuta e vinta dalla Wehrmacht tra la fine di agosto e l'inizio di novembre del 1944.

    *

    Il primo giugno 1944, ormai sicuro della sconfitta delle sue due armate tra Cassino e la testa di ponte di Anzio, Albert Kesselring diramò gli ordini per la ritirata generale verso la Gothenstellung. Il feldmaresciallo fece accettare a Hitler la necessità di abbandonare l'Italia peninsulare; ma lo avrebbe fatto a modo suo, combattendo in successione su tre linee difensive secondarie. I rischi maggiori per la sopravvivenza dell'Heeresgruppe C vennero affrontati e superati nei primi dieci giorni di giugno, quando la 10a armata di von Vietinghoff fu sul punto di restare tagliata fuori dalla valle del Tevere, imbottigliata tra le montagne abruzzesi e destinata quindi all'accerchiamento e alla resa: ma il XIV Panzerkorps di Frido von Senger riuscì a ripiegare utilizzando strade secondarie fino a Subiaco e Tivoli, per poi raggiungere Orte e ricongiungersi all'ala sinistra della 14a armata con poche ore di vantaggio sulle avanguardie alleate. Questo anche grazie all'errore del generale Clark che diede ordine alle proprie truppe, che avevano finalmente sfondato le difese nemiche attorno al perimetro della testa di sbarco di Anzio, di puntare direttamente sulla capitale, per non correre il rischio di essere precedute dalle unità dell'8a armata di Leese che stavano avanzando in direzione nordovest lungo la via Casilina. In questo modo Clark perse l'occasione di raggiungere «il varco di Valmontone» prima dei tedeschi ormai in rotta, cosa che avrebbe reso davvero disperata la loro situazione.

    Tra il 20 e il 23 giugno le due grandi unità germaniche, che pure avevano subito dure perdite in uomini e mezzi, completarono in buon ordine il ripiegamento sulla «linea Albert», all'altezza del lago Trasimeno, dove Kesselring intendeva ritardare il più possibile l'avanzata nemica. Non aveva nulla di importante da difendere a sud degli Appennini, ma era essenziale dare il tempo ai lavoratori coatti dell'organizzazione Todt di completare le complesse opere fortificate della Gothenstellung. I tedeschi si ritirarono combattendo, scambiando lo spazio con il tempo: il 4 luglio, ad esempio, la 34a divisione statunitense riuscì a occupare Rosignano Marittimo dopo duri scontri, strappando il paese alle retroguardie della 16a divisione Panzergrenadieren delle SS, ma ci vollero poi altri quindici giorni per liberare il porto di Livorno e raggiungere la foce dell'Arno, appena una trentina di chilometri più a nord. Tra il 20 e il 22 luglio, mentre si preparava l'offensiva per superare la «linea Arno», l'intero Corps Expéditionnaire Français (CEF) – protagonista della vittoriosa operazione Diadem due mesi prima – venne trasferito a Napoli in vista degli sbarchi di Anvil-Dragoon, l'invasione della Provenza, pianificati per il 15 agosto successivo. I goumiers algerini e marocchini e i loro commilitoni francesi del CEF non furono i soli a partire: anche il VI corpo d'armata statunitense venne sottratto al teatro operativo italiano, assieme a undici dei trentatrè battaglioni di artiglieria di Alexander. Sir Winston Churchill giudicò un grave errore strategico privare quest'ultimo della possibilità di raccogliere i frutti della vittoria di primavera, ma nonostante le sue rimostranze gli americani non cambiarono idea: lo sforzo principale per sconfiggere la Germania andava compiuto in Francia.

    Anche se indebolito, quando prese contatto con la Gothenstellung il XV gruppo di armate di Alexander poteva schierare in linea ben diciassette divisioni (sette della 5a armata statunitense nel settore occidentale del fronte, dalla costa Tirrenica al passo della Futa nel cuore degli Appennini, e dieci dell'8a armata britannica in quello orientale), varie unità minori, oltre 1.500 carri armati e quasi 3.000 pezzi d'artiglieria, per un totale di circa 800.000 uomini appoggiati da 2.900 aerei da combattimento e trasporto. Di fronte alle armate alleate lo Heeresgruppe C aveva in linea un numero analogo di divisioni tutte gravemente a corto di uomini, per una forza complessiva che non raggiungeva i 350.000 effettivi. Tra il mare Adriatico e gli Appennini la 10a armata schierava il LXXVI Panzerkorps del generale Traugott Herr, costituito in realtà da cinque divisioni di fanteria (tra cui la 1a paracadutisti, una delle migliori unità in assoluto presenti sul fronte italiano); alla destra di Herr erano schierate le cinque divisioni di fanteria del LI Alpenkorps del generale Valentin Feuerstein, che estendeva il proprio fronte fino al cuore della penisola, a contatto con la 14a armata. Quest'ultima – passata sotto il comando del generale Joachim Lemelsen all'inizio di giugno, quando Kesselring aveva destituito von Mackensen, ritenuto principale responsabile della sconfitta subita a sud di Roma – schierava invece il I corpo d'armata paracadutisti del generale Alfred Schlemm (formato dalla 4a divisione paracadutisti e da due divisioni di fanteria), il XIV Panzerkorps di Frido von Senger und Etterlin (26a Panzerdivision, 65a divisione di fanteria e 16a divisione Panzergrenadieren delle SS) e il LXXV corpo d'armata del generale Hans Schlemmer (148a divisione fanteria, 90a Panzergrenadieren e 157a da montagna). Nei pressi di Bologna Kesselring aveva lasciato in riserva la sola 98a divisione di fanteria, pronto a spostarla nel settore del fronte dove si fosse manifestata la principale minaccia nemica.

    La scena era ormai pronta per l'inizio della grande battaglia che avrebbe deciso la campagna d'Italia. La nuova situazione presentava almeno due vantaggi per Kesselring: vie di comunicazione più brevi e un minor pericolo di aggiramento anfibio delle sue ali. Per contro, l'attività delle bande partigiane, che sugli Appennini si trovavano ad operare nelle immediate retrovie germaniche, rappresentava un problema più grave rispetto ai mesi precedenti, e costringeva le grandi unità schierate sulla Gothenstellung a privarsi di una rilevante aliquota di truppe a cui affidare il contrasto alla guerriglia.

    Dal punto di vista strategico le opzioni di Kesselring erano più limitate. Se l'imperativo restava quello di condurre una difesa manovrata, scaglionando le forze in profondità – la «linea Gotica» prevedeva ovunque una fascia di apprestamenti difensivi ampia circa quindici chilometri – lo spazio iniziava ora a scarseggiare: una volta superati gli Appennini, nella pianura Padana – perfetta tank country, ma soprattutto terreno di caccia ideale per l'onnipotente e onnipresente aviazione alleata – non sarebbe stato

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