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Il Presidente d'Italia
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E-book621 pagine9 ore

Il Presidente d'Italia

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Info su questo ebook

La vicenda, che prende lo spunto dal tema annoso, ma sempre di attualità, della modifica del sistema elettorale, è ambientata in un’Italia parallela, dove è appena avvenuta la riforma costituzionale per trasformare il Paese in una Repubblica Presidenziale.

Vittorio Benso, candidato alla prima Presidenza, largamente in testa nei sondaggi, scopre che la moglie, la quale lo sta affiancando con grande successo nella campagna elettorale, si è resa responsabile di un grave crimine. È allora evidente che la terapia sperimentale cui Eulalia è stata sottoposta per curarla dalla sindrome bipolare di cui è affetta, ha devastanti effetti collaterali. Ad aggravare la situazione, la donna è stata ripresa nel corso del suo raptus in atteggiamenti quanto mai scabrosi. E “qualcuno” ne ha le prove. La preoccupazione per il possibile ricatto e l’angoscia di avere accanto una pazza incontrollabile, portano Vittorio a una sorta di paralisi intellettuale. Il Senatore, che ha dedicato anni per lanciare il genero verso la Presidenza, a questo punto, per cercare di rimediare alla situazione, interviene nella maniera più spregiudicata. In un susseguirsi di colpi di scena, fino alla sua drammatica conclusione, la storia strizza l’occhio alle abili e spregiudicate trame di Tom Clancy.

Stefano Welisch nasce a Rapallo (Ge) il 2 ottobre 1953. Attualmente vive a Padova.

Da qualche anno affianca al suo lavoro come manager, che lo ha portato spesso a vivere all’estero, il suo sogno giovanile, l’attività di scrittore.

Ha pubblicato "Clelia o dell’Immortalità" Serarcangeli Editore.
LinguaItaliano
Data di uscita12 ago 2014
ISBN9788863965247
Il Presidente d'Italia

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    Anteprima del libro

    Il Presidente d'Italia - Stefano Welisch

    Farm

    Premessa

    La storia è ambientata in un ipotetico universo parallelo.

    Il Parlamento ha votato a favore della riforma costituzionale che ha trasformato l’Italia in una Repubblica Presidenziale.

    Sono in procinto di svolgersi le prime elezioni dirette del Capo dell’Esecutivo.

    I

    Salendo su per i tornanti di via del Tuscolo, poco sopra Frascati, oltre un grande cancello, serpeggia un vialetto alberato, che conduce a una fastosa villa, a suo tempo ignota ai più, immersa in un vasto parco e nascosta alla vista da alberi secolari.

    Se, in quel pomeriggio di mezza primavera, qualcuno fosse riuscito a eludere i controlli di sicurezza e fosse arrivato davanti alla maestosa facciata della dimora, coperta di rampicanti fioriti, avrebbe forse avuto la curiosità di provare ad arrampicarsi fin sulla balconata che si affacciava dal primo piano. Da lì avrebbe potuto sbirciare all’interno di un grande studio prospiciente il parco. E in quella stanza sarebbe forse stato sorpreso a vedervi, seduto in poltrona davanti al caminetto spento, proprio il favorito a divenire il futuro Presidente d’Italia, l’On. Vittorio Benso, appena tornato da uno dei suoi innumerevoli impegni di quell’interminabile campagna elettorale.

    Celato dall’ombra dei rampicanti, l’ipotetico osservatore si sarebbe forse chiesto cosa stesse passando nella mente del candidato alla Presidenza, che appariva perso in meditazione, mentre sembrava contemplare il suo consueto calice di cognac, facendo roteare di tanto in tanto il liquido ambrato nel cristallo panciuto.

    A giudicare dalla fronte corrugata, chiaro segno di preoccupazione, appariva evidente che Vittorio non stesse apprezzando quella breve e rara pausa dal ritmo frenetico delle ultime settimane.

    Che cosa poteva inquietarlo?

    Sarebbe stata una facile congettura, presumere che ciò che lo stava turbando fossero le difficoltà della campagna elettorale che, cominciata sotto i migliori auspici, quasi come una cavalcata trionfale, lo vedeva adesso dibattersi come in un pantano.

    Eppure non era così.

    C’era invece un unico pensiero a occupargli il cervello: se mai sarebbe stato capace di liberarsi di sua moglie.

    Già il pensare a lei gli dava quasi un malessere fisico; ormai solo immaginandola morta, lui riusciva a trovare qualche attimo d’illusoria pace.

    Vittorio scosse la testa, quasi cercasse di sgombrare la mente da tali malsane fantasie, mentre sul suo viso si disegnava una smorfia. Ucciderla! Gli sembrava impossibile che lui, da sempre ferreo paladino dell’abolizione della pena di morte nel mondo, lui, che aveva sempre aborrito la violenza, fosse arrivato a coltivare un tale feroce proposito, che andava contro a ogni sua più intima convinzione.

    Se solo fosse stato possibile rimetterla sotto sedativo e poi farla internare in modo discreto!

    Sarebbe stata la soluzione più semplice e logica, ma ahimè era anche impraticabile. Sarebbe parsa, infatti, una follia rinunciare all’apporto di Eulalia, quando tutti i sondaggi indicavano che, paradossalmente, era solo grazie a lei che Benso riusciva a mantenere un risicato vantaggio su Claudia Morelli, la candidata del partito avverso.

    Forse neanche chi l’aveva proposta aveva immaginato che l’idea di fare partecipare Eulalia alla campagna elettorale si sarebbe rivelata un tale successo. Lei, che quando era in pubblico si trasformava quasi in una showgirl, era diventata in poco tempo un’icona della contesa, riuscendo a incantare con le sue battute argute ogni tipo di audience. Perfino i giornali dell’opposizione, che pure non perdevano naturalmente ogni occasione per attaccare lui, non riuscivano a elevare critica nei confronti della moglie.

    Pertanto, se Eulalia avesse dovuto ritirarsi, qualsiasi il motivo, questo avrebbe in teoria rischiato di portare al tracollo della sua campagna elettorale.

    Vittorio scrollò impercettibilmente le spalle. Si sentiva sicuro che non sarebbe stato così. Se la moglie avesse avuto un incidente e fosse morta, anche se era arduo valutare quale avrebbe potuto essere l’effetto della tragedia sugli elettori, se gestita in maniera opportuna, la ricaduta avrebbe perfino potuto avere un effetto positivo. Per non parlare dell’azione benefica che la scomparsa della consorte avrebbe avuto su di lui.

    Certo, sarebbe stato un azzardo, un grande azzardo. Infatti, se poi il risultato delle elezioni non fosse stato quello desiderato… non gli era difficile immaginare quale avrebbe potuto essere la reazione del suocero, il temibile Senatore, che da anni stava pianificando tutto perché lui uscisse vincente. E il padre di Eulalia non era un uomo che si potesse deludere impunemente.

    Inoltre, anche se quest’ultimo non nutriva alcun affetto per la figlia, se avesse avuto il minimo sospetto che il genero era in qualche modo responsabile della sua morte, lo avrebbe inevitabilmente considerato un affronto personale al suo nome e una macchia sul suo onore, che poteva essere lavata solo con il sangue.

    Il suo sangue.

    Vittorio non poté trattenere un brivido. No, anche se era certo che il suocero in fondo all’animo gli sarebbe stato grato di averlo liberato del problema che la figlia rappresentava (e il Senatore ancora non sapeva ogni cosa…), non sarebbe esistito angolo al mondo, dove la sua vendetta non sarebbe arrivata.

    Benso posò pensosamente il bicchiere sul tavolino laccato di fronte a lui e si sfregò gli occhi, il peso della consapevolezza che quasi gli toglieva il respiro.

    Certo, aveva commesso un grave errore a non informare subito il suocero, non appena ricevuto quella dannata lettera anonima. Avrebbe almeno trasferito parte del problema sulle sue spalle e chissà che l’altro non avrebbe trovato il modo di venir fuori dalla situazione, così com’era riuscito a sanare il primo episodio di crisi.

    Tuttavia ne dubitava. Lo scenario gli pareva troppo complesso, perché anche le arti del Senatore potessero venirne a capo. Inoltre, il contenuto del plico era stato per lui così imbarazzante, che l’idea di mostrarlo al padre di Eulalia lo aveva fatto boccheggiare. Anche se era evidente che era un passo che doveva essere fatto, si era detto che sarebbe andato dal suocero non appena il misterioso mittente si fosse nuovamente messo in contatto, avanzando le sue richieste. Quale altra ragione ci poteva essere, salvo un odioso ricatto? Tuttavia, inspiegabilmente, nulla era seguito, almeno fino a quel momento.

    E così si era trovato a rimandare, giorno dopo giorno, il momento dell’inevitabile confronto, mentre la doppia, anzi tripla, preoccupazione gli montava dentro e la sua concentrazione evaporava, con il risultato che la sua performance nella campagna elettorale si era drammaticamente deteriorata.

    Ma come sarebbe potuto rimanere concentrato, sapendo di convivere con una pazza criminale e per di più con la minaccia ossessiva di un devastante ricatto? Ed essere obbligato ogni giorno, secondo la strategia americana dei suoi consiglieri, a mostrarsi in pubblico con lei al fianco, doverla abbracciare e sorridere, gli era causa di uno stress continuo, che cresceva ora dopo ora.

    Né gli venivano certo in soccorso le telefonate sempre più frequenti del suocero, il quale, comprensibilmente preoccupato della piega che avevano preso gli eventi, stava diventando sempre più insistente (e minaccioso), al fine di capire le ragioni del suo comportamento.

    Vittorio riprese in mano il bicchiere, ne avvicinò l’orlo alle narici e aspirò a fondo l’aroma del liquore, come se sperasse di ricevere una qualche illuminazione.

    No, gli sembrava che il problema potesse avere un’unica soluzione.

    Ucciderla.

    La sua morte avrebbe anche avuto l’effetto di liberarlo dalla minaccia del ricatto che, non poteva dubitarne, alla fine si sarebbe materializzato, anche se in quale forma, non riusciva al momento prevedere.

    Certo, si sentiva in fondo disumano a meditare l’uxoricidio e, quel che era peggio, di una pazza, che come tale non era (forse) responsabile delle proprie azioni, ma se lui non fosse intervenuto, quali altre nefandezze Eulalia, mostro celato sotto spoglie innocenti, avrebbe potuto compiere?

    Meditabondo, portò finalmente il calice alle labbra e si permise un piccolo sorso, assaporando il gusto particolare di quel cognac invecchiato trent’anni, che proveniva dalla riserva speciale del suocero. Piccole, piccole soddisfazioni della vita, pensò.

    Coccolando nuovamente il bicchiere, alzò lo sguardo verso la parete, dove era appeso un bel quadro della scuola di Rembrandt (o forse era perfino un originale?), dietro il quale era celata la cassaforte e involontariamente rabbrividì. Dentro, nell’ultimo ripiano, aveva riposto la lettera anonima che gli aveva definitivamente svelato la disgustosa natura della moglie. Si chiese per un attimo che cosa mai lei stesse facendo in quel momento, poi alzò le spalle. Non gli interessava, come mai lo aveva interessato. Probabilmente stava terminando il suo abituale allenamento di kickboxing o kung-fu o chissà quale altra arte marziale si era inventata di imparare.

    Mentre faceva la doccia, Eulalia si sentiva forse anche più euforica del solito. La seduta di allenamento le era parsa un trionfo, era riuscita perfino a costringere il suo allenatore alla resa e in quel momento si sentiva in grado di conquistare il mondo. Non percepiva come improbabile che una cintura nera potesse essere battuta da una principiante e che fosse assai più logico che l’uomo le avesse intenzionalmente lasciato portare a termine il colpo. No, era lei che era in grado di superare qualunque ostacolo, vincere qualunque sfida. Aveva l’assoluta certezza di essere una donna perfetta.

    Non aveva memoria di essersi svegliata di umor cupo e con un mal di testa lancinante e che solo dopo avere inghiottito svogliatamente le sue pastiglie, si era in pochi minuti ritrovata in quello stato di grazia.

    Voltò il viso verso il getto d’acqua e con gli occhi chiusi s’immaginò di essere un’aquila che volava in mezzo a nubi cariche di pioggia, roteando verso l’alto, fino a emergere nel sole. O di che cosa non sarebbe stata capace! Pensò con anticipazione all’impegno della giornata seguente, alla convention delle ACLI all’EUR, uno degli incontri salienti di quella fase della campagna elettorale, dove avrebbe come il solito brillato. Adorava l’attenzione dei media, i flash dei fotografi, i microfoni posti davanti le labbra a cogliere le sue parole.

    Ah, se non ci fosse stata lei, cosa non avrebbe combinato quello stupido di Vittorio! Serrando le labbra quasi con stizza, si chiese perché poi dovesse recitare la parte della consorte, quando sarebbe stato assai più giusto se fosse stata lei, il candidato Presidente, anziché quell’imbelle di suo marito. E poi, perché chiamarlo marito? cos’è che aveva lei in comune con quell’uomo, salvo il nome? Almeno ci fosse stato il sesso! E invece… quand’era stata l’ultima volta che avevano fatto l’amore? O meglio, avevano mai fatto l’amore? Serrando il rubinetto, scosse la testa, come per snebbiarsi la mente. Si, non poteva negare che c’erano dei momenti in cui si sentiva confusa e non le sembrava di ricordare bene tutto, ma non aveva dubbi che fossero solo inezie. Alzò le spalle: quello che contava era fare bene le cose importanti. E lei realizzava tutto in maniera eccellente. Vittorio invece… continuava a collezionare gaffe facendosi compatire.

    Tra l’altro, a pensarci bene, le pareva che da diversi giorni fosse andato peggiorando, non che la sua performance fosse mai stata particolarmente buona, per altro. Che cosa mai gli stava succedendo? E a lei, cosa importava? Mah, forse sarebbe potuta andare a parlargli, per quello che poteva servire. Lui non la ascoltava mai, anzi…

    Uscita dalla doccia, mentre si faceva aiutare dalla cameriera ad asciugarsi, si domandò per un istante quale potesse essere la ragione per il comportamento del marito. Oltre a sembrare distratto, come assente, le pareva dimostrasse una sorta di timore verso di lei. Piegò le labbra in una smorfia. Certo non poteva dargli torto!

    A quel punto non poté trattenere una risatina isterica, facendo trasalire la ragazza che le stava pettinando i capelli. Qualche problema, signora? Problemi? Cosa stava dicendo quella stupida? Lei non aveva mai problemi, pensò Eulalia, facendo un gesto di noncuranza per tranquillizzare la donna, anche se l’altra, per qualche motivo, fece un passo indietro schermendosi, come se si aspettasse uno schiaffo. Che cretina! Era proprio circondata da imbecilli.

    Portatasi davanti al guardaroba, si mise a esaminare distrattamente gli indumenti, per decidere come vestirsi. Mah, quella sera nella villa, che fungeva periodicamente da quartier generale per la campagna elettorale, era prevista una riunione di preparazione in vista degli impegni per l’indomani, ma lei non credeva che ci sarebbe andata. Tanto non aveva bisogno di studiare il suo intervento, né che la istruissero su cosa doveva dire. Quindi poteva anche rimanere in tuta. Così ne prese una quasi a caso. In fondo, erano tutte belle, anche se non si ricordava quando le aveva comprate. E ora? Sì, non era una cattiva idea andare a trovare Vittorio, che certo stava oziando nel suo studio.

    Benso, alzatosi dalla poltrona dopo avere posato nuovamente il bicchiere sul tavolino, si era avvicinato all’ampia scrivania che occupava l’altro angolo della stanza e con la mano ne aveva cominciato a carezzare intentamente la lucida superficie. Lì, nascosto nel doppio fondo dell’ultimo cassetto, si trovava il contenitore pieno di citrato di litio che, se avesse trovato il modo di somministrarlo alla moglie, avrebbe posto fine alla sua sciagurata esistenza terrena. Il litio, sia pure sotto forma di carbonato, era uno dei farmaci che lei assumeva giornalmente - o almeno aveva assunto fino a qualche mese prima e da qualche parte ce n’era ancora una scorta. Chi avrebbe potuto sospettare di lui? Una tragica fatalità, un’overdose involontaria…

    Procurarsi il composto, era stata la parte più facile del piano. Ora avrebbe semplicemente dovuto far sciogliere due (meglio tre) grammi di quel sale nella tazza di brodo che lei era solita prendere prima di coricarsi. Il citrato era quasi insapore e Eulalia non si sarebbe accorta di niente, fino a che non sarebbero insorti i primi sintomi, la perdita di conoscenza e infine la crisi cardiocircolatoria. E lui avrebbe chiamato i soccorsi solo quando fosse stato sicuro che non ci fosse più niente da fare...

    Vi erano in realtà due ostacoli da risolvere. Il primo e meno impegnativo, era di riuscire ad allontanare la cameriera personale della moglie, che in realtà fungeva anche da infermiera e che stava sempre a portata di voce. Il secondo e, dal suo punto di vista assai più difficoltoso, era trovare un motivo ragionevole per dormire assieme a sua moglie, visto che in tutti quegli anni avevano sempre vissuto in quartieri separati. Si sentì improvvisamente esausto e, quasi barcollando, tornò verso la sua poltrona, dove si abbandonò, riflettendo che la situazione in cui si trovava era anche colpa sua. Se non si fosse fatto convincere, al momento di pianificare la strategia migliore per la campagna elettorale, ad adottare il sistema americano per le prime elezioni dirette del Capo dello Stato in Italia, chiamando la moglie a partecipare al suo fianco, nulla sarebbe successo.

    Se non si era opposto, era stato per due motivi: primo, non voleva mettersi in urto con il Senatore (non che poi l’avesse mai fatto), che si era invece dichiarato entusiasta dell’idea. Secondo, perché la proposta gli era sembrata talmente peregrina, visto l’abituale stato semi-letargico di Eulalia, dopo la somministrazione della sua giornaliera dose di tranquillanti, che non aveva realmente creduto potesse avere un qualche seguito.

    Non si sarebbe mai immaginato cosa quella sciagurata decisione avrebbe messo in moto. Nel giro di pochi giorni, un team di medici (un neurologo, uno psicologo, un farmacologo e gli pareva un altro -logo) arrivati appositamente dalla California, dove il suocero aveva importanti contatti, si era in pratica trasferito nella villa con il proprio armamentario e aveva sottoposto la moglie a una lunghissima serie di esami ed osservazioni.

    Ricordava bene l’espressione compiaciuta del medico capo, quando era venuto a portargli il responso finale: "Well, we have good news!"[1] aveva esordito, quasi accennando a sfregarsi le mani. E poi gli aveva spiegato che Eulalia aveva le giuste caratteristiche per beneficiare della nuova cura elaborata dal suo team - a onor del vero ancora in fase sperimentale. Il trattamento, a suo dire, sarebbe stato in grado, se non proprio di guarire la sindrome bipolare di cui soffriva la donna, di stabilizzarla nella fase di euforia, minimizzandone gli eccessi. Gli aveva quindi porto, con gesto un po’ teatrale, un portadocumenti con la liberatoria da firmare.

    Lui aveva squadrato l’uomo, la sua barbetta curata, gli occhiali dalla pesante montatura di corno, senza fare alcun cenno di prendere in mano il foglio. "I suppose I ought to be pleased. Aveva replicato, inarcando le sopracciglia, proseguendo poi, sempre in inglese: Ma prego, mi può dire quali possono essere i rischi?"

    L’altro aveva esitato per qualche istante, poi aveva risposto con un sorrisetto nervoso che tradiva un certo imbarazzo: Minimi, minimi, ne può stare sicuro. La reazione di sua moglie ai primi dosaggi è stata ottimale. Dopo una breve pausa aveva ripetuto: Ottimale, proprio ottimale.

    Poi, dopo essersi schiarito la voce: In tutta sincerità, la ridotta sperimentazione che abbiamo svolto non ci consente di escludere qualche effetto collaterale.

    E quale potrebbe essere? aveva domandato lui con voce neutra.

    Il medico aveva scosso la testa, prima di replicare: Non ci sono dati certi. Abbiamo però osservato che, a parte una certa dipendenza dal farmaco, in alcuni soggetti lo stato di euforia controllata non risulta… beh, controllata. Poi, dopo avere visto il viso dell’interlocutore incupirsi, aveva aggiunto rapidamente: Ma nel caso di sua moglie riteniamo che, nonostante la severità della sua condizione, l’eventualità sia remota. Anzi, è proprio nei casi estremi che la nostra cura si rivela più efficace. Per altro, come può leggere nel rapporto, raccomandiamo una costante supervisione e l’adozione di un regime di sana attività fisica per dare sfogo all’iperattività residua e prevenire eventuali… eccessi.

    Eccessi? Per carità, ci mancavano proprio quelli, aveva pensato Vittorio mentre, dopo essere rimasto in silenzio per qualche istante, aveva finalmente allungato la mano e preso il portadocumenti. Mentre leggeva la carta, un vago senso d’inquietudine gli aveva attraversato l’animo e aveva avuto l’impulso di stracciare il foglio.

    Oh, se avesse ascoltato il suo istinto! Infine aveva alzato gli occhi dal documento e aveva cominciato: Non so…

    Il medico aveva alzato le spalle e l’aveva interrotto: Mr. Benso, noi siamo venuti dalla California su espressa richiesta del Senatore, il quale è stato molto esplicito su cosa si aspettava da noi. Se lei ritiene di non dare il suo assenso, forse sarebbe meglio che prima conferisse con lui.

    Vittorio non poté trattenere un amaro sorriso. Era così chiaro, perfino a questi nuovi venuti, che il bastone del comando l’aveva in mano suo suocero?

    Non ce ne sarà bisogno, commentò acido, prima di tirare fuori la penna dal taschino e firmare, consapevole che se ne sarebbe pentito.

    Ma non avrebbe potuto immaginare di quanto.

    Mentre scendeva le scale che dai suoi appartamenti portavano al piano di sotto, dove si trovava lo studio del marito, Eulalia si soffermò per qualche istante per ammirarsi nel grande specchio posto sul pianerottolo. Una smorfia di disappunto le si dipinse sul viso. Il colore della sua tuta non s’intonava con quello della lacca delle unghie. Fece immediatamente dietrofront e corse di sopra, quasi travolgendo la cameriera che la stava seguendo pochi gradini dietro, per immergersi nuovamente nel guardaroba. Come poteva essere stata così disattenta nella scelta del suo abbigliamento? Pensò, mentre selezionava questa volta con cura felpa e pantaloni della giusta gradazione. Anche se non aveva dubbi che le persone che la circondavano non fossero certo in grado di notare simili particolari (era come dare le perle ai porci, pensò), lo doveva a sé stessa di essere sempre impeccabile. Mentre si cambiava, il suo sguardo si soffermò su una tuta di un profondo color rosso.

    Color sangue… Eulalia si leccò inconsapevolmente le labbra. Il sangue era bello, caldo, rappresentava l’essenza di ogni cosa. La vita e la morte. Si portò lentamente i polsi davanti agli occhi e osservò con distacco le sottili cicatrici che li ricoprivano. Come in un flash, vide la sua immagine allo specchio, ma di una donna in cui lei non si riconosceva, che alzava le mani al cielo, mentre il liquido scuro le fluiva giù per le braccia e inzuppava la sua camicetta, trasformandone il colore in uno simile a quello dell’indumento che le stava davanti, elegantemente appeso nell’armadio. Rimase per un attimo come trasfigurata. Chissà come mai le venivano alla mente simili fantasie. Eppure raffigurarsi il rasoio che incideva la pelle fino a raggiungere le vene non le faceva orrore, anzi, aveva un certo fascino…

    D’improvviso le tempie cominciarono a pulsarle e di riflesso portò le mani alla fronte e premette forte. Confuso nella sua mente, come avvolto in una spessa coltre di nebbia, si aggirava una sorta di agghiacciante ricordo, di una lama sottile sguainata nella penombra, poi il lampo dell’acciaio. E il fiotto di sangue caldo, un uomo che gorgogliava portandosi le mani al collo per trattenere, invano, la mortale emorragia.

    Chiuse gli occhi e tirò un lungo respiro. Quando li riaprì, la giornata era tornata a sorridere. D’improvviso, sentì forte il desiderio di fare una lunga corsa nel parco e valutò per un istante se rimandare il colloquio che intendeva avere con Vittorio. Poi alzò le spalle, dicendosi che il programma andava rispettato e s’incamminò nuovamente giù per le scale, canterellando.

    Benso si era ricomposto e, ripreso in mano, come se fosse un amico, il suo bicchiere di cognac, era tornato a esaminare le sue alternative. Le lancette del grande orologio a muro sulla parete stavano inesorabilmente indicando che oramai la pausa stava volgendo al termine. Era solo questione di minuti e poi Adrian, il suo assistente personale, avrebbe discretamente bussato alla porta dello studio per rammentargli gli impegni del resto della giornata. E che lui, se avesse potuto, avrebbe volentieri rimandato, così come avrebbe fatto a meno dell’incontro dell’indomani, che si annunciava impegnativo e che lo avrebbe colto forse nel suo momento peggiore.

    Il convegno delle ACLI, cui era prevista la sua presenza, avrebbe toccato il tema sempre controverso dell’aborto. Lui, che a suo tempo era stato un abortista convinto, non poteva certamente rischiare di trasmettere un messaggio ambiguo o, peggio, dar luce ai suoi dubbi sull’argomento davanti a una platea cattolica, tenacemente pro-life. Considerato l’ambiente in cui avrebbe parlato, il suo intervento avrebbe dovuto correre sul filo di un difficile equilibrio, facendo intendere la disponibilità a una modifica della Legge 194, se non perfino alla sua abrogazione, senza però prendere una posizione definita e netta sull’argomento, che gli avrebbe alienato le simpatie dell’altra metà dell’elettorato.

    Era un momento molto importante della campagna elettorale e sapeva che i media vi avrebbero dato grande risalto; se avesse commesso un altro passo falso, sarebbe stato difficile recuperare. D’altra parte, la sua lucidità era agli sgoccioli ed era consapevole che fra i suoi collaboratori correva una certa e giustificata preoccupazione. Non voleva nemmeno immaginare quale fosse lo stato d’animo del Senatore.

    La conclusione poteva essere una sola, se voleva riacquistare il proprio equilibrio mentale: neutralizzare Eulalia.

    Ancora, se si soffermava a pensarci, non riusciva a capacitarsi della trasformazione che nel giro di pochi giorni aveva subito sua moglie, da quando aveva iniziato la nuova cura. Da quella specie di ectoplasma che compariva raramente alla sua vista e che lui non aveva difficoltà a ignorare, era divenuta, fin tanto che il farmaco faceva il suo effetto, una donna dalla personalità scoppiettante, brillante, spigliata, sempre con la battuta pronta. Non a caso era riuscita in breve a diventare la beniamina non solo della stampa nazionale, ma anche di quella internazionale (Times le aveva dedicato anche la copertina: The future Italian First Lady?). Un cambiamento che, anche fosse stato solo in positivo, sarebbe stato per lui difficile da sopportare, abituato com’era a condurre la sua vita come se la moglie non esistesse - come d’altronde erano gli accordi presi con il padre.

    Erano ormai sedici anni dal loro matrimonio (se poi si poteva chiamare tale) e in tutto quel tempo, fin dal periodo della gravidanza procurata, durante il quale non l’aveva praticamente vista, Eulalia era stata per lui solo una figura di comodo, una sorta di manichino da esibire durante le occasioni sociali in cui era richiesta la sua presenza e dove lei rimaneva docilmente passiva. Bei tempi… Ora invece si trovava a stare sotto lo stesso tetto con una specie di superdonna, che riusciva a riempire con la sua presenza ossessiva tutta la villa, nonostante la casa fosse immensa. Lui si trovava così a benedire gli impegni della campagna elettorale che lo portava spesso fuori città. Purtroppo lei era sempre al seguito…

    Tuttavia, poiché in fondo ci si riesce ad abituare a tutto, aveva cominciato a trovare un modus vivendi anche con questa nuova versione di Eulalia, quando, sconvolgente, lei aveva rivelato il lato orrendo che aveva dentro.

    Non voleva neanche chiedersi se il Mr. Hyde che si era ora liberato, fosse sempre stato lì, un fuoco che covava sotto la cenere pronto a divampare, solo tenuto a bada dagli psicofarmaci. Chissà, forse erano state le nuove medicine ad averle sconvolto del tutto il cervello. Non c’era modo di saperlo e, in ogni caso, la sostanza delle cose non sarebbe certo cambiata.

    Vittorio svuotò di riflesso con un sorso il bicchiere, posandolo poi sul tavolino davanti a lui. Tirò un profondo respiro e si appoggiò allo schienale della poltrona, mentre il calore generato dall’alcool gli si spandeva piacevolmente lungo il corpo. Se solo…

    La voce della moglie interruppe d’improvviso il corso dei suoi pensieri, facendolo trasalire: Tutto bene, Vittorio? Spero tu stia ripassando mentalmente il discorso di domani.

    Accidenti a lei, pensò lui, che, totalmente assorto, non si era accorto del suo ingresso (ma non poteva imparare a bussare?). Facendosi forza, si voltò verso di lei, atteggiando il viso in una sorta di sorriso.

    Eulalia aveva passato qualche istante a osservare la postura del marito, facendo una smorfia vedendo il bicchiere di liquore ormai vuoto sul tavolino. Possibile che il destino la facesse trovare sposata con un imbelle incapace, magari anche sulla strada per diventare un alcolizzato? Stava diventando un fardello sempre più grande da portare (e sopportare) e certe volte dubitava perfino se sarebbe riuscita a farlo eleggere Presidente. Ma no, in qualche modo ce l’avrebbe fatta. E una volta che fosse diventata la First Lady, non avrebbe certo avuto difficoltà a sottrarre al suo pallido consorte il bastone del comando e allora sì che si sarebbe divertita…. L’unico vero ostacolo era rappresentato da suo padre, ma a questo ci avrebbe pensato a suo tempo.

    Intanto, cosa doveva fare con quello stupido di suo marito? Represse l’impulso di prenderlo a schiaffi, se non altro per togliergli dal viso quel sorriso melenso.

    Oh Eulalia, che sorpresa. Credevo fossi ancora occupata con i tuoi esercizi. Com’è andata oggi? Nonostante Vittorio cercasse di mettere un accento di interesse nella sua domanda, le parole suonarono false alle sue stesse orecchie. Doveva stare attento, perché la moglie, nell’ambito della sua condizione, si era dimostrata di un’intelligenza acuta e non poteva certo essere trattata come un’insufficiente mentale.

    Lei lo fissò annoiata. Che domanda idiota. E come li ha definiti, esercizi? Possibile che non abbia ancora imparato che si tratta di allenamento di arti marziali? Pazienza Eulalia, pazienza. Trattenendosi dall’alzare gli occhi al soffitto, rispose, cercando di tenere un tono di voce sommesso: Bene, bene, grazie. Mi piace mantenermi in forma.

    Vittorio si mosse a disagio sulla poltrona, innervosito, suo malgrado, a stare da solo assieme a lei nella stanza. Sì, non c’era dubbio che lei amasse tenersi in forma, anche se la sana attività fisica raccomandata dal neurologo aveva purtroppo preso aspetti che certo non erano stati previsti dal medico.

    Ma dove diavolo si era cacciato Adrian? Di solito era sempre puntualissimo. E a cosa devo… le domandò, tanto per guadagnare tempo, osservando il suo abbigliamento, anche per capire meglio il suo umore. Pur con indosso una semplice (ma firmata) tuta da jogging, Eulalia appariva impeccabile, il celeste della giacca che faceva un piacevole contrasto con la tinta color Tiziano dei capelli, che portava corti per valorizzare l’ovale del viso e il collo sottile.

    Non c’era dubbio che fosse sempre una bella donna, per quanto dai lineamenti un po’ duri, accentuati ora dalle piccole rughe agli angoli della bocca che lei non si curava di nascondere con il trucco.

    Bellezza che l’aveva sempre lasciato indifferente, in quel matrimonio di forma che durava da sedici anni. A pensarci bene, l’unico fatto che aveva veramente apprezzato di sua moglie era che poteva ignorare la sua esistenza. Interagire con lei era un obbligo imposto dalle circostanze che lui aveva di necessità sopportato, anche se alcuni aspetti lo avevano sempre irritato, come quel particolare profumo alla lieve essenza di gelsomino che arrivava a dargli una leggera nausea.

    A cosa devi l’onore della mia visita? rispose a tono lei, spazientita, cominciando a passeggiare attorno alla stanza, voltandosi periodicamente verso di lui per incrociare il suo sguardo. Semplicemente al fatto che vorrei rassicurarmi che tu domani non ne combini una delle tue. Ti senti preparato?

    Preparato? Preparato a che? Si disse lui, che quel camminare ossessivo rendeva sempre più nervoso. Ma non potrebbe stare ferma? Pensò, seguendo il suo movimento con gli occhi, pregando silenziosamente che Adrian finalmente arrivasse. Prima che potesse rispondere, lei lo incalzò: Vittorio, mi hai sentito?

    Ma certo, Eulalia, è, che vuoi, sono giorni un po’ particolari, lo stress… Lei sbuffò, poi, fermandosi di scatto, si pose direttamente davanti a lui, le mani sui fianchi, fissandolo attentamente.

    Vittorio ebbe l’impulso di farsi piccino sulla poltrona, ma, sia pure con un certo sforzo, riuscì a sostenere lo sguardo. Lei scosse la testa. Lo stress te lo procuri da solo, con le figuracce che fai ogni volta che apri la bocca. Se non ci fossi io che vengo in tuo soccorso, la tua campagna elettorale sarebbe già andata a gambe all’aria. Se c’è qualcuno che può parlare di stress, quella sono io. Fece una breve pausa per massaggiarsi le tempie, come volesse scacciare un brutto pensiero, quindi riprese: Però non c’è da preoccuparsi, io la tensione sono in grado di sopportarla benissimo.

    Lui trattenne a stento una smorfia a quest’ultima considerazione, che era, al minimo, discutibile. Tuttavia non era ovviamente il caso di mettersi a polemizzare. Tra l’altro, tutto il resto era purtroppo vero. L’ultima gaffe in cui lui era incappato in ordine di tempo era stata quando aveva scambiato i discorsi da tenere di fronte a due platee di orientamento diametralmente opposto: a un’associazione ecologista aveva, sia pure blandamente, ironizzato sul Global Warming, mentre davanti a un gruppo di industriali del settore energetico, aveva indicato il suo interesse per una legislazione più dura al riguardo delle emissioni dei gas serra.

    In entrambi i casi Eulalia era poi intervenuta in soccorso, facendo capire che il marito stava parlando per assurdo e che occorreva intendere dalle sue parole il contrario di quello che aveva detto. Così la situazione era stata rimediata, ma sicuramente l’impressione che lui aveva lasciato nell’audience era stata per lo meno ambigua. Quella sera, la telefonata del Senatore era stata devastante. Dopo essersi ferocemente lamentato della sua performance, gli aveva chiesto, in pratica ordinato, di pianificare un incontro con lui non appena possibile.

    Lui aveva tergiversato, adducendo gli impegni della campagna elettorale che lo tenevano fuori città, ma ora che era di ritorno a Roma, non c’era più modo di rimandare il confronto, anzi, si aspettava la convocazione da un momento all’altro. Cosa gli avrebbe detto? Poteva veramente dischiudergli tutto?

    La moglie era rimasta immobile di fronte a lui, evidentemente aspettando un commento da parte sua. Con un altro sorriso sforzato, lui disse: Sì, Eulalia, hai ragione, meno male che ci sei tu.

    Lei lo guardò di traverso. Mi stai prendendo in giro?

    Ma per carità, cosa dici? È evidente che sei tu il sostegno della campagna. L’altra non parve convinta e si piegò in avanti sibilando: Lo sai che odio se qualcuno si prende gioco di me!

    Vittorio deglutì a vuoto e alzò le mani come per difendersi, ma prima che potesse in qualche modo replicare, si udì un discreto bussare alla porta.

    Avanti! si affrettò a dire e Adrian affacciò finalmente la sua testa bionda sull’uscio.

    Oh, scusate se vi interrompo. Vorrei rammentare all’Onorevole che fra pochi minuti ha inizio la riunione, se volesse gentilmente prepararsi… Finalmente, avrebbe avuto voglia di dire lui, anche se in cuor suo l’avrebbe benedetto per il suo arrivo. Da quando era entrato nel suo staff, il suo assistente, un tedesco di circa trentacinque d’anni il cui italiano era perfetto, eccettuato un lievissimo accento straniero, che curiosamente sembrava più russo che teutonico, aveva dimostrato di essere un collaboratore pressoché indispensabile.

    Gli era stato a suo tempo raccomandato da Gemma, il capo dei servizi privati del Senatore e lui all’inizio lo aveva considerato con una certa diffidenza. Si era tuttavia subito reso conto che le qualità dell’altro erano indiscutibili. Gli sembrava ancora incredibile che un uomo che aveva iniziato la sua carriera nei corpi speciali dell’esercito e che aveva il fisico di un atleta e l’avvenenza di un modello, potesse dare prova di una tale competenza sul suo lavoro, unita sia a discrezione, sia a grande sensibilità.

    In breve tempo Adrian era diventato quasi la sua ombra, svolgendo in pratica anche la funzione di maggiordomo e Vittorio aveva presto scoperto quanto preziosa fosse la sua collaborazione. Se aveva difficoltà a trovare un documento, se non gli veniva in mente un nome, se non trovava la parola giusta per un discorso, sapeva sempre di poter contare su di lui. Se per caso aveva un accenno di mal di testa, quasi gli leggesse nel pensiero, Adrian era subito pronto con l’analgesico e un bicchier d’acqua.

    Aveva certo più di qualche dubbio che la lealtà dell’altro andasse più alla casa del Senatore che alla sua, ma in fondo non gli importava. La funzione che lui svolgeva era così valida che il resto passava in secondo piano. E ultimamente aveva sviluppato come un sesto senso, che spesso gli consentiva di comparire quando avvenivano quei confronti tra lui e la moglie, magari solo con lo scopo di alleviare la tensione, ma forse anche per aiutarlo a tenere la situazione sotto controllo.

    Eulalia, che si era voltata con uno scatto felino, apostrofò il segretario con durezza: Il suo intervento è intempestivo, Adrian. Come vede siamo occupati. Esca e veda di non interrompere.

    L’altro chinò la testa e si ritirò senza una parola. Lei si voltò di nuovo verso il marito, ma aveva evidentemente perso il filo del discorso e, dopo avere aperto e chiuso un paio di volte la bocca senza parlare, gli voltò le spalle e mormorando: Ora vado a farmi una bella corsa nel parco, uscì silenziosamente com’era entrata.

    Lui si accorse di avere la fronte madida di sudore. Non era possibile andare avanti in quel modo, bisognava che il problema che lei rappresentava trovasse una soluzione.

    [1] Bene, abbiamo buone notizie. 

    [2] Suppongo che dovrei essere contento. 

    II

    L’incubo era cominciato quella sera di quasi un mese prima, circa sei settimane dopo l’inizio della nuova cura. Stavano tornando da una delle trasferte della campagna elettorale ed erano fermi a un semaforo della periferia della capitale, quando, prendendo tutti alla sprovvista, Eulalia era scesa dall’auto su cui viaggiava, aveva attraversato la strada ed era salita su un taxi che procedeva nella direzione opposta, così dileguandosi nella notte.

    Vittorio si trovava, semi addormentato, su un’altra vettura qualche decina di metri più avanti e la notizia gli era arrivata pochi secondi dopo. Subito sveglio, le parole del medico, costante supervisione, eventuali eccessi, gli erano subito tornate alla mente. In quale guaio poteva andarsi a cacciare? Non era certo ammissibile che la moglie del candidato Presidente potesse ritrovarsi in una situazione tale da creare scandalo. E nello stato in cui lei si trovava, non era certo una cosa da escludere.

    Una voce dentro di lui gli aveva anche mormorato che, se Eulalia si fosse messa nei guai, forse sarebbe stato possibile farle riprendere la vecchia terapia… Ma occorreva in ogni caso ritrovarla al più presto. Benso si era quindi consultato con Adrian, il quale aveva suggerito, ragionevolmente, di mettere sull’allerta Gemma, la quale aveva i mezzi per compiere le necessarie indagini nella maniera più discreta. Anche se la cosa non lo aveva entusiasmato, non gli sembrava ci fossero alternative e aveva dato il suo assenso.

    Così, preda di sentimenti contrastanti, era tornato alla villa e, lasciando ad Adrian il compito di mantenere i contatti con Gemma, la quale aveva subito avviato le ricerche, sentendosi esausto, si era ritirato per la notte. In fondo, si era detto, cosa mai poteva succedere?

    Dopo poche ore di sonno profondo ma agitato, si era di colpo svegliato con un brutto presentimento. Tendendo l’orecchio, gli era parso di udire un movimento insolito nella dimora. Erano forse questi rumori che l’avevano destato. Indossata la veste da camera, era uscito nel corridoio e aveva incrociato il suo assistente che si stava affrettando verso l’uscita, il viso una maschera di preoccupazione. Adrian, che succede? Mia moglie è stata ritrovata?

    L’altro era apparso incerto e aveva esitato qualche secondo, prima di rispondere. Sì, Onorevole. La stanno riportando alla villa. Ma… c’è stata qualche complicazione. Le raccomanderei di tornare in camera sua e di lasciare che mi occupi io di tutto.

    Ah, se avesse seguito quel saggio consiglio! Avrebbe potuto evitare di sapere, non tutto e non subito, almeno.

    Ma aveva ritenuto che fosse suo dovere essere presente, qualunque cosa volesse dire complicazione. Così, superando le obiezioni del suo assistente, lo aveva seguito fuori, nel parco e fino al cancello, che avevano trovato aperto. Vittorio si era stupito a non vedere il guardiano notturno al suo posto. Ho ritenuto opportuno farlo allontanare, Onorevole. Presto capirà perché, gli aveva detto Adrian, acuendo ancora di più la sua ansia.

    Dopo pochi minuti, un’auto grigia si era fermata davanti ed Eulalia era scesa, sostenuta da uno degli uomini di scorta. Si muoveva incerta, strascicando i piedi e lui si era mosso per andarle incontro, quando aveva sentito la mano ferma del suo assistente che lo tratteneva: Ci penso io, Onorevole, gli aveva detto, mentre gli passava davanti per scambiare il posto con l’altro uomo, il quale, dopo avere scambiato con lui poche parole a bassa voce, era subito tornato all’auto, che aveva fatto inversione per poi allontanarsi velocemente.

    Quando Eulalia, sorretta da Adrian, gli fu vicino, la luce dei lampioni gli aveva rivelato le macchie di sangue sul suo vestito e l’orrore della situazione lo aveva colpito come un pugno allo stomaco. La scena gli era rimasta impressa nella mente come un film al rallentatore, ogni fotogramma pregno d’angoscia.

    Incredulo e sbigottito, aveva domandato con voce rotta alla moglie: Eulalia, cosa è successo? per sentirsi rispondere, con un’alzata di spalle e la voce impastata: Niente. Mi sono solo divertita un po’, cosa vuoi da me? Divertita un po’? Quelle parole inconsulte lo avevano agghiacciato.

    Bene aveva fatto Adrian ad allontanare il guardiano, nessuno, nessuno, per quanto fidato, doveva vedere la moglie in quelle condizioni. La donna sembrava stare entrando in uno stato quasi catatonico e in due l’avevano un po’ trascinata, un po’ trasportata fino alla sua camera, cercando nei limiti del possibile di non far rumore. L’avevano fatta spogliare e messa sotto la doccia, indifferenti alla sua nudità. Era evidente che lei non aveva nessuna ferita visibile. E allora, di chi era il sangue?

    Era una domanda cui forse non voleva avere risposta. Dopo averle fatto indossare, non senza difficoltà, la camicia da notte, l’avevano messa a letto, dove lei era arrivata in pratica già addormentata. Si erano quindi recati nello studio, dove Vittorio, camminando avanti e indietro davanti al caminetto e torcendosi le mani, aveva chiesto ad Adrian cosa mai fosse successo. Non saprei, Onorevole. Ho ricevuto pochi dettagli. Sua moglie è stata localizzata in una discoteca e una macchina con la scorta è andata a recuperarla. Lì è successo… qualcosa. Era stata la risposta.

    Qualcosa? Aveva fatto eco lui, con accento di esasperazione, per poi proseguire sarcastico: Un qualcosa certo del tutto marginale!

    L’altro era sembrato imbarazzato. Mi perdoni, ma non credo sia opportuno trarre delle conclusioni affrettate. Per prima cosa non è certo che quello che sembra sangue lo sia realmente. La persona con cui prima ho parlato, mi ha detto che stanno cercando di fare una ricostruzione esatta degli avvenimenti.

    Lui aveva ascoltato con scetticismo, ma almeno aveva qualcosa in cui sperare. Chissà, forse i vestiti della moglie erano solamente sporchi di salsa di pomodoro… E allora? aveva domandato.

    Adrian aveva accennato a un tiepido sorriso. Onorevole, come le avevo detto prima, lasci che me ne occupi io. Lei se può, invece, cerchi di farsi qualche ora di sonno.

    Benso aveva scosso la testa, ma che altro avrebbe potuto fare? Così era tornato in camera, sapendo però benissimo che avrebbe trascorso il resto della notte in bianco.

    La mattina dopo non si era più di tanto sorpreso a vedere come Eulalia paresse perfino più disinvolta del solito, mentre esaminavano assieme al loro staff gli impegni che li aspettavano quella giornata. Lui, durante una pausa, aveva cercato di avere lumi da lei su quanto potesse essere successo la notte precedente, ma aveva avuto come tutta risposta uno sguardo perplesso e irritato, come per dire, perché, è successo qualcosa?

    Benso quel giorno, sia per la stanchezza, sia per la preoccupazione, avrebbe fatto ben volentieri a meno di comparire in pubblico, specie con lei al fianco, ma, come si dice, The show must go on! e aveva stretto i denti e come al solito interpretato il suo ruolo.

    Nel corso di quell’interminabile giornata, preso negli automatismi della campagna elettorale, era perfino riuscito a rilassarsi un poco, sperando contro ogni logica che l’episodio della notte precedente fosse stato solo un brutto sogno.

    Purtroppo questa pietosa illusione aveva avuto vita breve. Infatti, nel tardo pomeriggio gli era comparso al fianco Adrian, il quale, tradendo anche lui una certa tensione, gli aveva passato uno scarno incartamento che conteneva diversi ritagli di pagine prese dai giornali locali. Gli articoli riportavano con una certa enfasi la notizia di un delitto misterioso, avvenuto davanti a una nota discoteca, dove un frequentatore del locale era stramazzato in un lago di sangue, davanti a numerosi testimoni. L’aspetto più preoccupante era che l’uomo era stato visto per l’ultima volta in compagnia di una donna con i capelli rossi che, ahimè, rispondeva alla descrizione di Eulalia.

    Vittorio si era sentito raggelare. I suoi peggiori timori si stavano avverando.

    Non poteva più lasciare che il suo assistente gestisse la situazione, per quanto capace e affidabile lui fosse. Veda di farmi prendere appuntamento con il Senatore per questa sera, anche a notte inoltrata, se necessario. Gli aveva detto, prima di tornare ai suoi impegni pubblici.

    Vittorio si versò un altro mezzo bicchiere di cognac, dicendosi che ne aveva proprio bisogno, poi si alzò andando verso il balcone con il calice in mano. Forse, si disse, aprendo la finestra per disperdere il profumo che la moglie aveva lasciato nell’aria, la vista del parco lo avrebbe aiutato a calmarsi. Adrian gli stava discretamente lasciando qualche minuto da solo, prima di ripresentarsi e di questo lui gli era grato.

    Ricordava bene l’incontro con il suocero di quella sera. Seduto di fronte al Senatore, in uno dei salottini del suo palazzo, aveva esposto in sintesi il problema, cercando di controllare la propria agitazione. Il suo ospite era rimasto imperturbabile, come se gli avvenimenti della notte precedente non lo riguardassero. Poi, dopo averlo lasciato parlare per diversi minuti senza interromperlo, cosa assai singolare, aveva commentato in maniera asciutta: Ha fatto bene a venire, Benso, ma le assicuro che abbiamo la situazione sotto controllo. Ci troviamo davanti a un evento del tutto particolare, ma le cose sono diverse da come appaiono e in breve lei vedrà che sarà tutto chiarito. Stiamo facendo altre verifiche ma, qualunque possano essere gli sviluppi, sappia che a tutto c’è rimedio. Quello che importa è che lei non si faccia distrarre da questo episodio.

    Aveva lasciato che queste parole fossero ben comprese, poi aveva continuato: Torni a casa e si concentri sulla campagna elettorale, che da qualche settimana ha preso una piega che non mi aggrada per niente. Più di questo incidente che, le ripeto, non è quello che può sembrare, mi preoccupano di più i sondaggi che hanno virato in negativo.

    Vittorio si era agitato a disagio sulla sedia, impreparato per la piega che aveva preso la conversazione e aveva cercato di obiettare: Ma i giornali, quel morto, il sangue…

    Dettagli irrilevanti! E poi, non c’è stato nessun morto. aveva tagliato corto il Senatore. Le dico per l’ultima volta che lei di queste cose non si deve preoccupare, ma solo di fare la sua parte per gli elettori.

    Erano seguiti alcuni attimi di silenzio, durante i quali Benso aveva cercato di dare un senso alle parole del suo interlocutore, perché, anche se era ovvio che lui volesse scagionare la figlia, la realtà dei fatti gli sembrava incontrovertibile. Nessun morto? Mi pare ci siano dei testimoni che abbiano visto… Si era interrotto osservando il suo interlocutore scuotere la testa.

    Sarà stata suggestione collettiva. Nessuna persona è stata ricoverata ieri con ferite di arma da taglio, riconducibile a questo episodio.

    Lui era rimasto senza parole per qualche secondo, cercando di digerire questa informazione, incredulo. Infine aveva fatto un ultimo tentativo, pur sapendo che non avrebbe portato a niente: Mi perdoni, ma l’instabilità mentale di mia moglie, che è purtroppo innegabile, potrebbe nuovamente condurla a situazioni per lo meno imbarazzanti. Non sarebbe forse meglio interrompere la cura e rimetterla sotto sedativi?

    Non se ne parla nemmeno! aveva replicato il Senatore quasi con un ringhio. Non si rende conto che è Eulalia che sta facendo la differenza fra lei e quella Morelli? Lasci dire che mi sorprende che lei abbia il cattivo gusto di suggerire di rinunciare al prezioso contributo di sua moglie. Di qualunque cosa mia figlia possa essere stata responsabile, quello che conta è che si comporti bene in pubblico, cosa che, mi pare, ha dimostrato di fare fin qui in maniera egregia, non crede?

    Ma lei riesce a essere brillante solo dopo che ha ricevuto la sua dose di farmaci… interloquì lui.

    Che è quanto continueremo a darle! aveva detto il Senatore, in tono esasperato. Poi aveva aggiunto, quasi come considerazione secondaria: Sarà probabilmente opportuno incrementare la vigilanza per assicurarsi che lei non rimanga mai da sola, ma a questo provvederò io. E ora allontani dalla mente questa storia e pensi solo e unicamente alla campagna elettorale.

    Vittorio si morse le labbra, affacciandosi dal balcone. Non poteva vedere la pista di jogging che si snodava dalla parte opposta della dimora, ma s’immaginava la moglie che stava smaltendo la sua iperattività in una corsa senza fiato. Sapeva che le guardie del corpo non la perdevano d’occhio neanche per un istante, ma non era certo lì che poteva succedere qualcosa. E poi, era, come si dice, chiudere la stalla dopo che i buoi erano già scappati. Il male era stato fatto e occorreva trovare il modo di venirne fuori.

    Questa volta, però, non vedeva come il Senatore sarebbe stato in grado di risolvere il problema. Sì, l’incidente della discoteca era stato neutralizzato con sbalorditiva efficienza e rapidità - anche se non sapeva per certo come - ma in fondo si trattava di un problema ben preciso, per il quale il servizio segreto privato del suocero e la sua immensa influenza potevano operare con precisione chirurgica.

    E lui aveva potuto toccare con mano i risultati. Infatti, già la mattina dopo il colloquio con il suocero, il viso disteso di Adrian, mentre gli porgeva la cartellina contenente la sintesi delle notizie della giornata, gli aveva fatto capire che la situazione era tornata sotto controllo. Aperto l’incartamento, nei ritagli di giornale aveva potuto leggere, con un sollievo misto a stupore, che una donna dai capelli rossi si era recata dagli inquirenti per fornire la sua versione dei fatti sul presunto delitto della discoteca. Presunto, appunto, perché non vi era più alcuna traccia della vittima. Magia… La crisi era stata superata e il potenziale - e rovinoso - scandalo evitato.

    Tuttavia, la fonte dell’infezione non era stata rimossa e neanche il Senatore era arrivato al punto di dire che la figlia era innocente. Era anzi

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