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Il risveglio dell'ereditiera: Harmony Collezione
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E-book159 pagine2 ore

Il risveglio dell'ereditiera: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Piuttosto che perdere la sua amata tenuta a causa del ricco e viziato playboy Luca Ferrantelli, Artemisia Bellante accetta di sposarlo... solo sulla carta. Traumatizzata da un incidente del passato, l'ereditiera non lascia il castello da anni, non sa niente del mondo esterno, tantomeno del tocco di un uomo. Ma ha intenzione di recuperare il tempo perduto!
Se c'è una possibilità che sposare Artie darà a suo nonno la volontà di vivere, Luca deve farlo. Ma è determinato a resistere alla vulnerabilità di quella donna, e soprattutto all'attrazione che da subito divampa fra loro. Fino a quando il rovente bacio che si scambiano sull'altare risveglia in entrambi una passione che non sanno come fronteggiare.
LinguaItaliano
Data di uscita19 mar 2021
ISBN9788830526105
Il risveglio dell'ereditiera: Harmony Collezione
Autore

Melanie Milburne

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Il risveglio dell'ereditiera - Melanie Milburne

    successivo.

    1

    «Ma... ma... dev'esserci per forza un errore» balbettò Artemisia Bellante, inorridita. «Com'è possibile che il castello del Giglio sia stato ipotecato? Appartiene alla nostra famiglia da generazioni. Papà non mi ha mai nemmeno accennato al fatto di essersi indebitato con una banca.»

    «Non con una banca, signorina.» Con aria grave, l'avvocato Bruno Monforte prese una cartellina di documenti dalla scrivania e la fece scivolare verso di lei. «Con Luca Ferrantelli. Di certo avrà sentito parlare di lui. Patrimonio personale a nove zeri, guida una multinazionale del settore immobiliare. Inoltre è un appassionato produttore di vino, con particolare interesse per i vitigni rari, come quelli che crescono nella vostra tenuta.»

    Artie diede una veloce occhiata alle carte, mentre un brivido gelido le correva lungo la schiena. «Sì, vagamente...» Mentiva. Poteva pure aver trascorso dieci lunghi anni in isolamento, ma persino lei conosceva di fama il bellissimo miliardario playboy. Aveva visto le sue foto sulle riviste. Ed era andata in estasi, come ogni donna dai sedici anni in su.

    Rialzò lo sguardo. «E quindi adesso sarebbe lui il proprietario di quasi tutto il castello? Non posso crederci. Mi ricordo che papà, per contenere le spese, tempo fa aveva dovuto mandare via sia il custode che i giardinieri, però non mi ha mai lasciato intendere che la nostra situazione fosse così compromessa. Perché non mi ha detto nulla, nemmeno prima di morire?»

    Scoprirlo così era umiliante. E terribilmente doloroso. Lasciarla sull'orlo della bancarotta era forse una misura estrema per costringerla ad affrontare il mondo? Dove avrebbe trovato i soldi per fronteggiare quel disastro?

    L'avvocato Monforte si sistemò gli occhiali sul naso aquilino. «A quanto pare suo padre e quello di Luca in passato hanno intrattenuto buoni rapporti d'affari. Perciò, quando l'anno scorso il maltempo ha danneggiato la tenuta, si è rivolto a lui per ottenere un prestito. Altrimenti, non avendo rinnovato l'assicurazione, sarebbe stato costretto a vendere.»

    Incredula, Artie sbatté le ciglia. «L'assicurazione era scaduta? Perché non me ne ha parlato? Sono la sua unica figlia. L'unico pezzo di famiglia che gli era rimasto. Avrebbe dovuto fidarsi di me quanto basta per raccontarmi l'amara verità sulle nostre finanze.»

    Bruno Monforte alzò una spalla. «Per orgoglio, immagino. O per vergogna. Suo padre ha dovuto ipotecare la proprietà per pagare le riparazioni più urgenti. Considerate le sue precarie condizioni di salute, ricorrere al figlio di un vecchio amico era la scelta migliore, se non l'unica. Purtroppo non è riuscito a rimborsare le rate secondo il piano di ammortamento previsto. E adesso che è scomparso, lei si ritrova in una posizione che oserei definire complicata.»

    Artie aggrottò le sopracciglia, avvertendo le prime fitte dell'emicrania. Forse era soltanto un brutto sogno, da cui si sarebbe svegliata di colpo, da un momento all'altro.

    Ti prego, fai che non sia vero.

    «Papà sapeva bene che prima o poi avrebbe comunque dovuto restituire i soldi. Perché ha permesso che si arrivasse a questo punto? E il signor Luca Ferrantelli poteva ben prevedere che non sarebbe mai riuscito a saldare il debito. O forse la sua vera intenzione, sin dall'inizio, era proprio portarci via il castello.»

    Sospirando, l'avvocato Monforte incrociò le mani sulla scrivania. «Suo padre era una brava persona, Artemisia, purtroppo però non era portato per le questioni finanziarie, di cui si è sempre occupata sua madre. Dopo la sua morte, per forza di cose è toccato a lui subentrare nell'amministrazione della tenuta.» Il legale strinse le labbra in una smorfia contrita e poi continuò. «Non sarò certo la prima persona a dirle quanto fosse cambiato, dopo l'incidente. Non dava retta a nessuno, nemmeno ai suoi commercialisti. Ne ha licenziati tre in un anno. Grazie al finanziamento di Luca Ferrantelli, signorina Bellante, lei ha potuto prendersi cura di suo padre fino all'ultimo. Adesso però, a meno che non trovi il denaro per estinguere l'ipoteca, il castello del Giglio diventerà suo.»

    Prima dovrà passare sul mio cadavere.

    Artie non avrebbe rinunciato alla tenuta di famiglia senza combattere, anche se sarebbe stata una lotta impari, come Davide contro Golia.

    Doveva almeno provarci.

    Ignorò le gocce di sudore che le colavano tra le scapole. Il panico che le opprimeva il petto. Le fitte di dolore dietro le orbite. La sensazione che la terra sotto ai suoi piedi ondeggiasse come una barchetta di carta su uno tsunami. «Quando e dove papà avrebbe incontrato il signor Ferrantelli? Negli ultimi dieci anni sono stata la sua assistente a tempo pieno e non ricordo di averlo mai visto.»

    «Forse è venuto mentre lei era fuori.»

    Fuori? Ma lei non usciva mai di casa!

    Non era come gli altri, che potevano andarsene a spasso o vedersi con gli amici. Non riusciva nemmeno a stare nella stessa stanza con più di due persone per volta. Tre erano già una folla.

    «Può darsi...» La sua sociofobia era più efficace di una prigione di massima sicurezza. Non varcava i cancelli del castello da quando aveva quindici anni.

    Ne erano passati altri dieci.

    Nessuno era a conoscenza del suo disturbo psicologico. L'infermità di suo padre le aveva consentito di nascondere la verità: che aveva il terrore di stare in mezzo alla gente. Era stata contenta di prendersi cura di lui. Le aveva dato un obbiettivo su cui concentrarsi. E quando qualcuno veniva a trovarlo, Artie evitava di farsi vedere. Ma accadeva sempre più di rado, specie negli ultimi due anni, a parte medici e fisioterapisti.

    Era sola. Non aveva nessuno a cui rivolgersi in caso di bisogno. Avendo completato gli studi da casa, aveva perso il contatto con i compagni di scuola di allora. Non aveva amici, oltre a Rosa, la governante.

    Fece un profondo respiro e studiò con più attenzione i documenti che aveva davanti. Sbatté le palpebre come per schiarirsi la vista. Ma quello che c'era scritto confermava i suoi timori. Nessuna banca le avrebbe mai prestato la cifra necessaria per riprendersi il castello, senza uno stipendio o una rendita. Non aveva titoli di studio oltre il diploma, né esperienze lavorative. E non possedeva nessun talento particolare, a parte quello per il ricamo, il suo unico hobby.

    Scansò le carte. «E che mi dice del fondo fiduciario di mia madre? Ci sono ancora dei soldi, no?»

    «Possono bastarle per sopravvivere, almeno nel breve periodo. Ma non per saldare il suo debito.»

    Il cuore di Artie le saltò nel petto come una rana. «Quanto mi resta?» Le sembrò di aspettare una sentenza di condanna a morte, e per certi versi lo era. Non riusciva a immaginarsi lontana dal castello del Giglio. Era la sua casa, il suo rifugio, la sua salvezza.

    Era tutto il suo mondo.

    Bruno Monforte risistemò i documenti nella cartellina. «Un anno o due, se sarà oculata nelle spese. Ma anche se reperisse i fondi per riscattare il castello, questo posto ha bisogno di costosi lavori di manutenzione. Il tetto dell'ala nord è seriamente danneggiato, come pure il giardino d'inverno. Parliamo di milioni di euro...»

    «Sì, lo so.» Artie spinse indietro la sedia e si asciugò le mani umide sulle cosce. Il castello stava crollando a pezzi intorno a lei. Ma doverlo lasciare era impensabile.

    Non poteva farlo. Letteralmente.

    Il terrore le risalì sulla pelle come migliaia di invisibili formiche. L'ansia le schiacciò il petto, impedendole di respirare. Era un po' di tempo che non stava così male, ma il panico era sempre in agguato, nelle pieghe del suo inconscio. La seguiva come uno spirito maligno, dal giorno in cui era tornata a casa dall'ospedale, dopo l'incidente stradale che aveva ucciso sua madre e lasciato suo padre in sedia a rotelle.

    E la colpa era stata soltanto sua.

    L'avvocato si schiarì la gola. «C'è dell'altro...» Il tono ancora più formale le provocò un brivido gelido lungo la schiena.

    Artie raddrizzò le spalle, per darsi un contegno sicuro di sé, ma non ci riuscì. «Co... cosa c'è?»

    «Ferrantelli ha predisposto un accordo per aiutarla a ripianare il debito. Se accetterà le sue condizioni, riavrà la piena proprietà del castello entro sei mesi.»

    Le sopracciglia di Artie schizzarono verso l'alto, come il battito del suo cuore. Come avrebbe mai potuto saldare tutte le rate del prestito in così poco tempo? Qual era la contropartita? «Un accordo? Che genere di accordo?» La sua voce risuonò acuta e stridula come il verso di un pupazzetto di gomma.

    «Non sono autorizzato a darle ulteriori informazioni, signorina Bellante. Ferrantelli pretende di discuterne personalmente con lei. Le ha già fissato un incontro: lunedì mattina alle nove in punto nel suo ufficio di Milano. E soltanto allora le comunicherà quali sono le sue opzioni.»

    Il terrore le ghiacciò l'anima. Che intenzioni poteva mai avere Luca Ferrantelli nei confronti di una sconosciuta indebitata fino al collo?

    Pessime, ovvio.

    E quei modi perentori da sergente, poi.

    Alle nove di lunedì. Nel suo ufficio. A Milano.

    Doveva essere un tipo arrogante, abituato a dare ordini e a vederli eseguiti senza fiatare. Ma lei non poteva assolutamente andare a Milano. Né lunedì, né un altro qualunque giorno. Non riusciva nemmeno ad arrivare al cancello, senza essere travolta dal panico.

    Strinse il bordo della scrivania. Il suo cuore sembrava si stesse allenando per le Olimpiadi di salto. «Gli chieda di venire lui qui. Per me è scomodo spostarmi fino a Milano. Non guido e, da quanto mi ha appena detto, non posso permettermi spese extra per un taxi o un'auto a noleggio.»

    «Il signor Ferrantelli è un uomo molto impegnato. Mi ha chiesto espressamente di dirle che...»

    Artie raddrizzò la schiena, alzò il mento e strinse i denti dietro un sorriso freddo. «Si presenti qui alle nove in punto di lunedì mattina. Oppure non se ne fa nulla.»

    La Maserati di Luca Ferrantelli oltrepassò i cancelli arrugginiti del castello del Giglio, alle otto e cinquantasei di lunedì mattina. L'antico edificio di pietra ricoperto di edera, immerso nella campagna umbra, sembrava uscito da una fiaba dei fratelli Grimm. Circondato da un parco che non vedeva un giardiniere da chissà quanto: siepi troppo cresciute, rose mai potate, sentieri ricoperti di erbacce e alberi nodosi. Però la proprietà aveva un potenziale notevole. Anni e anni di esperienza del settore immobiliare, prima nella società di suo padre e poi sul mercato internazionale, gli avevano insegnato come riconoscere un diamante nella polvere.

    E a proposito di diamanti...

    Guardò la scatolina di velluto posata sul sedile del passeggero, contenente l'anello di fidanzamento di sua nonna, e sorrise tra sé. Artemisia Bellante sarebbe stata una perfetta moglie a tempo determinato. Poco prima di morire, suo padre Franco gli aveva mandato una foto della ragazza, pregandolo di prendersi cura di lei, dopo la sua scomparsa. Era stato allora che nella sua mente era germogliata l'idea di sposarla. Giovane, innocente, riservata, era la classica brava ragazza che sarebbe piaciuta a quel conservatore di suo nonno, Umberto Ferrantelli.

    Ormai non gli era rimasto molto tempo per cercare di convincerlo a sottoporsi alla chemioterapia che poteva salvarlo. Avrebbe fatto qualunque cosa, anche sposare un'ereditiera ridotta in miseria, purché il suo anziano e fragile nonno potesse guadagnare qualche prezioso anno di vita. Glielo doveva. Dopotutto, se aveva perso la voglia di stare al mondo, era soltanto colpa sua. Era stato lui a distruggere la famiglia Ferrantelli.

    Le ultime immagini di suo padre Flavio e di suo fratello Angelo si insinuarono crudeli nella sua mente. I loro poveri corpi senza vita trascinati via dalle onde. Due vite stroncate per il comportamento folle e sconsiderato di un adolescente. La felicità di sua madre e dei suoi nonni annientata per sempre. Nessuno di loro era più stato lo stesso, da quel terribile giorno.

    Luca sbatté le ciglia per scacciare quella visione angosciante, e strinse il volante con forza. Non poteva riportare indietro suo padre e suo fratello. Né annullare il dolore immenso che aveva

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