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Ecuba
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E-book154 pagine1 ora

Ecuba

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Info su questo ebook

Il testo in italiano tradotto da Ettore Romagnoli e la versione originale in greco della tragedia di Euripide che rappresenta la follia disperata di Ecuba per la perdita dei figli Polidoro, ucciso per impossessarsi delle sue ricchezze da Polimestore, e di Polissena, sacrificata sulla tomba di Achille. Ecuba, con l'appoggio di Agamennone, mette in atto la sua vendetta uccidendo i figli di Polimestore ed accecando quest'ultimo, il quale predirà una sorte terribile ai due.
LinguaItaliano
EditoreKitabu
Data di uscita30 ott 2013
ISBN9788867442140
Ecuba

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    Anteprima del libro

    Ecuba - Euripide

    ECUBA

    Εὐριπίδης, Εκάβη

    Originally published in Greek

    ISBN 978-88-674-4214-0

    Collana: AD ALTIORA

    © 2014 KITABU S.r.l.s.

    Via Cesare Cesariano 7 - 20154 Milano

    Ti ringraziamo per aver scelto di leggere un libro Kitabu.

    Ti auguriamo una buona lettura.

    Progetto e realizzazione grafica: Rino Ruscio

    ECUBA

    PERSONAGGI:

    ÈCUBA (seconda moglie di Priamo)

    POLISSÈNA (figlia di Priamo e di Ecuba)

    OMBRA DI POLIDÒRO (fantasma, figlio di Priamo, re di Troia)

    ODISSEO (o Ulisse, eroe greco originario di Itaca)

    TALTÌBIO (araldo di Agamènnone)

    AGAMÈNNONE (figlio di Atreo e di Erope, fratello maggiore di Menelao e Anassibia)

    POLIMÈSTORE (re del Chersoneso Tracico)

    ANCELLA D'ÈCUBA

    CORO DI PRIGIONIERE TROIANE

    AMBIENTAZIONE:

    La scena si svolge sulle coste del Chersoneso tracico. Molte tende degli Achei, e fra esse quella di Agamènnone. 

    (Davanti alla tenda di Agamènnone appare l'ombra di Polidòro)

    OMBRA DI POLIDÒRO:

    I recessi dei morti, e della tenebra

    le porte abbandonate, ove lontano

    dagli altri Numi Ade soggiorna, io giungo

    qui: Polidòro io son, d'Ècuba figlio,

    che nacque da Cissèo: mio padre fu

    Prìamo, che, quando su la frigia rocca

    la minaccia incombé che sotto l'aste

    cadesse degli Achei, dal suol di Troia

    lontano mi mandò, di Polinèstore

    alla magion, dell'ospite di Troia,

    che il pian ferace piú d'ogni altro semina

    del Chersoneso, e quelle genti amiche

    di corsïeri, con la forza regge.

    E meco insieme, di nascosto il padre

    molto oro gl'inviò, perché, se mai

    vinte le mura d'Ilio procombessero,

    non dovessero i suoi figli superstiti

    conoscer la penuria. Ed il piú giovine

    ero io dei Priamídi; e dalla terra

    lungi per questo mi mandò: ché reggere

    col braccio giovinetto io non potevo

    scudo né lancia. Or, finché saldi stettero

    della terra i confini, e smantellate

    non fûr le torri del troiano suolo,

    e la fortuna sorrideva ad Ettore,

    fratello mio, nella battaglia, io presso

    l'ospite tracio di mio padre crebbi,

    misero me, come novello cespite,

    e fui nutrito. Ma poiché perirono

    Ettore e Troia, e furono distrutti

    i patrî Lari, e Prìamo stesso cadde

    presso l'ara, dei Numi opra, ed il figlio

    sanguinario d'Achille lo sgozzò,

    l'ospite di mio padre, a me tapino

    la morte die', per bramosia dell'oro,

    per tenerselo in casa; e dopo ucciso,

    fra l'estuar dell'onde mi gittò.

    Ed ora giaccio su la spiaggia, ed ora

    fra i tempestosi flutti, in corsa alterna

    trascinato dall'onde, e son di lagrime

    privo e di tomba. E adesso, abbandonata

    la morta salma, di mia madre, d'Ècuba

    sovra il capo mi lancio. Il terzo giorno

    è questo già che in aria io son librato,

    da che la madre mia misera giunse

    dal suol di Troia al Chersoneso. Or tengono

    tutti gli Achei ferme le navi, e sostano

    di questo tracio suol sopra la spiaggia,

    perché su la sua tomba Achille apparso,

    il figlio di Pelèo, tutto l'esercito

    degli èlleni arrestò, mentre alla patria

    volgevano le prore: ei Polissèna

    chiede, sorella mia, che sul suo tumulo

    cada sgozzata, e averla in dono. E avrà

    quello che chiede, né del dono privo

    lo lasceran gli amici. Oggi il destino

    la mia sorella a morte adduce; e due

    salme vedrà di due figli la madre:

    di mia sorella misera, e di me:

    ch'io, per avere sepoltura, sopra

    l'estuare dell'onde apparirò

    ai piedi innanzi d'un'ancella: ch'io

    dai Numi che potere hanno in Averno,

    della madre impetrai che fra le braccia

    giunger potessi, e sepoltura averne:

    tutta paga sarà questa mia brama.

    Ma lungi dall'antica Ècuba, or vado

    ch'essa già dalla tenda d'Agamènnone

    move il pie': la sgomenta il mio fantasma.

    (Dalla tenda esce Ècuba sorretta da ancelle troiane)

    Ahimè!

    O madre mia, ridotta dalla reggia

    a servil vita, misera tu sei

    quanto beata un dí: ti strugge un Nume

    per contrappeso dell'antico bene.

    (Sparisce)

    (Sempre sorretta dalle ancelle, Ècuba si avanza)

    ÈCUBA:

    Questa vecchia dinanzi alla tenda

    conducete, o fanciulle, reggete

    questa schiava, ora vostra compagna,

    o Troiane, ed un tempo regina.

    Prendete, portate, guidate,

    sollevate il mio corpo, stringendo

    la vecchia mia mano; ed al curvo

    baston di tua mano reggendomi,

    farò che piú svelto l'incesso

    proceda del tardo mio pie'.

    (Si ferma sul davanti della scena)

    O notte di tenebre, o folgore

    di Giove, perché da terribili

    notturne fantasime

    son tanto agitata? Deh, Terra

    venerabile, madre dei Sogni

    alinegri, lontana stia quella

    visïone che in sogno m'apparve

    intorno al figlio mio che vive al sicuro fra i Traci,

    a Polissèna diletta mia figlia: terribile essa era!

    Sotterranei Numi, salvate

    mio figlio, ch'è l'àncora sola

    di mia casa, ed ora abita, all'ospite

    paterno affidato,

    nella Tracia coperta di neve.

    Qualche cosa di nuovo accadrà.

    E quelle che gemono avranno

    motivo di gemiti: mai

    non fu pel terrore

    il cuor mio cosí pieno di brividi.

    Dove piú vedrò l'anima d'Eleno

    divino, o Troiane, o Cassandra

    che i sogni mi spieghino?

    Vid'io gaietta cerva sgozzata dai denti d'un lupo

    dalle ginocchia mie strappata con furia crudele.

    E questo ancor piú mi sgomenta.

    Sulla vetta del tumulo apparve

    il fantasma d'Achille; e chiedeva

    che gli offrissero in dono qualcuna

    delle misere donne di Troia.

    Deh, lungi, deh, lungi dal capo

    di mia figlia, vi supplico, o Dèmoni,

    si sperda l'auspicio!

    (Entrano le prigioniere troiane che costituiscono il coro)

    CORO:

    A te, Ècuba, venni in gran fretta,

    del Signore lasciando la tenda,

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