Ifigenia in Tauride
Di Euripide
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Info su questo ebook
Euripide (Atene, 485 a.C. – Pella, 407-406 a.C.) fu un drammaturgo greco antico. È considerato, insieme ad Eschilo e Sofocle, uno dei maggiori poeti tragici greci.
Traduzione a cura di Ettore Romagnoli
Ettore Romagnoli (Roma, 11 giugno 1871 – Roma, 1º maggio 1938) è stato un grecista e letterato italiano.
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Anteprima del libro
Ifigenia in Tauride - Euripide
TÀURIDE
IFIGENÍA IN TÀURIDE
PERSONAGGI:
IFIGENÍA (sorella di Oreste, sacerdotessa al tempio di Artemide in Tauride)
ORESTE (fratello di Ifigenía)
PÍLADE (cugino di Oreste)
BIFOLCO
TÓANTE
ARALDO
ATÈNA
CORO DI DONNE ELLÈNE
AMBIENTAZIONE:
Il tempio d'Artèmide in Tàuride. Dinanzi al tempio un altare macchiato del sangue delle vittime umane. Appesi al suo fregio teschi umani.
(Esce dal tempio Ifigenía)
IFIGENÍA:
Pèlope il tantalíde, a Pisa giunto
con veloci cavalle, ebbe consorte
la figlia d'Enomào. Nacque da Pèlope
Atrèo: furon d'Atrèo figli Agamènnone
e Menelao. Del primo e della figlia
di Tíndaro io son figlia, Ifigenía,
che presso ai gorghi cui mulina l'èuripo,
e insiem con le frequenti aure sconvolge
il cerulëo mar, sacrificata
fui da mio padre - ei sel credé - per Elena,
nelle famose alpestri gole d'àulide,
d'Artèmide su l'ara. Ivi Agamènnone
l'elleno stuol di mille e mille navi
raccolto avea, per guadagnar contro Ilio
di vittoria agli Achei ghirlanda bella,
e, compiacendo Menelao, vendetta
trar dalle nozze ingiurïose d'Elena.
Or, poi che vento non soffiava, e al lido
costretta era la flotta, ardere vittime
fece. E Calcante disse: «O tu, che a questa
gesta d'Ellèni sei guida, Agamènnone,
nave non salperà da questo lido,
se la tua figlia Ifigenía non cade
ad Artèmide pria vittima. Tu
voto facesti un dí, che quanto l'anno
producesse di piú bello, alla Dea
portatrice di luce offerto avresti.
E Clitemnestra nella casa a te
una fanciulla partoría, che tu
devi immolar». La palma di bellezza
ei cosí m'assegnò. L'arti d'Ulisse
m'astrinsero a venir: pretesto furono
le nozze con Achille. E, giunta in àulide,
misera me, ghermita, sollevata
sopra l'altar, già mi feria la spada,
quando agli Achivi mi sottrasse Artèmide,
una cerva lasciando in vece mia;
e per il luminoso ètere in questa
terra di Tauri mi condusse, ch'io
vi dimorassi. E il barbaro Tóante
fra barbari qui regna: al pari d'ali
è veloce il suo piede; e il nome ei n'ebbe.
E in questo tempio una sacerdotessa
stabilí, dove, come vuol d'Artèmide
il rito (è bello il nome sol: del resto
taccio, ché la Dea temo) immolo - ch'è
della città costume avito - quanti
giungono Ellèni a questa terra: il rito
inizio: ad altri il sacrificio spetta
del santuario nei recessi arcani.
Gli strani sogni questa notte apparsimi
or vo' narrare all'ètere, se mai
n'abbia sollievo. Mi parea nel sonno
d'esser lontan da questa terra, in Argo,
e che dormivo nella stanza mia,
di giovinetta, e che un tremuoto il dorso
della terra scoteva, ed io fuggivo,
e, stando fuori, giú crollar vedevo
della casa i fastigi, e il tetto intero
precipitare dai pilastri eccelsi,
giacere al suolo. Una colonna sola
rimase in piedi, a quanto mi sembrò,
della casa paterna, e bionde chiome
fluiron giú dal capitello, e voce
assunse d'uomo. Ed io, quest'arte mia
pei foresti fatale, esercitando,
come alla morte fosse presso, d'acqua
la cospargevo, e lagrimavo. è tale
il sogno: ed io lo interpreto cosí.
è morto Oreste; il rito sopra lui
compiei: ché son colonna della casa
i figli maschi; e quelli su cui cadono
l'acque dei riti miei, son sacri a morte.
Né ad amici esser può che il sogno alluda:
ché figli Strofio non aveva, quando
a morte io venni. Or dunque, al fratel mio
libagïoni io voglio offrir - presente
a lui lontano: offrire altro non posso
con le fantesche mie, le