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La musica delle scritture - La tradizione
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E-book245 pagine2 ore

La musica delle scritture - La tradizione

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Questo libro incrocia il linguaggio teologico e il depositum fidei della Tradizione cristiana rendendo ragione musicalmente delle Scritture e viceversa, attraverso un'analisi comparata tra i dogmi e i principi armonici del sistema tonale.
LinguaItaliano
Data di uscita5 set 2015
ISBN9788893064774
La musica delle scritture - La tradizione

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    La musica delle scritture - La tradizione - Pierluigi Toso

    LA MUSICA DELLE SCRITTURE

    (La Tradizione)

    Le tre età, questo è il titolo che comunemente indica l’opera di Giorgione che imprime la copertina di questo lavoro. Altro titolo che a volte è riportato per descrivere il contenuto del dipinto in questione è Lezione di musica e personalmente credo che le due deduzioni sintattiche siano entrambe valide, tanto da compenetrarsi. Io intitolerei tale quadro La Creazione della musica o dell’universo, interpretando in questo secondo caso la partitura come il disegno architettonico su cui D-o[1]

    [2] Scrivo in tal modo per rispetto della tradizione ebraica che per non porre a rischio il rispetto fisico del nome divino lo annota così, infatti, è molto facile che una pagina di carta sia getta e calpestata. Non compio la stessa operazione per i nomi traslitterati dall’ebraico inerenti D-o, quali ad esempio il tetragramma sacro in quanto non saprei come ridurli per proteggerli.

    si è basato per creare ogni cosa. Un concetto che la tradizione ebraica assume nella Tôráh, la quale è vista come progetto originario di D-o per la stessa Creazione. In tale contesto la musica è la Tôráh e i protagonisti possono essere individuati come le Tre Persone in cui è descritto il D-o dei cristiani, anche se in tal senso quanto detto dalla Tradizione cristiana è sempre da reinterpretare con categorie di pensiero più consone alle Scritture stesse. D’altronde, dall’analisi musicale legata alla Tradizione che investe la prima parte di questo lavoro emergerà come tali Persone ed i loro rapporti insieme alla loro origine sarebbe forse cattolicamente da correggere, ascoltando ad esempio il mondo ortodosso, soprattutto con riferimento alla formulazione del Filioque. Queste sono solamente alcune parole d’anticipo sull’inizio di una partita, termine non a caso anche musicale, che inizierà fra qualche riga. Parole che credo esprimano non solo l’importanza della musica relazionata alla Tradizione e alle Scritture, ma anche la grandezza di un artista come Giorgione da Castelfranco, che concentrò la sua attenzione, in quelle poche opere che ci ha lasciato, su temi fondamentali per un uomo credente, ma anche per un uomo ri-cercatore di bellezza[2].

    "Tutta la questione su D-o

    è comprendere se Egli sia

    canto monodico[3] o polifonia."

    "La donna è il primo armonico

    dell’uomo[4]."

    La musica vera restituisce" a D-o

    la realtà più profonda dell’umanità

    e in qualche modo di D-o stesso[5]."

    "Beati coloro che non hanno visto

    e hanno creduto (Gv 20,29).

    La musica è tale possibilità

    di beatitudine".

    BREVE NOTA INTRODUTTIVA

    Le pagine di questo lavoro sulla musica, che ora vado ad iniziare, seguono inscindibilmente lo sforzo d’inchiostro fatto riguardo alla Bellezza nella Bibbia, non a caso tôb, oltre che essere stato il termine cardine del lavoro estetico che ho intrapreso nei confronti delle Scritture, è anche un termine cardine cui vengono connessi il canto e il suono liturgico[6]. Inoltre, anche filosoficamente la connessione tra bellezza e musica è evidente ed in qualche modo assoluta, tanto che Plotino inizia con le seguenti parole le pagine dell’Enneade intitolate Intorno al Bello: Il bello si trova, soprattutto, nell’ambito della vista; si trova poi nell’ambito dell’udito, secondo la combinazione delle parole, e così pure si trova nella musica, in ogni genere di musica. Belli sono infatti i ritmi e le melodie[7]. E, giungendo ai giorni nostri, riprendo le parole di uno dei protagonisti di un testo di un politico e filosofo contemporaneo, il quale scrive nella bocca di Sinesio: Il Nisseno l’ho venerato quando ormai Plotino mi aveva condotto alla somma cima[8]. Una cima confermata nella musica, a tal punto che Basset e Iplixis, due interlocutori dell’abbate Sinesio ed intervallati da quest’ultimo, ne affermano il legame. Basset, riguardo all’esperienza vissuta nei giorni di terra antistante il monastero, dice: Ai vostri ordini, santo abate. Solo che, cominciando a parlare di tali mutamenti, è difficile che taccia in noi ciò che più d’ogni altra cosa vorreste che taccia: la logica, questo elemento rumoroso, soprattutto in noi, forse per una nostra deformazione professionale. D’altra parte, senza rimuoverlo, la spiegazione è difficile, sia pure con parole molto semplici. Sarebbe più fedele alla verità con parole liriche, con parole che partecipano alla musica. Ancor più fedele, con la musica stessa. Essa rende la visione del silenzio, forse non esattamente, ma qualcosa di vicino[9]. La confessione dell’abbate sembra riprendere quanto ascoltato, tanto che, per quanto concerne la descrizione di coloro che ne hanno guidato la vita afferma. Bach è mio maestro come i grandi Padri della Chiesa, anch’egli fonte primaria dello spirito tedesco (come Goethe). (…) Forse che esagero se dico che Bach è stato la sorgente alla quale hanno attinto tutti i popoli europei, che è il poeta più religioso, più cristiano del discorso musicale? (…) Bach è un grande navigatore nella difficile rotta verso il divino[10]. A questo punto è fondamentale l’intervento di Iplixis, perché dà la misura del percorso estetico e musicale dei vangeli, cominciando dai sinottici per giungere ad intuire quanto avviene col quarto vangelo: Vedi, noi creature umane partiamo dal basso e ci sforziamo di arrampicarci più in alto possibile. Ma ci sono anche, nei secoli, cinque o sei prediletti degli dèi, che partono dall’alto, da altezze impenetrabili, e scendono fino al punto in cui talvolta riusciamo a vederli o a toccarli, noi, creature terrene, loro, i celesti. Il meccanismo secondo cui si compie la nostra ascesa, lo riusciamo a spiegare. Ma ci è impossibile spiegare il meccanismo di coloro che scendono dalle altezze. Non riusciamo a concepire da dove attingono la loro fantasia, il loro pensiero, la loro arte. Per noi restano miracoli. Omero - chiunque fosse - , Dante, Shakespeare e un altro dio, il dio della grazia, Mozart. Perché? Come? Da dove? – ci si chiede. E la sola risposta è: D-o[11]. A questo punto il passo filosofico verso la teologia o la filosofia delle Scritture permette di accostarsi ancora una volta ai testi Sacri, cercandone il senso più profondo ed elevato, ricordando però come sia necessario tenere presente quanto scritto nel Sefer ha-Haggadah, dove si legge: Si racconta che quando Davide ebbe finito il libro dei Salmi, si sentì molto orgoglioso. Egli disse a D-o: ‘Padrone del mondo, chi fra tutti gli esseri umani che hai creato canta più di me la tua gloria?’. In quel momento sopraggiunse una rana che gli disse: ‘Davide, non inorgoglirti. Io canto più di te in onore di D-o’ (89b). Dunque non bisogna mai dimenticarsi dell’origine umana narrata in Genesi se si vuole mantenere quell’umiltà indispensabile a sondare qualcosa dell’Assoluto che dalla terra ha tratto le dita che stanno lasciando queste righe, sperando che lo spirito insufflatomi da D-o, come ad ogni uomo, guidi le mie mani[12].

    Una conferma ulteriore, del fatto che la Bellezza biblica sia intrinsecamente legata alla musica, come sottolineato nel libro già citato, viene dalla conclusione dei Salmi, dove l’ebraico che rende il versetto 6 del salmo 150, cioè kôl hanneshamah[13] tehallel Yah, connette il musicale al teologico[14], in altre parole vi è la conferma dell’unità intrinseca esistente tra la musica e le Scritture, tanto che si può affermare come la musica sia l’esegesi esteticamente più conforme, al testo biblico, che si possa esprimere. Inoltre, che la musica sia biblicamente l’arte suprema e che conglobi anche le altre arti è confermato dal termine ebraico ‘amôn, un apax che descrive la Sapienza dimorante in D-o fin dall’inizio, Sapienza equiparata ad un architetto, la quale si rivelerà musicalmente nel Testamento Primo grazie a quell’uomo che nella sua doppia natura, umana e divina, è paragonabile all’unità musicale esistente tra il V° ed il VII° grado di una scala tonale, cioè tra la Dominante e la Sensibile. Un fatto intuito in qualche modo da Agostino, il quale, nel De Musica, identifica nella musica le stimmate dell’armonia della creazione (VI, 17, 56-58). In altre parole l’umanità sofferente di Gesù esprime un evento musicale irrinunciabile dell’armonia universale. Un’armonia che, in continuità, anzi in una straordinaria co-incidenza, con quanto rilevato affrontando il tema della bellezza nella Bibbia[15], vedrà proprio il fondamento etimologico del suo linguaggio, cioè la funzionalità, sovrapporsi alla quell’ordine funzionale di bellezza descritto nei primi versetti del libro della Genesi e rilevato in maniera inequivocabile dai commenti rabbinici più importanti. Resta dunque da comprendere se tale linguaggio sarà escatologicamente superato tramite un ritorno alle origini o se invece tale ritorno sia solamente una rinuncia a guardare il futuro. Evidentemente la prima risposta è quella che soddisfa maggiormente chi scrive queste righe, ma soprattutto è quanto emerge da un serio confronto tra le Scritture e la Musica che queste Ultime sorreggono.

    A questo punto anticipo dunque come anche questo lavoro, come quello inerente la Bellezza nelle Scritture, approderà a Gesù Cristo, non dimenticando però come la musica attraversi tutte le Scritture, infatti, persino Eliseo per profetizzare ebbe bisogno di un accompagnamento musicale (2 Re 3,15-16) e, non a caso, il termine chag, che in ebraico significa festa e che deriva dal verbo danzare ovvero chgg, esprime il culmine della gioia raggiunta dall’uomo biblico; quel culmine già toccato proprio argomentando riguardo all’estetica biblica. Che l’humus ebraico, relazionato alla musica abbia segnato in maniera profonda anche altri popoli è mostrato in maniera emblematica nella musica espressa negli spirituals nati dai popoli africani ridotti in schiavitù negli Stati Uniti[16]. Non a caso il termine ebraico che indica il lavoro indica anche la schiavitù, a dimostrazione di come la sofferenza vissuta da quegli uomini e quelle donne strappati e deportati dalla propria terra si sia caricata di quel lavoro custodendo nel contempo, grazie alla musica, la speranza fondata di una libertà raggiungibile nel regno dei cieli. Gli spirituals raccolgono dunque l’origine di schiavitù ebraica, ma giungono ai confini del superamento della melodia approdando all’armonia, approdando cioè alla rivelazione musicale del Testamento Primo; rivelazione che sarà oggetto costante delle pagine che seguiranno. Chiudo con la preghiera di non strumentalizzare quanto affermerò, riguardo alla musica rivelata nel cristianesimo, per derivarne una relativa superiorità nei confronti delle altri tradizioni musicali[17]. Comprendo che tale passo di tentazione è quasi inevitabile, così come quando si affermano superiorità relative nei confronti di bellezza, ad esempio tra le arti di civiltà differenti. In tal senso ho già cercato di comunicare come il bello non vada relativizzato, ma serva ad un dialogo di crescita e di reciproco rispetto, tale è anche la situazione di quella che considero come arte suprema ovvero la musica. Prego dunque il lettore di riconoscere, se crede, il fondamento del legame esistente tra la rivelazione biblica e la musica e azzardo, tra ogni rivelazione, sia essa buddhista, induista, islamica, ebrea o cristiana e la musica che in qualche modo produce; ricordando come la gara migliore per l’umanità sia il dialogo arricchente nel bello e non una corsa di pretesa superiorità da parte di uomini fatti di terra, come colui che sta scrivendo queste righe.

    INTRODUZIONE

    1 La fede musicale

    L’incontro con la musica è inevitabile per ogni uomo e per ogni società, persino un sordo percepisce le vibrazioni che i suoni producono e tale fatto estende esteticamente la percezione della musica riservata comunemente in maniera esclusiva al senso dell’udito. Che tale incontro si riveli decisivo e fondamentale per la storia dell’umanità è mostrato dalla stretta connessione esistente in tutti i miti conosciuti, presenti nelle civiltà antiche[18], tra la musica e le divinità. Basti pensare ai greci, ma ben prima di loro gli egiziani e soprattutto i cinesi, i quali avevano raggiunto un sistema quasi temperato con migliaia d’anni d’anticipo sull’intuizione europea. Non solo, ma la musica, in tali popoli, è stata associata all’origine dell’universo e tali cosmogonie sono diventate sia metafisica che filosofia pratica ovvero educazione. In tal senso sarebbe sufficiente citare due pensatori come Pitagora e Platone, ma ancora una volta non si possono dimenticare esperienze orientali come quella indiana; se, infatti, i greci sembrano essere l’origine di tutto lo scibile umano lo si deve soprattutto alla loro volontà di lasciare per iscritto le loro conoscenze, cosa che gli altri popoli citati non facevano. In particolare, per quanto riguarda la musica, i popoli orientali provano ripugnanza a scrivere la loro musica – salvo che per scopi mnemonici – o ad eseguire della musica scritta[19]. Tale fatto spiega una certa assolutizzazione nei confronti della grecità e di quanto ha prodotto in campo musicale, oltre che in altri luoghi culturali e di fede mediati come ad esempio le stesse Scritture. Quanto appena affermato motiva, in gran parte, il lavoro di questo libro, che vede le proprie pagine rivolte alla ricerca di una comprensione reciproca tra la musica e la Bibbia. Nel Primo Testamento la musica è esplicitamente espressa nei Salmi, con indicazioni riguardo all’esecuzione strumentale, ed anche nel Testamento Primo proprio il libro che lo chiude, l’Apocalisse, fa riferimento a strumenti come la tromba per indicare il tempo decisivo e definitivo per la storia dell’umanità. Tale annotazione rivela e rileva come le Scritture siano attraversate dalla musica e come il tempo decisivo per l’uomo sia il tempo della musica. Un tempo che si estende ad ogni fede e cultura esistente, tanto che le parole di Tagore: Dobbiamo stabilire un intimo e particolare rapporto tra noi e le cose della terra, suonando una nostra personale melodia[20], valgono per ogni uomo.

    Lo scopo delle pagine che seguiranno questa introduzione sarà però leggermente più preciso rispetto ad una generale analisi o elenco delle forme musicali principali esistenti, infatti, cercherò di far emergere come esista una differenza sostanziale, vorrei dire ontologica, tra la musica espressa dalla Bibbia, la quale trova il suo apice nel Testamento Primo, e le musiche antiche, le quali peraltro sono sostanzialmente relazionate alla musica ebraica. In tal senso proprio la musica permette una relazione di dialogo e verità tra tutte le fedi e le culture esistenti, arrivando persino a quelle considerate più primitive, come ad esempio la cultura musicale dei pigmei, i quali possiedono miracolosamente un’espressione polifonica, anche se tale polifonia, forse meglio definibile come un inizio di eterofonia, non è paragonabile a quella esistente nel mondo cristiano.

    Se mi affretto a scrivere queste pagine, pur non sapendo ancora se saranno edite e lette da qualche altro volto umano, è perché credo che il monito della rivelazione, cioè dell’Apocalisse, sia vero in ogni tempo e proprio il tempo della musica vada trovato quanto prima, prima cioè che giunga quel "mox per l’uomo che chiude ad ogni ulteriore ricerca e possibilità di vita nella verità. Credo così di interpretare ancora una volta le parole di Tagore, il quale disse: Dobbiamo arrivare presto a una decisione e intonare un canto che duri in eterno[21]. E continua: Accordiamo le corde della nostra vita a questa formula. Sia che mangiamo, sia che camminiamo, sia che riposiamo o sogniamo, facciamo risuonare di continuo questa frase: ‘Tu, o D-o, sei nostro padre !’. Tutti dovranno sapere che su questa terra esiste

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