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Lo sguardo assoluto
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E-book49 pagine41 minuti

Lo sguardo assoluto

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Il linguaggio audiovisivo nel rapporto tra estasi e assoluto. Uno sguardo sulle principali produzioni cinematografiche e ai loro autori. Riflessioni sul rapporto tra estetica audiovisiva e filosofia trascendentale.
LinguaItaliano
Data di uscita8 mag 2014
ISBN9786050303469
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    Lo sguardo assoluto - Fabio Piccione

    Fabio Piccione

    LO SGUARDO ASSOLUTO

    Riflessioni di estetica trascendentale audiovisiva

    Introduzione

    Nel corso dei tempi e nelle diverse civiltà le espressioni umanistiche o artistiche hanno rivestito e rivestono tutt’oggi una via di esperienza con ciò che generalmente assumiamo come Assoluto.

    Le religioni antiche o moderne, ad esempio, hanno codificato rituali in cui la parola, invocazione o preghiera, incarna una possibile via di comunicazione col divino. Diversamente le culture arcaiche, prive di testi, avevano nella danza e nella musica lo strumento per comunicare con l’oltre e per comprendere ciò non era possibile spiegare razionalmente.

    Con il suo sviluppo il mezzo audiovisivo si è ritrovato quasi naturalmente protagonista di questo rapporto.

    La sua qualità di riprodurre una dimensione accettata come verosimile è certamente la caratteristica che lo rende unico. Ma ciò che davvero determina la sua qualità mediale nel rapporto con la riflessione trascendentale è la possibilità di innescare un sentimento estatico di intensità superiore rispetto alle altre forme espressive.

    Molti autori di cinema, poeti o uomini di teatro hanno intuito questa potenzialità, elaborando opere su questa tematica.

    Certo, la relazione tra estasi e estetica (estetica estatica) non è una novità conquistata dal cinema. Già gli spettacoli dedicati al culto di Bacco-Dioniso (dio dell’estasi e della liberazione) prevedevano forme di trance ottenute attraverso danze.

    Il cinema, o più correttamente l’audiovisivo, ha tuttavia ampliato le possibilità di definire una serie di concettualità connesse al rapporto con l’Assoluto, concettualità che spesso erano già state codificate dalla filosofia.

    Tra le più note sicuramente quella di Plotino, padre del neoplatonismo, che sembra racchiudere tutto il senso del pensiero estatico dell’antichità, e non solo, descrivendo il rapporto tra uomo e estasi (dal greco ex-stasis, essere fuori) come autocoscienza, una ragione che risale il percorso dell’emanazione di Dio per ricongiungersi, lasciandosi possedere, al Creatore stesso.

    Questo concetto, ripreso dai grandi pensatori e scrittori della cultura umanista come Dante nel Convivio e nella Commedia piuttosto che Nietzsche o Heidegger, sarà il punto di partenza degli sviluppi di autori che individueranno nel mezzo cinematografico lo strumento idoneo alla riflessione estetica sull’assoluto o direttamente il mezzo per innescarla.

    La scelta di trattare le produzioni Occidentali, privilegiando quelle italiane, nasce dalla necessità dettata dalla convinzione dell’esistenza di una continuità culturale che dalle ritualità delle antiche popolazioni arriva fino a nostri giorni. Una continuità che ogni cultura etnica ha alla genesi stessa della propria identità culturale.

    Parte Prima

    LO SGUARDO SUGLI SGUARDI

    Gli autori e l’Assoluto

    Carmelo Bene: l’audiovisivo come macchina per l’attimo-Nulla

    Bene parlava di teatro come di un deserto interiore, come un buio, una dimensione senza spazio e senza tempo. Un luogo nel quale non possiamo conoscere. Io sono il teatro e il teatro non può conoscere se stesso è una sua celebre frase che riprende il percorso logico di Gorgia: Nulla è. Se anche qualcosa fosse non sarebbe conoscibile. Se anche qualcosa fosse conoscibile non sarebbe comunicabile agli altri.

    Una posizione ripresa da molti filosofi e sulla quale Bene viaggia parallelamente: si può essere solo nel momento stesso in cui non si è e non in quanto esserci.

    Da queste posizioni e in particolare da Deridda mutua il pensiero di una decostruzione della metafisica della presenza, la possibilità cioè dell’individuo di sprogrammarsi de-pensandosi per non essere, abbandonando la propria soggettività per l’oggettività. Un passaggio decisivo in quanto demolisce l’espressione intesa come espressione della struttura, dell’etica e, di conseguenza, come prodotto del pensiero.

    Anche il significato è espulso in favore dei significanti. L’attore è macchina attoriale, artefice della propria e continua negazione, distruttore del linguaggio per una phoné,

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