Racconti
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Racconti - Pierluigi Toso
633/1941.
UN UOMO LIBERO
Pier era ancora ragazzo quando incontrò la sua prima occasione di lavoro. Si trattava di spostare delle sedie e dei tavoli per organizzare l’accoglienza dei clienti di un bar di città. Tale lavoro fu integrato abbastanza presto dall’appartenenza ai camerieri dello stesso bar, ciò permise l’aumento delle entrate del ragazzo. Un lavoro stagionale, e forse per questo più apprezzato, infatti tale condizione non limitava la libertà di Pier.
Terminati gli studi superiori, Pier cominciò a cercare quelle cose che rendono la vita apparentemente sicura: un impiego, una ragazza ed una prospettiva tranquilla.
Tali cose non arrivarono e Pier si trovò involontariamente con la propria libertà nelle mani, così decise di iscriversi all’Università, pensando che sarebbe stata una decisione temporanea, e che avrebbe rinunciato alla prosecuzione degli studi qualora si fossero presentate le cose ricercate nel passato.
Il fatto è che quest’ultime si ripresentarono, sempre più incessantemente: un lavoro, una ragazza, una posizione sociale stimata dai più. La libertà mise in crisi tali offerte e rese più libero Pier.
A spiegare tale situazione emerge il colloquio con il responsabile del personale di una banca locale molto conosciuta. Tale colloquio avvenne dopo il superamento di tre prove, le quali confermarono le capacità intellettive e psicologiche di Pier. Importante precisare che tale concorso bancario fu in seguito ad una domanda spedita da Pier anni prima, anni in cui cercava in impiegare a poco prezzo la propria libertà.
Le parole che lo stesso Pier ricorda riguardo al colloquio furono un riconoscimento della sua stessa libertà, l’impiegato bancario infatti disse: Dai test fatti risulta che lei è un uomo libero!
. Pier assentì, e dopo l’offerta di un’assunzione a breve rispose: Vede, io ho l’intenzione di studiare per lo meno un altro anno!
. Tale risposta pose fine al colloquio e rese ovviamente negativa la proposta di assunzione.
Pier continuò a studiare ed ebbe l’occasione di godere di due estati in Francia ed in Spagna, estati di vita e quindi di libertà.
Gli studi e le esperienze fatte contribuirono a chiarire la direzione da prendere per il futuro, direzione di vita.
Pier capì di dover impiegare il proprio tempo nella conoscenza, così incomincio a leggere, ad ascoltare musica classica, a scrivere, dipingere e quant’altro. Unire la libertà alla conoscenza, così da poter essere veramente libero.
Pier è ancora agli inizi, non sa dove finirà. Ha capito che libertà e ricerca della verità debbono guidarlo, verso il fine della bellezza, la quale possiede il fine in se stessa.
Ora guardo Pier nello specchio, come autoritratto che si interroga, continua a vivere!
- gli dico - e tu a sorridere
- risponde.
LUDWIG
Lontano da ogni ambizione e per questo più normale, l’uomo di cui parlo si trova ora a scrivere di ipotesi che lo riguardano, ipotesi per la verità solo sue. Chiamerò Ludwig quest’uomo, un nome che lo riguarda in più sensi.
Ludwig è un uomo oramai che porta ferite e gioie profonde come ogni uomo che cerchi la vita, solamente che fino alla maggiora età, ma forse un po’ meno, non era cosciente di tale vita. Abbandonare la logica umana che a fatica aveva appreso non fu un’operazione facile e probabilmente nemmeno semplice. Era un contabile della sua vita, senza sapere che in realtà chi conta, conta solo morti.
Un giorno, ma forse due, incontrò il paradosso. Un paradosso iniziale fatto di spirito e di irrazionalità, quest’ultima fu difficile da abbandonare proprio perché facile e comoda da vivere. Non restava che lo spirito, ma come poterlo vivere se così distante dalla pura ragione?!
Ludwig così riprese le preghiere di bambino e lo studio di quanto divulgato come parola di Dio, cioè di un paradosso inabbracciabile dall’uomo perché sempre troppo largo per le braccia corte ed a volte mozzate dell’umanità.
Ascoltare discorsi già detti da secoli e sentenze così logiche da non lasciar traccia fu quanto poté apprendere dal mondo che lo circondava, così Ludwig si chiuse in una stanza di vita a studiare.
Sempre più distante dal mondo e per questo difficilmente comprensibile non usciva se non per prendere dell’aria e cibarsene cercando di ap-prendere vita dalla natura, pur sapendo che questa non è così naturale da com-prendere.
La notizia dell’esistenza di tale uomo si diffuse rapidamente, ma non troppo, nel pianeta sconosciuto; così infatti è ancor oggi la Terra per l’umanità.
Ogni giorno folle distratte da loro stesse aspettavano che Ludwig uscisse per dir loro parole straordinarie, che comunque non avrebbero compreso.
La verità è che Ludwig sarebbe rimasto in viaggio tutta la vita, un viaggio alla cui mèta si poteva credere, ma non vedere. Così le attese delle folle rimasero tali e Ludwig si sentì compreso dentro tali attese e tali folle, perché anche lui aspettava di vedere, ascoltare, toccare, odorare, gustare e non solo, una conoscenza universale sempre sperata.
Forse un giorno tale Conoscenza dirà a Ludwig di uscire e di guidare le folle definitivamente da Lei, tale pensiero è vivo da anni in tale uomo.
Ora Ludwig cessa di scrivere, perché lo specchio delle parole si sta incrinando ed è bene che non si rompa.
L’UOMO E L’OROLOGIO
Un uomo non riusciva ad accettare il passare del tempo e così decise di distruggere ogni orologio esistente sulla terra. Tale missione lo portò in ogni luogo del pianeta e dopo aver visitato ogni posto civilizzato e compiuto quanto ripromessosi arrivò in un’isola sperduta priva di orologi eppure ugualmente incontrò anche lì il senso del tempo. Dopo aver riflettuto a lungo, si accorse che per togliere il tempo avrebbe dovuto spegnere il sole e la luna.
Passò mesi ed anni a pensare a come realizzare tale idea ed un mattino, quando oramai il suo corpo portava evidenti segni del tempo, si lavò il viso nel mare fino ad allora sempre ignorato. Il suo viso riflesso gli mostrò le rughe ed i capelli bianchi ed allora comprese che solo un uomo totalmente al buio non vede il tempo, ma tale uomo è solo colui che fugge dalla vita per morire sepolto.
IL VIOLINO
Questa storia comincia in una scuola elementare di quegli anni ‘70 in cui la mia memoria incominciò a prender forma. In quella scuola vi era una classe come tante altre, o forse come poche, comunque in questa classe un bambino di cui non ricordo il nome e che chiamerò Ludwig per comodità, ma anche per estetica, si scoprì protagonista di note.
Al suo quarto anno di scuola infatti gli fu regalato un flauto, uno strumento che imparò presto a suonare e che finì con l’essere un amico fedele.
Il flauto un paio d’anni più tardi si trasformò in un clarinetto e la sintonia tra i due amici rimase immutata, fino a ché Ludwig, compiuti tredici anni lo mise da parte. Le note che sembravano affascinare il bambino oramai ragazzo si trasformarono in parole ed i suoi occhi sostituirono l’udito, per poter leggere parole antiche.
L’economia fu al centro dei suoi pensieri, più facile della musica come ogni opera umana rispetto a quella divina. Costi, ricavi, finanza ed investimenti, tutto logico, ma lontano dalla verità, da quelle verità imprevedibile che la musica incarna.
Un giorno Ludwig, oramai uomo di successi umani, vide suonare un violino all’angolo di una strada e su quel violino si muovevano dita orientali e povere. Quel giorno Ludwig morì.
Non so dire se fosse già anziano o se invece non fosse affatto sazio di giorni, in ogni caso anche Ludwig, come ogni uomo si trovò di fronte al giudizio ed alla misericordia divina.
Il Signore gli chiese che cosa pensasse dell’economia divina e Ludwig rimase in silenzio, non sapendo che cosa rispondere. Poi, dopo un tempo indefinibile perché eterno disse: Ma l’economia non c’entra con le Tue Parole!?
Il Signore gli rispose: Mio Figlio vi disse che tutto è frutto della terra e del lavoro dell’uomo e fece in modo che venissero raccolti i pani ed i pesci in esubero dopo la sazietà donata
. A tali parole Ludwig non seppe cosa rispondere, così il Signore gli chiese: Cosa vuoi che ti doni nel regno dei cieli?
e Ludwig: Signore, ho visto un uomo suonare il violino prima di morire, ne vorrei uno che suonasse le note del cielo!
Il Signore dopo averlo fissato negli occhi gli disse: Non hai ancora compreso nulla dell’economia divina, ma eccoti il violino che hai chiesto!
ALZHEIMER
Non ricordo quando incominciò la storia che sto per raccontarvi, ma è proprio in tale amnesia che inizia la realtà di questa favola.
Un uomo camminava libero nell’impero romano, ma forse era un altro impero. In ogni caso in tale luogo
la democrazia vigeva con tutti i suoi limiti e si era data degli dèi per spiegarsi i due momenti essenziali di ogni storia, compresa la propria, ossia l’inizio e la fine.
L’uomo in questione, un certo Pietro di Ludwig, incontrò alcuni seguaci di tali dèi. Il dio dell’inizio era un dio che amava e che odiava, che dava il sole e la pioggia, che propiziava la carestia e la fertilità, insomma una sintesi di quegli dèi che molti popoli hanno creato per non essere preda del dubbio della ricerca e dell’insicurezza. Per quanto riguarda il dio della fine è quasi inutile spendere delle parole, in quanto lo si potrebbe definire un dio dell’inizio divenuto anziano.
Pietro fece una domanda nuova ai seguaci che gli stavano di fronte, chiese loro: Chi è più grande tra voi?
Questi discussero tra loro, ma non riuscirono ad arrivare ad una risposta univoca. Volendoli aiutare lo stesso Pietro disse: Il più grande sarà colui che ama e che odia più intensamente, quello che ha maggior forza e maggior attività
. Gli uomini lo ascoltarono ed assentirono stupiti di tale intelligenza.
Poi però il figlio di Ludwig continuò: Ma non si può mettere amore e odio sullo stesso piano, bisogna scegliere quale sia la cosa migliore!
Gli occhi attenti degli interlocutori sembravano attendere la continuazione e la risposta dallo stesso Pietro, il quale proseguì dicendo: Ciò che crea e costruisce è per forza più grande di ciò che distrugge
. La risposta piacque ai seguaci del dio dell’inizio e della fine e così, contenti, tornarono verso casa. Mentre camminavano pensavano e discutevano tra loro immaginando il giorno in cui il loro dio li avrebbe ricompensati per la loro grandezza, ma in quel momento quanto appreso da Pietro collise con l’essenza del loro stesso dio, il quale era amore ed odio allo stesso modo senza differenze.
Arrabbiati per il ritorno al tempo del dubbio cercarono Pietro per chiedergli spiegazioni ovvero per avere una risposta certa cui aggrapparsi. Quando lo trovarono Pietro era lì ad aspettarli, infatti, egli conosceva bene la logica umana. Pietro disse loro: Se volete sapere chi è il più grande dovete ricordarvi di ogni atto buono fatto e ponendoli a confronto misurarne la differenza tra voi
. Purtroppo però la memoria faceva molto difetto nelle menti dei seguaci e tali malcapitati
non riuscirono a trovare un accordo nemmeno questa volta.
I più superbi si lamentavano su qualsiasi ipotesi possibile che non li vedesse come primi e così finirono nella discordia più totale. Mentre litigavano incontrarono un figlio di padre, un barabba di quei tempi, il quale disse loro di non preoccuparsi riguardo alle loro dispute, perché ogni uomo si reincarna e così i problemi saranno discussi in un futuro indeterminato.
Questa volta i vecchi seguaci del dio dell’inizio e della fine, un dio oramai finito perché inconsistente, furono soddisfatti ed abbandonarono sul lato della strada ogni pensiero etico. Pietro di Ludwig passando per quella strada vide tali pensieri e si chinò a raccoglierli. Una volta avutili tra le mani si accorse della loro confusione e cercò di ordinarli. Iniziò da quelli superbi, passando per i dubbiosi ed infine si accorse che non restò più nulla nelle sue mani. Tale nulla è anche il pensiero rimasto in quei seguaci che tanto frettolosamente si liberarono del loro pensare, lo stesso nulla che alla loro morte incontrarono ad attenderli.
LA FIERA
Un calzolaio, di quelli d’un tempo, quel tempo in cui le suole si aggiustavano e le scarpe sembravano difettose perché fatte a mano, si stava recando alla fiera del paese quando improvvisamente un chiodo gli ricordò di avere dei buchi su una scarpa. Ohibò!
esclamò, Bisogna che le ripari, ma non c’è fretta e poi non è così indispensabile
. Nel cammino incontrò un venditore di vino che era astemio, un produttore di formaggi allergico al latte ed un ferratore di cavalli a piedi.
Incontrandosi cominciarono a contrattare sullo scambio delle loro merci, anticipando in tal senso la fiera cui sarebbero giunti solamente verso mezzogiorno, dunque dopo alcune ore. Il calzolaio si ubriacò, il venditore di vino fece un’indigestione di formaggio ed il formaggiaro ebbe le sue scarpe nuove. I ferri di cavallo invece pare che non interessassero tali uomini.
Giunti alla fiera la loro giornata non cambiò di molto, il ferratore riuscì a vendere il proprio lavoro e così poté mangiare e bere a volontà. Terminata la fiera i quattro tornarono insieme e camminando smaltirono l’abbuffata che nel frattempo aveva doluto molto al loro stomaco ed alla loro mente. Quello che camminava più comodamente era il formaggiaro che non solo non si abbuffò, ma che poteva disporre di una paio di scarpe nuove.
Oramai soddisfatti dei loro affari incontrarono quello che non pensavano, proprio perché non vendibile. Il cielo era terso e le nuvole che solitamente ricoprivano la regione in cui vivevano si erano momentaneamente distratte. Il sole si stava coricando, ma prima di andarsene regalò quei colori che solo chi li ha visti può comprendere. I quattro spalancarono la bocca ed esclamarono: Che bello!
La loro soddisfazione si tramutò in gioia ed iniziarono a lodare Dio.
L’ORNITORINCO
Esiste un luogo, in un’isola oramai scoperta nel continente più giovane del nostro pianeta, in cui si narra da secoli la storia del matrimonio tra una lontra ed un papero. Fu un matrimonio di solitudine, ma i figli che ne nacquero sono ancor oggi tra le creature più straordinarie della Terra. Un giorno uno di tali animali volle cercare i suoi progenitori e così cercò uno di quei cantastorie che aveva ricevuto attraverso i secoli l’eredità del matrimonio fantastico
.
Dopo molti chilometri e molti uomini stonati
, che dimostrarono di non conoscere la vera storia cercata, finalmente il nostro amico animale, che chiamerò Orni, incontrò il cantastorie. Quest’ultimo si chiamava Rinco e Orni gli disse: Salve Rinco, puoi raccontarmi la storia dei miei antenati?
. Rinco, dopo aver fatto sedere Orni sulla spiaggia, iniziò il suo racconto: "Molte lune fa, quando ancora la luna illuminava il sole, una lontra di nome Para si trovava sola e nessuno voleva sposarla. Il fatto è che tutte le lontre si erano già sposate e lei rimase sola, non trovando nessuno che potesse condividere la propria vita con lei. Un giorno, quando oramai si era rassegnata a restare zitella, Para incontrò un papero. Tale papero non era sposato perché considerava i suoi simili troppo brutti per lui, ciò perché non si era mai specchiato nell’acqua e aveva una strana idea di sé. Con tale presunzione cercò qualcuno che potesse essere di suo gusto ed un giorno passeggiando vicino al fiume incontrò Para e se ne innamorò. Dosso, questo il nome del papero, pensò tra sé: ‘Finalmente ho trovato qualcuno adatto a me, le proporrò di sposarmi’. Dosso non fece nemmeno a tempo di terminare la sua richiesta che Para rispose