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Soldato
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E-book194 pagine2 ore

Soldato

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Info su questo ebook

Soldato è un appassionante libro di spionaggio militare abilmente costruito, ambientato negli ultimi mesi della prima guerra mondiale sul fronte nord-orientale dell’Italia e in territorio austriaco e tedesco.
Le vicende narrate, che coinvolgono due popoli, due mondi culturali contrapposti, ma anche i destini individuali dei tanti attori dell’aspro scontro fra Italiani e Austriaci, sono costruite con la tecnica del “giallo”, per cui il lettore si trova spiazzato se si azzarda a fare congetture o ipotesi sull’epilogo.
Il libro non tenta di entrare in conflitto con la verità storica, ma la arricchisce con il racconto di una complessa e intricata vicenda di spionaggio, che vede tra i protagonisti il capitano Ciancio Bruno, uno dei tanti calabresi sottratti alla terra natia e impegnato più che a combattere, a cercare il senso di una guerra che, con la sua brutalità accecante, non permette di vedere il buono presente in ogni essere umano.
Coinvolto in un’azione rischiosissima e decisiva per la sopravvivenza stessa della patria, pronto a sacrificare la propria vita e i propri affetti, scoprirà alla fine che l’unica certezza che si può trovare in mezzo a tutta quella violenza è che i conflitti, in qualunque forma si manifestino, possono essere soppressi soltanto facendo in modo che non se ne creino di nuovi e, soprattutto, cercando la luce anche nel buio più profondo.
LinguaItaliano
Data di uscita29 apr 2013
ISBN9788868220396
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    Anteprima del libro

    Soldato - Brunello Montagnese

    dedizione

    Prefazione

    Se sbagliare resta ancora per tutti un’esigenza indispensabile ad imparare a vivere, …e giudicare il prossimo anche una pessima abitudine dell’umana cattiveria terrena, tentare di aprire anche solo un piccolo varco nel complesso e complicato mondo mentale degli artisti è sempre un po’ come cercare l’ago nel pagliaio. Due premesse necessarie per dire che se giudicare è la cosa più difficile del mondo, è ancora più difficile, … se non addirittura quasi impossibile, tentare di esprimere anche una semplice opinione sulla spinta creativa dei giovani talenti naturali, prima di essere inghiottiti nell’inevitabile tunnel della paura e dell’umana ragione, davvero strettamente intesa come unica verità apparente ed in realtà, magari, del tutto inesistente!

    Ed è, forse, proprio in virtù di questa chiara consapevolezza, da un lato, e dell’insistenza dell’autore, dall’altro, che mi trovo quasi costretto a cercare il coraggio necessario di presentare l’opera prima del giovane scrittore di Acquaro (VV), Brunello Montagnese.

    L’eterno mistero del mondo, delle vocazioni e delle umane emozioni, del resto, non è mai stato, non è ancora, …e né mai potrebbe essere alla portata di nessuno!

    Così, il caso di Brunello Montagnese, già scrittore a soli 22 anni, potrebbe essere associato a quella categoria di talenti autentici che scrivono soltanto per passione e non certo per professione. Il presente lavoro è soltanto un libero sfogo delle sue ansie, dei suoi tormenti e delle sue inquietudini quotidiane, e la sua, per chi come me crede ancora fermamente nella trasmigrazione delle anime dei defunti, potrebbe essere perfino l’anima di un illustre pensatore del passato che avrebbe scelto di reincarnarsi nelle sembianze del giovane scrittore calabrese. Né si può e né si deve escludere nemmeno che Platone, nella sua affermazione: Se sapere vuol dire ricordare, ignorare vuol dire aver dimenticato, non facesse riferimento alla trasmigrazione della vita in altre provvisorie sembianze!

    Di certo, davanti allo stupore ed alla meraviglia che si avverte all’esplodere improvviso di ogni forma d’arte, c’è ancora sempre chi pensa alla voce del sangue, chi a quella dell’istinto e chi alla presenza di una misteriosa musa ispiratrice che di volta in volta orienta l’artista, …ora verso la musica, …ora verso la poesia, …ora verso la prosa ed altre volte ancora invita alla pittura o alla scultura, senza dover dare, necessariamente, spiegazioni mai a nessuno.

    Fatto sta comunque che al di là della fonte ispiratrice, non è poi tanto difficile per nessuno riuscire a cogliere la delicatezza con cui la penna del giovane scrittore calabrese scorre piacevole, senza sosta, come un fiume in piena, suscitando nel lettore non poche occasioni di riflessione e di alta meditazione.

    L’Autore avverte forte il bisogno di richiamare l’attenzione della società contemporanea sulla necessità estrema di recuperare al più presto possibile la via maestra dei valori di un tempo, come l’Amicizia, l’Onore, l’Onestà, la Lealtà, la Fedeltà, la Coerenza ed il Rispetto del prossimo, sempre inseparabilmente legati anche a quello dell’appartenenza, dell’unità familiare, della scuola e della Patria. Ma quello che emerge davvero assai insolito dalle, …e nelle pagine di Brunello Montagnese, è l’entrata in scena di due interpreti straordinari che via via diventano i veri protagonisti dell’intero racconto. Due destini simmetrici e paralleli, che interpretano il ruolo della coppia in tutte le sue innumerevoli sembianze ed umane manifestazioni. Due straordinari momenti di esistenza in vita, dove la complementarietà della coppia, fra due diversità contemporanee e convergenti, si sublima nella perfezione dell’intero. Dell’intero, davvero fino in fondo inteso come il piacere di stare insieme alla ricerca del bene comune. Una sorta di invito costante a rilanciare la vita di coppia, comunque rappresentata, come unica ed ultima occasione per recuperare per tempo la via della salvezza. Due giovani speranze chiamate a lottare fianco a fianco con alto senso di responsabilità e impareggiabile spirito di sacrificio.

    Ed ecco che allora, attraverso questa piccola premessa, non è davvero assai difficile per nessuno scoprire subito il ruolo di Bruno e Giuseppe, che, andando via via avanti nella piacevole lettura, assumono prepotenti le sembianze di una coppia di eroi pronti all’estremo sacrificio per difendere i confini della Patria. L’Autore, insomma, attraverso il suo racconto sembra voler suggerire all’intera società contemporanea di invertire la rotta e di ritrovare la strada perduta. Quella della Famiglia, ormai quasi completamente sfaldata, quella della Scuola ridotta ad una sorta di semplice asilo nido per adolescenti, dove i genitori pensano di poter scaricare, indifferentemente, le responsabilità dei propri figli, …e quella della Politica sana, seria e davvero fino in fondo rivolta all’interesse generale, dove si può e si deve tornare a cercare anche e soprattutto la difesa del bene comune. Dove le idee, gli ideali ed i valori morali devono tornare a prevalere sulla legge dei profitti e dei mercati, senza alcun bisogno di ricorrere sempre, solo e soltanto alla cultura della corruzione attraverso l’arma del dio denaro. L’opera letteraria del giovane Montagnese, però, va ben oltre lo scenario del penultimo conflitto mondiale per ridare rilevanza alla coppia, …e la onora nel migliore dei modi quando, legando fra loro anche due generazioni adiacenti, dichiara con estrema umiltà e disinvoltura che il racconto è anche frutto di un’intensa collaborazione dello zio Damiano.

    Simili e contigui nelle distinte generazioni di appartenenza, ma complementari e convergenti nell’umana cultura del fare e disfare, del dare, del ricevere, del prendere o lasciare! Tutto secondo la quiete universale dell’eterno avvicendarsi delle stagioni e delle generazioni.

    Pasquale Talarico

    La guerra in Europa (1914-1918)

    Fronte italiano (1915-1918)

    La fine è soltanto l’inizio di qualcosa

    che ancora non conosciamo.

    Prologo

    Venezia, Italia

    Giugno 1918

    «Chi sono?», chiese il tenente.

    «Dovranno morire entro domani», fu la risposta del suo superiore.

    «Si certo, ma cosa hanno fatto e perché dovremmo ucciderli entro domani?»

    L’alto ufficiale sembrava spazientito, prese improvvisamente per il bavero il tenente, tanto che gli altri soldati messi in riga di fronte a lui lo guardarono sconcertati e, senza curarsene, urlò tenendolo a mezz’aria:

    «Tenente, le ho ordinato di farlo».

    Infine con voce bassa e tagliente disse:

    «Non metta in discussione la mia autorità, perché potrei farla giustiziare nel giro di pochi minuti».

    Appena fu di nuovo con i piedi per terra, il tenente, sistemata la divisa, prese una delle foto che raffiguravano gli uomini da uccidere, la guardò per qualche istante, poi, con voce sicura, disse all’uomo che poco prima lo aveva umiliato di fronte ai suoi soldati:

    «I loro occhi non vedranno la luce di un altro giorno e tutto sarà fatto secondo i suoi ordini».

    Il suo superiore lo guardò duramente e poi, alzando l’indice come segno di ammonimento, ribadì:

    «Domani».

    Parte I

    1

    In lontananza vide arrivare quello che gli sembrava un gigantesco serpente nero coperto da una nuvola di fumo scuro che gli dava un’aria spettrale. Appena fu a distanza ravvicinata, sentì uno stridio intenso, ferro contro ferro, che per qualche secondo provocò delle scintille luccicanti; la stazione di Treviso aveva l’aria di essere la sede di un raduno, per tutta la folla che c’era. Per Bruno Ciancio era strano in quel periodo trovarsi lì: era il capitano del 12° battaglione inserito nel 48° reggimento fanteria, compreso nella brigata Ferrara, uno dei più gloriosi dell’esercito italiano, ma, essendo stato convocato con urgenza dal comando dello stesso reggimento, non poteva far altro che presentarsi puntuale alla stazione di Padova, per andare poi in macchina alla sede del comando.

    In seguito scrutò sopra le teste dei soldati che formavano il grosso della folla, e che si accalcavano ai limiti della ferrovia, perché stava cercando di individuare un capostazione che conoscesse il motivo di tutta quella confusione. Individuò con la coda dell’occhio un uomo che poteva sembrare un ferroviere, si fece largo tra la folla e si diresse verso di lui, notando che stava osservando attentamente i soldati che si avvicinavano al treno.

    «Mi scusi,» gli disse «sa dirmi come mai oggi c’è tutta questa confusione qui?»

    Il capostazione rifletté per un attimo, pensando che sì, certo, era insolito per una stazione media come quella, ma nel periodo in cui era stato lì mai nessuno gli aveva fatto domande simili, perché ogni soldato si era sempre limitato a considerare la stazione come un punto di transito.

    Perciò, con aria distaccata, rispose a Bruno:

    «Ci sarà stato bisogno di altri soldati da qualche parte… stamattina ne sono arrivati molti della brigata Catanzaro, per lo più calabresi che non sono ancora partiti».

    Dopo aver salutato il capostazione, che ad ogni domanda aveva la faccia sempre più meravigliata, Bruno rifletté su come alcune persone davano poco senso ai dettagli; lui, invece, aveva imparato, sia in guerra, sia quando era assistente del notaio del suo paese, che i dettagli di ogni avvenimento erano importanti quasi quanto la sequenza principale.

    Si ricordò di tre anni prima, quando, nelle ore precedenti alla partenza per il fronte, ricevette una lettera in cui il notaio anziano, che gli aveva offerto lavoro nel suo studio, gli scrisse che non aveva mai avuto il coraggio di dirgli che l’aveva considerato fin dal primo mese come il suo successore, perché aveva riscontrato in lui qualità come la spiccata intelligenza e la razionalità. Il notaio gli aveva promesso con le lacrime agli occhi che al suo ritorno avrebbe potuto riprendere il lavoro interrotto.

    Senza volerlo si rese conto che ormai per il notaio lui era diventato come un figlio e questo lo fece diventare triste per un attimo, perché la guerra, specie nell’ultimo periodo, stava diventando per molti sinonimo di addio.

    Mentre stava per dirigersi verso l’entrata della sua carrozza, si ricordò che quella era la prima volta da quando era partito per il fronte che riprendeva il treno. Ripensò alle facce impaurite dei soldati che come lui partirono nel 1915 per il fronte e tra sé e sé cerco di immaginare quante persone potessero essere rimaste in vita da allora. D’un tratto, quando ormai era arrivato al suo posto, notò dal finestrino un soldato che, a giudicare dalla sua buona memoria, aveva già incontrato da qualche parte; si sforzò di ricordare dove, ma non ci riuscì, così continuò a osservarlo. Dopo qualche secondo di riflessione si accorse che anche quel soldato lo stava osservando. L’uomo fuori dal finestrino non era una persona difficile da ricordare, infatti, anche se era di altezza media, era abbastanza robusto, aveva piccoli occhi grigi contornati da una faccia squadrata che sembrava essere stata intagliata con un’accetta, i capelli erano biondi e tagliati molto corti. In mezzo a quei soldati, quasi tutti del sud e che avevano caratteristiche abbastanza diverse, era ben visibile. Quell’uomo si stava ormai avvicinando al punto in cui si trovava Bruno che, proprio quando era a poca distanza da lui, finalmente capì.

    Il Capostazione a cui aveva fatto molte domande gli aveva detto che erano arrivati già da quella mattina molti soldati calabresi; infatti quel soldato l’aveva visto, anche se di sfuggita, proprio a Catanzaro mentre erano al deposito militare e stavano per essere assegnati ai vari reggimenti di appartenenza. Gli era rimasto in mente perché in Calabria, dov’erano quasi tutti di altezza medio- bassa e in genere non biondi, quel soldato si distingueva facilmente.

    «Giuseppe!», ecco come si chiamava. Appena furono vicini il soldato biondo disse: «Ci siamo visti da qualche parte, vero?» Bruno ebbe confermata la sua ipotesi; infatti, come faceva intuire la divisa, il soldato che gli aveva posto la domanda era capitano dell’81° battaglione facente parte della brigata Catanzaro.

    «Tu ti chiami Giuseppe, se non sbaglio, ci siamo visti a Catanzaro prima di partire per il fronte».

    «Ah!, ecco dove ti avevo visto, ed ora mi trovo anch’io qui dopo quasi tre anni». Lo disse alludendo sarcasticamente al fatto che erano tutt’e due ancora vivi.

    Dando uno sguardo fugace alla folla e indicandola, Bruno aggiunse: «C’è una bella confusione oggi qui».

    «In effetti è strano, di solito le stazioni in questo periodo non sono molto affollate».

    «Ho parlato con il capostazione e mi ha detto che ci sono anche molti soldati della tua brigata, come mai?»

    Giuseppe sapendo il perché dello spostamento della sua brigata rispose:

    «La massa enorme di soldati che si trova oggi qui è difficile da spiegare anche per me, ma per quanto riguarda la mia brigata ti posso dire che è una storia abbastanza tragica».

    Il treno stava ormai per ripartire, quando il sole, tramontando, aveva assunto un colore rosso acceso. Il fumo denso e nero sbuffato a gran fiotti dal treno riusciva quasi a nascondere i suoi raggi, creando linee d’ombra che si allungavano sui binari.

    Giuseppe, guardando con ammirazione il tramonto, disse:

    «Al momento della vostra partenza io non ero ancora stato assegnato a nessun reggimento, ma dopo circa tre giorni venni reclutato con il 141° reggimento fanteria. Verso la fine di giugno partimmo per il fronte. Partecipai a sanguinose battaglie, dopodiché fui nominato capitano di un battaglione e a dicembre dell’anno scorso, mentre stavamo recandoci ad aiutare delle compagnie rimaste isolate sul Piave, venimmo presi di sorpresa da due compagnie austriache che ci chiusero, non permettendoci nessuna via di fuga».

    Bruno stava ascoltando con rispettoso silenzio, comprendendo che Giuseppe, come molti altri soldati, ne aveva passate di tutti i colori in due anni di guerra.

    Giuseppe intanto continuava a parlare perdendosi nei tristi ricordi.

    «Era un’imboscata, e tu capisci che in quei momenti sei veramente solo, perché i tuoi soldati da te si aspettano coraggio e quindi devi, anche se sai che non ce la puoi fare, dimostrare di prendere in mano il battaglione e riuscire a dare tutto».

    Ci fu un attimo di silenzio, ma poi Giuseppe riprese il discorso:

    «Combattemmo sapendo di non aver niente da perdere. Passò un’ora, e poi due, vedevo i miei soldati morire, ma nonostante questo gli Austriaci non riuscivano a fermarci. Non so come facemmo, ma continuammo fino a sera quando arrivò il 142° reggimento e dopo circa un’ora prendemmo cinquecento prigionieri sgomberando la zona dal nemico».

    Bruno, pensando ad alta voce, disse: «Incredibile!»

    «Lo so, è quello che pensammo io e i pochi soldati rimasti vivi; infatti ci aspettavamo i migliori riconoscimenti. Qualche giorno dopo venimmo decorati e mandati in congedo per due mesi; io non ricevetti mai più ordini sulle operazioni eseguite dal reggimento di cui facevo parte».

    Bruno pensò che in effetti era strano, nonostante fosse in licenza, tenere all’oscuro un capitano che aveva salvato

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