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Di amare e di essere amata non osavo sperarlo: Raccolta delle lettere tra i fidanzati Giulia Ambron - Costante Carpi  e Ada Carpi - Leone Neppi Modona
Di amare e di essere amata non osavo sperarlo: Raccolta delle lettere tra i fidanzati Giulia Ambron - Costante Carpi  e Ada Carpi - Leone Neppi Modona
Di amare e di essere amata non osavo sperarlo: Raccolta delle lettere tra i fidanzati Giulia Ambron - Costante Carpi  e Ada Carpi - Leone Neppi Modona
E-book1.386 pagine22 ore

Di amare e di essere amata non osavo sperarlo: Raccolta delle lettere tra i fidanzati Giulia Ambron - Costante Carpi e Ada Carpi - Leone Neppi Modona

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Il volume contiene la raccolta completa delle lettere scambiatesi quotidianamente tra due coppie di fidanzati vissute nella seconda metà dell’800. La sua lettura, oltre farci seguire la crescita di un delicato e pro¬fondo rapporto sentimentale, ci permette di conoscere la vita di varie famiglie ebraiche nella loro intimità e quotidianità con la peculiari caratteristiche dettate dall’osservanza delle regole basilari dell’ebraismo.
Nelle lettere di Giulia ci troviamo a Firenze, ancora sede delle Camere e del Re e quindi centro di vita culturale anche se è forte l’attrazione per Roma, meta di molti viaggi; da quelle di Costante, che scrive da Bologna e si sposta spesso a Cento, Modena e anche a Trieste, attingiamo notizie di quelle importanti sedi di studi e commerci, mentre dalla corrispondenza estiva da Livorno ci viene un eco delle brillanti villeggiatura al mare. Nel carteggio tra Leone e Ada, che si svolge tra Roma e Firenze, ritroviamo molti personaggi già incontrati e seguiamo gli sforzi dell’uomo più maturo nel rivolgersi alla giovanissima fidanzata con un linguaggio meno burocratico di quello richiesto dal suo ruolo di impiegato ministeriale, le non semplici pratiche per ottenere la cattedra in un Istituto fiorentino di cui era titolare il ministro Luigi Luzzatti e uno squarcio di vita romana in piena estate.
LinguaItaliano
Data di uscita29 ott 2015
ISBN9788875422547
Di amare e di essere amata non osavo sperarlo: Raccolta delle lettere tra i fidanzati Giulia Ambron - Costante Carpi  e Ada Carpi - Leone Neppi Modona

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    Anteprima del libro

    Di amare e di essere amata non osavo sperarlo - Lionella Neppi Modona Viterbo

    978-88-7542-254-7

    Caterina Del Vivo

    LETTERE E MATRIMONI NELLA FIRENZE DI FINE OTTOCENTO

    20 gennaio 1871. Firenze da pochissimi mesi non è più Capitale d’Italia. Vittorio Emanuele II il 9 ottobre del 1870 ha ricevuto nella Sala delle Nicchie di Palazzo Pitti la delegazione romana che gli consegnava i risultati del Plebiscito: la volontà di aderire al Regno d’Italia era stata a Roma pressoché unitaria. La parentesi governativa fiorentina si concludeva; l’ultima sessione del Parlamento si era inaugurata il 5 dicembre, il 24 giugno 1871 la Camera teneva la sua ultima seduta in città; il 28 il re avrebbe lasciato Palazzo Pitti raggiungendo la Stazione ferroviaria Maria Antonia, diretto a Napoli. Da là, in nottata, avrebbe raggiunto infine Roma.

    La stampa sottolineava il ritorno di Firenze all’antica severità, e come il nuovo cambiamento fosse vissuto con lieta serenità patriottica, una volta compiuti gli auspicati destini d’Italia. Già il 24 giugno La Nazione prospettava le diverse funzioni che aspettavano la città e il suo territorio anco senza il diadema di Capitale; si citava il suo essere culla della lingua nazionale, focolare del pensiero italiano, tempio delle arti e del buongusto: insomma, le si ponevano davanti tanti elementi di vita da poter essa guardare con animo fidente e sicuro il suo futuro.

    Anche se Firenze non è più capitale rimangono, accanto ai molti debiti maturati per portarla all’altezza di quel ruolo, i tanti progetti di innovazione. Rimane il desiderio di rinnovamento da parte dei nuovi ceti emergenti e restano, in città, le enormi modifiche urbanistiche che, soprattutto dal 1870, avevano trasformato e trasformavano più che mai strade e piazze in un enorme cantiere: isolati in corso di demolizione, quartieri in costruzione. Vi si aggiungeva l’ulteriore cambiamento d’uso di molti palazzi, faticosamente reperiti per gli apparati governativi e rimasti ineluttabilmente vuoti.

    È questa la Firenze in cui si colloca la corrispondenza fra due giovani fidanzati di famiglia ebraica, Giulia Ambron e Costante Carpi: il 20 gennaio 1871 è appunto la data del loro primo incontro. Non sono certo quelli legati al destino della città i principali pensieri che occupano la mente della giovane promessa sposa, poco più che ventenne. Tuttavia la coinvolgono, indirettamente, la trasformazione di Firenze, i nuovi percorsi urbani, la vivacità sociale acquisita dalla città negli anni in cui è stata capitale.

    Giulia è brillante e istruita, studia musica e disegno, conosce i poeti inglesi e può leggerli in lingua, ama particolarmente il teatro; Costante, trentenne, originario di Cento ma in quegli anni a Bologna per lavoro, è subito coinvolto nei tanti interessi della fidanzata, molto spesso vicini ai suoi. Per quanto le sue attività professionali si svolgano in ambito economico, Costante è attratto dalla vita culturale, con una particolare attenzione per gli aspetti estetici della società che lo circonda. Si interessa, ad esempio, e osserva con cura quasi specialistica, i particolari della moda e delle più eleganti toilettes di signore e signori, apprezzandone o biasimandone lo stile e gli accessori: avvicinandosi, senza saperlo, all’ambito di quella che sarà una delle sue competenze professionali, anni dopo.

    Il porsi brioso e vivace della giovane Giulia, la sua esuberanza nell’affrontare il mondo, si presentano subito al lettore come l’elemento più immediato della sua corrispondenza. Lettere scritte ogni giorno, così come richiedevano gli usi di famiglia e la necessità di conoscersi durante il fidanzamento: lunghe, partecipi, colme di emozioni e di affetti, indispensabili per consolidare il legame, vista la distanza che separava i due fidanzati.

    L’incontro fra Giulia e Costante era stato organizzato dalle famiglie, secondo i costumi del tempo; eppure già con qualche interesse puntuale, e curiosità reciproca da parte dei due giovani che sapevano di doversi incontrare. Subito, infatti, vivranno la nuova conoscenza come esperienza positiva e gioiosa, espressa nel dialogo epistolare con frequente affiatamento e convergenza di idee; ma talvolta anche con scherzoso dissenso o cortese disappunto. Lo stile epistolare, in questi casi, sembra ricordarsi delle consuetudini argute, del contrappunto e dei modi d’espressione dei costumi epistolari dei decenni precedenti, se non dell’altro secolo. Si comunicano, con reciproca soddisfazione, le esperienze di vita e le piccole attività quotidiane, i cambiamenti di stati d’animo, i dubbi su se stesso o sull’altro, in totale sincerità d’espressione.

    Un imparare a conoscersi quasi esclusivamente per lettera che oggi appare inconcepibile, ma che presentava anche aspetti positivi. Il tempo per riflettere sulle parole dell’altro, ad esempio, o la possibilità di meditare le proprie reazioni, escludendo impulsività emotive e valutando le forme di comunicazione più appropriate. Si scopre così che il sentimento amoroso può scaturire quasi inopinatamente, e sorprendere, quando ci si aspettava soltanto reciproca fiducia e affezione. Scrive Costante il 31 gennaio:

    Non sono che 10 giorni che ci conosciamo e quindi è giusto che tu ora non possi per anco conoscermi ed intendermi. Ma mi sorride però il pensiero che ben presto mi conoscerai e senza bisogno che mi affatichi troppo.

    E Giulia in risposta, il 3 febbraio:

    Io sapeva, o almeno immaginava che presto sarei stata promessa sposa, ma non avrei creduto che oggi ti avrei amato. A te già non pensava punto, non conosceva neppure il tuo nome, e non sapeva chi sarebbe stato quell’essere che dovea venire da Bologna per vedermi. Io credeva allora all’affetto coniugale fondato sulla stima reciproca, sulla conoscenza profonda, sull’abitudine, ma all’amore quale lo descrivono i poeti e romanzieri, io pensava come un sogno e non credeva doverlo provare come incomincio a provarlo davvero dopo quindici giorni. È dunque possibile che io ti conosca soltanto da 15 giorni e che già ti confidi tutti i miei pensieri come oserei appena farlo co’ miei genitori? Pure è così, io non avrei mai trovato argomento da scrivere otto o 9 pagine al giorno a nessuno ed ora mi avvedo che trovo sempre qualche cosa da dirti.

    Così si comincia a raccontare se stessi e a dialogare. Le pagine si moltiplicano, l’entusiasmo di farsi conoscere e di descrivere nei dettagli le proprie giornate incalza. Si narrano le attività quotidiane, gli avvenimenti delle rispettive città, quel che accade dunque a Firenze o a Bologna.

    Fra i tanti, il tema preferito è fin dall’inizio il teatro, soprattutto per Giulia; ben presto anche Costante mostrerà di non voler esser da meno della fidanzata, nella frequentazione delle sale cittadine. A Firenze in quegli anni vi sono ben 11 teatri aperti – in alcuni casi ospitati all’interno di palazzi privati. Dopo due sere che non ci vado andrò al teatro Niccolini, al famoso numero 5, comunica Giulia il 3 febbraio; e veniamo così a sapere che proprio in quel luogo era avvenuto il loro primo incontro. A distanza: quando un cannocchiale indiscreto le aveva fatto diventare il viso di mille colori. E che Costante, alla fine del secondo atto, era venuto a trovarla nel palco, rivolgendole la parola; o meglio, formulando una domanda inconcludente sulla commedia che si rappresentava. Giulia si era irreparabilmente distratta, tornando a quanto si rappresentava soltanto a metà della farsa che seguiva il primo spettacolo.

    Già, gli spettacoli. Di rappresentazioni infatti, principalmente commedie ma anche drammi e più avanti opere liriche, si continuerà a parlare quasi in ogni lettera. Le repliche dei più importanti drammi patriottici si alternano alla sempre più diffusa commedia realistica borghese, che guarda spesso con ironia impietosa alla quotidianità familiare. La frequentazione assidua di sale e foyer da parte dei due giovani ci permette così di veder sfilare titoli e autori: alcuni ben noti, altri quasi sconosciuti o, in alcuni casi, del tutto dimenticati. Le lettere ci informano sui gusti del pubblico e gli usi teatrali del periodo: le revisioni e le riduzioni dei testi originali sono ad esempio all’ordine del giorno. Ecco, citato già nelle prime pagine epistolari, l’Arnaldo da Brescia, dramma mitico per il patriottismo risorgimentale, di cui si dà, proprio al Teatro Niccolini, una scena soltanto, abbinandola a una nuova commedia di Achille Montignani, Un segreto di Stato, e allo scherzo comico Oh, i cugini, di Romualdo Ghirlandi.

    Se la salute è buona e il tempo non è stato inclemente, ogni giorno vi è la soirée precedente da raccontare e commentare; e se a Firenze il vecchio teatro del Cocomero, solo da poco Niccolini, sembra farla da padrone, a Bologna il Teatro del Corso, inaugurato nel primo Ottocento, non è da meno. Qui le commedie satiriche di Paolo Ferrari si alternano ai trionfi del nuovo dramma di Leopoldo Marenco, dove l’attrice Pia Marchi, assai apprezzata da Costante, ha modo di esibirsi con successo, abbandonando per l’occasione il suo classico repertorio dedicato a Dumas. E già sembra scattare una sorta di competizione fra i due giovani, imperniata sulle rispettive frequentazioni degli spettacoli teatrali e sull’interesse suscitato. Ad esempio nell’alternanza fra Achille Montignani, Victorien Sardou e Octave Feuillet:

    Stasera tu andrai al Niccolini a sentire Un segreto di Stato e io andrò al corso a sentire Fernanda. Oggi a 15 al Niccolini facevano Camors, che bella produzione, non è vero? Io non ho perduto una parola e tu pure altrettanto.¹

    Pochi giorno dopo sarà la volta di Frou Frou, commedia di di Henry Meilhac e Ludovico Halevy; seguiranno Antonio Cagnoni, Vittorio Bersezio, Teobaldo Ciconi, Leopoldo Marenco o Federico Ricci, Ettore Dominici, Frederic Souliè o Eugène Labiche, e altri nomi che proprio le lettere riportano alla memoria, e che la curatrice della corrispondenza, Lionella Neppi Modona, ci ripropone con storica puntualità.

    In seguito ai programmi e alle tappe delle tournée, Giulia e Costante si trovano spesso ad assistere ‘in differita’ a spettacoli già visti dall’altro. Il dialogo scorre allora con effettiva ‘competenza’ sulle pièces, e le osservazioni e i commenti alle rappresentazioni uniscono i pareri personali a quelli del pubblico delle rispettive città. Si veda l’opinione su Giuseppe Costetti e il suo testo I dissoluti gelosi, accolto con eccezioni dalla giovane Giulia:

    Il dramma ha i suoi difetti, ne avrà alcuni che non ho saputo scoprire. A me è sembrato un poco strozzato nell’ultimo atto, vi è anche un poco di confusione in certe cose, per esempio un duello di cui non si sente più parlare.²

    Nella valutazione dello spettacolo sarà commentato soprattutto il contenuto morale, la gelosia insomma, come per altro nella risposta di Costante: con l’auspicio, da parte di Giulia, che il promesso sposo non si riveli mai geloso come il protagonista, e con le rassicurazioni dell’interlocutore. La commedia aveva colpito veramente la giovane: che più avanti citerà le relative recensioni sulla stampa, in particolare la cronaca teatrale curata su L’Opinione da Francesco Flores D’Arcais, augurandosi di poter rivedere lo spettacolo insieme a Costante.

    Le critiche teatrali sulle colonne dei quotidiani sono sempre molto seguite, e ci si compiace se i giudizi personali vi trovano conferma. Così Costante, il 28 febbraio, propone scherzando per la fidanzata un futuro di giornalista :

    Brava la mia Giulia, al caso il D’Arcais dovesse ammalarsi o da altro, voglio tosto proporre in sostituzione al sig. Dina una certa signorina Giulia Ambron. Ti prego però non comunicare a nessuno questa mia idea!!!

    Risponderà Giulia, il 1 marzo:

    Quanto all’osservare che l’opinione di D’Arcais in fatto di commedie si incontra qualche volta con la mia è una cosa che lusinga il mio amor proprio, e quando mi sarò esercitata ben bene a far delle appendici teatrali per tuo uso particolare chissà che un giorno o l’altro non mi esponga al pubblico.

    Pochi giorni dopo Costante si sarebbe recato a Trieste, in occasione del matrimonio del fratellastro Camillo con Enrichetta Gentili. L’interesse per gli spettacoli teatrali non sarà l’unico argomento delle lettere, tuttavia prosegue, accanto a quello per qualche divertimento mondano. Così il 7 marzo, pochi giorni dopo l’arrivo:

    Ieri sera sono stato al teatro L’Armonia, bellissimo teatro, a sentire Il matrimonio segreto di Cimarosa. Il pubblico non era troppo numeroso. L’esecuzione di questo spartito fu abbastanza buona, a parte del buffo Scheggi.

    E il 10:

    […] sono stato al teatro Grande a vedere il nuovo ballo e mi è piaciuto molto il teatro affollatissimo di gente, non eravi né un palco (di nessuno ordine) né un posto vacante. Dopo il Ballo il teatro si votò ed io pure ne sono sortito perché era lì troppo caldo.

    Non si tralasciano nemmeno i testi in dialetto piemontesi rappresentati a Trieste, tempestivo effetto della recente unità nazionale; ma si seguono anche le conferenze in una delle principali associazioni culturali cittadine:

    Stasera andrò al teatro filodrammatico a sentire la commedia in dialetto piemontese ed alla Minerva ad una lettura pubblica di una signorina che non conosco.

    L’invito al matrimonio è un’ottima occasione per parlare delle toilettes nuziali; così Costante, sollecitato in proposito, il 6 marzo illustra a Giulia nei dettagli le caratteristiche di abiti e accessori. A noi, lettori di oggi, conferma anche l’attenzione del giovane per la moda maschile e femminile, nella sua valutazione accurata degli abbinamenti di colore e tonalità, dell’idoneità degli accessori, del pregio dei ricami. È una sorta di anticipazione del buon gusto che Costante potrà mettere in pratica anni dopo, come estimatore di gioielli e di pietre preziose, la descrizione degli abiti da cerimonia di cui può far sfoggio con Giulia:

    La toilette della sposa era:

    Al matrimonio civile: vestito verde nero di seta, corto, cappellino chiuso col velo nero, con qualche cosa di bianco.

    Al matrimonio religioso: vestito di raso bianco, guarnito in tulle bianco, ghirlanda di fiori di cera, un bouquet di fiori simili alla ghirlanda a parte, un bouquet di fiori in mano, gioie niente perché non usasi.

    A pranzo: Vestito di faille rosso con un colletto bianco e maniche larghe bianche, perle al collo, orecchini di brillanti

    Per viaggio: Vestito di lana caffellatte, chiaro, corto, con un mantello lungo, e scialle bianco e nero, cappello di felpa nera con velo nero, penne nere e bianche.

    Sei contenta?

    Vuoi anche sapere la toilette che avrà la sera della festa a Bologna?

    Quella precisa che avea a pranzo, soltanto con la vita aperta. Per la seconda volta ripeterò: sei contenta?

    Ed ora ti dirò quella di Faustina a nozze: vestito bianco da sposa, con sopra veste di merlo nera, e cappello bianco. L’Adelaide, vestito di seta mezza tinta e cappellino uguale. Clotilde vestito di seta griggio perla e cappellino simile. E basti di toilettes che non ne posso più.

    Infatti proprio Giulia sarà la prima ad apprezzare il talento del fidanzato: anche perché era certa di poter discorrere con lui di certi argomenti, senza timore di annoiarlo nonostante qualche dichiarata insofferenza.

    Con il ritorno a Bologna, Costante riprende con solerzia il ruolo di spettatore nei teatri cittadini. Dopo aver ascoltato Il matrimonio segreto di Cimarosa a Trieste si rivela il suo maggior interesse per l’opera lirica. Così a fine aprile assisterà ad altri drammi giocosi per musica, ancora di Cimarosa, e di Pergolesi:

    Ieri sera fui al Brunetti a sentire Giannina e Bernardone e La serva padrona, che mi è piaciuta. Vi era però troppo caldo, cosa che mi disturba un poco. Dimani sera al Comunale vi è anche il ballo, stasera forse non andrò in nessun posto.³

    In maggio sarà fra il pubblico de Il ballo in maschera di Verdi, che si rappresentava a Reggio Emilia con il celebre tenore Gaetano Fraschini.⁴ Poco dopo assisterà alla Zaira di Bellini, a La figlia del Reggimento di Donizetti, al Faust di Gounod…

    I nomi degli interpreti, cantanti e attori, compaiono nelle lettere con apprezzamenti o osservazioni. Ernesto Rossi e Tommaso Salvini sono i più ammirati: il Rossi che mi piace molto e che questa stagione ho sentito pochissimo, scrive Giulia il 14 febbraio; e il 26 e il 27 del mese, ammonendo scherzosamente il promesso sposo, come già in altre occasioni:

    Tu andrai domani sera a sentire Salvini nella Zaira e vedrai che in quella produzione ti piacerà moltissimo quell’attore. Io ho sentito due o tre volte quella tragedia da Salvini e mi è piaciuta molto, non mancare dunque d’andarci e di stare attento".

    Tu adesso, intanto che io scrivo, ti starai preparando per andare a sentire la Zaira, procura di arrivare al principio se no perderai il filo, ma mi dispiace che questo avviso non ti arriverà in tempo; divertiti anche per me, applaudisci Salvini, quasi quasi mi potrei figurare di essere al teatro con te e seguire con l’immaginazione ogni scena di quella produzione, mi ricordo specialmente nell’ultim’atto e di una mossa di terrore che fa Salvini trovandosi il proprio manto tra i piedi dopo che ha ucciso Zaira. Dimmi se hai osservato quella mossa.

    In effetti, come riscontrerà Costante, Salvini riceveva fragorosissimi applausi, destando grande entusiasmo; ma lui, confessava… per colpa di una limonata in compagnia, aveva, ahimè, perduto tutto il primo atto! Oltre a Rossi e Salvini, nella corrispondenza non si trascurano altri interpreti, oggi assai meno ricordati: come Alemanno Morelli, Domenico Bassi, Virginia Marini, Pia Marchi, Gaspare Lavaggi e altri; e ancora Giovanni Toselli per le interpretazioni in piemontese, e Carlo Righetti e Edoardo Ferravilla, della famosa Compagnia Milanese, per i testi in meneghino.

    Il teatro costituisce dunque una sorta di fil rouge di questa corrispondenza, al di là degli scherzi fra innamorati, delle notizie familiari e delle espressioni di affetto; ma altri interessi culturali accompagnano la conversazione, soprattutto nelle pagine di Giulia: quelli per l’arte e la letteratura. La giovane, ad esempio, frequentava con grande passione le lezioni di Estetica e Storia dell’arte che Aleardo Aleardi teneva, fino dal 1864, all’Accademia di Belle Arti; riassume così a Costante gli argomenti delle lezioni e il successo del maestro, molto apprezzato per la sua eloquenza. In febbraio, affrontando il Seicento, Aleardi aveva ricordato le responsabilità dei gesuiti nella decadenza delle arti in quel periodo, osservando che anche nel loro secolo, l’Ottocento, esistevano ancora dei moderni secentisti, come ad esempio Victor Hugo. E proseguiva affermando che molti scultori del Seicento, come ad esempio Bernini, sarebbero stati sicuramente altri Michelangioli, se solo fossero vissuti un secolo prima. Ma quanto Giulia apprezzava nel maestro era soprattutto il modo di porgere le descrizioni, e quelle immagini sempre nuove e poetiche quanto mai con le quali intesseva il discorso.⁵ Altre informazioni su quelle lezioni proseguono in altre lettere: sapremo così che in marzo Aleardi aveva affrontato la Scuola veneta, suscitando tuttavia minore entusiasmo nella nostra Giulia; mentre qualche settimana dopo la lezione era stata assai più piacevole, trattando di Giorgione e della corte di Caterina Cornaro.

    Anche altre conferenze richiamano l’attenzione di Giulia: ai primi di maggio è ad ascoltare Antonietta Torriani, la nota Marchesa Colombi, che prendeva in esame un personaggio già toccato dal maestro Aleardi: titolo dell’incontro: Victor Hugo e la povera gente. La relatrice si era guadagnata fragorosi applausi, ma purtroppo il pubblico non era molto numeroso… Pochi giorni dopo, il 2 maggio, Giulia si rammaricava di non poter seguire altre conferenze della Torriani, come quella su Giulia Modena, moglie dell’attore e patriota Gustavo e sua compagna d’esilio.

    In maggio finalmente i fidanzati potevano ancora incontrarsi. Nell’attesa, Giulia si augurava di poter godere di piacevoli passeggiate nel verde fiorentino, insieme a Costante, ma anche con Camillo e Enrichetta, che nel loro viaggio si fermavano a Firenze. Percorsi così valorizzati dai nuovi viali e spazi che Giuseppe Poggi proprio in quegli anni realizzava, e che già in marzo si erano fatti apprezzare da Giulia, a spasso con gli zii:

    Il zio Cesare mi ha invitato a andare a passeggiare con lui e la zia Ester e siamo stati al viale de’ Colli, l’abbiamo percorso tutto in legno dalla porta a San Nicolò alla porta Romana, ed è una passeggiata che mi piace moltissimo per la posizione e che credo piacerà anche dall’Enrichetta quando la faremo insieme. Abbiamo passeggiato un poco anche a piedi e ci siamo fermati in una bella villa di cui abbiamo ammirato la posizione.

    Aspettando Enrichetta e Camillo, Giulia aveva visitato l’Esposizione fiorentina dei lavori femminili, allora in corso, dove aveva potuto apprezzare dei manufatti straordinari. Ci sarebbe stato da passarci delle giornate intere, senza stancarsi di ammirare l’abilità del nostro sesso, esclamava entusiasta il 15 marzo. Aveva visto esposto, fra l’altro un lavoro per cui la signora che l’ha fatto e che non l’ha ancora finito deve impiegare la vita intera, proseguiva incredula, sperando di ripetere quella visita con Enrichetta.

    Ma quando la futura cognata arriverà saranno tante, davvero troppe, le cose da vedere insieme; opere d’arte, musei, chiese: dovremmo profittare per far molte cose, dovremmo vedere qualche altra galleria, poi la chiesa di Santa Croce e il viale dei Colli.⁷ E il giorno seguente, 21 marzo:

    Domani avremo ancora da visitare la cappella de’ Medici e la collina di Fiesole, speriamo che il tempo ce lo permetta, oggi era un poco vento ma assai meno dei giorni scorsi. In pochi giorni così ho visitato quasi tutti principali monumenti, gallerie e passeggiate di Firenze che conoscevo ma che ho riveduto con moltissimo piacere. Ti accerto che questa vita di movimento mi piace assai e che mi diverto forse più io degli sposi che si stancano più presto di me.

    Il tempo non basta, per gli sposi è già il momento di ripartire. Giulia si consolerà raccontando a Costante di aver comunque potuto mostrare le cose più notevoli; certo, con dispiacere aveva dovuto tralasciare la Cappella dei Medici… Ma per fortuna avevano potuto almeno raggiungere Fiesole. Là erano rimasti sorpresi dagli scavi archeologici, recentemente ripresi con fervore; il gruppo di archeologi che presiedeva ai lavori li aveva accompagnati, mostrando loro avanzi di antichità etrusche e di un anfiteatro, e conducendoli fin nelle buche dove stavano i leoni e le tigri.

    Fra i loisirs previsti per l’estate, una particolare opportunità allettava i fiorentini suscitando anche l’attenzione di Giulia: l’apertura del giardino di Tivoli. Costruito su modello di quello di Copenaghen e inaugurato nella zona dell’attuale Bobolino nel 1869, ogni anno riapriva con l’inizio della bella stagione:

    Ieri sera si aprì il giardino Tivoli al viale dei Colli e dalla nostra villa si vedeva l’illuminazione. Dal movimento che si vedeva verso la porta Romana si giudicava che vi dovesse esser moltissima gente. Mi piacerebbe andarci presto, ma non so quando mi riuscirà perché abbiamo quasi tutti i giorni da andare in qualche villa. Forse ci abboneremo perché con la modica spesa di 20 lire vi possono andare quattro persone per un anno.

    Le amene cronache degli spettacoli e delle passeggiate cittadine non costituiscono tuttavia il solo argomento del colloquio epistolare. Le pagine dei due promessi tradiscono talvolta qualche intima preoccupazione per il domani, e i rischi di disaccordo a cui potrebbe condurre la vita comune. Allora, nonostante la giovane età di Giulia, il tono si fa maturo e consapevole; ed è proprio la conferma che vanno crescendo di settimana in settimana gli aspetti comuni del carattere, la simpatia per l’altro, la partecipazione emozionale, che rassicura e incoraggia per il futuro, nonostante la distanza fra i due giovani. Così Costante il 30 marzo, prendendo spunto da una situazione di disaccordo fra coniugi di cui aveva notizia, esprime a Giulia a cuore aperto il suo pensiero:

    Era uno dei tanti mariti scontenti della loro moglie. Quelle poche parole mi tennero preoccupato finché sono venuto a casa, a far che lo vedi. Però fra me e me diceva: so e ricordo d’aver letto non è molto una statistica dove si vede che in 100 matrimoni appena 20 siano sono felici; io mi consolai perché tra questi 20 ci potrò benissimo essere io pure e la mia Gulia ancora, non è vero? L’omogeneità nei caratteri è la prima cosa, io credo che possa dipendere la felicità o no fra sposi, aggiungi a ciò il nostro modo di pensare, di vedere le cose ambedue nello stesso modo, quel comprendersi vicendevolmente, quel retto sentire e pensare, da cui tutto dipende, la coscienza dell’onore ed infine l’eguaglianza di posizione, credo siano cose tutte da potere assicurare la nostra reciproca felicità duratura, quale si presenta oggi. Lo credi tu pure, ottima Giulia mia?

    Importante era conoscersi e comunicare con sincerità: intanto per lettera, se non era possibile altrimenti. L’incontro dell’inizio giugno si rivela così principalmente una conferma:

    Come sono stati belli questi giorni che abbiamo trascorso insieme, per parte mia posso dire che nessuna nube è venuta ad oscurarli e che ho apprezzato proprio tutta la mia felicità di conoscerti ed amarti sempre di più. Credo ora che anche tu debba conoscermi bene perché so di non averti tenuto celato nessuno dei miei pensieri.¹⁰

    Quando si è lontani, il contatto per lettera rimane il mezzo migliore per condurre al meglio il fidanzamento, nella società borghese postunitaria. Anche con il matrimonio ormai alle porte, in settembre, Costante utilizzerà carta e penna per confermare la sincerità del suo affetto:

    Io molto da te attendo, cioè tutto l’amor tuo, e che la nostra vita, una volta uniti, possa essere sempre bella ed allegra, piena sempre d’amore, di gioia, e di pace, e che mai una nube, una sola, venga a turbare il sereno della nostra esistenza. Io nutro sempre fiducia sulla nostra felicità, giacché li nostri cuori si sono presto compresi, forse per sentire ambedue press’a poco in uno stesso modo, ed ora che l’amore ci ha messo un poco del suo fuoco, reciprocamente credo sentiamo che uno senza l’altro non potremmo più stare, non è vero, ottima Giulia mia?¹¹

    In giugno, pochi giorni dopo la visita del promesso sposo, Giulia si ammala: un disturbo noioso, non grave ma protratto per alcune settimane. Cambia quindi, di necessità, il tono della corrispondenza. Quando Giulia è nuovamente in grado di scrivere direttamente, per qualche tempo non si parlerà di passeggiate, ma di lunghi pomeriggi a letto e di visite dei medici. Anche il tono di Costante sarà ben diverso dal solito: ecco così le preoccupazioni per la salute di lei, le domande sui sintomi e un diffuso senso di protezione verso la promessa sposa. Talvolta sono mamma Elvira e babbo Samuel a scrivere al posto di Giulia: in quei casi Costante non riesce a nascondere la propria inquietudine, pur tentando di mostrarsi ottimista. Così il 15:

    La lettera oggi ricevuta dalla carissima Mamma, sul conto della tua salute, è meno soddisfacente di quella di ieri e da quella credea anzi ricevere oggi migliore nuove di quelle avute. Non posso nasconderti la mia dispiacenza per non vederti realmente in via di guarigione come io vorrei…

    Lentamente la situazione volge al meglio:

    Guarisci, guarisci presto amatissima Giulia mia, e fa che la prima volta che verrò a trovarti si possa fare qualche giratina nel tuo giardino, stare a tavola assieme, sempre discorrendo di mille cose che ci fanno tanto piacere […] e così passeremo alquante ore piacevoli, cosa che da tanto tempo nostro malgrado non abbiamo avuto"¹²

    In attesa che la fidanzata si ristabilisca del tutto, cala l’interesse di Costante per gli abituali svaghi cittadini. Ma non potrà rinunciare a uno spettacolo circense veramente particolare e insolito: l’esibizione di un abile trapezista appeso ad un aerostato. Domenica 16 luglio si proponeva dunque di andare:

    pian pianino verso le 6 all’Arena del Pallone a vedere la grande ascensione dell’aeronauta Blondeau, con esercizi ginnastici da lui eseguiti ad altezza immensa.

    Soltanto nel mese di agosto sarà ancora possibile per i giovani trascorrere ore spensierate in compagnia: quando saranno insieme a Livorno per più di due settimane. Di quel soggiorno, interrompendosi la corrispondenza, vengono per noi a mancare testimonianze più puntuali: dobbiamo quindi accontentarci delle aspettative e dei preparativi per la vacanza, o del gradito ricordo. Procurerò di fare a Livorno tutta la figura che potrò per farti piacere e per fare buona impressione alle persone che mi presenterai, si era ripromessa Giulia il 1 agosto, rassicurando sulla propria salute:

    intanto ti assicuro che non son più tanto pallida come mi hai lasciato, ma ho quasi il mio solito colorito, e che sto benissimo di salute. Il nervoso posso dire di averlo dimenticato ed ora dormo tutti i miei sonni e mangio senza interrompere i miei pasti, cosa che a te faceva tanta impressione, poverino!

    Mentre il 21, alla partenza di lei, Costante si consolerà con un po’ di ironia:

    Al Pancaldi una signora mi chiese di te, e mi disse che sapeva della tua partenza; è inutile, un primo ministro non può muoversi senza che tutti quelli che lo conoscono non lo sappiano."¹³

    Il tono di Giulia al suo arrivo a Firenze, quello stesso giorno, sarà invece assai più nostalgico, e un po’ melodrammatico:

    Tu forse a quest’ora sarai in città a far visite e più tardi ti disporrai a fare il bagno perché il tempo mi immagino che sarà bellissimo. Prima di andare in città però avrai certo pensato a me e mi avrai scritto una lunga lettera. Se tu vai stasera all’Arena forse troverai questa lettera al tuo ritorno, e la leggerai prima di addormentarti, se no l’avrai domattina. Voglimi bene sai, ma molto molto, e pensa sempre a me giacché ora non hai da pensare ad altro. Io pure sono tutta tutta tua, penso con rincrescimento che ti ho lasciato ma con gioia che tra pochi giorni sarai qui tu pure.

    Ottobre è ormai alle porte, e i preparativi del matrimonio prendono forma. Subentrano i problemi pratici: i certificati per le pubblicazioni, la carta da lettere, i biglietti da visita, i lavori in casa. Ora comincio ad avvedermi anch’io che la vicinanza delle nozze da [sic] qualche occupazione, scriverà Giulia il 14 settembre. Le toilettes per la cerimonia, gli abiti dei familiari e il corredo sono ora un argomento ricorrente, anche per attenuare la tensione di quelle settimane: tanto più che Giulia sa di poter contare su un interlocutore paziente e preparato. Così il 13 settembre:

    Ho piacere che ti piaccia il vestito gris perle. Ora non ho che due vestiti da inverno da comprare e poi l’articolo vestiti sarà terminato ed affidato il tutto al gusto della sarta. Ho però ancora da comprare mille altre bazzecole come guanti, ventaglio, borsa da viaggio ecc. ecc. ed uscirò forse domani per fare queste spese. Spero che mi riuscirà di risparmiare un altro acquazzone quantunque in questi giorni sia molto facile.

    Il 21 sarà ancora più esplicita nell’apprezzare la paziente attenzione di Costante alle sue richieste di pareri:

    Anche Mammà ha scelto un vestito per sé della stessa stoffa del mio, ma più scuro. Ti do tutti questi dettagli di vestiti perché so che tu sei di quegli uomini che prendono un certo interesse anche a questo. Oggi per fare le visite ho messo l’abito di seta bigio con sopravveste bianca e cappello bianco e nero con nastro rosa.

    In effetti il futuro sposo, il 23, commenterà ancora una volta con partecipazione le varie scelte:

    Sento li vestiti acquistati. Quello colore bleu mi piace, ma il colore ma[r]rone non so se ti starà bene perché mi pare troppo monotono. Basta! Vedremo! e poi contenta tu, contento ancor io. Il vestito bigio, con la sopravveste bianca e cappellino bianco, era una toilette che ti dovea stare benissimo, come ti stava Livorno.

    Poco più di vent’anni dopo, un’altra giovane coppia della stessa famiglia si preparerà al matrimonio: i protagonisti questa volta sono Ada, unica figlia di Costante Carpi e di Giulia Ambron, e Leone Neppi Modona. Il rito epistolare si ripete, anche se la corrispondenza si rivela assai più contenuta della precedente: da maggio a settembre del 1893. Si interromperà infatti per trasferimento di Leone da Roma a Firenze, dove gli sarà affidata una cattedra di insegnamento presso l’Istituto tecnico cittadino: i due fidanzati potranno vedersi e frequentarsi, e verrà a cadere la necessità dell’assidua comunicazione scritta.

    Ada, nata nel 1872 subito dopo le nozze dei genitori, a soli quattordici anni era rimasta orfana della madre, improvvisamente scomparsa per un’infezione polmonare. Da allora Costante, così innamorato della vivacità di Giulia, era cambiato: il suo carattere si era fatto più chiuso, talvolta quasi indifferente a quelle passioni per la prosa e la musica che avevano tanto animato i suoi anni giovanili e la sua corrispondenza di futuro sposo.

    Di una qualche malinconia, certo da ricondurre alla precoce perdita e maturata negli anni dell’adolescenza, intuibile anche se non espressa, risentono alcune pagine di Ada a Leone: un carteggio simile ma altro, rispetto a di certe pagine dei genitori. Vi sono dolcezza e affetto, ma il sentimento è più pacato

    Anche per Firenze il tempo è trascorso. La città, dopo il trasferimento della capitale, ha vissuto anni di crisi economica e culturale che non erano ancora avvertibili nel 1871; ha abbandonato di necessità molti progetti pur portando con sé, distribuite su un lungo periodo, le gravi spese sostenute.

    Roma invece, nel 1893, è ormai capitale d’Italia in ogni suo aspetto, confermata e riconosciuta a livello storico, sociale e politico. È la Roma dell’ascesa borghese che accompagna lo sviluppo economico al fiorire degli affari che si collegano alle istituzioni della Nazione unita. Ma è anche la Roma che, in contrapposizione ai calcoli e agli scandali politici, rivendica un centralismo culturale per l’estetica e per l’arte, e dalla quale riviste come Cronaca bizantina o Il Convito diffondono un rinnovato culto per l’idealità e la bellezza.

    A Roma, all’Ufficio Statistica del Ministero, lavorava Leone. Leone non è giovanissimo come Ada e, come ci ricorda Lionella Neppi Modona nelle sue preziose pagine di commento, conduce nella capitale una vita da buon ebreo, ma anche da scapolo. La sincerità e la freschezza di Ada, all’inizio del loro colloquio epistolare, sembrano sorprenderlo: quel suo riferire minimi avvenimenti quotidiani, per lei così importanti, la richiesta di usare anche lui toni simili, schietti e diretti. Ricordati di scrivermi tutto, tutto il bene e il male, hai capito? Di dirmi tutto quello che ti passa per la mente, così come faccio io, lo avverte Ada nella prima lettera. Leone risponderà, con accenti quasi forbiti: È questa la prima volta che ho l’indicibile piacere di esprimerti i miei sentimenti per iscritto, sentimenti che già ebbi occasione di esternarti lì a viva voce. Parole troppo cerimoniose, troppo alte, per quanto dettate dal desiderio di adeguarsi al prossimo ruolo di sposo. Ada non può non notarlo:

    Che emozione ho provato stamani nel ricevere una tua prima lettera! Era una emozione dolcissima che è andata crescendo via via che leggevo le tue amate parole. Si, Leone, ti voglio bene, te lo scrissi anche ieri avanti che tu me lo domandassi, te lo ripeto oggi! Le tue parole mi hanno commossa, ma la parola adorare è troppo alta, mi sembra impossibile di sentirmela dare; sei proprio sicuro di volermi bene? a me, come me, come ti domandai quella sera? Non vorrei che tu amassi il tuo ideale e che poi tu rimanessi deluso, pensa bene prima di dirmi ti amo e, se non lo puoi ancora dire, dimmi solo ti voglio bene purché tu me ne voglia molto e veramente […]¹⁴

    Lettere e telegrammi di Leone, conservate gelosamente nel cassettone, sono lette e rilette da Ada con sommo piacere, quale cosa preziosissima. Ma sono anche le fotografie, durante quel fidanzamento, a farsi altrettanto, se non più preziose. Per un ritratto della figlia, Costante si era rivolto inizialmente a Schenboche, in Borgognissanti, uno dei fotografi più in auge nella Firenze di fine secolo. Il risultato però non era stato quello sperato:

    Ieri sono tornata dal fotografo. Senti come fu buffa. Papà gli ordinò prima quelli scelti, cioè il tuo e quelli uniti e gli disse che il mio non piaceva ancora. Allora quel signore fotografo rispose in tono molto sgarbato, papà si riscaldò e s’arrabbiò; fu un volta bandiera istantaneo, si rabbonì subito appena vide la mala parata e diventò di una bontà, di una garbatezza e di una gentilezza unica. Io feci un’altra posa, vestita in un altro modo indicatomi da loro e ora staremo a vedere.¹⁵

    Leone si dichiarava d’accordo. Anche la posa successiva, tuttavia, non era risultata soddisfacente; Ada aveva così deciso di rivolgersi altrove, e ne riferiva il 16:

    Questa mattina sono andata a farmi il ritratto da un altro fotografo, dal Brogi. Come sarà venuto? speriamo bene! Lui mi è piaciuto molto più, è più svelto, più risoluto e con meno mellifluità, più garbato; fino a oggi a otto però non mi manda le prove.

    Le immagini di Brogi, inviate anche ai parenti, ottenevano un ottimo riscontro. La sorella di Leone, Carolina, le aveva giudicate bellissime: quelle di lui erano state considerate somiglianti assai, mentre il ritratto della cognata le aveva fatto formulare giudizi assai lusinghieri.

    A Roma, già a fine maggio, il caldo si faceva sentire. Soprattutto in ufficio, dove Leone trascorreva molte ore, impegnato nei suoi calcoli di statistica presso il Ministero dell’agricoltura, industria e commercio. La città, tuttavia, offriva anche piacevoli aspetti estivi, piazze, caffè e musica. E certe importanti novità offerte dal progresso:

    Vanno impiantando la luce elettrica in altre strade ed ora si può dire che Roma va acquistando l’aspetto di una città grande. Domenica sera fu illuminata la via del Tritone.

    Ora gli abitanti sono un po’ diradati per la partenza dei forestieri, il che avviene sempre nella stagione estiva. Alla sera la piazza Colonna è popolata, essendovi la musica. Così il caffè Aragno non tanto all’interno quanto tutto all’intorno. Io è da due sere che vado al caffè Morteo, dove va Augusto (in via Nazionale illuminata pure come hai veduto a luce elettrica) e così dopo andiamo a casa assieme. Qui pure il tempo è splendido. Al giorno fa caldo, ma alla sera si sta abbastanza bene.¹⁶

    Aumentavano i forestieri in visita delle bellezze dell’Urbe, mentre l’attività politica stava per prendersi una lunga pausa:

    La popolazione romana incomincia a diradarsi. I forestieri ritornano alle loro città, ed abbandonano la capitale italiana per ritornarci nella stagione in cui il clima è più mite. Gli alberghi più importanti come Bristol, Londres ecc. sono chiusi dal primo di giugno, i caffè - concerto e chantants sono già cessati; la camera ed il Senato prenderanno riposo fra poco […]¹⁷

    Ada invece trascorreva la sua villeggiatura in campagna, a Marignolle, sulle colline intorno a Firenze. Fra i suoi vicini di casa vi erano gli zii Finzi e la famiglia Orvieto, zii e cugini di Angiolo e Adolfo, fondatori del Marzocco; poco tempo dopo, ancora in casa Finzi, avrebbe incontrato il Rabbino Shemuel Zevi Margulies e signora. Dagli Orvieto a volte si faceva piacevole musica, e Alice Orvieto, definita il 15 giugno una signorina molto carina, si interessava molto al suo fidanzamento, e con le altre signore della famiglia le aveva posto non poche domande. Nel riferirne a Leone, Ada non può evitare l’ironia, e qualche giustificata insofferenza:

    […] anche stamani sono state qui da me tutta la mattina le signore Orvieto e non ho potuto far niente; già l’ho sempre detto che bisognerebbe che le giornate fossero lunghe il doppio… Il tempo poi di pensare a chi?… a chi non è a Firenze, non ce l’ho certo… poco male, eh?… che catt…! Se non fosse altro il tempo che impiego a rispondere a queste tre domande: 1a E il tuo sposo non è in Firenze? -2a Quando verrà? - 3a Le scrive spesso? Tutti i giorni?!… Ma io me ne levo presto rispondendo alla 1a domanda No, se Dio vuole, alla 2a Spero fra molto tempo e alla terza Si, pur troppo, per farmi fare esercizio. Ridi? Io come vedi ne ho molta voglia; sarà forse che penso che siamo al 19 del mese e che di qui alla fine c’è meno della metà. Il sig.r Moisè Finzi mi pregò di salutarti e lo stesso fecero la zia Elena, e fanno i Finzi, papà, l’Emma, e tutti insomma.¹⁸

    Leone, per quanto più adulto e maturo di Ada, è colpito dagli interessi e dalla voglia di imparare della promessa sposa; tanto che a sua volta amerà far sfoggio, nel corso della conversazione, di qualche particolare competenza: come la buona conoscenza del tedesco. Fino dalla metà di maggio brevi frasi in lingua costellano, en passant, le sue pagine: "Ich bin sehr gut, und du?, Das freut mich sehr…", e così via. Le effettive conoscenze della giovane Ada non possono tuttavia essere ignorate, e l’ammirazione implicita, per non assumere aspetti competitivi, prende le vesti dell’ironia. Così il 22 giugno Leone tratteggia una sorta di ritratto in prosa in terza persona della fidanzata, soffermandosi scherzosamente tanto sulla sua grazia che sulla sua intelligenza:

    La sua mente, nutrita dalla lettura dei migliori scrittori italiani e stranieri, è così fine e pronta da potere giudicare persone e cose con rettitudine singolare. Coltiva con amore la musica, lo studio delle lingue e la pittura, a cui la trae una naturale e felice inclinazione.

    Già il 20 del mese aveva esclamato: "nihil novi sub coelo. Con le donne enciclopediche bisogna anche parlare latinamente, un’affermazione suggerita dalla notizia che, fra le sue mille occupazioni", Ada prendeva anche lezioni di floricultura. Prima di chiudere la lettera, il giovane tornava insistendo sul tema, tanto da far sospettare qualche piccola, soffocata, gelosia:

    le mie congratulazioni per i rapidi e brillanti progressi ottenuti nella conversazione tedesca, italiana, inglese, ebraica e forse latina, greca, francese e non finisce più…

    Ada il giorno seguente risponderà con simile tono scherzoso: forse appena un po’ risentito, ma certo consapevole della necessità e opportunità dei suoi studi, per quanto donna:

    Carissimo signor avvocato, professore, quello che vuole, io non ho mai preteso di essere profonda in tutto i rami dello scibile umano, progressi brillanti nella conversazione in tedesco, francese non ne ho fatti di certo, il latino e greco per mia fortuna non li ho mai visti e si vuole che dimentichi tutto onde faccia lei più figura, niente di più facile, almeno così il mondo dirà in terra dei cechi beato chi ha un occhio. Almeno poi che tu non preferisca quell’altro rimedio, che tu stesso mi suggerisci, pensaci anche tu; ma quello che va fatto è meglio farlo subito, saranno tutti francobolli risparmiati, e tu non avrai così l’arduo ufficio, la fatica, il peso di questa corrispondenza giornaliera.

    A maggior ragione un’altra osservazione di Leone, che cioè una moglie debba seguire il marito, non può passare sotto silenzio:

    È un’altra cosa vorrei sapere, se io seguissi l’articolo 131 del codice, dove dovrei seguire mio marito? A Bologna non ci sta più, a Roma ci sta provvisoriamente, e se è un marito che non ha terreno che lo regga! Invece di essere riconoscente a questa moglie che lo fa venire nella bellissima Firenze, dove tutti vengono tanto volentieri!

    La determinazione e l’immediatezza di Ada raggiungono il segno, e Leone è inizialmente costretto ancora una volta a pararsi dietro il tono scherzoso:

    […] ho detto: se non scrivo è come darmi per vinto, mentre io non intendo nient’affatto di lasciarmi sopraffare da chi deve stare soggetta all’autorità del… marito. Ma sai che sei proprio una sfacc… io credevo che tu avessi un cuore d… ma non più d… del medesimo Alfieri, i dotti fiorentini dicevano che era più d… d’un cavallo.¹⁹

    Ma subito dopo il tono si fa più meditativo e maturo. La fidanzata, sembra sottintendere Leone, sarebbe stata certo in grado di comprendere la stima e l’affetto presenti dietro la sua enunciazione coscienziosa e responsabile in difesa dei principi della famiglia:

    [la famiglia] non è soltanto la culla, dove fra giuochi e sollazzi noi passiamo dolcemente i veloci e irrevocabili anni dell’innocenza, anche l’adolescente, se assennato e saggio, vi ritrova oggetti degni, certo che ad essi egli rivolga i caldi sentimenti del proprio cuore; e l’uomo maturo, che esercita il suo vigore nelle pubbliche cure e nelle innumerevoli relazioni che lo fanno comunicare direi quasi con tutto il mondo, dove se non nella famiglia trova egli la quiete bramata dopo le fatiche, e il desiderato refrigerio? e quel vegliardo, a cui gli anni e le vicende della vita hanno fatto provare le illusioni di questa terrena esistenza e quindi temperate le passioni del cuore, dove ricoverà egli negli ultimi suoi anni se non nella famiglia?

    Ada, infatti, apprezzava quelle pagine. Nel rispondere, il 22 giugno, ricordava poi certi aspetti del suo carattere che forse già Leone aveva intuito:

    come sai io non sono una che tiene ad essere guardata, ammirata, e mi basta che tutti guardin lei, no, io per volere molto bene a una persona ho bisogno di metterla su un alto piedistallo, di guardarla con stima infinita, con rispetto con venerazione; e mi piace che questa persona mi voglia molto bene e tanto più mi piace quanto più questo suo affetto mi onora, come quanto più mi sembra venire da un essere superiore; quanto più stima ne ho.

    La giovane poteva così permettersi di continuare a ricordare le sue letture inglesi o Goethe, certa di trovare un interlocutore adeguato, ma anche affettuoso e comprensivo.

    La tregua era tuttavia temporanea, e le schermaglie destinate a riprendere ben presto. Già, il mondo andava ormai tutto a rovescio, doveva riconoscere Leone il 25 giugno, e non restava che confidare in qualche cambiamento, per ritrovarsi la moglie sperata, e cioè

    buona, docile, sottomessa ai voleri del marito, ubbidiente, laboriosa, diligente, attiva, premurosa, affettuosa, gentile, cortese, attendente alle cure domestiche, lontana dai rumori del mondo, aliena dai divertimenti, desiderosa del puro necessario, colta, intelligente, generosa…!!!!

    Un elenco che, come possiamo immaginare, Ada avrebbe ribattuto punto per punto nella lettera dell’indomani…

    Luglio segna l’inizio del periodo veramente estivo, durante il quale i bagni si facevano una prassi irrinunciabile. Leone si recherà spesso a Ladispoli (Vi è un’ora e mezza di ferrovia da Roma. Si parte alle sette e si fa ritorno all’una. L’ora del ritorno è un’ora calda, ma un bagno di mare procura un grande ristoro),²⁰ e incoraggerà Ada a seguire il suo esempio a Firenze:

    E tu che quest’anno non vai al mare, calcoli di prendere un abbonamento per fare alquanti bagni in città? Io penso che qualche bagno fatto anche in questo modo ti riuscirebbe salutare.²¹

    Ma la giovane preferiva trascorrere i pomeriggi più afosi presso le abitazioni di parenti e amici sulle colline di Marignolle. Intanto la speranza di un trasferimento di Leone si faceva più concreta: l’opportunità dipendeva anche dagli incarichi ministeriali di Luigi Luzzatti, collegati a loro volta alla disponibilità della cattedra che ancora ricopriva a Firenze. Dello stesso Luzzatti, dei suoi rapporti con Ferdinando Martini, di altre figure del mondo ministeriale, e degli aspetti positivi o negativi che avrebbero potuto avere certe mediazioni, si parla a lungo, nelle lettere di Leone fra luglio e agosto. Ma le ultime settimane estive trascorrono soprattutto nella prospettiva sentimentale di rivedersi presto. Ada è decisamente ottimista per il futuro insieme:

    perché mi sembra che in molte cose abbiamo lo stesso modo di pensare, mi pare che naturalmente le nostre idee si incontrano, segno di un’uguale tendenza dei nostri cuori e delle nostre menti.²²

    Forse ancora con qualche titubanza per il carattere autonomo della giovane, Leone ribadiva con solennità i grandi vantaggi della vita comune:

    La vita isolata è la negazione della vita. L’uomo solo presto abbrutisce, prova sconforto della solitudine e dell’abbandono. Sia nel piacere che nel dolore l’uomo trova conforto nel trovarsi assieme.²³

    Si mia carissima Ada, i posti, i luoghi, le cose che in avvenire vedremo assieme, ci parranno più belli, perché il contributo delle cognizioni di noi due, messi assieme, ci servirà per avere una notizia più esatta, più estesa, più profonda di tutto ciò che sarà da noi visitato e considerato e perché il concorso delle cognizioni dell’uno servirà di complemento a quella dell’altro.²⁴

    Ma quando il fidanzato, il 26, osserverà, con ironia:

    Però patti chiari… Io non so cosa significa dividere le fatiche. Le fatiche spettano tutte alla donna, alle signore. Noi abbiamo altre cure! Ah, si! Sicuro. Pigliamo moglie appositamente!!

    Ada si sentirà ancora una volta touchée nelle sue aspirazioni e, l’indomani, non saprà evitare il suo commento:

    Ah, dunque, tu pigli moglie per risparmiarti tutte le noie e tutte le fatiche, eh? Bella roba! Hai forse idea di metterti in poltrona, e lasciare che la moglie giri e si affatichi imballando roba o altro? Benone! Caro mio, le poltrone saranno abolite nella nostra casa, e se mai ce ne sarà una sola e in quella starò io. Va bene? Io credevo che tu mi rispondessi: tu non dividerai le mie fatiche ma bensì prenderai parte solo delle mie gioie, le fatiche saranno sempre tutte per me, così doveva rispondere un futuro buon maritino, e invece… mah! tutti i giorni si impara qualche cosa di nuovo.

    Il 30 agosto si ha finalmente notizia dell’assegnazione di Leone a Firenze, subito comunicata con telegramma. Ada, pur rallegrandosene immediatamente (Dunque tu sei riuscito, dunque tu verrai a Firenze, le nostre speranze si sono verificate), vuole anche saperne di più, esserne ben certa: Quando la cosa sarà proprio ufficiale? Vi sono altre pratiche da fare?. Avuta conferma del trasferimento, subito le questioni concrete, il trasloco a Firenze, gli ultimi preparativi per il corredo, le nuove da dare a amici e parenti avranno il sopravvento, nella corrispondenza, su schermaglie, riflessioni o cronache delle rispettive città.

    Il 3 settembre, in una delle ultime lettere di Ada, un imprevisto capoverso cambia la prospettiva. Una diversa, più ampia chiave di lettura si propone inaspettata: e ce la fornisce proprio una dei protagonisti di queste lunghe serie di corrispondenza fra giovani promessi sposi. Nell’avvicendarsi delle sequenze epistolari si collegano le testimonianze delle due generazioni che seguirono immediatamente la nascita dello Stato italiano: evento auspicato, perseguito con tenacia e generosità da tutto mondo ebraico della penisola.

    Ada, riordinando i cassetti in vista del matrimonio, rintraccia casualmente i carteggi della madre al tempo del fidanzamento.

    Può così vedere, in quelle pagine, Giulia quale era, giovane e fresca, e soprattutto partecipe dei suoi stessi stati d’animo. Attraverso le lettere, sembra allora comporsi - e forse soltanto allora - quella lontana, mai sanata perdita nell’animo della giovanetta, che della madre non aveva quasi mai parlato nelle sue lettere. Giulia è ora di fronte a lei, come lei in attesa delle nozze; Ada può specchiarsi in quell’antico modello, riconoscervi i propri tratti, nonostante il precoce distacco e il tempo trascorso:

    Ieri mentre ero a casa tirai fuori una scatola contenente le lettere scambiatesi fra papà e mamma quando erano a casa fidanzati; ho io la chiave della cassetta dove sono, ma non ho mai guardato; ora… mi pareva di poterlo fare e ne ho lette due o tre; dimmi se ho fatto o fo male (vedi come ti dico tutto?). Non ti so dire che cosa provassi nel veder uscire da quelle lettere l’immagine della mia mamma fresca, giovane come me nelle stesse mie condizioni, nel trovarvi i miei pensieri, le mie stesse idee; perfino varie frasi adoperate da me.

    Il succedersi delle generazioni acquista una dimensione concreta. Ada vi riflette, con sensibilità matura:

    È un fatto, è una storia vecchia, ma pure sempre nuova. E leggendo quelle due lettere mi sembrava di essere io, venti anni fa, rivedevo i Nonni, gli zii giovani, ho vissuto insomma un’altra epoca, e pensavo come passa il tempo, come un soffio; quelle lettere sembravano scritte ieri, e ora quella che le ha scritte, piena di vita, di speranze, fiduciosa nell’avvenire, felice, ora non è più e la figlia nella medesima età, nella medesima condizione le legge ritrovandovi i propri sentimenti, le proprie sensazioni, le proprie impressioni, sostituite Ada a Giulia, Leone a Costante, e trovate il medesimo romanzo; che cosa stanno a passare altri venti tre anni? In che condizioni saremo noi allora? Dio solo lo sa, quello che è certo che anche allora ci vorremo molto bene e questo è quello che importa.

    Sai che cosa scriveva la Mamma in quella lettera? Pensavo che un giorno mi sarei maritata, e che avrei fatto matrimonio basato sulla stima, sulla fiducia, sul grande affetto reciproco, ma di amare e di essere amata non osavo sperarlo. Posso dire altrettanto?

    L’indomani Leone non potrà che rassicurare la promessa sposa, esprimendole maggiore affetto e lodando ancora le sue virtù: questa volta senza alcuna ironia. Le memorie di due generazioni che hanno visto grandi trasformazioni nella realtà politica, urbanistica e sociale di Firenze si congiungono, comprendono l’intera vicenda dei due fidanzamenti, attraverso la duplice raccolta epistolare qui proposta. Quelle di Leone non sembrano allora parole ovvie, ma un impegno per il futuro, in cui tradizione e affetto coniugale si legano indissolubilmente:

    Non hai commesso certo indiscrezione leggendo lettere scambiatesi durante il fidanzamento dei tuoi genitori. Ma bene mi figuro le strette provate in cuore tuo ritraendo da quelle lettere l’immagine della tua buona mamma. Tu la rappresenti degnamente e questa è la più grande consolazione che tu possa procurare al nostro caro papà, che vede in te riprodotta la sua effigie. Tu buona, tu modesta, tu colta, tu istruita, tu caritatevole, tu temente di Dio: queste erano le qualità della tua mamma; della tua mamma, la quale anche da lassù ti benedice e vede con gioia che tu segui le stesse sue orme.


    ¹ Lettera di Costante a Giulia del 3 febbraio.

    ² Lettera di Giulia del 9 febbraio.

    ³ Lettera di Costante del 28 aprile.

    ⁴ Lettera di Costante del 17 maggio.

    ⁵ Lettera di Giulia del 9 febbraio.

    ⁶ Lettera di Giulia del 14 marzo.

    ⁷ Lettera di Giulia del 20 marzo.

    ⁸ Lettera di Giulia del 23 marzo.

    ⁹ Lettera di Giulia del 19 maggio.

    ¹⁰ Lettera di Giulia del 6 giugno.

    ¹¹ Lettera di Costante del 28 settembre.

    ¹² Lettera di Costante del 4 luglio.

    ¹³ Lettera di Costante del 21 agosto.

    ¹⁴ Lettera di Ada del 9 giugno.

    ¹⁵ Lettera di Ada dell’11 maggio.

    ¹⁶ Lettera di Leone del 14 giugno.

    ¹⁷ Lettera di Leone del 17 giugno.

    ¹⁸ Lettera di Ada del 19 giugno.

    ¹⁹ Lettera di Leone del 21 giugno.

    ²⁰ Lettera di Leone dell’8 luglio.

    ²¹ Ibidem.

    ²² Lettera di Ada del 13 agosto.

    ²³ Lettera di Leone del 16 agosto.

    ²⁴ Lettera di Leone del 18 agosto.

    Lionella Neppi Modona Viterbo

    DUE FIDANZAMENTI. UNO SGUARDO NEL MONDO EBRAICO DELL’OTTOCENTO

    Inizio a scrivere queste memorie di famiglia con molta titubanza: mi è lecito rendere pubbliche delle lettere gelosamente conservate per più di due secoli dalle mie antenate? D’altra parte è già un miracolo che siano giunte a me dopo tanti traslochi, quattro generazioni e soprattutto dopo gli anni delle persecuzioni razziali e della guerra. Questo sembra quasi un segno che il loro contenuto sia destinato a essere conosciuto anche da altri e leggibile anche alle persone che incontrano tanta difficoltà di fronte alle grafie in corsivo, a penna, vergate con tanta cura da Nonni e Bisnonni, ma ormai così obsolete. Considero un privilegio possedere i carteggi dei fidanzamenti dei miei antenati. Ho ritrovato le lettere che i miei nonni paterni Leone Neppi Modona e Ada Carpi si sono scambiate nel 1893, amorevolmente riposte in una scatola di vetro e velluto, da pochi anni vuotando la casa dei miei genitori. Leggendole mi sono resa conto di trovarmi di fronte a un raro esempio di amore sbocciato e cresciuto attraverso lo scambio epistolare.

    La corrispondenza tra i bisnonni Costante Carpi e Giulia Ambron, che risale all’anno 1871, ho potuto invece averla tra le mie mani quando, dopo le peripezie della guerra e gli angosciosi mesi del periodo 1943-44, siamo potuti finalmente verso la fine del 1945 rientrare nel nostro appartamento, occupato da sfollati milanesi, al secondo piano del palazzo Ambron in via dei Banchi. Purtroppo mancava la persona cui ero più legata, la mia nonna Ada, maestra e amica insostituibile, spentasi dopo lunga malattia il 14 gennaio 1944. Mi furono destinati i mobili della sua camera e così mi trovai in possesso di tante cose a lei care come un’umile scatola di legno grezzo in cui erano state riposte le lettere di fidanzamento dei suoi genitori, legate mese per mese con nastrini celesti. Vari mesi dopo quando una brutta scarlattina mi costrinse ad una lunga quarantena mi decisi a leggerle e furono per me una meravigliosa compagnia! Le lunghe lettere, quasi giornaliere, mi raccontarono la bellissima storia di un amore reciproco di cui qualche volta riportavo alcuni episodi anche ai rari visitatori, in particolare al medico curante nei suoi controlli quasi giornalieri, inconsapevole dei sentimenti che gli destavo. Sono convinta che non tutti gli scambi epistolari d’amore possano avere questa levatura e perciò tali scritti sono anche testimonianza di un’epoca.

    Mi è stato spesso chiesto come, nei secoli scorsi, si svolgevano i fidanzamenti nella società ebraica. Credo che il pubblico dei lettori di Singer e di altri famosi autori sia molto influenzato dai racconti della vita degli ebrei dei paesi d’oltralpe! Ovviamente anche in Italia ci sono sempre stati dei sensali di matrimonio, ma non certo tra gli ebrei delle classi colte o socialmente elevate. Se non si voleva una stretta endogamia o matrimoni tra cugini, da sempre frequentati, era necessario allargare la scelta ad altre comunità e a tal fine servivano le varie parentele e i soci d’affari in altre città, o per meglio dire in altri Stati, erano di grande utilità. È del tutto legittimo affermare che ancor prima dell’Unità gli ebrei si sentivano cittadini di tutta l’Italia, appartenenti non solo ad un piccolo stato o granducato poiché sempre in relazione con congiunti residenti nello Stato papalino o fedeli sudditi del regno sabaudo oppure cittadini austriaci di Venezia e di Trieste!

    Ho avuto la rara fortuna che entrambe le famiglie paterne appartenessero a una classe moralmente e culturalmente assai elevata. Amanti dell’arte e della musica, socialmente impegnate, tali famiglie non trascuravano, in particolare per i figli, l’istruzione ebraica cui si affiancava l’insegnamento della discipline secolari. Eredi di notevoli patrimoni ma consapevoli della precarietà dei beni materiali, i miei antenati non avevano mai ostentato le loro condizione economica privilegiata, preparando i figli ad affrontare, come infatti accadrà, situazioni più difficili, basandosi sulla forza dell’unione famigliare.

    Pur vivendo all’interno della società ebraica, in Toscana come in Emilia, i miei antenati godevano di un buon inserimento anche nella vita pubblica attraverso amicizie, rapporti culturali e commerciali e partecipavano assiduamente agli avvenimenti cittadini, ai divertimenti e agli spettacoli che avevano luogo nella loro città, pronti anche ad affrontare la fatica dei primi viaggi in treno per allargare i loro orizzonti e tenersi in contatto con i congiunti.

    Prima della lettura del carteggio ritengo opportuno qualche accenno alle famiglie dei miei avi.

    La famiglia Ambron e i loro congiunti

    Ai carteggi fanno da sfondo gli ambienti di casa Ambron, in un bell’edificio a tre piani al numero civico 5 della centrale via dei Banchi, la strada che proseguendo via de’ Cerretani porta dal Duomo alla piazza di Santa Maria Novella, la chiesa con la splendida facciata dell’Alberti. Qui si era stabilito, nel 1840, un ramo della numerosa famiglia Ambron che alla fine del Settecento, per volontà del potente capo famiglia, aveva lasciato Roma, sebbene avessero fino ad allora goduto di particolari previlegi da parte della Curia Papale come attestano le varie patenti loro rilasciate per il commercio di mobili e arredi antichi, probabile copertura di un’attività svolta in ambito bancario.

    Negli ultimi anni del XVIII° secolo, come spesso accadeva quando veniva eletto un nuovo Papa, la situazione degli ebrei romani era nettamente peggiorata tanto da indurre un antenato Samuel Ambron, che ricopriva una carica importante nella Comunità, a cercare di convincere molte famiglie a lasciare il ghetto di Roma.

    Alcuni Ambron si erano trasferiti a Londra, secondo il progetto originario. Altri avevano preferito limitare il loro spostamento alla Toscana, stabilendosi a Livorno e a Firenze dove la liberalità del governo Lorenese consentiva di svolgere il commercio delle telerie e quello delle monete. Provenendo dalla penisola iberica, come dimostrano i vari libri di preghiera stampati ad Amsterdam con commenti in ladino,²⁵ gli Ambron erano molto legati all’ebraismo sefardita.²⁶ A Firenze furono subito membri attivi nella comunità dove, oltre a quello di rito italiano, funzionava un tempio di rito sefardita. Per l’arrivo, in particolare dal porto franco di Livorno, il numero degli ebrei sefarditi, ancora dopo tre secoli legati alle usanze e ai canti dello scomparso mondo ebraico spagnolo, era in costante crescita.

    Nel 1832 Leone Ambron²⁷ di Samuel, che aveva lasciato Roma in tenera età, dispose dei mezzi per rilevare una casa con quattro ettari di terreno fuori porta Romana, ai piedi della collina di Bellosguardo. Tre anni dopo acquistò il palazzetto in via dei Banchi. Per godere di maggiori comodità allo stabile fu aggiunta una nuova ala, prospiciente il piccolo giardino interno, per ospitare al piano terreno il Banco,

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