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La verità vi renderà liberi
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E-book351 pagine4 ore

La verità vi renderà liberi

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Info su questo ebook

Il misterioso assassinio del padre, porterà Carolina, insieme all'ispettore Valdés, alla ricerca di una pericolosa verità nascosta da troppi anni. Una ricerca che la condurrà, tramite una serie di rebus, nel bel mezzo di 1000 anni di lotta tra l'ordine dei Templari e la chiesa di Roma. La verità che potrebbe rendere libera molta gente...

LinguaItaliano
Data di uscita1 dic 2015
ISBN9781507126752
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    Anteprima del libro

    La verità vi renderà liberi - Blas Ruiz Grau

    A mia moglie Mari , per essermi sempre accanto. Ti amo.

    A Leo.

    Ringraziamenti:

    Ringrazio con tutto il cuore le mie due fonti d’ispirazione, mia moglie, Mari Lorenzo Roch, per avermi ispirato nello sviluppo della personalità dei personaggi, e per le nostre conversazioni, che ho riportato, parola per parola, nei dialoghi dei personaggi di questo libro, e mia madre, Rosario Grau Juan, perché anche senza saperlo mi ha aiutato molto nella stesura di questo libro.

    Alla mia editrice Carmen Grau Juan che mi ha fornito consigli stupendi e alla mia famiglia, tanto quella biologica come quella acquisita (anche a te Natalia), i quali so per certo che leggeranno questo libro e che mi appoggeranno sempre.

    A Gabriel Martínez, poiché senza i suoi consigli e la sua saggezza nel momento della scrittura e della pubblicazione, questo libro non ci sarebbe stato, grazie anche per le sue stupende fotografie fatte alla chiesa di Santa Maria di Eunate che mi sono servite per disegnare una bella copertina.

    A tutti coloro i quali hanno letto e si sono espressi sul mio libro in maniera disinteressata per correggere certi aspetti che andavano migliorati.

    E per concludere a te, caro lettore, che hai deciso di dedicare il tuo prezioso tempo a qualcuno che con gioia e dedizione ha dato vita al prodotto che tu tiene tra le mani.

    Grazie.

    1

    Carolina Blanco era appena arrivata, puntuale come sempre al Café Colón, pur sapendo che quello non era il solito giorno in cui potevano sedersi a parlare tranquillamente  e raccontarsi tutte le novità avvenute durante la settimana. Il giorno abituale d’incontro era tutti i giovedì alle 16.00, però suo padre aveva insistito, in maniera irremovibile, che si vedessero quel martedì del 17 di agosto. Il café Colón era sito nell’omonima piazza madrilena, un poco nascosto secondo Carolina, però suo padre diceva che in nessun altro bar della capitale si poteva godere di un caffè con un aroma altrettanto gustoso come quello e di tanta tranquillità che permetteva di poterlo gustare mentre si ci intratteneva in una conversazione.

    Entrò e osservò brevemente il bar, tranquillo, come sempre, c’erano solo tre tavoli occupati nei quali si conversava a bassa voce, la gente era cosciente che quel luogo era un’oasi di pace. Il locale era abbastanza piccolo, anche se sufficientemente grande da ospitare un gruppo musicale abbastanza famoso, di cui Carolina non ricordava il nome, tuttavia ricordò il godimento della musica mentre gustava un cappuccino con sciroppo di cioccolato seduta accanto a suo padre. Le pareti erano piene delle solite foto che si trovano nei locali, nelle quali vi è il padrone del locale fotografato con i personaggi dello spettacolo che assaggiavano le specialità della casa.

    Volse lo sguardo verso l’angolo in cui lei e suo padre erano soliti sedersi ogni volta che andavano lì e sorrise vedendo che, come sempre, era vuoto, come se i clienti del locale sapessero che quello era il piccolo mondo in cui lei e suo padre si rifugiavano e che andava rispettato. Il giorno era stranamente caldo, anche per essere agosto, i termometri sfioravano quasi i 45 gradi nel centro della capitale e la gente che camminava per le strade faticava persino a respirare, la sensazione di asfissia era quasi totale, sembrava di stare all’inferno. Carolina prese posto pensando che il giorno non avrebbe potuto cominciare meglio, la avevano svegliata alle dieci con una chiamata che aspettava da tanto tempo, il grande storico Ignacio Fonseca, amico intimo del padre, aveva deciso che era giunto finalmente il momento e la voleva nel suo gruppo di lavoro, di cui facevano parte archeologi e storici, per alcuni scavi che si stavano realizzando nel sud di Israele, senza dubbio era l’ occasione della sua vita e non voleva sprecarla. Aveva trascorso gli ultimi cinque anni studiando senza tregua, aveva chiaro in mente ciò che voleva e quando lo voleva e pensava che a 27 anni poteva affrontare il mondo intero e, che se aveva quasi rinunciato alla sua vita sociale in gioventù, era per opportunità come questa. Certamente avrebbe preferito lavorare gomito a gomito con suo padre, però già da anni egli aveva lasciato questo genere di lavoro per dedicarsi a tempo pieno al Museo Archeologico Nazionale. Suo padre, Don Salvador Blanco, aveva finalmente ottenuto ciò che desiderava da tutto la vita, riuscire  a dirigere uno dei musei più importanti della nazione e a questo scopo era riuscito a trovare egli stesso reperti straordinari di valore inestimabile, che come egli affermava saggiamente ripetutamente, dovevano stare in questo museo, questo è il loro posto.

    Non era fidanzata, pur non mancandole i corteggiatori, aveva ereditato la bellezza e il fisico di sua madre, e questo le faceva molto piacere poiché sua padre in gioventù era stata bella come una dea, e ancora adesso, le piaceva mantenersi e sfruttare il suo fascino per ottenere vantaggi. I suoi lunghi capelli scuri contrastavano con i suoi profondissimi occhi verdi, che le conferivano uno sguardo penetrante e, con dei lineamenti del viso poco marcati però molto attraenti. Amava indossare jeans a sigaretta e top aderenti che catturavano gli sguardi degli uomini che la incrociavano per strada, anche se lei era abbastanza chiara, si guarda, ma non si tocca.

    —Altro ritardo da aggiungere alla lista di Don Salvador Blanco— disse a voce bassa guardando l’orologio—.

    Erano le 16:17.

    Mentre trascorreva il tempo si rese conto di vere la gol un po’ secca e poiché aveva intenzione di aspettare suo padre per ordinare il suo solito cappuccino, decise di

    una bottiglietta d’acqua.

    —Luis— disse al cameriere che le passò vicino—, potresti portarmi una bottiglietta d’acqua fredda per favore?

    —Certamente signorina Blanco, desidera altro?

    — Sì gentilmente, sai se mio padre ha chiamato avvertendo che avrebbe tardato?

    —Per quanto ne sappia io non ha chiamato, però vado a chiedere conferma a Ramón, al bancone, se ha ricevuto la telefonata da suo padre, torno immediatamente con l’acqua e una risposta.

    Carolina assentì e aspettò che il cameriere arrivasse con l’acqua fresca e la notizia dell’abituale chiamata del padre, il quale si scusava del ritardo e chiedeva gentilmente di aspettare. Dopo appena due minuti ritornò il cameriere.

    —Ecco servita l’acqua signorina Blanco, Ramón mi ha detto che stavolta suo padre non ha chiamato per comunicarci che avrebbe tardato, vuole qualcos’altro?

    —No grazie, per il momento no. Aspetterò mio padre così ordiniamo insieme.

    —Bene, mi chiami quando vuole— disse congedandosi.

    Mentre beveva il primo sorso d’acqua pensò che era strano che suo padre non avesse chiamato per giustificare il suo abituale ritardo, però pensò che sicuramente era indaffarato con qualche faccenda al museo, come al solito. Mentre era ancora assorta a fare congetture circa il ritardo di suo padre, volse il suo sguardo verso la porta e vide che da lì stava entrando un uomo molto avvenente, il quale a sua volta guardò tutto il locale per poi sedersi al bancone in cui Ramón stava sistemando alcune tazze da caffè grandi. Carolina osservò che sembrava che lo sconosciuto le chiedesse qualcosa e il cameriere fissasse il suo tavolo, e non potette evitare di pensare che quello era il suo periodo fortunato quando lo vide avvicinarsi con passo fermo e deciso verso di lei.

    Doveva essere uno degli aiutanti di suo padre che veniva nel ruolo di fattorino.

    Era un uomo molto alto e, anche se indossava una camicia a maniche lunghe in pieno agosto, si poteva intuire che gli piaceva massacrarsi di esercizi in palestra e mostrava un fisico abbastanza muscoloso, i suoi capelli, neri come il carbone si accompagnavano perfettamente all’azzurro dei suoi occhi e, anche se portava una barba di 3 o 4 giorni, era abbassante evidente che non lo faceva per disattenzione o trascuratezza, ma per conferire al suo volto un aspetto molto più interessante.

    —Lei è la signorina Blanco?— Disse lo sconosciuto.

    —Sì, sono io— disse con un tono di voce abbastanza cordiale—, —Che desidera?

    —Sono l’ispettore capo Nicolás Valdés, della Polizia Nazionale— disse mentre le porgeva la mano a mo’ di saluto—, mi pare che questo non sia un buon posto per parlare— si guardò intorno—, sarebbe tanto gentile da accompagnarmi fuori dal locale per favore?

    Il volto di Carolina cambiò completamente.

    —Accompagnarla? Dove?— Domandò abbastanza stupita—, non intendo muovervi da qui.

    —Signorina, torno a ripeterglielo, non è un buon posto in cui parlare, mi faccia il favore di accompagnarmi fuori, ho bisogno di parlare con lei di qualcosa di importante.

    —Ma... Non capisco, ho un appuntamento qui con mio padre, lo sto aspettando per il nostro abituale caffè.

    L’ispettore respirò profondamente e chiuse per un momento gli occhi, come se gli costasse fatica pronunciare le parole che stavano per uscire dalla sua bocca.

    —È appunto questo signorina, si tratta di suo padre.

    2

    ––––––––

    Quando uscirono dal locale, Carolina vide una Peugeot 407 grigia parcheggiata davanti la porta con accese le luci d’emergenza,  pensò che fosse dell’ispettore e ciò la incoraggiò a salire.

    —Dove vuole portarmi?— chiese con una tono di voce quasi isterico.

    —La prego di salire per favore, le spiegherò tutto dentro la macchina— disse l’ispettore quasi senza battere ciglio.

    Carolina per quasi mezzo minuto si chiese se salire o no sulla macchina dell’ispettore, però alla fine acconsentì e salì titubante.

    Non aveva ancora compreso perché era seduta in quella Peugeot, poiché da quando l’ispettore le aveva detto che ciò che doveva raccontarle aveva a che fare con suo padre, la sua mente non aveva smesso di pensare e soprattutto di temere ciò che le avrebbe potuto raccontare quell’uomo.

    Dopo essersi seduta sulla macchina, guardando di fronte si rese conto che un tremore si impadronì di lei, che le parole quasi non le uscivano di bocca.

    —Che... che... cos’è successo a mio padre?— alla fine riuscì a parlare.

    —Nicolás la guardò con un’espressione seria. Questa espressione non fece che accrescere la paura in Carolina.

    —Signorina Blanco, mi creda mi dispiace molto che debba essere io a darle questa notizia odiosa e terribile, hanno trovato il corpo privo di vita di suo padre nella sua abitazione a Paseo de la Castellana.

    Senza sapere molto bene in che modo reagire, Carolina guardò avanti tentando di digerire le parole dell’ispettore, quest’uomo doveva essere folle.

    —Ma... che significa che hanno trovato mio padre morto? Non può essere,  abbiamo parlato a mezzogiorno, che gli è successo?, chi lo ha trovato morto?

    —Lo hanno trovato alcuni agenti che lavorano nel mio commissariato, circa un’ora fa.

    —Lo ha trovato la polizia? Che faceva la polizia in casa di mio padre?

    —Signorina, presti molta attenzione a ciò che le sto per dire, mi rendo conto che è molto difficile da ascoltare, però è importante mantenere i nervi saldi... suo padre è stato vittima di un assassinio.

    All’improvviso tutto il mondo fin’ora conosciuto da Carolina crollò all’interno di quella Peugeot, non riusciva a credere alle parole che erano appena uscite di bocca all’ispettore. No, doveva essere un brutto incubo, no, non era nella macchina di un completo sconosciuto che diceva di essere il capo della polizia, no, non era sulla strada dell’abitazione di suo padre nel Paseo de la Castellana, no, suo padre non era morto, no, non l’avevano assassinato, tutto ciò doveva essere un orribile sogno, senza dubbio il peggior sogno della sua vita. Più cercava di convincersi che tutto ciò non era successo, più si rendeva conto del fatto che non era un incubo, sfortunatamente si trattava della dura realtà, e che stava andando a vedere suo padre morto.

    Il tragitto fino alla casa del padre durò solo un istante, però a lei sembrò eterno, in soli cinque minuti di percorso era stata assalita da un’infinità di ricordi, 27 anni in cui aveva avuto l’appoggio incondizionato di suo padre in tutto, anche quando dovettero superare la morte di sua madre e della sua sorella maggiore in un tragico incidente cinque anni addietro.  Lei e suo padre superarono il tragico evento insieme, con tutto l’amore che provavano l’un per l’altro, un amore che con questa perdita aumentò ancora di più.

    Lei amava molto suo padre, più di chiunque altro al mondo, oltre ad avere un grande rispetto per lui come ne aveva molta gente in quella nazione e all’estero, e adesso niente di questo importava, qualche snaturato gli aveva portato via la persona che più amava e che più avrebbe potuto amare nella sua vita.

    Un’altra volta ancora tentò di risvegliarsi da quel terribile sogno, però quando ancora a malapena realizzò che erano giunto a casa del padre, si ritrovò nella proprio davanti la porta dell’edificio.

    Suo padre, grazie all’alto incarico che ricopriva, possedeva un lussuoso appartamento di dimensioni dantesche in una delle zone più note di Madrid, il Paseo de la Castellana. Il suo appartamento, di 300 m2 era un omaggio al buon gusto, con mobili antichi che si alternavano perfettamente a quelli più moderni fornendogli un aspetto delizioso a seconda della stanza in cui ti trovavi a passare. Cento libri popolavano le sue gigantesche librerie, libri di ogni tipo, catalogati rigorosamente secondo dei dati che conservava suo padre al computer,  che gli aveva sistemati l’informatico del museo. Possedeva libri di storia, arte, archeologia, romanzi,biografie... Avev perfino libri antichissimi pieni di polvere che suo padre non voleva che venissero puliti, altrimenti, diceva, avrebbero perso la loro essenza.

    Suo padre era molto appassionato alla lettura e aveva trasmesso questo amore alla figlia sin da piccola.

    —Carolina, devi leggere molto di più— le diceva suo padre quando giocava con le bambole.

    —Cavoli, papi, leggere è noioso, preferisco giocare con le bambole e fare finta di essere la laro mamma, prendermene cura—  rispondeva lei con viso angelico.

    —Però bimba mia, leggere è come giocare, anzi che dico, è molto meglio che giocare, puoi leggere libro nei quali di repente, diventi una principessa che vive in un castello lontano e in cui giunge un principe a riscattarla, o se preferisci, puoi essere una bimba detective che risolve casi molto importanti con l’aiuto di un cane poliziotto.

    —Davvero leggere è un gioco?— Domandò lei non del tutto convinta e alzando un sopracciglio— Me lo prometti?

    —Te lo prometto bimba mia, presto scoprirai che in ogni libro si nasconde una nuova avventura e che se vuoi, puoi viverla nella tua stanzetta utilizzando soltanto la tua immaginazione.

    Da questo momento ebbe inizio la sua passione, non poteva più dormire senza prima avere letto e un libro le durava al massimo 2 o 3 giorni.

    Prima di entrare nell’edificio, Carolina ricordò tutte le volte che era passata da questo portone negli ultimi cinque anni, forse era entrata più in questo immobile che nella propria abitazione durante questi ultimi anni, però non permetteva che suo padre si sentisse solo in nessun modo. La morte di sua madre l’aveva toccata molto e, anche se non lo riconosceva, Carolina sentiva dentro di sé, che suo padre piangeva tutti i giorni questa perdita.

    Forse tutti questi pensieri ormai non importavano più,però le permettevano di stare più vicina a suo padre, anche se la realtà le diceva che lui era veramente vicino a lei, tanto vicino che solo si trovava due piani sopra.

    3

    ––––––––

    Carolina salì le scale alla velocità che il suo stato d’animo e soprattutto le sue gambe le permisero, poiché nell’ascensore vi era un cartello che indicava un guasto. Al solito, pensò. Si rese conto che i due piani che la separavano da suo padre, avevano più gradini di quelli che ricordava, forse non si era mai soffermata a pensarci, però mai aveva avuto una simile premura di raggiungere la casa di suo padre. Arrivata nel pianerottolo dove abitava il padre, sentì un brivido attraversarle tutto il corpo, non sapeva se fosse pronta o meno ad affrontare la situazione, però ciò che era chiaro era che una strana forza la spingeva a non fermarsi in questi momenti.

    Suo padre viveva accanto ad altre famiglie simpatiche e tranquille, tutti si trovavano molto bene in generale nel condominio e salvo qualche rara eccezione regnava la tranquillità. Fino a quel momento però. Vide la folla di persone accalcata vicino la porta dell’abitazione, poliziotti che impedivano il passaggio negavano all’unica famiglia che non era partita per le vacanze, i Gonzáles, e alla stampa che già era giunta nel luogo del delitto e aveva avuto accesso all’immobile.

    Maledetti avvoltoi, sempre con le orecchie tese ad aspettare di speculare con le disgrazie altrui per ottenere audience, pensò inorridita.

    Non appena la videro le corsero incontro per chiederle le prime impressioni su ciò che era avvenuto quella sera; Nicolás, senza neanche guardarli, come se fosse la guardia del corpo della ragazza, si intromise tra loro e Carolina, impedendo che essi potessero toccarla.

    —Signorina Blanco, siamo in diretta, mi risponda per favore, È vero che la polizia ha trovato suo padre assassinato nel suo appartamento?— Domandò una donna dall’incarnato molto pallido e di bassa statura con un microfono in mano.

    —Signorina Blanco, Sapeva se suo padre aveva qualche nemico o qualcuno che gli volesse fare del male?— chiese un giovane molto alto con occhiali e una pettinatura anni settanta.

    —Signorina Blanco...

    —Ora basta— intervenne l’ispettore—, la signorina Blanco per il momento non rilascerà nessuna dichiarazione, fatemi il favore, per una volta almeno, di rispettare il dolore di una giovane che ha appena perso suo padre. E adesso, per piacere, spostatevi e lasciateci passare.

    Carolina ringraziò con lo sguardo Nicolás per aver preso le sue difese, anche se era chiaro che stava solo facendo il suo lavoro.

    Davanti la porta potette osservare meglio che c’erano due poliziotti abbastanza corpulenti e con lo sguardo poco amichevole che impedivano ai curiosi di guardare dentro l’appartamento, tutte le morti erano importanti, però questa senza dubbio, non era una morte qualunque.

    —Signorina Blanco, prima di lasciarla entrare sarò costretto a farle una domanda, abbastanza dura ma necessaria— Nicolás la fermò di colpo— è sicura di volere entrare e vedere il corpo privo di vita di suo padre nelle circostanze in cui si trova?, il giudice non ci ha ancora ordinato la rimozione del corpo e questa immagine potrebbe segnarla per tutta la vita.

    Ora sì che non poteva provare più panico nel pensare quello che avrebbe potuto trovare dentro.

    —Sì... sono sicura— disse titubante—, o no.. in verità...non so se lo sono davvero...però credo che non potrei mai perdonarmi per non avere visto ciò che hanno fatto a mio padre.

    —Benissimo, se è ciò che vuole, mi segua,ad ogni modo può uscire fuori quando vuole, per favore se si sente male non esiti  comunicarmelo. La prego inoltre di non toccare nulla perché siamo in cerca di prove che possano incriminare il colpevole dell’accaduto.

    Carolina assentì senza smettere di guardare ciò che si poteva vedere dietro le due guardie mastodontiche. Con un solo cenno dell’ispettore, i due poliziotti si fecero da parte per lasciarli entrare in casa, o meglio, nel luogo del crimine.

    Non appena entrò Carolina cominciò a osservare ogni angolo di ogni metro quadrato della casa, sapeva anche se nessuno glielo aveva detto, perché non era molto difficile da intuire, che uno dei motivi per i quali era lì era per accertare che tutto fosse al suo posto, quindi, un po’ a mo’ di distrazione per prepararsi a ciò che l’aspettava, andava scorrendo il terreno.

    Al momento tutto si trovava nell’ordine abituale.

    Attraversarono il lungo corridoio che divideva le stanze, alcune stanze che lei stessa si era incaricata di decorare per suo padre, quando venne a stare in quel posto, il poveretto non aveva tempo per niente, pensò. Guardò i quadri che erano appesi alla parete ricordando il loro viaggio a Parigi intrapreso apposta per comprarli, Carolina li aveva visti in un catalogo e decise subito che dovevano stare nella casa di suo padre.

    La distanza che tante volte aveva attraversato, questa volta le sembrò eterna, mille pensieri attraversavano la sua testa, la maggior parte dei quali non avevano alcun senso.

    Vide alcuni poliziotti coi giubbotti sui quali era scritto Polizia scientifica, usare un pennello rotondo e piccolo per togliere la polvere dalla cornice della porta in cerca di possibili impronte. Altra gente, invece, ciondolavano da un lato all’altro urlando con in manco i loro costosissimi cellulari di ultima generazione, notò anche altri poliziotti in uniforme, che vigilavano che i lavori procedessero bene e che non si generasse nessuno stato d’allarme.

    Nicolás le spiegò che il crimine era avvenuto nel salone e, poiché vi si stavano avvicinando, Carolina notò che il suo cuore batteva sempre più velocemente, come se le stesse per uscire di bocca.

    I sudori le attraversavano la nuca e le spalle. Devi essere forte, disse a se stessa, pur sapendo che le emozioni avrebbero avuto il sopravvento sulla ragione.

    Entrata nel salone, sotto gli occhi vigili di un poliziotto gigantesco, Nicolás guardò Carolina per vedere l’espressione del suo viso, notò il suo nervosismo e aspettò un suo cenno per entrare nella scena del crimine. Notò una certa agitazione nell’immagine la reazione di Carolina alla vista del cadavere del padre e soprattutto nella circostanza in cui l’avrebbe trovato, erano parecchi anni che lavorava nell’unità omicidi della Polizia Nazionale, nei quali grazie alla sua intelligenza, perspicacia, intuizione e la sua abilità nel risolvere i casi, era diventato ispettore capo in un solo anno. Aveva visto, sfortunatamente, centinaia di cadaveri in tutte le circostanze possibili, prostituta lanciate nei fossati da magnacci che consideravano loro ormai inutili, tossici morti per overdose o a per liti con altri tossici a causa di dispute sulla dose quotidiana  di droga, regolamenti di conti, minorenni assassinati in lotte tra bande rivali...alcune di queste morti erano realmente terrificanti come in questo caso,

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