Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Tessisogni
Tessisogni
Tessisogni
E-book203 pagine2 ore

Tessisogni

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Essere magico, etereo, dolce spirito della Natura. E' così che queste leggiadre creature si presentano all'uomo. Ma siete sicuri che siano amabili sul serio? Le fate vivono nella fantasia letteraria secolare di tutte le culture. Essere delicati, di ammaliante bellezza, provenienti da un mondo elegiaco scandito dalle stagioni e da una naturale sdennità, ma spesso le tradizioni hanno molteplici sfaccettature e risvolti misteriosi: timide creature magiche, spiriti esiliati dal mondo, fate crudeli simili a streghe o dee spietate, seducenti demoni in grado di rapire e soggionare la mente, spettri inquietanti tra le ombre nebbiose di un cimitero. Non fatevi ingannare dalle apparenze.
LinguaItaliano
EditoreST-Books
Data di uscita25 lug 2012
ISBN9788898071029
Tessisogni

Leggi altro di Aa. Vv.

Autori correlati

Correlato a Tessisogni

Ebook correlati

Narrativa romantica fantasy per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Tessisogni

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Tessisogni - AA. VV.

    involontario.

    Prefazione:

    Tessisogni non è partito per la sua avventura con il piede migliore.

    Pesante eredità di un conflitto, è stato portato avanti con la stessa tenacia di un viandante che affronta la tempesta ed è finalmente arrivato a concludersi con la bella antologia che avete fra le mani.

    È stata una sfida da vincere e alla fine ne siamo usciti vincitori contro chi ci remava contro. Eccoci qua.

    Pochi i racconti scelti, ma eccellenti. Tutti a formare una raccolta di qualità per il secondo concorso letterario di Scrittevolmente.

    Vi auguro una buona lettura e l’invito a seguirci ancora su Scrittevolmente.com, dove la nostra fucina di idee è sempre in attività.

    Daniela queenseptienna Barisone

    Fata di latta

    di Alexia Bianchini

    «Sarà per il suo bene!» le disse Ronag, il grande rospo della palude.

    Molly, mostrandosi seccata, alzò le spalle e attese che il kelpie finisse il suo giro di perlustrazione. Quel lago fetido aveva bisogno di una bonifica e la fata di latta, come tutti la chiamavano, era l’unica a sopportare l’odore nauseabondo.

    Quel luogo era stato per lei l’unico spiraglio per il piccolo amico - divenuto ormai immenso - arrivato mesi prima da un paese lontano insieme al contrabbandiere Jonas, il lurido umano che viveva sulla collina del Gufo Bianco.

    Ora che Gelder era diventato troppo ingombrante, Ronag aveva imposto alla fata di liberarsene. Con la scusa che presto o tardi qualcuno sarebbe giunto per catturarlo o per ucciderlo la voleva caricare di senso di colpa, costringendola a fare ciò che voleva lui.

    «Tu non mi stai ascoltando!» bofonchiò il rospo scocciato.

    «Tu non vuoi capire! Sto studiando una soluzione per permettere a Gelder di rimanere con me, vedi di non scocciarmi più con questa storia!» esclamò lei.

    «Ha già ucciso tre umani mentre non c’eri. Ho trovato solo brandelli insanguinati lungo la riva. Farà arrivare altri uomini pronti a cacciarlo, il nostro mondo verrà violato.»

    «Lui è un demone dell’acqua, nessuno può catturarlo!» rispose secca Molly. Si mise a braccia conserte mettendo il muso. Non aveva un bel carattere, soprattutto per il fatto di sentirsi isolata dal resto della comunità a ragione della sua diversità così evidente, ma provava un affetto smisurato per il suo amico, e mai avrebbe permesso che lo portassero via da lei.

    Molly era solo una larva quando la sventura si era accanita su di lei. Un lampo deflagrante aveva scelto proprio l’albero della sua famiglia per scaricare tutta la furia. E fu così che la piccola fata nacque deforme. La parte sinistra del corpo era stata rovinata per sempre. Degli arti devastati non rimaneva più granché, così come parte del viso e l’occhio, ormai sfigurati. Ciò che però era stato strappato con violenza inaudita alla sua mera esistenza erano stati i genitori, non scampati alla tragedia.

    «Un miracolo!» aveva gridato la vecchia Delay vedendo quella misera creatura ancora viva, ma tutti avevano pianto per la disperazione. L’intervento del saggio Wlad, propiziatorio o infame a seconda dei punti di vista, aveva messo a tacere il dolore. Lui aveva deciso di portare la piccola creatura a Shivar, il maestro dei metalli, il quale costruì per lei protesi estensibili. Da piccola Molly visse insieme alla vecchia Delay e non sentì il peso di quella diversità, fino a quando iniziò a frequentare i gruppi di studio, insieme ai suoi coetanei.

    «Molly ha le molle, Molly ha le molle…» le ripeterono a oltranza. Anche in qual caso lei non cedette. Era una tipa tosta e ingoiò ogni cattiveria che sentiva gravare su di lei.

    Minuta per la sua età, e di certo goffa con quegli strani aggeggi, indossava una maschera che copriva mezza faccia. Parte del viso era altresì guarita, ma il problema principale era dovuto all’occhio sventurato.

    «Non puoi far costruire a Shivar due occhiali come quelli indossati dagli umani?» aveva chiesto un giorno al saggio Wlad. Sperava che sarebbe sembrata meno goffa, buttando via l’orrenda maschera.

    «Shivar è via per un lungo viaggio di studio. Porta pazienza» le aveva risposto per anni.

    La catastrofe la raggiunse quando arrivò il momento tanto atteso di volare.

    Mentre i suoi compagni spiccarono il volo, lei non si schiodò da terra se non per pochi miseri centimetri. Le risate furono come stilettate alla schiena, la sua diversità fu limpida e atroce come mai lo era stato prima.

    Da quel giorno decise di non avere più niente a che fare con i suoi coetanei. Non partecipò più a nessuna festa, la sua misera vita si svolse nell’isolamento. Passava le giornate sull’ansa del fiume Striscia D’Argento e sulle sponde della sua amata palude, luogo dove il silenzio incombeva e lei poteva sognare di essere una regina. In quel posto non era una fata di latta, le cui appendici erano uno scempio per la sua gente, era solo la piccola Molly, grande sognatrice. Nascosta al suo mondo trovava anche il coraggio di levarsi la maschera e mostrare se stessa a Madre Natura.

    Se c’era una cosa che non aveva bisogno di manutenzione era la sua splendida voce, capace di richiamare gli uccelli in volo, gli insetti dal sottobosco, ma non aveva mai cantato davanti ai suoi simili perché ignara di avere un dono: lei si vedeva solo come un misero rottame. Quelle piccole bestiole sembravano apprezzarla e lei si sentiva meno sola.

    Quando aveva conosciuto Gelder, lungo il piccolo corso d’acqua non lontano dalla palude, aveva visto in quei grandi occhi un’immensa gratitudine. Molly, fantoccio di metallo, lo aveva salvato; e lui, un piccolo kelpie abbandonato, aveva visto in lei una fata meravigliosa, non uno scherzo della natura.

    Il suo piccolo grande amico era l’unico spiraglio a farla sentire utile, oltre alla presenza inquietante di Otiv, un brownie che un tempo mangiava formaggi e latticini, datosi alla rabbia cibandosi di esseri viventi, da quando era stato cacciato dalla casa di una famiglia di umani offesi dalla sua presenza. Nascosto in una grotta vicino alla tana di Gelder, aveva fatto irruzione nella vita di Molly a suon di ricatti e minacce. L’aspetto gradevole, simile a un elfo, era ormai sparito, il cinismo lo stava divorando, ma tutto sommato lei lo trovava adorabile.

    «Corpo di mille bigfoot, è ancora qui il ronzino?» domandò Otiv, sbucando dal fitto fogliame appena il puzzo del rospo era sparito.

    Gelder nitrì offeso, muovendosi a riva, mostrando il suo meraviglioso corpo nero, fiero di ciò che era diventato.

    «Sempre di buon umore, vedo!» ironizzò Molly.

    «Parla miss Simpatia, quella che piange su se stessa ogni giorno» rispose laconico Otiv, sputando a terra.

    «Almeno non disturbo il quieto vivere della natura con la mia indegna presenza.» rincarò la fata.

    «Attenta a non arrugginirti con tutte quelle lacrime!» rispose lui mimando la camminata goffa di Molly.

    «Ti odio!» gridò lei.

    «Io di più» replicò lui facendo spallucce.

    Il grande muso di Gelder le si avvicinò sfiorandola delicatamente, per poi sbuffare dalle grandi narici addosso al brownie, facendolo ruzzolare a terra. Poi il demone si voltò, mostrando la sua lunga coda d’acqua. Uno spruzzò partì in direzione di Otiv, irritato scattò lesto in piedi, spazzolandosi i lerci vestiti. «Giornata di merda? Vedo che l’idea che il rospone ti voglia cacciare ti rende nervosetto!» bofonchiò, poi si avvicinò a riva per pulirsi il viso.

    «Vediamo di metterci a lavorare. Dobbiamo bonificare questo letamaio di palude» iniziò Molly, atteggiandosi a capo.

    «Ma io mi chiedo, una giovane fata come te non dovrebbe occuparsi dei fiori, delle bacche e dei piccoli e odiosi animaletti, invece di andare a caccia di cadaveri nella palude?» disse Otiv. Ecco che usciva la sua vena paterna. Un attimo prima la insultava e poi si preoccupava per lei.

    «Finché gli orchi non accetteranno di aiutarmi nella costruzione di canali di scolo ci limiteremo a togliere i cadaveri e recintare le zone vicino al villaggio.»

    «Ma perché ti prendi tanta pena per quei molluschi dei tuoi simili che tanto ti disprezzano?»

    «Disprezzano ciò che vedono di me, non ciò che sono. La vera Molly è nascosta sotto queste protesi di ferro e stagno, e verrà il giorno in cui farò vedere chi sono veramente» rispose lei.

    «Se va bene a te, allora andiamo a recuperare carcasse. Forza, ronzino!» esclamò facendo innervosire Gelder.

    «Iniziate a incamminarvi, devo raccogliere due bacche da mettere nella mia casa come ornamento» disse la fata, facendo loro segno di darsi una mossa.

    Quando li vide inoltrarsi nel fogliame restò immobile a osservarli, e attese di rimanere sola per togliersi la maschera e lasciarsi andare a lacrime amare. Sapeva che il rospo parlava per conto di tutto il villaggio. Aveva udito quanto la disprezzassero ma non si capacitava che volessero toglierle l’unica cosa in grado di farla stare bene: il suo amico Gelder.

    Si asciugò il viso, poi si ricompose. Non fece in tempo a fare un passo avanti, si ritrovò in trappola. Un retino per farfalle era calato rapido su di lei.

    Si girò su se stessa e vide il volto rabbioso di un umano. Non indossava i vestiti degli abitanti delle Highlands: era un forestiero.

    «Ne ho trovata una!» gridò il cacciatore. Due umani arrivarono di corsa. Erano eccitati, con occhi sgranati la guardavano ammaliati, come fosse un bottino prezioso.

    «Strana fata, pare abbia aggeggi di latta al posto degli arti. Sei sicuro che sia viva?» chiese il più vecchio. Con il suo faccione bavoso si avvicinò troppo, mandandole una zaffata di alcol mischiato al sigaro più scadente.

    «Pà, io non sbaglio mai. Ora cerchiamo il maledetto demone e torniamocene a casa con il malloppo» bofonchiò il tizio con in mano il manico del retino.

    «Sì, figliolo, ma facciamo attenzione a non incrociare Jones, il contrabbandiere. Fortuna che la sua lingua non si frenava con tutta quella birra che gli scorreva nelle viscere l’altra sera, ma se ci trova nel suo territorio dovremmo accopparlo» disse il vecchio ridendo della grossa, facendo il gesto di sgozzarsi con il coltellaccio a lama seghettata che brandiva.

    Molly aveva valutato l’ipotesi di gridare, ma le parole le morirono in gola non appena comprese che i bifolchi erano lì per il kelpie. Rimase immobile come una statua di sale, fino a quando un boato inaspettato la scaraventò a terra.

    Dal fiume si levarono impetuose tre serpi d’acqua. Attaccarono gli uomini in simultanea, torcendosi sui loro corpi, stringendo fino a farli gridare. La fata percepì che si trattava dell’attacco di Gelder, solo lui era in grado di manipolare quell’elemento in tal modo. I suoi assalitori vennero catapultati nel fiume, e sebbene in quel punto fosse solo un ruscello, il corso li ricoprì completamente. I loro corpi si dibatterono alla ricerca vana di aria, fino a quando li vide lasciarsi andare inermi alla morte. La potenza del kelpie mostrò la sua vera natura, stritolando gli esseri umani fino a farli a brandelli. Striscia d’Argento si tinse di rosso. Il sangue sarebbe stato visto anche al villaggio.

    «Tutto bene?» le chiese Otiv, sopraggiunto per le grida, liberandola dal retino.

    La piccola fata non riusciva a trovar parola per mostrare come si sentisse in quel momento.

    «Lo so, non è un bel vedere, ma a quanto pare Gelder attacca solo per difesa. Ti garantisco che anche le altre volte non si è scatenato per semplice furia omicida. Oggi hanno preso te, le scorse volte ha fermato umani che si dirigevano verso il villaggio. Peccato che quei bacucchi dei tuoi simili, tutti presi dalla loro polvere del cavolo, non sarebbero in grado di capire!»

    «Andiamo, è inutile parlarne, il lavoro ci attende!» esclamò la giovane. Non voleva nemmeno esprimersi sull’accaduto, né menzionare le continue pressioni che le stavano facendo dal villaggio, usando il rospo come emissario. Lei non avrebbe mai accettato la loro imposizione, piuttosto avrebbe abbandonato la sua gente per sempre lasciandoli nelle loro piccole convinzioni. Era sempre stato così, e non che Molly non comprendesse il valore di ciò che i suoi simili facevano per aiutare Madre Natura, ma c’era altro nella vita, e non accettavano chi la pensava o chi agiva diversamente. Quante volte negli ultimi tempi era stata presa in giro? La schernivano perché si era fissata di bonificare la palude. Nessuno al villaggio aveva mai creduto alle sue idee, scambiandole per deliri, frutto di notizie che da piccina aveva saputo dal vecchio pazzo di Shivar, ormai sparito da anni. Il periodo passato con quell’essere bizzarro era stato forse il più bello della sua vita. Persino la sua baracca era una grande stanza da gioco. Con lui aveva appreso l’arte della scrittura, anche se aveva dovuto terminare i suoi studi quando il saggio Wla era andato a riprendersela. Era stato proprio quel gesto, forse l’unico, a rimanere incuneato nel cuore di Molly. Il fatto che il villaggio l’avesse rivoluta con sé, sebbene lei fosse diversa, era il motivo per cui non era mai riuscita a odiare la sua gente. Si era convinta che non capissero, troppo impegnati nelle loro faccende per credere alla profezia di Shivar, ma che fossero buoni d’animo.

    Otiv diede una pacca sulla spalla di Molly, pur sapendo che la forza di quella creatura era sorprendente, così come costante era la sua dedizione a quel lavoro orribile. Insieme entravano nella palude rancida, legando la corda intorno ai vari malcapitati di solito senza più speranza, poi sbattendo le ali come una forsennata la fatina di latta riusciva con fatica immane a raggiungere il morso di Gelder, in modo da trainare fuori i corpi, mentre lui dirigeva i lavori dall’interno della palude.

    Il compito si alternava con la palificazione necessaria, secondo la fata, per mettere in sicurezza gli argini. Avevano proceduto bene, perfino senza l’aiuto degli orchi, ma il lavoro era rallentato, perché di sorprese in quel luogo deprimente ne avevano avute fin troppe ultimamente.

    Avevano seppellito diverse creature del mondo incantato, esseri di cui Molly non ne aveva nemmeno mai sentito parlare. C’era qualcosa che non quadrava in quella situazione paradossale, aveva dei sospetti. I tre amici erano sempre più inquieti. Solo pochi giorni prima avevano tirato fuori dall’acquitrino uno iemisch, la tigre d’acqua dei laghi della Patagonia, e un tatzelwurm, una creatura delle zone alpine in grado di uccidere con lo sguardo, l’alito o l’odore. Erano entrambi morti. Nessuno di loro pianse, non come la volta che Otiv trovò un suo simile in fin di vita e cercò di aiutarlo inutilmente, ma rimasero attoniti. Come avrebbero fatto ad appurare i loro sospetti? Ogni creatura di quel luogo pensava a se stessa, avrebbero confutato ogni loro teoria, come vaneggiamenti di tre poveri mentecatti. Erano alla stregua di fetidi rifiuti del Mondo magico, nessuno avrebbe creduto alle loro parole, anche solo per la paura di affrontare Jonas, il lurido bifolco umano che da trent’anni li teneva in pugno attraverso i ricatti. Si diceva collaborasse con le alte sfere del mondo fatato da quando aveva fortuitamente salvato un membro del consiglio del villaggio.

    Quel giorno ne trovarono due in avanzato stato di decomposizione: un elfo

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1