Emergenza in Paradiso: Harmony Bianca
Di Lucy Ryder
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Info su questo ebook
1. Volare in una imprecisata isola del Pacifico per impedire a sua sorella di sposare l'uomo sbagliato.
2. Tornare indietro il prima possibile per concentrarsi nuovamente sulla carriera.
3. Evitare come la peste qualsiasi esemplare di sesso maschile incontrato lungo il tragitto, non portano altro che guai!
Tuttavia le cose prendono una piega inaspettata quando, dopo una tempesta, Eve è costretta a un atterraggio d'emergenza insieme al sexy pilota Chase Gallagher. Uno sguardo è sufficiente per convincerla a gettare al vento tutti i suoi piani e a concedersi qualche giorno di peccato in Paradiso...
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Anteprima del libro
Emergenza in Paradiso - Lucy Ryder
successivo.
1
Arcipelago Tuamotu - Pacifico del Sud
La dottoressa Evelyn Carmichael chiuse gli occhi, si conficcò le unghie negli avambracci e rivolse un ringraziamento a Dio per la cintura di sicurezza che le stringeva il petto. L'idrovolante avanzava sballottato dall'improvvisa bufera, comparsa dopo un'ora di volo da Port Laurent. Le martellava in testa un unico pensiero: stava per morire nel mezzo dell'Oceano Pacifico senza nemmeno aver vissuto qualche cosa di memorabile.
Una raffica mostruosa colpì il fianco dell'aereo con il rischio di danneggiarlo. Sotto la furia del vento il metallo cigolò rompendo il silenzio che regnava nella cabina. E anche lei si sarebbe messa a urlare se solo fosse riuscita a vincere il terrore che la costringeva a starsene seduta senza fiatare con gli occhi spalancati mentre attorno a lei tutto si trasformava in un vero inferno.
In ogni caso preferiva morire che dare all'uomo che le sedeva accanto – quel pilota infernale – la soddisfazione di vederla crollare.
Non guardò fuori dal finestrino della cabina di pilotaggio e non si girò verso quel miscredente che continuava a infilare una parolaccia dopo l'altra. Era grosso e inquietante, oltre che bravissimo a inanellare imprecazioni. Molte le erano del tutto ignote e non le sarebbero mai venute in mente, ma sembravano uscire dalla bocca di quell'uomo con incredibile naturalezza.
Per fortuna nella sua battaglia contro Madre Natura sembrava essersi del tutto scordato di lei e questo era solo un bene, perché significava che era troppo occupato per fare caso al suo crollo mentale.
Di nuovo.
Poche ore prima, quando aveva aperto gli occhi, si era resa conto di essere stesa su di un divano di rattan con un dio del mare seminudo che incombeva su di lei. Con spalle larghe e gambe lunghe, riempiva lo spazio con un mix di mascolinità arrogante e sicurezza sessuale. Evelyn lo aveva odiato subito.
Naturalmente questo non aveva nulla a che fare con il brivido che l'aveva scossa appena si era accorta della sua presenza. Era sicuramente dovuto alla consapevolezza che lui la vedesse così indifesa. E se c'era una cosa che Eve odiava era mostrarsi indifesa, come se fosse ancora una tredicenne impacciata e goffa, vestita con gli abiti dell'Opera Pia e capace di ispirare solo derisione o pietà.
Le bastò osservarlo più da vicino per notare che in lui c'era il peggio di tutti i cattivi ragazzi. Fortuna che Eve non era più né timida né debole e non provava alcuna attrazione per i cattivi ragazzi. Era uno dei difetti di sua madre: lei aveva giurato che non lo avrebbe mai ereditato.
In più adesso era una donna di trent'anni, da poco specializzata in ostetricia e all'inizio di una promettente carriera. Sapeva che bastava un'occhiata gelida e un'espressione scostante per allontanare qualunque profferta indesiderata.
Ma quell'uomo di Neanderthal aveva risposto alla sua occhiata con un sogghigno beffardo. Era più di quanto lei riuscisse a sopportare e le aveva fatto odiare quell'individuo sin da subito.
Tutto questo era ormai privo di importanza mentre davanti agli occhi, che lei teneva rigorosamente serrati per non vedere la propria morte imminente, stava passando la sua intera vita.
«Stia calma!» urlò il pilota per vincere il ruggito del vento.
«Io sono calma!» obiettò lei girandosi a guardarlo. E si sarebbe presa a calci perché la vista di quegli occhi grigio ardesia le fecero immediatamente accelerare i battiti del cuore.
«È per questo che sta piagnucolando?»
Lui fece una smorfia di derisione e lei sentì la voglia di urlargli contro, di dargli un morso. Non era mai stata violenta, ma per lui avrebbe sicuramente fatto un'eccezione.
«Pensi solo a far volare questa baracca e lasci che io gestisca da sola i miei ultimi squarci di vita.»
«Le prometto che andrà tutto bene» le assicurò lui. «Chris non mi ha mai tradito e ho affrontato temporali molto peggiori.»
Non credeva che fosse possibile, ma cosa ne sapeva lei per giudicare? Non aveva mai volato in quelle condizioni. E poi dopo una vita di delusioni non dava più peso alle false promesse come quella del pilota.
«Ha chiamato il suo aereo Chris? È un'abbreviazione per cosa» chiese ironica. «Cristina? Cristallo? Cristiano?»
«San Cristoforo! Andiamo d'accordo noi due.»
Eve stava pensando che invece avrebbe preferito che lui andasse d'accordo con la tempesta, quando il mondo esplose in un lampo abbagliante di luce bluastra. La giovane si lasciò sfuggire un grido di terrore e immediatamente dopo sentì la gola che le bruciava per l'odore di zolfo. Di lì a pochi secondi, scorse spaventose lingue di fuoco che uscivano dal pannello di controllo.
«Accidenti!»
«Cosa succede?» chiese guardando il pilota con gli occhi spalancati dallo spavento.
«Maledizione!» imprecò lui. «Non stia lì imbambolata. Prenda l'estintore!»
«Stiamo andando a fuoco?» domandò Evelyn con voce terrorizzata.
«Non vede le fiamme che escono dal pannello di controllo? Certo che stiamo andando a fuoco! Si sbrighi a prendere l'estintore» urlò lui, mentre manovrava i comandi con mosse frenetiche.
«Lei aveva detto che sarebbe andato tutto bene. Lo aveva promesso.» Eve sentiva la sua voce stridula, ma era incapace di muoversi, schiacciata dal terrore. «Mio Dio, stiamo per morire. Sentivo che questa era una pessima idea, ma non ho voluto farci caso.»
«Non stiamo per morire. E io mantengo sempre le mie promesse.» La fissò intensamente negli occhi e il suo sguardo aveva qualcosa di ipnotico. «Sempre» sottolineò. «Ma adesso prenda questo maledetto estintore.»
In stato confusionale Evelyn cominciò a trafficare con la cintura di sicurezza, chiedendosi se era una buona idea lasciare il proprio posto. Forse il fuoco si sarebbe spento da solo e comunque le tremavano talmente le mani che le ci vollero parecchi secondi prima di riuscire ad aprire il fibbia della cintura.
Non sta succedendo davvero, si disse, cercando di recuperare la calma. È solo un brutto sogno. In quel momento sarebbe dovuta essere a Londra, in un hotel di lusso, a seguire una conferenza sui parti naturali. In realtà a Londra ci era stata davvero, ma solo per un paio d'ore prima di precipitarsi a Heathrow per prendere un aereo. Sua sorella Amelia le aveva inviato un messaggio in cui diceva di aver trovato una persona e che stava per sposarsi.
Sposarsi! E con un tizio che aveva appena incontrato! Nel Pacifico del Sud! Era impazzita, non aveva imparato nulla dalla loro infanzia difficile?
Eve giurò a se stessa che non ci sarebbe stato nessun matrimonio. Visto che sua sorella aveva perso la testa, toccava a lei, la gemella maggiore, fargliela ritrovare. Era da sempre abituata a vigilare sulla sua dolce, fiduciosa gemella e non avrebbe certo smesso ora. Specialmente visto il genere di uomini che attraevano Amelia. Tipi sempre pronti ad approfittare della sua generosità e della sua ingenuità, proprio come quelli che erano passati nella vita della loro madre.
Il fatto di essere su un'isola tropicale doveva avere confuso la mente di Amelia come era successo alla loro madre quando aveva incontrato e si era perdutamente innamorata di loro padre. L'ultimo di una lunga lista di profittatori. Eve intendeva volare fino a quell'isola lontana, recuperare sua sorella e riuscire a tornare a Londra in tempo per la conclusione della conferenza.
Solo che non sarebbe riuscita a tornare a Londra. E nemmeno a Tukamumu per impedire il matrimonio. O era Moratunga? Faceva poca differenza, ormai. Non sarebbe arrivata da nessuna parte perché sarebbe stata sepolta in una tomba d'acqua.
Muovendosi come un'ubriaca nel piccolo aereo che ondeggiava cercò di raggiungere l'estintore che si trovava dietro il sedile del pilota. Il che non fu semplice, in quello spazio ristretto.
«Accidenti! Si muova!» ringhiò lui digrignando i denti.
Eve avrebbe voluto mandarlo all'inferno, ma cosa sarebbe successo se lui avesse deciso di lanciarsi con l'unico paracadute funzionante e l'avesse lasciata sull'aereo in fiamme? Non voleva nemmeno pensarci.
Prese l'estintore e si lasciò sfuggire un grido quando capì che l'aereo stava scendendo in picchiata. Barcollando all'indietro andò a sbattere contro la parete della cabina e spruzzò ovunque la schiuma antincendio. Ovunque fuorché sulle fiamme.
«Si può sapere cosa diamine sta facendo?» imprecò l'uomo girandosi. Si voltò, strinse il pugno attorno alla camicetta di seta di Eve e tirandola l'aiutò a rimettersi in piedi.
«Il fuoco» urlò lui, mentre la schiuma gli colava dai capelli lungo il viso fino al mento. «Deve spruzzare su questo maledetto incendio.»
«Forse se lei riuscisse a tenere questa baracca diritta» rispose con aria provocatoria Eve, allontanando la mano di lui, pericolosamente vicina ai suoi seni. Fu un errore perché il pavimento ricominciò a ballare e la giovane piombò sulle ginocchia del pilota.
Fece un grido, ma cercò di non colpirlo con l'estintore; un pilota svenuto, del resto, era qualcosa da evitare a qualunque costo. Tuttavia colpì se stessa e provò un gran dolore. Le sfuggì un lamento e riuscì a ferirsi anche una mano. Subito dopo si sentì un borbottio, seguito da un'imprecazione ed Eve venne sbattuta sul pavimento. Attraverso le lacrime vide che con una mano il pilota puntava l'estintore verso i comandi, mentre con l'altra reggeva la cloche. Dopo qualche istante il quadro di comando era coperto da uno spesso strato di schiuma.
Ancora qualche debole fiammata e il fuoco si spense.
Come l'ultima delle sue storie, pensò Eve, ancora confusa, mentre sedeva sul pavimento. In realtà come tutte le sue storie, per dirla con onestà, perché vedere sua madre passare da un uomo all'altro la faceva irrigidire quando si trattava di innamorarsi. Sbuffò. Come se le relazioni della madre con i suoi uomini senza importanza fossero amore.
Il sollievo che aveva provato per la fine dell'incendio fu di breve durata perché, dopo aver lasciato l'estintore, Chase si mise ad armeggiare con i comandi imprecando. E a Eve non piacque per niente la sua espressione.
«E adesso cosa c'è?»
Lui la ignorò, troppo concentrato sui comandi.
«Non osi dirmi che stiamo precipitando» sostenne con voce tesa. «Perché si troverebbe davanti una donna isterica e lei non vuole che io lo diventi.»
Lui si limitò a lanciarle uno sguardo, come a insinuare che era già isterica, da almeno mezz'ora. Eve lo ignorò. Stavano precipitando, anche se lui era troppo presuntuoso per ammettere che San Cristoforo li aveva abbandonati.
Le scappò un singhiozzo. Era nella parte migliore della vita, all'inizio di una promettente carriera, con la possibilità di vedere i propri sogni realizzarsi dopo tanti anni di duro lavoro. Aveva tutto il diritto di avere una crisi di nervi.
Reggendosi al sedile si rialzò dal pavimento. Il pilota continuò a ignorarla, impegnato com'era nel tentativo disperato di riprendere quota.
Eve deglutì mentre fissava le sue braccia muscolose tese a reggere la cloche. Erano su un idrovolante a una quota molto inferiore a quella di un jet, ma questo non avrebbe fatto nessuna differenza quando avessero colpito la superficie dell'acqua con un'inclinazione di sessanta gradi.
«Si rimetta la cintura» ringhiò lui. «Diventa dura.»
Eve lo guardò a bocca aperta. Possibile che si mettesse peggio di così? Stavano precipitando. Cosa poteva esserci di peggio? «Stiamo per morire.»
«Non stiamo per morire. Io sono un ottimo pilota.»
«Se non se ne è accorto, questo non è un temporale per ottimi piloti. Questa è l'apocalisse. E se morirò, le giuro che la ucciderò molto, molto lentamente.»
«Io non ho nessuna intenzione di morire» ripeté lui con rabbia. Si protese per afferrare il suo San Cristoforo, lo baciò e se lo mise al collo. «Quello di cui lei ha bisogno è un po' di fede.»
«Quello di cui ho bisogno» ribatté Eve, «è che lei mi porti fuori da questa bufera. Quello di cui ho bisogno è trovare