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Sixta pixta rixa xista
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E-book63 pagine51 minuti

Sixta pixta rixa xista

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Info su questo ebook

Sixta pixta rixa xista è un’antica formula per scacciare le streghe. Streghe reali, antiche, nostrane. Ambientato nel Friuli del 1647 e ispirato a fatti realmente accaduti, il romanzo racconta di Luzie, che come sua nonna, comunica con la natura. Del pericoloso incontro con un inquisitore e di un amore; autentico, feroce, poetico e impossibile. Un amore fatto di piccoli gesti, sguardi cenni e un solo, unico bacio.

LinguaItaliano
Data di uscita19 set 2011
ISBN9788897543046
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    Anteprima del libro

    Sixta pixta rixa xista - Elena Vesnaver

    Dziekan

    1

    Cinque all’epifania

    Luzie socchiuse gli occhi per difendersi dal sole invernale e per non perdere di vista le tre capre che brucavano con testarda determinazione, poi fischiò un richiamo. Non aveva voglia di rincorrerle fino a chissà dove, e quelle buone bestie si avvicinarono subito, continuando a masticare l'erba stenta e gelata che cresceva lungo il fiume.

    La donna tirò un sassolino nell'acqua e la sottile crosta di ghiaccio si ruppe con uno schiocco leggero, quindi si strinse di più nello scialle e appoggiò la fronte alle ginocchia magre. Se faceva freddo! L'inverno più freddo da che era nata, forse il più freddo da sempre, chissà.

    Il suono delle campane la riscosse, veloce e limpido nell'aria intirizzita, e Luzie si accorse che era tardi, che doveva ancora fare quella cosa e doveva farla prima che venisse buio. E in quella stagione, il buio, veniva sempre presto. Si alzò in piedi e sistemò bene lo scialle attorno al capo, i capelli corti non la proteggevano contro il vento che soffiava quel giorno e la infastidivano gli sguardi che la gente lanciava alla sua testa senza trecce.

    Era successo due estati prima, quando si era presa i pidocchi e aveva deciso di tagliare i capelli per liberarsene in fretta. Alla fine le era piaciuto e non li aveva fatti più ricrescere, per la gioia e lo scandalo di tutto il paese. Anche il prete aveva provato a farla ragionare.

    Era arrivato una mattina e si era fermato davanti a casa sua.

    Dominus vobiscum.

    Lei non aveva alzato gli occhi dalla capra che stava mungendo.

    – Io lo so che sei una brava donna, Luzie, – Aveva cominciato, quasi vergognoso, – Lo so che non fai altro che del bene, che se l'Agnule ha un figlio vivo è merito tuo che l'hai fatto nascere.

    Ma sai com'è la gente, no?

    Luzie aveva dato una pacca alla capra e lo aveva guardato.

    – No, che non lo so. Com'è la gente?

    Il prete aveva sospirato e scosso la testa, spazientito.

    – La gente parla e finché racconta a me che ti ha visto raccogliere sorbo nel bosco o ballare davanti a un fuoco di notte, non mi importa, so che sono storie, so che quelle robe che fai non sono malvagie e so anche che vengono a chiederti le magie proprio loro, proprio quelli che parlano di più. – Aveva sputato per terra con disprezzo. – Ma se dicono queste cose ad altri, a forestieri, è pericoloso.

    Lei aveva scrollato le spalle, indifferente e si era girata per rientrare in casa.

    – Almeno lasciati crescere di nuovo i capelli.

    Allora Luzie aveva riso, aveva riso tanto forte da spaventare il gatto che prendeva il sole in mezzo all'orto, aveva riso tanto che il prete si era messo a ridere con lei e le capre avevano riso, Luzie era certa che avevano riso anche il fiume e la terra e il cielo.

    – Sei un brav'uomo. –. Aveva detto al prete, quando erano riusciti a riprendere fiato.

    – Stai attenta e guarda che io posso far finta di niente, ma non ti posso aiutare sempre.

    – Lo so.

    Il prete se n'era andato e dei capelli della Luzie non si era parlato più, almeno non quando lei poteva sentire.

    Si affrettò lungo la strada che portava diritta a casa sua, chiamando le capre che non avevano troppa voglia di muoversi, e fu felice di vedere la figura conosciuta che usciva da un campo con una grembiulata di patate.

    – Madalene!

    La donna si fermò e l'aspettò sorridendo.

    – Me le porti tu a casa? – Chiese ansando un po'. – Sono lente, stasera, e io devo andare su prima che faccia troppo scuro. – Indicò il monte che si drizzava alle spalle del paese.

    – Va bene, e ti lascio anche qualche patata. Non sono buone, hanno preso la gelata di stanotte, ma non ho altro da darti.

    – Non serve, Madalene.

    – Ti devo ancora pagare.

    – Aspetta. Aspetta che vada tutto a posto e dopo mi pagherai. Si allontanò senza aspettare la risposta, non voleva che Madalene ricominciasse a ringraziarla per qualcosa che non si era ancora sistemato.

    Forse c'è ancora bisogno di una spinta, pensò, questa notte magari, se riesco.

    Costeggiò le prime case

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