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La guerra di Leonardo
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E-book74 pagine53 minuti

La guerra di Leonardo

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RACCONTO LUNGO (49 pagine) - NARRATIVA - E se Leonardo da Vinci, invece che all'arte, si fosse dedicato alle armi?

Nei disegni lasciati da Leonardo da Vinci si riscontrano progetti di macchine d'assedio, artiglierie, scafandri, robot, carri corazzati, artiglierie semoventi e strumenti per il volo umano. Pur avendo preso parte, come ingegnere, alle campagne militari di Ludovico il Moro e di Cesare Borgia, nel corso della sua vita Leonardo non costruì realmente quasi nessuna delle sue macchine belliche. Anche il rivoluzionario progetto di deviare il corso dell'Arno per allagare Pisa, allora in guerra con Firenze, non venne realizzato. Leonardo mostrò sempre di prediligere alla guerra l'arte, ed è per quest'ultima che oggi giustamente è ricordato. Ma cosa sarebbe accaduto, invece, se...

Francesco Grasso (1966), ingegnere di origine siciliana, vive e lavora a Roma. Scrittore eclettico, ha esordito nel campo della fantascienza, ma negli anni ha pubblicato anche thriller, horror, fantasy, narrativa storica e umoristica. Tra i suoi romanzi, "Ai due lati del muro" "e 2038: La rivolta" (Mondadori), "Il baratto" (Perseo), "Enea" (Stampa Alternativa), "Il re bianco del Madagascar" e "La moglie di Dio" (Ensemble), "Come un brivido nel mare" (Delos Digital), "Il matematico che sfidò Roma" (Edizioni 0111). Le sue opere hanno avuto numerosi riconoscimenti letterari, tra cui due premi Urania. Una sua sceneggiatura cinematografica è giunta in finale al premio Solinas.
LinguaItaliano
Data di uscita12 lug 2016
ISBN9788865307748
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    Anteprima del libro

    La guerra di Leonardo - Francesco Grasso

    9788865307649

    Prologo

    La pioggia torrenziale batteva sull’acciottolato di Vico de’ Briganti col fragore di un'armata di martelli. Fradicio sin nelle ossa, Andrea del Verrocchio inveì a denti serrati contro le nubi color del piombo, e pensò che l’anno appena nato, il 1464 dalla venuta di Nostro Signore, aveva portato solo disgrazie.

    Il capitano della gendarmeria, che lo fronteggiava sotto l’acquazzone, ripeté la domanda. La pioggia gelata picchiettava sull’elmo e s’insinuava sotto la sua uniforme, facendolo rabbrividire. Il Verrocchio confermò con un cenno del capo. – Ser Piero Fruosino. E sua moglie Alberia.

    Soddisfatto di poter finalmente sottrarsi alle intemperie, il capitano ordinò ai suoi uomini di ricoprire i corpi. Poi precedette il Verrocchio al riparo di un portico.

    – Chi è stato? – chiese l’altro, tentando di riprendersi dallo sgomento e dalle offese del fortunale

    – I testimoni parlano di soldataglia. Ubriachi, probabilmente.

    – Soldataglia?

    – Quella taverna è frequentata da mercenari.

    Il Verrocchio seguì lo sguardo dell’altro, distinse i lumi accesi oltre la cortina della pioggia. Il segno della volpe, recitava l’insegna della bettola.

    – Dicono che è scoppiata una lite. I vostri amici devono essersi trovati in mezzo.

    D’improvviso il Verrocchio trasalì. – Il medaglione…

    – Cosa?

    – Alberia portava al collo un monile d’argento. Sempre. Un regalo di Piero. Non l’ho mai vista senza. Dov’è?

    – Bottino – decretò uno dei gendarmi, un uomo ossuto dal naso storto, che reggeva per le redini il cavallo dell’ufficiale. Il capitano annuì e tacque, come se l’argomento fosse chiuso.

    – Li avete presi, almeno?

    Il tuono coprì ciò che, alle orecchie del Verrocchio, sembrò una risata.

    – Se Dio vuole, a quest’ora stanno cavalcando lontano da Firenze. Più facilmente sono alle Piagge, agli acquartieramenti dei mercenari stipendiati da sua signoria. Le caserme di Campo di Marte, poi, traboccano dei cavalieri al servizio del duca di Montefeltro, giunto in visita ier l’altro.

    – Franzosi, spagnuoli, alemanni – sibilò il gendarme dal naso storto, che li aveva raggiunti sotto il portico. – Vengono in casa nostra e si sentono padroni.

    – Mi state dicendo che non intendete catturarli?

    L’altro s’irrigidì.

    – Non devo giustificarmi con voi, messere. Ma comprendo il vostro dolore, e voglio spiegarvi. Se irrompessi coi gendarmi alle caserme, dovrei affrontare un mare di spade. Sarebbe sciocco oltre che inutile. Posso solo chiedere a sua signoria di intervenire. Forse non servirà, ma credetemi: pochi, oggi a Firenze, oserebbero tanto; i mercenari sono intoccabili.

    Attraverso il velo d’acqua, il Verrocchio incrociò lo sguardo del suo interlocutore.

    – Che dirvi, capitano? Apprezzo la vostra sincerità, e so che tenterete di far giustizia. Sappiate però che avete scelto la parte più facile. Il compito che spetta a me è di gran lunga più arduo.

    – Di che parlate, messere?

    – Dovrò dire a un figlio che suo padre è morto senza ragione, e che i suoi assassini, quasi di certo, resteranno impuniti.

    Il capitano meditò in silenzio. Poi chinò il capo.

    16 agosto 1493

    Nel congedarmi, suor Maria mi ha riservato un ultimo consiglio. Piccolo Rodrigo, ha detto, devi esercitarti nella scrittura. E mi ha consegnato un diario ove appuntare con regolarità le mie giornate. Ho deciso che, in ricordo dell’affetto che quella santa donna mi ha donato, obbedirò al suo ordine.

    È trascorso un mese dal mio arrivo a Firenze. La città è assai grande, colorata e traboccante di vita: non avevo mai visto torri così alte e massicce, e nemmeno udito tanti musici come la prima sera in Santa Croce. Sento la mancanza degli alberi, certo, ma è un cruccio così meschino che non merita lamenti.

    La bottega di mastro Leonardo è propinqua all’Arno, che qui non sembra neppure lo stesso rivo che bagna il nostro paesino. In codesti giorni di afa noi ragazzi di bottega, nei momenti di libertà, corriamo a tuffarci nelle acque fangose, e poi ci sfidiamo a nuotare da una ripa all’altra. Siamo tutti dai tredici ai diciassette anni. I ragazzi più grandi, m’hanno spiegato, a una certa età smettono il grembiale dell’apprendista. Per tentare la strada da soli, credo, anche se ho sentito dire che… Lasciamo perdere: sono soltanto storie.

    Mastro Leonardo è un uomo eccezionale. È assai imponente, forte come pochi. Dicono che riesca a piegare un ferro di cavallo con le dita. Mi hanno mostrato i coprizoccolo contorti, sicché dev’essere vero. È stato discepolo del Verrocchio; ha lavorato col Botticelli, il Ghirlandaio e il Perugino. La sua bottega è la migliore di Firenze. Quando ho visto i suoi dipinti ho pensato che, con tutto

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