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Monk, Bud o viceversa: Appunti per una discografia jazz su vinile
Monk, Bud o viceversa: Appunti per una discografia jazz su vinile
Monk, Bud o viceversa: Appunti per una discografia jazz su vinile
E-book532 pagine6 ore

Monk, Bud o viceversa: Appunti per una discografia jazz su vinile

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Info su questo ebook

Oltre 200 musicisti con la segnalazione di un migliaio di incisioni su vinile rendono questo volume una vera e propria enciclopedia del jazz, dedicata non solo ai collezionisti di vecchia data, ma anche ai giovani che intendono avvicinarsi al mondo della musica afro-americana.
LinguaItaliano
Data di uscita7 ott 2016
ISBN9788860535528
Monk, Bud o viceversa: Appunti per una discografia jazz su vinile

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    Anteprima del libro

    Monk, Bud o viceversa - Franco Bonini

    FRANCO BONINI

    MONK, BUD

    O VICEVERSA

    Appunti per una discografia jazz su vinile

    img1.jpg

    casa musicale eco

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificatamente autorizzato dall'editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l'alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell'editore e dell'autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

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    http://www.casamusicaleeco.com

    ISBN: 9788860535528

    © 2016 by Casa Musicale Eco s.a.s.

    Proprietà Casa Musicale Eco s.a.s. - Monza - Via R. Bracco 5

    Tutti i diritti riservati - All rights reserved

    composizione, grafica e impaginazione, stampa:

    Casa Musicale Eco - via R. Bracco 5 - 20900 Monza MB

    039 / 200 34 29 - www.casamusicaleeco.com

    Come accompagnamento alla lettura, si consiglia di ascoltare per ogni artista esaminato, un suo disco.

    L’assistente

    Gabriele Thelonio Bonini

    Abbreviazioni

    alto  =  sassofono contralto

    b. =  contrabbasso

    bar. =  sassofono baritono

    batt.  =  batteria

    chit.  =  chitarra

    cl.  =  clarinetto

    el.  =  elettrico/a

    fl.  =  flauto

    p.  =  pianoforte

    sop.  =  sassofono soprano

    ten.  =  sassofono tenore

    tr.  =  tromba

    tr.ne  =  trombone

    vib.  =  vibrafono

    voc.  =  canto

    INTRODUZIONE

     Bene. Eccomi qui a scrivere qualche nota sulla musica afro-americana.

    Perché farlo? Per far risparmiare tempo in letture di riviste specializzate e libri sull’argomento, audizioni di dischi e concerti, conversazioni con appassionati. Certo, tutte queste cose sono utili e piacevoli, ma per un giovane che si avvicina a questo genere musicale, nascono alcune curiosità: chi sono gli artisti più importanti? Quali sono le loro incisioni più indicative?

     Cercherò di far fruttare la mia esperienza di anni di ascolto e di devozione alla musica improvvisata e non, per rispondere a queste domande. Premetto che non sono un critico musicale e che quindi i miei giudizi saranno assolutamente soggettivi se pur basati su valori generali che la critica colta riconosce per validi. Ecco: cercherò di mettere giù le informazioni che avrei voluto leggere a vent’anni quando, dopo un’esperienza di ascolto di musica pop (Pink Floyd, Genesis, Yes, King Crimson, ecc.), passai prima ad ascoltare gruppi di jazz-rock (Soft Machine, Nucleus, Weather Report) per poi iniziarmi alla scoperta degli autori che hanno fatto la storia musicale del XX secolo.

     Perché il vinile? Principalmente per due motivi: l’estetica e il collezionismo. Il primo motivo è evidenziato dalle grandi copertine (magari apribili) con bellissime foto e disegni di meravigliosi fotografi e grafici che hanno dedicato il loro estro creativo a documentare con immagini i contenitori cartonati della musica (penso a William Claxton per la Pacific, Francis Wolff per la Blue Note o a David Stone Martin per la Verve…). Inoltre ci sono le note di ottimi giornalisti e critici musicali che, date le dimensioni del disco, sono comodamente leggibili.  Esistono dischi arricchiti di booklet preziosi come ad esempio Charlie Haden/Hampton Hawes: As Long As There’s Music (Artists House AH 9404) che, oltre ad essere apribile, contiene un libretto di otto pagine con foto, discografia sia di Haden sia di Hawes e addirittura lo spartito di un assolo del bassista, oppure come Last Date (Limelight LM 82013) di Eric Dolphy che sembra più un libro d’arte, con le sue pagine interne ricche di disegni e fotografie, che un normale LP. Può capitare di acquistare un disco di Duke Ellington inciso per la Decca (DL 710176) che contiene tra l’altro la suite The Golden Broom And The Green Apple e trovarvici all’interno, oltre al normale Long Playing, un altro dischetto sempre a 33 giri ma di dimensioni di un 45 giri con la voce di Ellington che commenta la sua musica. Per quanto riguarda il secondo motivo, il collezionismo, voglio fare un esempio. Un signore facoltoso entra in un negozio specializzato e compra 4 cofanetti di Bill Evans in formato CD: The Complete Riverside Recordings (12 CD), The Complete Bill Evans On Verve (18 CD), The Complete Fantasy Recordings (9 CD) e The Secret Session della Milestone (8 CD) e in pochi minuti si porta a casa il corpus delle principali incisioni del pianista. Il collezionista di vinile cerca nei mercatini dell’usato, frequenta fiere e mostre del disco, partecipa ad aste specializzate, si concede qualche scambio con altri collezionisti e riesce nel tempo a costruirsi una propria discoteca dove ogni pezzo ha una storia, un ricordo.

     Alle volte, prima di trovare un disco, possono passare anni, ma quando, spulciando tra una pila di dischi impolverati, ci s’imbatte nel pezzo ricercato, si prova veramente una grande gioia, gli occhi s’illuminano e viene da dire: Finalmente ti ho trovato!. Il disco che mi ha fatto dannare di più è stato Lester Young Story, vol.3: Enter The Count, ultimo di una serie di 5 album doppi Columbia (gli altri 4 provenivano dai posti più disparati, il vol.1 ad esempio da un negozio in Shaftesbury Avenue a Londra), mi ha fatto penare per quasi vent’anni. Immaginate l’emozione che ho provato quando l’ho recuperato a Milano da un ex collezionista. Penso inoltre al CD come a qualcosa di freddo, tecnologico che non può trasmettere nessun valore affettivo. Sì, perché ai miei dischi sono affezionato e a volte, sfogliando le copertine alla ricerca di qualcosa da sentire, mi dico: «Ah! Questo l’avevo preso in quel negozietto di Napoli, quando sono andato a trovare il mio amico Alfonso…, quest’altro di Carmen McRae viene dal negozio di Rye, in quella vacanza verso la Cornovaglia…».

     Un altro fattore che mi fa preferire al CD il vinile è il calore delle vibrazioni: al suono digitale preferisco quello, forse un po’ più sporco, che produce lo scorrimento della puntina nel solco, magari con qualche piccolo fruscio che rende il disco vissuto.

     Prima di passare alla discografia volevo fare alcune precisazioni: per prima cosa indicherò i numeri di catalogo e le etichette delle case editrici della mia collezione. Questo per un semplice motivo di semplificazione: un disco di Gigi Gryce è stato pubblicato ad esempio dalla Signal, Arista, Byg, Metronome, Monkey, Realm e infine Savoy. In secondo luogo tratterò quasi esclusivamente le incisioni eseguite in studio. Questo per dare un limite alla discografia nel numero di dischi per ciascun musicista trattato e perché, di solito, le incisioni dal vivo non sono di buona qualità e nella stragrande maggioranza dei casi riguardano brani già incisi ufficialmente quindi senza inediti particolarmente interessanti. Per alcuni jazzisti darò la discografia completa in studio, per altri la darò completa fino al punto in cui la ritengo, a mio personale giudizio, valida ai fini estetico-musicali, per altri ancora indicherò un’importante selezione. Per prima cosa ho cercato di individuare un elenco di musicisti che indubbiamente hanno lasciato una loro impronta indelebile nello sviluppo e nella storia del jazz: senza faticare molto ho trovato una lista di 26 nomi ai quali dedicherò la prima parte del libro. Nella tabella seguente ho indicato in ordine alfabetico i personaggi in questione e, con rammarico, ho notato che è rimasto in vita solo il sassofonista Lee Konitz (ed è nato nel 1927). In effetti, di nomi nuovi da aggiungere alla lista dei Top non se ne sono presentati molti in questi ultimi decenni con la sola eccezione di Petrucciani (tra l’altro l’unico europeo in elenco): forse il jazz migliore è già stato tutto suonato. A mio parere il periodo più creativo c’è stato negli anni ’50, quando fiorivano stili di sound originali e avvincenti e comparivano all’orizzonte nomi destinati a rimanere per sempre nella storia del jazz. Nella seconda parte mi dedicherò a segnalare incisioni che meritano comunque un ascolto attento ed eventualmente un approfondimento adeguato.

     Ma torniamo alla tabella: per ogni artista ho cercato di individuare il periodo della loro vita in cui hanno espresso il massimo della loro creatività, in cui le loro interpretazioni erano più intense, a volte più sofferte. Ho indicato questo valore con delle lettere a fianco di ogni nome: G= periodo giovanile, M= periodo della maturità, C= costanza di alti valori estetici. Come ho già detto si tratta di valutazioni puramente soggettive che potranno far storcere il naso a molti, ma questo è quello che penso ed è giusto che lo comunichi. Dalla tabella si evince che lo strumento più presente è il sassofono (in tutte le sue varianti), seguito dai pianisti e dai trombettisti, mentre il ruolo femminile (3 presenze) è limitato all’uso della voce, anche se non mancano, e lo vedremo nella seconda parte, strumentiste che hanno lasciato il segno (vedi Mary Lou Williams).

    G = periodo giovanile; M = maturità; C = costante

    PARTE I - LE 26 RADICI

    THELONIOUS MONK (1917-1982)

     All’inizio pensavo di trattare i giganti in ordine alfabetico. Poi ho pensato di fare qualcosa di diverso e iniziare dai miei musicisti preferiti. Il dubbio era: inizio da Monk e poi passo a Bud Powell o viceversa? Ma poi ho fatto la scelta più convinta: inizierò dal Gran Santone.

     Questo pianista mi ha sempre affascinato fin da quando acquistai il primo disco a suo nome: si trattava di "Straight, No Chaser e devo dire in verità che lo scelsi nel negozio, tra altri suoi dischi, per il disegno della copertina, così metafisico, inquietante. Mi colpì quel filo di luce rosso che, partendo dal suo cervello, usciva attraverso la pupilla disegnata di profilo e raggiungeva un misterioso ingranaggio per poi deviare verso l’alto. Il viso era ritratto coricato, come se dormisse se non fosse per quell’occhio aperto, per quello scorcio di cappello sulla destra (ammesso che Monk non dormisse davvero indossando uno dei suoi innumerevoli cappelli). Il pezzo che mi colpì di più fu, stranamente, non una sua composizione, bensì uno standard di Koehler-Arlen intitolato Between The Devil And The Deep Blue Sea. Era un brano di piano solo e per la prima volta ascoltai il suo modo di suonare così diverso, personale, ironico: rimasi veramente impressionato. A distanza di tempo ho capito che riusciva a trasformare tutti i pezzi di altri compositori come se fossero suoi. Imprimeva il suo stile sui brani altrui rendendo difficile per un profano individuare il vero autore: provate ad ascoltare ad esempio Just A Gigolo" in una delle otto versioni apparse su vinile (sempre in piano solo) e ve ne renderete conto.

     Analizziamo ora la sua discografia in studio. Si può dividere la sua produzione discografica in quattro periodi:

    A – Periodo Blue Note (dal 15-10-’47 al 30-05-’52)

    B – Periodo Prestige (dal 15-10-’52 al 24-12-’54)

    C – Periodo Riverside (dal 21-07-’55 al 21-04-’61)

    D – Periodo Columbia/CBS (dal 31-10-’62 al 20-11-’68)

    Dopo alcune incisioni di fortuna eseguite al Minton’s Playhouse, un locale nel cuore di Harlem, incise il suo primo disco ufficiale come sideman di Coleman Hawkins nel 1944 (vedi). Per ascoltare le sue prime incisioni Blue Note, bisogna procurarsi il doppio LP The Complete Genius (ABNST 236520) che contiene 32 incisioni tra le quali appunto la prima intitolata "Humph" del 15-10-’47, una sua composizione che registrò solo in questa data e More Genius Of Thelonious Monk (BNJ 61011) con 12 brani tra alternate takes e inediti.

     Con l’album Thelonious Monk & Milt Jackson (BNJ 61012) si completa la data del 02-07-’48 col master take di "I Should Care e la data del 23-07-’51 con le alternate take di Criss Cross e Ask Me Now".

     Il Nostro passò poi sotto etichetta Prestige: in questo caso ci occorrono il doppio album Monk (HB 6004) con 19 brani, di cui 15 sue composizioni, in compagnia tra gli altri di Art Blakey, Max Roach, Sonny Rollins e Percy Heath, il singolo Monk (PRLP 7053) (che fantasia!) per la take due di "Think Of One" e Thelonious Monk / Sonny Rollins (PRLP 7075) per i brani I Want To Be Happy e The Way You Blow Tonight che nel disco compare come The Way You Look Tonight.

     Nella stessa seduta del 25-10-’54 fu inciso anche "More Than You Know che venne però pubblicato nel disco di Sonny Rollins Moving Out (vedi). L’ultima incisione per la Prestige fu eseguita la vigilia di Natale del 1954, quando fu registrata la famosa versione di The Man I Love" con Davis, Milt Jackson, Percy Heath e Kenny Clarke. Qui Monk compare come sideman e il disco è elencato nella discografia di Miles Davis.

     Mentre Thelonious era sotto contratto Prestige, iniziò le sue visite in Europa: la prima settimana del giugno 1954 la trascorse a Parigi e lì, il giorno 7, incise per la Vogue il suo primo disco di piano solo, Portrait Of An Ermite (Jazz Legacy 54/Vogue 500104).

     Lo stile e la poesia di un pianista si colgono soprattutto nei dischi incisi in solitudine ed è per questo che consiglio vivamente l’acquisto e ovviamente l’ascolto dei suoi 5 microsolchi senza accompagnamento. Nel Portrait troviamo 9 titoli, ma esistono molte versioni che saltano l’ultimo brano "Hackensack". Ne cito di seguito qualcuna:

    - Crescendo GNP 9008 Thelonious Monk

    - DJM DJSLM 2017 Pure Monk

    - Piccadilly Pic 3521 Monkism

    - Scepter SPS 550 The Prophet

    - Trip TLP 5022 Pure Monk ecc.

     Passiamo ora alle incisioni per la Riverside. Il primo disco è in trio in compagnia di Oscar Pettiford (b.) e Kenny Clarke (batt.): si tratta di 8 composizioni di Duke Ellington il cui titolo è appunto Plays Duke Ellington (OJC- 024) con la bellissima copertina che riproduce un quadro di Henri Rousseau. Tre mesi dopo, il 15 ottobre 1955, Monk partecipò come sideman a un disco di Gigi Gryce e che, quindi, non dovrebbe comparire in questo elenco, tuttavia la Savoy ha pubblicato nel 1986 un LP Thelonious Monk And Herbie Nichols (SJL 1166) che contiene sul lato A i 4 brani registrati in quell’occasione, mentre sul lato B troviamo 7 pezzi del 1952 di Nichols (vedi), pianista con pochissime incisioni al suo attivo che merita un attento ascolto.

     Le porte della Riverside si riaprono per Thelonious il 17 marzo e il 3 aprile del 1956 per produrre ancora in trio (questa volta con Pettiford è il batterista Art Blakey) l’album The Unique (OJC-064). Anche questa volta non compare nemmeno una composizione monkiana (si tratta di 7 standard): evidentemente alla Riverside pensavano che gli audiofili non fossero ancora pronti a un impatto brusco con le sue melodie. Finalmente, il 9 ottobre 1956, la sua nuova casa discografica iniziò a incidere brani originali che si possono trovare nel doppio album Brilliance (Milestone HB 6029). Altro album doppio importantissimo è Pure Monk (Milestone M-47004) che ristampa il suo secondo disco di piano solo Thelonious Himself più altri brani da sedute varie sempre registrati in solitudine: un must per gli estimatori di Monk. In Pure Monk compaiono anche le incisioni di piano solo registrate il 5 aprile 1957 tranne una versione di ’Round Midnight che dura 21’51’’ presente nel doppio Thelonious Monk/Gerry Mulligan: ’Round Midnight (Milestone M-47067). In effetti, di quest’ultima data, mancherebbero la take 5 di "Ghost Of A Change e la take 2 di I Should Care: per i completisti benestanti dico che queste 2 versioni alternative si trovano in un box di 5 LP Monk On Riverside" (Riverside 4004), ma per i comuni mortali dico che conviene farsi registrare su un CD questi 2 brani da un amico (come ho fatto io) e quindi non terrò conto di queste 2 incisioni nel conteggio finale degli LP necessari per avere tutte le registrazioni in studio su vinile a nome di Monk.

     Arriviamo così al 16 aprile 1957 quando fu fermato nel tempo il magico incontro fra Thelonious e Coltrane: il brano è "Monk’s Mood" e si trova nel doppio album Thelonious Monk & John Coltrane (Milestone M-47011) che raccoglie le incisioni che i due maestri eseguirono in studio insieme. Il brano Ruby My Dear del 26 giugno 1957 a cui si unì, tra gli altri, anche Coleman Hawkins, compare sotto nome di quest’ultimo nel disco The Hawk Flies (vedi). Ed ora un’eccezione: dicevo all’inizio che indicherò poche incisioni dal vivo, ma non può certo mancare quella di Thelonious Monk Quartet With John Coltrane At Carnegie Hall (Music Record Thelonious Records MQ1-231). Con Monk e Coltrane suonano Ahmed AbdulMalik (b.) e Shadow Wilson (batt.). All’interno del disco è narrata la storia del miracoloso ritrovamento, nel febbraio 2005, del nastro del concerto. Fortunatamente è stato pensato di pubblicarlo anche su vinile (il ritorno incombe?). Si tratta veramente di musica preziosa. Nella copertina è stampata la locandina che annunciava il programma della serata: per i 2 dollari del biglietto d’ingresso, quella sera si ascoltava oltre a Monk con Coltrane, Billie Holiday, Dizzy Gillespie, Ray Charles, Chet Baker con Zoot Sims e Sonny Rollins… che tempi gli anni ’50!

     Ma procediamo con la discografia: l’album Blues Five Spot (Milestone M-9124) ci consente di ascoltare il brano "Coming On The Hudson del 25 febbraio 1958 con, tra gli altri, Donald Byrd (tr.), Johnny Griffin (ten.) e Pepper Adams (bar.) e Played Twice" take 1 che ci presenta in studio per la prima volta (1° giugno 1959) il sassofonista Charlie Rouse la cui collaborazione durerà, nelle incisioni, fino al 20 novembre 1968. Eccoci ora al terzo disco di piano solo: Thelonious Alone In San Francisco (Riverside RLP 12-312). Questo vinile completa la seduta del 21 ottobre 1959 con la take 2 di There’s Danger In Your Eyes, Cherie mentre gli altri 9 brani compaiono già nel doppio album citato Pure Monk.

     Dopo alcuni concerti registrati dal vivo a San Francisco, Parigi, e Milano, si conclude l’esperienza Riverside per passare alla Columbia/CBS che inizia a registrare il pianista il 31 ottobre 1962 con il brano "Byeya". L’album si intitola Monk’s Dream (CBS 85682) e contiene 8 brani in quartetto. Per completare questo periodo di rodaggio con la nuova etichetta occorre il doppio LP Always Know (CBS 88338) con brani di piano solo, alternate takes, pezzi dal vivo e con orchestra (Steve Lacy, Phil Woods e Thad Jones tra i componenti). È la volta poi di Criss Cross (CBS 85691) che oltre a Tea For Two e Don’t Blame Me riproduce 6 originali di Thelonious.  Arriviamo ora al 23 maggio 1963: durante una tournée in Giappone, Monk passò negli studi della TV nipponica e lì fu registrato per l’etichetta Baybridge il disco 1963-In Japan (ULS 6117-B). L’incisione è anche nel video Green Line Vidjazz 2 Thelonious Monk: Japan-Europe 1961-1963. Il disco successivo per la Columbia è It’s Monk Time (CS 8984) contenente due brani di piano solo: Nice Work If You Can Get It di Gershwin e Memories Of You di Eubie Blake, il longevo pianista che a 86 anni incise un doppio album proprio per la Columbia (vedi). È la volta poi di Monk (CS9091). La seduta del 6 ottobre 1964 ha prodotto oltre ai 2 brani che compaiono in questo disco, un’alternate take di I Love You (che però è pubblicata solo su CD) ed il medley Just You, Just Me/Liza: per procurarsi questo pezzo occorre cercare Black Giants (PG 33402), un doppio album antologico con incisioni di Armstrong, Basie, Davis, Mingus, Powell, Tatum ecc.

     Finalmente, il 31 ottobre 1964, la sua nuova etichetta si decise a realizzare Solo Monk (CS 9149) con 12 titoli eseguiti in solitudine. Nella copertina di questa produzione, un disegno di Paul Davis raffigura un Thelonious aviatore con tanto di casco e occhialoni e, nelle note sul retro di Martin Williams, si legge: «He is as rare as an oasis found in the Sahara», un’immagine piuttosto eloquente. Ed eccoci ora ad un disco strano (con Monk la parola strano è all’ordine del giorno): si tratta di Misterioso (CS 9216), un 33 giri che dovrebbe raccogliere tutta musica dal vivo come si legge anche sotto il titolo recorded on tour. Ma non è così: il brano Honeysuckle Rose registrato martedì 2 marzo 1965 e dato sulla copertina come proveniente dal Village Gate, è stato in realtà inciso in studio e sono poi stati aggiunti degli applausi in un secondo tempo.

     Essendo, anche se solo per un brano, registrato negli studi sulla trentesima strada di New York della Columbia, deve comparire nel nostro elenco. Per una nuova data ufficiale dovettero passare più di venti mesi: il 14 novembre 1966 furono impresse su nastro le prime note di Straight, No Chaser (CBS S 63009) di cui abbiamo già parlato nell’introduzione. Il Long Playing successivo è stato Underground (PC 9632): nella copertina Monk suona un piano verticale con un mitra a tracolla dopo aver appena catturato un ufficiale nazista che, legato su una sedia, è obbligato ad ascoltare, forse, Ugly Beauty.

     Proprio questo brano è stato inciso 2 volte il 14 dicembre 1967: oltre alla versione che appare su Underground ne esiste un’altra (di prova) che è ascoltabile nell’album Straight No Chaser-Music From The Motion Picture (CBS 466103-1) comprendente le musiche utilizzate per il documentario (bellissimo) di Charlotte Zwerin della Warner Brothers. Veniamo ora alle ultime incisioni per la Columbia: si sono svolte il 19 e 20 novembre 1968 e si tratta di 11 brani eseguiti da una big band di 15 elementi diretta da Oliver Nelson. Il primo disco raccoglie 9 esecuzioni e si tratta di Monk Blues (PC 9806). La decima traccia compare nella raccolta Monk’s Greatest Hits (PC 9775): queste compilation di solito pubblicano materiale già conosciuto, ma in questo caso si tratta di un ’ Round Midnight eseguito al piano solo che merita l’acquisto. L’undicesimo e ultimo brano è rimasto inedito fino al 1990 quando ha fatto la sua comparsa in un’altra antologia intitolata The Composer (Col CJ 44297): si tratta di "Blue Monk".

     Con la fine del periodo Columbia, Monk andò in tournée e incise alcuni dischi dal vivo come componente del gruppo The Giants Of Jazz. Ne faceva parte, oltre a lui, Dizzy Gillespie (tr.), Kai Winding (tr.ne), Sonny Stitt (alto/ten.), Al McKibbon (b.) e Art Blakey (batt.).

     Ma non poteva finire così: il giorno 15 novembre 1971 Thelonious ci consegnò il suo testamento musicale. Incise, infatti, gli ultimi 3 dischi a suo nome in uno studio di Londra per l’etichetta Black Lion: 2 dischi in trio con Al McKibbon e Art Blakey The Man I Love (BLP 30141) e Something In Blue (BLP 30119) e, infine, ci ha deliziato con il suo quinto e ultimo LP di piano solo Blue Sphere (Freedom 511015) contenente 5 sue composizioni e 3 standard (ristampato come The London Collection vol.1, Black Lion LP 877635-1, con 2 inediti). Queste ultime incisioni sono state pubblicate insieme al disco della Vogue in un cofanetto di 4 LP nel 1985 dalla Mosaic (MR4-112).

     A onor del vero ci fu ancora un’incisione in studio il 12 novembre 1972 per la Concord, ma fu sotto l’egida dei Giants Of Jazz.

     Ho riepilogato nella tabella seguente la situazione esposta: nella prima colonna è indicata la casa discografica, nella seconda il numero di dischi incisi e, tra parentesi, il numero di LP (2 per ogni doppio disco).

     Nella terza colonna sono indicate le performances solistiche comprensive delle alternate takes pubblicate.

    Quindi con 34 dischi (35 se aggiungiamo il live alla Carnegie Hall) possiamo dire di avere il top della sua musica cioè tutte le incisioni in studio pubblicate su vinile a suo nome. Naturalmente, oltre agli innumerevoli concerti dal vivo stampati da una miriade di etichette, esistono anche dischi ufficiali usciti a nome di altri musicisti di cui qualcuno è già stato ricordato. Ecco comunque un elenco completo delle sue collaborazioni con le date d’incisione e la casa discografica relativa:

    1) Coleman Hawkins 19-10-’44   Milestone M 47015

    2) Charlie Parker 06-06-’50   Verve 20 MJ 0026

    3) Frankie Passio 1948 (?)      Spotlite SPJ 135                                   

    (Un oscuro cantante che probabilmente sarebbe caduto nell’oblio se non avesse inciso 2 brani accompagnato da uno strano pianista dal nome bizzarro)

    4) Sonny Rollins          25-10-’54   Prestige PRLP 705 (brano "More Than You Know")

    5) Miles Davis             24-12-’54  Prestige PR 7650

    6) Sonny Rollins         14-04-’57   Blue Note BST81558

    7) Art Blakey       14&15-05-’57   Atlantic ATL 50-248

    8) Clark Terry      07&12-05-’58   Riverside OJC 302

    9) Antologia New Blue Horns   Riverside OJC 256  (brano "Flugelin’ The Blues" dalla seduta precedente)

    10) Dave Brubeck          12-05-’67 CBS S64377 (1 brano)

    11) The Giants Of Jazz   04-11-’71 Emarcy 20PJ-10108

    12) The Giants Of Jazz   14-11-’71 Atlantic SD 2-905

    13) The Giants Of Jazz   12-11-’72 Concord GW 3004

     Rimane da dire che delle 91 sue composizioni depositate, come da elenco pubblicato in Straight, No Chaser di Leslie Gourse (vedi bibliografia), solo 66 sono state da lui incise e resta la curiosità di non sapere come avrebbe suonato ad esempio il brano Marianne, forse usando la tecnica che troviamo in "Monk’s Point" dove l’uso degli armonici rende il pezzo veramente incredibile nella sua personalissima esecuzione.

    BUD POWELL (1924-1966)

     Eccomi alla seconda radice. Mi rendo conto di essere stato con Monk un po’ troppo prolisso per cui cercherò, d’ora in poi, una maggior concisione (mi pare di udire dal lettore levarsi una voce che grida Evviva!, Finalmente!, Era ora!).

     Vi dico subito che Bud Powell ha inciso in studio a suo nome solo 21 LP + 1 di alternate takes in 22 anni di registrazioni effettuate tra il 4 gennaio 1944 (con l’orchestra di Cootie Williams) e il 2 gennaio 1966 (esecuzioni in trio con Scotty Holt (b.) e Rashied Alì (batt.) per la ESP Disk, rimaste però inedite).

     Resta difficile riuscire a credere che una persona a 21 anni dichiarata dai medici già malata di mente, riesca a produrre tanta bellezza musicale.

     Il primo disco a suo nome è del 10 gennaio 1947: Bud Powell Trio (Roulette YW-7501-RO), album stranissimo che sul lato A ristampa il Rost LP401, mentre sul lato B ripropone il Rost LP412 con la seduta del settembre 1953. In tutto sono 16 brani ed è come avere un doppio LP pubblicato in un singolo!

     Nel 1947 incise per la Savoy con Charlie Parker come titolare (con loro erano Miles Davis, Max Roach e Tommy Potter al basso), mentre all’inizio del 1949 registrò il suo secondo disco, sempre in trio, questa volta con Ray Brown e Max Roach intitolato Jazz Giant (Verve MGV-8153). In 7 dei 13 brani, tratti da una seduta del febbraio 1950, al basso troviamo Curly Russel.

     Si arriva ora alle prime registrazioni per la Blue Note: The Amazing Bud Powell, vol.1 (BST 81503) e vol.2 (BST 81504) dove sono raccolti brani in trio e in quintetto con Fats Navarro e un giovane Sonny Rollins.

     Per completare queste ed altre sedute Blue Note occorre avere Alternate Takes (BST 84430) con 9 esecuzioni alternative a suo nome più 2 titoli inediti del disco Our Man In Paris dove Powell è sideman di Dexter Gordon.

     In queste incisioni Bud dimostra la sua vena compositiva soprattutto con due pezzi veramente notevoli, "Un Poco Loco e Glass Enclosure".

     È il momento ora di una lunga e proficua collaborazione con la Verve. Si inizia con Bud Powell’s Moods (POJJ-1582) con 3 titoli dell’estate 1950 in trio più 8 brani del febbraio ’51 di piano solo che, insieme ai due assoli pubblicati su Jazz Giant ("I’ll Keep Loving You e Yesterdays), ci danno la prima indicazione del suo stile pianistico. La sua originalità è stata riconosciuta e apprezzata da grandi jazzisti e, come ebbe a dire Dizzy Gillespie sulle pagine della rivista Down Beat" del 22 settembre 1966, «Ha precisato la strada a tutti i pianisti moderni».

     Dopo il famoso concerto alla Massey Hall di Toronto del 15 maggio 1953 in compagnia di Gillespie, Parker, Mingus e Roach, per riascoltare Bud in incisioni ufficiali occorre portarsi al 2 giugno 1954. In quella data furono registrati i primi quattro pezzi dell’album intitolato, guarda caso, Bud Powell’s Moods (MV- 2570). Anche in questo disco, omonimo del precedente, i pezzi sono 11, ma sono tutti in trio: nelle prime due date il batterista è Art Taylor (coadiuvato dal bassista George Duvivier), mentre nell’ultima seduta del 12 gennaio 1955 suonano Art Blakey col bassista Lioyd Trotman. Erroneamente le note di copertina danno Art Taylor accompagnato alternativamente da Duvivier e Percy Heath.

     Colgo l’occasione per segnalare che a volte le indicazioni sulle copertina sono approssimative, incomplete se non, come in questo caso, sbagliate: molti compilatori di commenti non pensano che un appassionato abbia la curiosità di conoscere i nomi dei musicisti che suonano insieme al leader, il luogo dove è avvenuta la registrazione e la data relativa per inquadrare meglio il periodo evolutivo dell’artista in questione e anche per evitare l’acquisto di spiacevoli doppioni che si celano sotto copertine, titoli e case editrici diverse.

     Tornando a noi sottolineo quindi che, per avere entrambi i Moods segnalati, occorre fare attenzione, ai numeri di catalogo.

     Seguono altre incisioni in trio negli album Bud Powell ‘57 (UMV 2571), The Lonely One… (MV 2572), Piano Interpretations By Bud Powell (MV 2573) e Blues In The Closet (MGV 8218).

     Terminata l’esperienza Verve, Bud incise due dischi per la RCA: si tratta di Strictly Powell (FXM1-7193) del 5 ottobre 1956 e di Swingin’ With Bud (FXM1-7312) dell’11 febbraio 1957.

     Powell aveva perso da poco il fratello pianista Richie che perì in un incidente d’auto assieme al grande trombettista Clifford Brown. La sua salute mentale peggiorava e, con la moglie e il figlio, decise di trasferirsi a Parigi per cercare di allontanarsi dalla vita caotica di New York. Prima di partire incise ancora 3 album per la Blue Note: The Amazing Bud Powell, vol.3: Bud! (BN 1571), The Amazing Bud Powell, vol.4: Time Waits (BST-81598) e The Amazing Bud Powell, vol.5: The Scene Changes (BST-84009) che riporta sulla copertina la foto di Bud con il suo giovane figlio Earl che gli fa capolino dalla spalla sinistra.

     Dopo la sua dipartita in Francia, iniziarono copiose le registrazioni live in locali, teatri e in casa di Francis Paudras, un ammiratore che ospitò, curò e diede la sua amicizia a Powell.

     Il pianista ritornerà in studio, a Parigi, il 15 dicembre 1961 per un disco in compartecipazione con Don Byas intitolato A Tribute To Cannonball (vedi). Due giorni dopo Bud è di nuovo in sala d’incisione per registrare in trio con Pierre Michelot (b.) e Kenny Clarke (batt.) che si era già trasferito da qualche tempo in Europa, A Portrait Of Thelonious (CBS S-63246), un tributo al suo vecchio amico Monk. Nel disco sono stati aggiunti a posteriori degli applausi e, nelle note di copertina, si legge che si tratta di una registrazione live e addirittura della prima che Powell ha fatto in un nightclub (sic!).

     Stessa situazione, ma fortunatamente non sono stati aggiunti gli applausi, in Bouncing With Bud (Delmark DL-406) registrato in origine per la Sonet le cui note di copertina riportano Live at Copenhagen’s famed Cafe Montmatre, April 26, 1962. In questo disco il bassista del trio è un quindicenne di nome Niels-Henning Ørsted Pedersen destinato a diventare uno dei pochi virtuosi dello strumento in Europa.

     Nel febbraio 1963 Duke Ellington era a Parigi e, ascoltando Powell, lo trovò in gran forma e avvisò di questo Frank Sinatra, suo grande ammiratore. Quest’ultimo decise di finanziare una seduta d’incisione che avvenne

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