L'assassino invisibile e altri racconti
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LA MOSCA
Immaginate che, per voi, sia possibile riuscire a vedere cose successe nel passato, proprio come in un film; immaginate che non sappiate perché succeda, né perché solo a voi (sempreché sia così). Immaginate che non abbiate la minima padronanza, né la prova dell’esattezza di tutto questo, ma che tutto sia racchiuso in una brevissima sequenza di qualche secondo, in una semplice istantanea o, al massimo, in pochi fotogrammi e che voi, quindi, vi troviate a essere testimoni di efferatezze e cose inconfessabili, vostro malgrado, proprio come quando qualcuno di vostra conoscenza, non riuscendo a trattenere la sua incontrollabile curiosità, afferma: Ah! Vorrei proprio essere una mosca per sentire cosa hai detto, o cosa hai fatto, o cosa farai, e via dicendo. Proprio così, come il più fastidioso degli insetti dai tanti occhi, che può arrivare dappertutto senza rischiare di essere notato. Ed ecco la domanda: cosa fareste? La risposta non è così scontata come potreste pensare.
L'ASSASSINO INVISIBILE
Se riesco a raccontarla, il difficile sarà che mi credano. Un colpo facile, mi ha detto quello scemo, sì, proprio quello steso lì a terra, accanto alla vecchia. Vieni, dai, tu guidi e aspetti, e noi facciamo il lavoro. Alla faccia del facile, facile è morto, lo diceva sempre mio padre. E ora sto qui dietro a questa tenda, a due metri da tre cadaveri, in una stanza piena di poliziotti e a nessuno sembra venire in mente di guardare cosa c’è qui. Il fatto è che, quando Facile e Scemo sono entrati e hanno intimato alla vecchia di tacere, lei si è messa a gridare come un ossesso,..
Un caso insolito per un insolito maresciallo Maggio.
IL MAGO
La prima volta che accettai l’incarico non sapevo certo cosa sarei stato in grado di fare. Però mi piace scommettere, così finsi sicurezza, e mi illusi di credere che mi avevano scelto per questo. Invece no, non sapevano chi altro prendere per duecento euro al mese più le spese. Almeno finché non successe quella cosa. Credo fosse l’undicesimo turno. Lo so, dovrei ricordare ogni particolare di una cosa così importante, ma è proprio perché ho in mente tutta la sequenza che non conta nulla collocare il resto. Dunque, mancavano dieci minuti, ed eravamo ancora sullo zero a zero di una partita fiacca in una giornata fredda e piovosa...
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Anteprima del libro
L'assassino invisibile e altri racconti - Francesco Zampa
Francesco Zampa
L’ASSASSINO INVISIBILE
e altri racconti
Impossibili Possibilità
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Sono storie di pura invenzione.
I personaggi sono frutto della fantasia dell’autore.
Ogni riferimento a persone viventi o vissute, a luoghi, a fatti e avvenimenti reali, è puramente casuale.
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Smashwords Edition
Lʼassassino invisibile e altri racconti
Impossibili Possibilità
Copyright © 2016 by Francesco Zampa
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A Elena e Anna, le mie belle invenzioni
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Ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne sogni la tua filosofia.
(Marcello a Orazio, Amleto)
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Indice
La mosca
Il mago
Lʼassassino invisibile
Note
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LA MOSCA
Immaginate che, per voi, sia possibile riuscire a vedere cose successe nel passato, proprio come in un film; immaginate che non sappiate perché questo succeda, né perché solo a voi (sempreché sia così). Immaginate che non abbiate la minima padronanza, né la prova dell’esattezza di tutto questo, ma che tutto sia racchiuso in una brevissima sequenza di qualche secondo, in una semplice istantanea o, al massimo, in pochi fotogrammi e che voi, quindi, vi troviate a essere testimoni di efferatezze e cose inconfessabili, vostro malgrado, proprio come quando qualcuno di vostra conoscenza, non riuscendo a trattenere la sua incontrollabile curiosità, afferma: Ah! Vorrei proprio essere una mosca per sentire cosa hai detto, o cosa hai fatto, o cosa farai, e via dicendo. Proprio così, come il più fastidioso degli insetti dai tanti occhi, che può arrivare dappertutto senza rischiare di essere notato. Ed ecco la domanda: cosa fareste? La risposta non è così scontata come potreste pensare.
Mi accorsi di questa mia capacità in età quasi adulta, o consapevole, almeno. Avrò avuto sedici o diciassette anni, ero studente e passavo il tempo nella mia riservatezza tra libri e le pochissime persone con le quali avevo un po’ di confidenza. Finché ero stato bambino, avevo pensato di aver sognato cioè che, durante la notte, mi fossero venute in mente versioni diverse di fatti noti ai più. Non riuscivo a dare altre spiegazioni a una cosa che era naturale solo per me e nel microcosmo in cui vivevo. Non leggevo giornali né seguivo la politica per cui non potevo sapere che, per esempio, l’uomo che pensavo di aver sognato nel momento in cui sparava, nella realtà era stato accusato di avere esploso tre colpi in sette secondi dalla finestra di un magazzino di libri al quarto o quinto piano. Nella mia sequenza immaginaria c’era stato un solo colpo, poi l’uomo lasciava il fucile a terra e fuggiva. Tra l’altro, quel proiettile si piantava nel ramo di un albero e rimaneva lì a lungo. Anni dopo riconobbi il tizio in televisione e seppi che era stato ucciso lui stesso poche ore dopo, e la versione dei fatti non cambiò più. Tante volte ebbi la tentazione di parlare, telefonare durante una delle tantissime trasmissioni televisive dedicate a quella storiaccia e raccontare la verità! Forse, a pensarci bene, sarei riuscito anche a concentrarmi e a vedere chi sparò il colpo letale: quello vero, intendo. Infatti era stato un tizio molto più lontano dalla biblioteca: lui stava giù in fondo, sul prato. Più facile, più vicino e, soprattutto, vero.
La verità, già. Chi mi avrebbe creduto? Il detective Humphrey, del Distretto di Polizia vicino a casa mia, mi guardava sempre con uno sguardo misto di commiserazione e incredulità e poi mi diceva Vai a dormire, Pripetchik, stupido polacco. Impossibile dirgli qualcosa. Avrei dovuto fargli capire che non potevo spiegare come l’avevo saputo, perché era proprio così. Anzi, nella migliore delle ipotesi, avrei dovuto dirgli che l’avevo… sognato! Ce n’era già abbastanza di gente che dava versioni di tutti i tipi, e non c’era motivo per cui la mia avrebbe dovuto essere la migliore o perlomeno la più credibile. Per quel che ne sapevo, anche gli altri avrebbero potuto avere un dono del genere anche se molti di loro, per non dire tutti, non mi ispiravano affatto fiducia. Così tacqui, anche se mi sentivo proprio tranquillo perché, a differenza degli altri, io sapevo, io avevo visto, per me era tutto molto più che chiaro. E tacqui anche le volte successive. Non che fossero molte, ma abbastanza numerose da farmi capire che non era un caso. Certo, succedeva anche che le post-visioni, come le avevo battezzate, si verificassero anche per cose banali. E qui chi ci faceva caso? A chi poteva interessare se il rigore c’era o se la signora aveva tamponato l’auto davanti a lei perché stava aggiustandosi la frangetta? Solo perché io ne ero sicuro? Ognuno di loro era sicuro della propria versione, ecco la risposta. A un certo punto, avevo creato una bacheca in soggiorno dove appendevo foto, promemoria, ritagli di giornale, tutto quello che pensavo mi sarebbe tornato utile per una ricostruzione o una mappatura del disegno divino che mi aveva voluto così. Poi lasciai perdere: non c’era nessun disegno divino, nessun fato a condurre la mia esistenza e mi lasciai andare ai problemi di tutti i giorni, come sopravvivere e cose del genere.
Fin qui la cosa poteva essere al massimo frustrante, ma non certo dannosa. Mi bastava stare zitto e non sarebbe successo nulla. I guai, infatti, cominciarono quando mi decisi a trovare un sistema per poter ricavare qualcosa da quel mio dono. Non avevo un soldo in tasca e avevo un talento da sfruttare, perché non avrei dovuto? In natura, ogni animale e ogni vegetale si arrangiano e anch’io volevo fare la stessa cosa. Siccome non potevo evocare nulla di mia iniziativa, non sapevo quando la cosa si sarebbe di nuovo verificata ma ero ragionevolmente sicuro che prima o poi sarebbe comunque di nuovo successo perché già, io sentivo che era così. Dovevo solo avere pazienza, aspettare la mia prossima