The Camouflaged saga Vol.6
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Cadere come in un sogno, nel dormiveglia, con lo scrollone che accompagna il nostro risveglio, quel brivido di tremore che sollecita il nostro corpo a riprendersi.
Mi lascio cadere mentre Sam è ancora privo di sensi, non combatto, non servirebbe, non ho più le ali, né i mezzi per trarmi in salvo. Accetto la morte, come Nolan ha sacrificato la sua per permetterci di proseguire.
Un’aria fresca sferza il mio viso, percepisco quasi un odore d’acqua e muschio, tipica dei sassi impregnati di alghe verdi lungo a fondo del letto del fiume.
Il colore mi fa pensare a mia madre, ad una pagina del suo diario che ho smesso da tempo di leggere.
Ho galoppato sino alle sponde del fiume in cerca del solito mustang, l’esemplare perfetto che tormenta i miei sogni e le aspettative per il mio branco. Ho scovato un raggio di sole, nel pieno dell’invero, capace di scaldare le mie guance come primavera tra i rami. Mi sono lasciata andare, sono tornata bambina e ho lanciato sassi piatti a pelo dell’acqua. Non lo troverò cercandolo con forza, sarà lui a trovare me, sarà lui a indicarmi la strada, sarà lui ad essere pronto.
Quando le forze mi abbandonano lascio che il mio spirito trovi pace.
Dal diario di Angeliqué.
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Anteprima del libro
The Camouflaged saga Vol.6 - Serena Baldoni
VENTOTTO
The Camouflaged Volume 6
Verso le porte dell'Inferno
Serena Baldoni
2016 © Immagine di copertina by Cora Graphics
Origini dell’Inferno
Secondo la concezione geografica dantesca, basata su varie fonti euro-mediterranee dell'epoca (di origine cristiana, ebraica e islamica), il mondo è diviso in due distinti emisferi, di cui uno interamente formato dalle terre emerse e l'altro completamente coperto dalle acque. In base al sistema tolemaico, la Terra si trova al centro dell'universo ed il Sole e gli altri pianeti ruotano intorno ad essa.
Il male
Il male nella sua opposizione lessicale al bene non esaurisce la complessità dei suoi significati. Come contrario convenzionale del bene, esso può essere inteso come il non-desiderabile in quanto tale.
A questa concezione di male in senso corporeo o psichico, si associano in filosofia almeno un significato metafisico e un altro morale di ben maggiore spessore teorico.
Dal punto di vista metafisico e soprattutto per certa tradizione filosofica antica (in particolare per S. Agostino, ma tenendo presenti anche i filosofi della Grecia antica come Platone e Aristotele), il male, essendo l’esatta antitesi del Bene e quindi dell’essere, si configura come una privazione di essere o, che dir si voglia, con il non-essere stesso. Il Male, non avendo di per sé consistenza autonoma, essendo privazione del Bene ed esistendo quindi solamente in virtù dell’essere e come suo esatto contrario, è un accidente della realtà.
Nel X libro della Repubblica, Platone, sullo sfondo delle cui opere spesso appare trattato il problema del male, costretto ad utilizzare in generale i miti e in particolare quello di Er per spiegare il concetto trascendente di una vita ultraterrena, ammette la possibilità di una vita terrena dove il giusto riceve premi ed onori dagli dei e dagli uomini, ma aggiunge anche che gli uomini ingiusti, anche se in un primo momento sembrano aver successo, da vecchi sono «maltrattati nella loro miseria da stranieri e cittadini, vengono flagellati … saranno poi torturati e bruciati»; Platone sostiene anche che le fortune e le sofferenze che si ricevono sulla terra sono nulla rispetto a quelle che ci attendono dopo la morte.
Per Platone, però, a differenza di quanto credevano gli ebrei vetero-testamentari, un'anima giusta è colpita da castigo non perché ha ereditato una colpa dai propri padri, ma perché ha commesso una colpa in una sua preesistenza passata.
Secondo Platone, l'uomo è responsabile soltanto delle proprie scelte, mentre del male compiuto sulla terra, che diventa in questi termini necessario e involontario, in quanto scaturisce dalla stessa scelta fatta, non è responsabile.
L'uomo sceglie il male in quanto compie un errore di valutazione, basato sul fatto che tutti tendono verso il bene, poiché come afferma Socrate è di per sé piacevole, e quindi chi sceglie il male lo fa per ignoranza, perché giudica bene quel male, scambia il male per bene. Ma questo mal si concilia con l'importante ruolo che Platone attribuisce all'educazione formativa: se la mia persona, una volta fatta la scelta rimane immersa nell'immutabilità a che cosa è valsa l'educazione? La risposta è che questa educazione è riservata alle anime belle
che hanno contemplato nel mondo delle idee una maggiore estensione della verità, a quelli destinati ad essere filosofi che soli sono i padroni della loro vita.
latone afferma anche che la causa efficiente dei mali del mondo si basa su un'innata tendenza che esiste «nella parte corporea della sua mescolanza, la quale è una proprietà congenita della sua antica natura d'un tempo». Tale natura, secondo Platone, è «la materia non ancora ordinata», cioè il caos primordiale che precede l'ordine posto dalla divinità. Da ciò si ricava che, essendo la materia incapace a svolgere alcun movimento in quanto solo l'anima è capace d'agire con ordine e misura, solo l'anima può essere causa del male in quanto l'anima buona, che conosce l'ordine e la misura, porta la materia verso il bene, vincendo la sua tendenza verso il disordine mentre quella cattiva, per mancanza di ordine, asseconda la tendenza verso il disordine proprio della materia.
Anche per Aristotele, come per Platone, il male fisico risiede nella materia e consiste nella privazione, nell'assenza di quella forma attraverso la quale la stessa materia prima, che è in potenza rispetto a tutte le forme, diventa un elemento dell'Essere non più costituito da due principi cioè il bene e il male, ma tre: materia, forma e privazione.
Con ciò, Aristotele, che ammette l'esistenza del male, non ritiene quest'ultimo, come lo stesso bene, una sostanza: il
male e il bene sono degli accidenti, che appartengono alla categoria della qualità. Il bene viene identificato da Aristotele come causa assoluta di tutte le cose, ma anche come causa finale, in quanto essa è contemporaneamente causa prima e termine ultimo di tutte le cose. Mentre il male consiste proprio nella privazione di questa tendenza della cosa verso la causa finale che è il bene. Tale privazione, in Aristotele, non si manifesta come una tendenza naturale
, come l'aveva definita Platone, ma come il fallimento di tale tendenza naturale. Ciò ci spiega che, mentre per Platone il male è sempre in agguato, per Aristotele è il bene che è sempre pronto ad attualizzare l'essere in potenza.
Quindi il male è: «Ciò che ha potenza d'esser mosso o di agire in un determinato modo è buono; e ciò che ha potenza di essere mosso o di agire in un altro modo contrario al primo è cattivo».
Il bene e il male, per lo Stagirita, riguardano in particolare quegli esseri dotati della facoltà di scegliere; in questo modo, bene e male divengono oggetti della volontà, riportando il problema del male nella sfera morale. Ciò che ci permette di superare l'ignoranza è il principio di misura, che Aristotele racchiude nel giusto mezzo
. La ragione, infatti, deve stabilire ciò che effettivamente è bene e ciò che, per l'uomo, è male; da ciò si ricava che tutto ciò che è al di là per eccesso e tutto ciò che è al di qua per difetto, è male.
Plotino riprende la concezione platonica ma integrandola di fatto con quella aristotelica. Il male è quindi per Plotino un non-essere, privo di forma e consistenza, che coincide con la materia. Questa, a cui i nostri sensi attribuiscono un'esistenza reale per il semplice fatto di percepirla, non è altro che mera apparenza e inganno: solo l'invisibile costituisce la vera realtà.
Plotino distingue a questo punto un male primario, o metafisico, che è appunto un semplice «difetto di misura», da uno secondario, o morale, che consiste nell'«accogliere questa deficienza come un attributo proprio»; «il primo è l'oscurità, il secondo è ricevere questa oscurità».
Dal punto di vista morale (dal latino mos, al genitivo moris), ma anche etico-religioso, – quindi dal punto di vista delle abitudini comportamentali dell’uomo e delle sue relazioni all’interno della società e del mondo – il Male si identifica con il peccato, ovvero con il rifiuto, il più delle volte consapevole, di attuare il bene proprio e altrui ma anche di raggiungere il Bene stesso, il che si esplica nel commettere il Male e quindi nel non accettare la subordinazione ad un essere superiore che, in questo caso, è Dio.
Questo tipo di Male ‘morale’ è dunque strettamente connesso con il concetto di libero arbitrio, ovvero della libera scelta data all’uomo, il quale può decidere in modo autonomo di sé stesso e della propria esistenza, vale a dire se seguire la strada del Bene o se votarsi al Male, se comportarsi secondo coscienza e responsabilmente o se seguire soltanto l’irrazionalità dell’istinto; in definitiva se percorrere biblicamente, la ‘retta via’ indicata da Dio o se operare una sorta di ‘deviazione’. Deviazione che non rimane tuttavia impunita ma che per sua natura (ovvero in quanto è immorale ed è essa stessa, se vogliamo, contro natura) può condurre al delitto, che si configura come la più alta manifestazione del peccato, vale a dire l’aberrazione dalla legge divina che genera la colpa.
Seguendo la definizione lessicale: Il Male fisico è quello immediatamente percepito dai sensi ed è causato da una perturbazione del normale stato di salute di un individuo, perturbazione di origine morbosa o causata da un violento scompiglio causato dall’esterno
. Esso è riconducibile alla malattia fisica e ad uno stato di dolore e di sofferenza del corpo, durante la quale viene meno quella condizione di benessere che è naturale in uno stato di salute non alterato dal malessere e dalla spossatezza.
Le sue cause prime sono molteplici ma la filosofia tradizionale ha puntato l’attenzione soprattutto sulle seguenti due:
il Male rientra nel quadro finalistico della natura, è radicato cioè nella stessa natura dell’individuo;
il Male è un castigo della Provvidenza (o dell’ordine cosmico) per rendere migliori gli uomini.
CAPITOLO UNO
Ottavo cerchio – bolgia VII – ladri Entrata in bolgia
La morte non è niente. Sono solamente passato dall'altra parte : è come fossi nascosto nella stanza accanto.
Io sono sempre io e tu sarai sempre tu.
Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora.
Chiamami col nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare, parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme.
Prega, sorridi, pensami!
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima : pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto : è la stessa di prima , c’è una continuità che non si spezza.
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo.
Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata.
Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami : il tuo sorriso è la mia pace.
Sant'Agostino, la morte non è niente …
Cadere nel vuoto, provare la brezza di un volo libero senza ritorno, la consapevolezza di essere a un passo dalla morte, ma di non poter morire.
Cadere come in un sogno, nel dormiveglia, con lo scrollone che accompagna il nostro risveglio, quel brivido di tremore che sollecita il nostro corpo a riprendersi.
Mi lascio cadere mentre Sam è ancora privo di sensi, non combatto, non servirebbe, non ho più le ali, né i mezzi per trarmi in salvo. Accetto la morte, come Nolan ha sacrificato la sua per permetterci di proseguire.
Un’aria fresca sferza il mio viso, percepisco quasi un odore d’acqua e muschio, tipica dei sassi impregnati di alghe verdi lungo a fondo del letto del fiume.
Il colore mi fa pensare a mia madre, ad una pagina del suo diario che ho smesso da tempo di leggere.
Ho galoppato sino alle sponde del fiume in cerca del solito mustang, l’esemplare perfetto che tormenta i miei sogni e le aspettative per il mio branco. Ho scovato un raggio di sole, nel pieno dell’inverno, capace di scaldare le mie guance come primavera tra i rami. Mi sono lasciata andare, sono tornata bambina e ho lanciato sassi piatti a pelo dell’acqua. Non lo troverò cercandolo con forza, sarà lui a trovare me, sarà lui a indicarmi la strada, sarà lui ad essere pronto.
Quando le forze mi abbandonano lascio che il mio spirito trovi pace.
Dal diario di Angeliqué.
Che cosa avrà voluto dire con quella frase? Quando le forze l’abbandonavano si lasciava dunque guidare dalla natura? E cosa dovrei fare io adesso?
In me balena l’idea di lasciare che i nostri corpi si schiantino, essendo protetti dall'immortalità non vedo perché affannarsi tanto, ma mentre riapro gli occhi per vedere su quali rocce avverrà lo schianto mi rendo conto che non si tratta di esse. Il fondo del precipizio assomiglia a un cratere vulcanico, di lava incandescente e scoppiettante, dalle temperature così alte e ardenti da liquefarci in un solo istante, da lasciarci scomparire per anni.
Sam non deve essere arrivato in fondo mentre cadeva …
Cerco di chiamarlo a gran voce, di svegliare i suoi sensi, di evitare l’impatto, ma il suo sembra un sonno profondo, un coma.
La fitta alla schiena inizia a sbattere contro alla stoffa della mia canotta e del mio maglione, sfocia presto in un dolore scalpitante e in qualcosa di appuntito e rigido che cerca di fuoriuscire dalla mia pelle. Penso a Kita mentre