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La maschera di cristallo
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E-book167 pagine2 ore

La maschera di cristallo

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Info su questo ebook

È l’alba del XIII secolo e Venezia è al massimo della sua espansione; brulica la vita nei canali solcati da eleganti gondole, tra le calli animate dal popolo vociante, sui ponti crocevia di ineffabili destini. Nobili e plebei vivono vite distanti, impossibili da conciliare, perché distanti sono le loro necessità e preoccupazioni, ma lo scambio di uno sguardo tra due perfetti sconosciuti segna l’inizio di una storia diversa, che solo l’amore può credere possibile. Safiria è l’erede di una delle più ricche famiglie della Serenissima, Michele il figlio di un bottegaio destinato a sposare Beatrice, la figlia di un falegname. Il loro primo incontro è casuale, fugace, ma sufficiente a far scoccare una scintilla; sarebbe opportuno spegnerla, lo sanno entrambi, è da pazzi anche solo sognare di stare insieme, ma la passione è forte e i loro cuori troppo ardimentosi per soccombere alle regole di una società classista. La possibilità di ottenere il titolo di nobile e sposare così la sua amata spinge Michele a partire per la Crociata, e lì il Fato inizierà a tessere le sue maglie intricate, tra malintesi, inganni e silenzi che sembrano allontanare lui e Safiria per sempre… Un romanzo di ispirazione shakespeariana, una favola romantica e ricca di avventure, che conquisterà piccoli e grandi lettori.
LinguaItaliano
Data di uscita18 set 2017
ISBN9788856784879
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    Anteprima del libro

    La maschera di cristallo - Gabriella Trulli

    Albatros

    Nuove Voci

    Ebook

    © 2017 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l. | Roma

    www.gruppoalbatrosilfilo.it

    ISBN 978-88-567-8487-9

    I edizione elettronica settembre 2017

    Dedicato a mio figlio e a mio marito: due pezzi del mio cuore…

    L’amore è come una farfalla: se la stringi troppo, muore;

    troppo poco, vola via…

    CAPITOLO 1

    Venezia, 1203

    Il vociferare allegro dei mercanti giunse all’orecchio di Safiria che stava ancora dormendo, gli spifferi dell’aria frizzante di settembre trapassavano le pesanti impannate facendole accapponare la pelle nuda.

    La ragazza a fatica aprì gli occhi e si accorse che il piumone ricamato finemente le era scivolato di dosso, così con un gesto rapido riprese le lenzuola e vi si avviluppò, si girò dall’altra parte del letto e si accorse che sua sorella stava ancora dormendo.

    Sofia era davvero buffa quando dormiva, nonostante fosse più grande di lei aveva ancora le fattezze e i lineamenti del viso fanciulleschi.

    Erano molto diverse tra loro fisicamente infatti la sorella aveva i capelli neri come la notte e gli occhi erano molto grandi e color nocciola, di corporatura era molto più robusta e più alta.

    Safiria rimase a fissarla per qualche istante e poi con voce modulata chiamò: «Sofia... Sofia...» ma

    la ragazza si agitò nel sonno e si girò dall’altra parte, allora decise di riprovare, alzando un po’ di più il tono della voce, ma fu preceduta dalla madre che con il suo solito fare frettoloso fece irruzione nella stanza gridando a gran voce che era tardi e che dovevano alzarsi.

    Così le due sorelle si alzarono dall’enorme letto che condividevano, scesero il gradino di legno che lo rialzava e si diressero verso la panca che conteneva gli abiti.

    Sofia in quel periodo era molto nervosa e preoccupata perché le sue amiche erano tutte sposate e lei non era ancora riuscita a trovare un pretendente e quindi dovevano intervenire i genitori con un matrimonio combinato.

    Le ragazze si vestirono in silenzio e si diressero in cucina, salutarono la madre, tolsero il catenaccio che era posto sul massiccio portone, costruito con robuste travi di legno posizionate in orizzontale all’interno e verticali all’esterno, ed uscirono fuori.

    L’odore salmastro della laguna le riempì le narici ed una ciocca bionda di capelli si liberò dal cappellino e le volò libera sul viso.

    Safiria rimase qualche istante ad assaporare quelle sensazioni e poi uscì con sua sorella.

    Lungo la strada incontrò le sue amiche più care: Perselde, ragazza diligente, generosa e amante delle regole, il suo aspetto il suo portamento e i suoi modi di fare marcavano molto queste sue qualità caratteriali.

    Sibilia invece era una ragazza dalla mentalità più aperta con modi di fare civettuoli e spiccata abilità nell’usare le parole giuste al momento opportuno.

    Le ragazze si salutarono molto calorosamente e poi si avviarono insieme verso la stradina del mercato, i bancali di legno costeggiavano il canale e c’erano venditori di ogni genere, dagli abili falegnami ai venditori di ortaggi.

    Sofia non aveva molta voglia di scherzare quella mattina ma mentre ascoltava i discorsi ingenui delle ragazze, un sorriso le si dipinse sul volto.

    Safiria non aveva fretta di trovare un pretendente, lei amava la sua libertà e trovava difficile accettare l’idea di avere a fianco una persona totalmente estranea che le dettasse regole e che usasse il suo corpo a suo piacimento.

    Anche se sapeva che forse quel pensiero così anti convenzionale non sarebbe stato accettato nemmeno dalle persone a lei più care, come sua sorella e le sue amiche, non aveva intenzione di rinunciare alla sua idea di matrimonio.

    Lei cercava qualcosa che le riempisse l’anima e che la completasse, voleva guardare tutti i giorni della sua vita la persona che amava e stimava.

    Immersa nei suo pensieri Safiria non si accorse che qualcuno si era messo involontariamente proprio sul suo cammino, infatti dopo qualche istante urtò contro qualcosa e perse l’equilibrio.

    Due braccia forti la sorressero, lei alzò lentamente lo sguardo e i suoi occhi incrociarono quelli di lui, azzurri come il ghiaccio che si fonde con l’azzurro del cielo, poi abbassò lo sguardo e scrutò le sue labbra, perfettamente disegnate e carnose.

    Rimase immobile nelle sue braccia, come un coniglio nelle mani del cacciatore.

    Michele vedendo che la ragazza era rimasta senza parole, le sorrise dolcemente e a Safiria parve il sorriso più dolce e più sensuale che avesse mai visto.

    D’un tratto sentì la sorella e le amiche che la chiamavano e lei si staccò immediatamente da lui, accorgendosi che non era solo, era accompagnato da due ragazzi che la guardavano e sorridevano.

    La giovane subito arrossì e si inchinò abbassando la testa, poi con voce flebile disse: «Scusate mio signore ero distratta, io... io non... ».

    Michele le prese la mano e la bloccò dicendo: «No signorina perdonatemi è colpa mia» poi fece un lieve inchino e le baciò lentamente la mano, senza staccarle gli occhi di dosso.

    A Safiria mancava il respiro, non sapeva cosa le stava succedendo, nessun uomo le aveva mai fatto quello strano effetto, così, spaventata da quelle sensazioni, ritrasse subito la mano si voltò e si allontanò con la sorella e le amiche.

    Pochi passi dopo tornò a voltarsi e si accorse che quel ragazzo dagli occhi di ghiaccio la stava ancora guardando con un cipiglio divertito.

    Mentre si allontanavano la sorella chiese a Safiria: «Ma chi era quello sconosciuto Safiria?». La ragazza con voce cauta disse: «Non so, non lo conosco» così Sibilia incalzò: «Dal modo in cui ti ha guardata non sembra proprio che non vi conosciate».

    Quando Safiria si voltò verso l’amica, si accorse che stava sorridendo in modo malizioso, così le diede un lieve colpetto con il gomito e sorrise anche lei.

    Perselde guardava il resto del gruppo con aria sbigottita e ad un certo punto irruppe: «Ragazze ma vi sembra questo il modo di comportarvi?». Le tre gentildonne si girarono verso di lei che era rimasta più in dietro rispetto al gruppo.

    Quando la giovane si accorse di avere l’attenzione delle amiche, continuò: «È sconveniente che una ragazza si lasci toccare così da uno sconosciuto in pubblico».

    A quel punto Sofia intervenne e con voce intimidatoria esclamò: «Non è conveniente? Io ho sempre fatto tutto in modo conveniente, ho osservato i comandamenti, le regole i principi, tutto! eppure non è servito a nulla, guardami: sono arrivata a trent’anni e non ho trovato marito, quindi la convenienza serve a ben poco».

    Detto questo i suoi occhi si riempirono di lacrime, si voltò verso la sorella e disse: «Accompagnami a casa Safiria, la nostra passeggiata termina qui» lanciò un’ultima occhiata alle due amiche, si voltò e si avviò verso casa. Safiria salutò le ragazze e si precipitò al fianco della sorella.

    Il viaggio verso casa continuò in silenzio, ma a pochi passi dal portone d’entrata Safiria trovò il coraggio di parlare e disse: «Mi dispiace... » ma la sorella la bloccò: «Non fare il mio stesso errore, Safiria, se trovi l’amore non guardare al ceto sociale o alle convenzioni, se trovi l’amore inseguilo, non lasciarlo fuggire».

    La ragazza assorbì quelle parole lentamente e poi seguì la sorella e scomparve oltre il portone.

    Michele non riusciva a togliersi dalla mente gli occhi blu di quella ragazza, il modo in cui l’aveva guardato, il suo sorriso timido e le sue parole gli riecheggiavano nella mente.

    Non sapeva niente di lei, non l’aveva mai vista ma doveva scoprire chi era e dove abitava, doveva rivederla, così con fare distratto chiese ai suoi amici che stavano scherzando e sorridendo: «Sapete chi è quella ragazza?». I due smisero di parlare e si guardarono l’un l’altro, poi Giacomo sgranò i suoi grandissimi occhi nocciola e rispose: «Quale ragazza?» ci pensò un po’ e sorrise: «Ah... stai parlando della ragazza con i capelli biondi e gli occhi blu come il mare?».

    A Michele scappò un sorrisino e fece cenno di sì con il capo, al che Andrea guardò l’amico ed esclamò: «Amico mio, lei è Safiria, Safiria Tadè... ti dice niente questo cognome?». Michele guardò gli amici e rispose: «Non mi importa del suo cognome, voglio soltanto rivederla...». Giacomo passò vicino all’amico e con voce carica di rimprovero esclamò: «Michele è una Tadè, fa parte della famiglia più illustre di tutta Venezia, il doge considera Marchisio Tadè, il padre di Safiria, come un fratello».

    A quel punto Michele guardò i suoi amici e con un sorriso beffardo esclamò: «E allora?». I due lo guardarono esterrefatti e mentre lui riprendeva a camminare, rimasero a guardarlo senza parole.

    Dopo qualche istante Andrea lo raggiunse e disse: «Amico mio, noi non siamo ricchi, non possiamo nemmeno sognarci di avvicinarci a una ragazza come lei».

    Michele sapeva che l’amico stava dicendo la verità ma la sua mente e d il suo cuore non volevano accettare quella cruda realtà.

    CAPITOLO 2

    Dopo cena Safiria si ritirò in camera, quella sera non le andava di stare in compagnia, così si slacciò l’abito e se lo tolse, si tolse anche la camicia di lino e posò tutto sul suo baule, posizionato ai piedi del letto.

    Un sospiro di vento entrò dalla finestra ed accarezzò la sua pelle nuda e in risposta a quel tocco delicato il corpo si scosse in un brivido; si sentiva stanca, così si passò la mano dietro la nuca per dare sollievo al collo e poi si slacciò la cuffia e si fece scivolare i capelli sulle spalle.

    I suoi boccoli d’oro si fermarono di poco sopra le natiche; sapeva che mai avrebbe potuto mostrarli in pubblico, ma lei quelle regole stupide e bigotte non le aveva mai capite.

    Cosa c’era di male nel condividere la propria bellezza con gli altri, non era forse anche quello un modo per servire Dio?

    Perché le cose belle erano considerate peccaminose? Lei non era mai riuscita a trovare una risposta a queste domande e sapeva che non poteva parlarne con nessuno perché altrimenti nella migliore delle ipotesi sarebbe stata scomunicata dalla chiesa e quindi bandita a livello sociale.

    Con questi pensieri in mente si avvicinò alle impannate e le scostò un po’, per quello che bastava a farle vedere la luna; era bellissima quella sera, grande piena e luminosa. Dopo qualche minuto si scostò da quella stupenda visione e si infilò sotto le coperte, si aggiustò meglio il cuscino di paglia e chiuse gli occhi.

    Passarono solo pochi secondi e li riaprì, rigirandosi nel letto, provava a prendere sonno ma non ce la faceva, non riusciva a tenere gli occhi chiusi, non poteva fare a meno di pensare al ragazzo incontrato al mercato.

    Non aveva mai visto in vita sua un ragazzo tanto bello e seducente, i suoi occhi color ghiaccio, le sue labbra carnose, i suoi muscoli ed il suo sorriso incarnavano la perfezione.

    Ma un particolare le tornò in mente: come si era voltata a guardarlo, si era accorta che il suo scapolare non era ricamato, e una cosa sola poteva stare ad indicare: egli non era un nobile e questo significava che non si sarebbero mai potuti rivedere.

    Quella società che la teneva stretta nei comportamenti e nei modi di pensare le aveva incatenato anche il cuore, i due ceti sociali non si sarebbero mai potuti unire.

    Quindi aveva solo una scelta: cancellare quella visione dalla sua mente e dalla sua anima, così si rannicchiò a malincuore nel letto e chiuse gli occhi.

    Michele era sdraiato supino sul

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