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La ragazza in passerella (Vivi le mie storie)
La ragazza in passerella (Vivi le mie storie)
La ragazza in passerella (Vivi le mie storie)
E-book135 pagine1 ora

La ragazza in passerella (Vivi le mie storie)

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Info su questo ebook

Il romanzo
Bella e inaccessibile, Alexis Jordan è la top model del momento, richiesta dagli stilisti più famosi del mondo. Ma lei non è felice, desidera un uomo che la ami per ciò che è, non per quello che lo star system le ha costruito intorno. Wilfred Bassey, erede di una aristocratica famiglia inglese, sembra l'uomo giusto e lei decide di sposarlo. Così va nel suo severo castello in Cornovaglia per cominciare una nuova vita, ma alla vigilia delle nozze, per un incredibile scherzo del destino, si ritrova su una piccola isola deserta con Nathan Tyler, l'uomo più arrogante e detestabile che abbia mai conosciuto.

L'autrice
Dopo aver pubblicato quattordici romance storici per I Romanzi Mondadori, due thriller storici per Fanucci Leggereditore, un contemporaneo brillante (Sotto la stessa luna) e Il sigillo degli Acquaviva per Leone Editore, Ornella Albanese ha deciso di procedere personalmente, nella collana Vivi le mie storie, alla seconda edizione dei suoi romanzi contemporanei, editi anni fa dalla casa editrice Le Onde.

www.ornellaalbanese.it
 
LinguaItaliano
Data di uscita16 nov 2016
ISBN9788822865533
La ragazza in passerella (Vivi le mie storie)

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    Anteprima del libro

    La ragazza in passerella (Vivi le mie storie) - Ornella Albanese

    storie

    1

    «Bene così, Chantal! Sei perfetta!»

    «Dov’è Jen? Ho bisogno di Jen, devo assolutamente cambiare rossetto.»

    «Sì, certo, appuntato così.»

    «Merda, quella borsa non va bene, la tua è la numero dodici. Color lavanda.»

    «Insomma, dov’è finita Jen?»

    «I capelli. I capelli, ti dico. Hai una ciocca fuori posto.»

    «Forza ragazze. Siete pronte?»

    Tutte si bloccarono all'istante. «Quanti minuti?»

    «Nessuno. La musica sta già partendo... Tocca a te Geraldine, sei la prima.»

    §

    Le luci oblique variavano d’intensità creando suggestivi chiaroscuri, la musica ritmata accentuava l’andatura veloce, quasi frenetica, delle indossatrici, le sete degli abiti sprigionavano mille riflessi cangianti.

    Le ragazze si alternarono rapide sulla stretta passerella, avanzavano sicure, con aria vagamente spavalda e lo sguardo dritto verso un punto indefinito della sala, estranee alla marea di visi protesi verso di loro.

    Prima sfilarono gli abiti da mattina, funzionali e rigorosi, poi quelli da pomeriggio, con luminosi colori pastello e accessori in tinta, infine quelli da sera, nuvole fruscianti di seta e di voile.

    Ogni modello strappava un piccolo applauso e un lampeggiare di flash. Si trattava di una collezione molto attesa a New York e giornalisti, fotografi ed esponenti del bel mondo erano accorsi numerosi, come a un evento da non perdere.

    Il tempo scorreva veloce in un susseguirsi continuo di passaggi, poi  le luci cominciarono ad abbassarsi regalando una leggera penombra alla sala, la musica si fece languida e la voce del presentatore annunciò il modello di punta della sfilata.

    Di colpo la sala fu immersa nel buio assoluto e la musica tacque. Sembrava che tutti trattenessero il respiro. Poi le notte di un pianoforte, che nel buio sembrarono di cristallo. Un riflettore azzurrato creò la penombra un po’ misteriosa che precede la notte e lasciò scorgere in fondo alla passerella la figura sottile di una donna.

    L'indossatrice cominciò a muoversi e la sua andatura morbida, indolente, era in netto contrasto con i movimenti rapidi e nervosi delle altre. In realtà non era neppure il caso di fare paragoni perché lei sembrava provenire da un altro pianeta.

    Era bella in modo assoluto e categorico. Aveva un viso intenso dai lineamenti perfetti, la carnagione ambrata, una gran massa di capelli neri come inchiostro e, negli occhi, la trasparenza dell’acqua di mare. Anche il corpo era stupendo, fasciato in uno splendido abito nero dalla scollatura profonda, sagomata come i petali di un fiore. Ma non era nemmeno il fatto che fosse così bella a renderla unica, il suo era un fascino istintivo, un fascino che non si inventa né si impara. Camminava con inimitabile eleganza, lo sguardo trasparente diretto a tutti e a nessuno, il viso perfetto avaro di sorrisi. Era morbida e sensuale, come se, a ogni passo, si concedesse e poi si negasse.

    Dopo un lungo istante di silenzio, l’applauso partì e acquistò subito  un’intensità che non aveva mai avuto prima, le luci dei flash turbinarono e poi si moltiplicarono come per un tributo speciale, alcuni fiori volarono sulla passerella.

    Lei arrivò in fondo, con vaga indolenza lasciò ammirare il modello che indossava, poi tornò indietro e sparì, seguita da flash e da applausi.

    «Sei stata stupenda», bisbigliò Thomas, il grande stilista, quando lei gli passò vicino. E le lanciò un bacio

    §

    Alexis aprì in fretta la porta del camerino e lo sguardo corse subito al piccolo tavolo vicino alla finestra. Il cesto di fiori pregiati era lì, immancabile dopo ogni sfilata, da un mese o poco più.

    Cioè da quando aveva conosciuto Wilfred Bassey.

    Si avvicinò lentamente e prese il piccolo biglietto avorio, seminascosto tra le foglie. Lo aprì e lesse la frase d’amore tracciata con la calligrafia sottile e un po’ inclinata di Wilfred, poi lo rimise dov’era.

    In piedi vicino al tavolo, Alexis aveva lo sguardo assorto e una piccola ruga tra le sopracciglia. Gli occhi chiari erano velati da una strana inquietudine.

    La sfilata, gli applausi, i complimenti sembravano lontani. Li aveva lasciati fuori del suo camerino. Dentro c’erano solo lei, i fiori di Wilfred e la decisione difficile che doveva prendere.

    Andò a sedersi davanti allo specchio e lanciò uno sguardo distratto alla sua immagine perfetta. Era incerta e un po’ spaventata perché non aveva la più pallida idea di cosa avrebbe detto di lì a poco.

    Penserò meglio dopo una doccia, decise, alzandosi di scatto e avviandosi verso il bagno.

    Alexis era l’unica delle indossatrici ad avere un camerino privato. I grandi stilisti se la contendevano e la viziavano, anche se non era tipo da fare capricci e pretendere la luna. Adesso, il getto tiepido della doccia le fece scivolare via la stanchezza, snebbiandole la mente da quel senso di stordimento che s’impadroniva di lei, dopo le luci, la musica e il frastuono di una sfilata.

    Con gesti veloci indossò la biancheria di pizzo e un bellissimo abito color rubino che stringeva la vita e le fluttuava morbido intorno al corpo. Poi orecchini preziosi, trucco leggero e una spazzolata ai capelli.

    «Posso entrare?» La voce allegra di Geraldine non aveva ancora finito la frase, che lei era già dentro, in jeans, maglione e sguardo eccitato. Era alle primissime sfilate e tutto le sembrava ancora entusiasmante.

    «Vengo a controllare i fiori!» scherzò, avvicinandosi al cesto. «Oggi sono più belli che mai, ma d'altra parte è una giornata speciale!»

    Alexis sorrise e fece un piccolo respiro per rilassarsi. «Non so cosa fare», disse piano.

    Geraldine spalancò gli occhi. «Non dirmi che non sai ancora cosa fare!» inorridì. «Fra meno di dieci minuti sarà dietro quella porta. Lo sai che è orribilmente puntuale.»

    Lei si strinse appena nelle spalle. «Anche io lo sono», disse in fretta.

    «Vuoi convincermi che siete una coppia perfetta? Puntuali tutti e due, roba da non crederci! O forse è te stessa che vuoi convincere perché io, ti assicuro, non ho il minimo dubbio. Wilfred è il ragazzo più affascinante che abbia mai conosciuto.»

    Alexis annuì convinta. «È anche simpatico, allegro, intelligente, innamorato...», enumerò con diligenza, e poi pensò che Geraldine aveva ragione, stava cercando di convincere se stessa.

    «E anche ricco in modo disgustoso, se dobbiamo dire le cose come stanno. Chantal mi ha raccontato che nella vecchia Inghilterra ha possedimenti a perdita d’occhio e una villa da favola. O forse è un castello?»

    «In ogni caso non lo dà a vedere. Io detesto gli uomini pieni di sé.»

    «Bene», Geraldine si avviò verso la porta con fare risoluto. «Fra poco sarà qui, quindi mi dileguo. E poi basta guardare come siamo vestite noi due!» esclamò, valutando con un rapido sguardo l’abito di seta di Alexis e subito dopo i suoi vecchi jeans. «Tu il tipo aristocratico, io quello squattrinato. Niente da dire, ognuno ha dalla vita quello che si merita!» Sorrise e scappò via.

    Anche Alexis sorrise, ma poi pensò che Geraldine era perdutamente innamorata del suo tipo squattrinato e quindi, a conti fatti, era più ricca di lei.

    Con gesto impaziente gettò indietro i capelli e si avvicinò di nuovo ai fiori. Rilesse il bigliettino soffermandosi su ogni parola, poi scosse piano la testa. Aveva finalmente capito cosa doveva dirgli.

    Un colpo discreto alla porta la fece trasalire.

    Wilfred.

    Alexis chiuse gli occhi un istante, chiamando a raccolta tutte le sue energie. Aveva bisogno davvero di molto coraggio per dirgli di no.

    §

    Wilfred tese il suo calice di champagne verso quello di Alexis, attraverso il tavolo del raffinato ristorante dove stavano cenando. I bicchieri si toccarono appena, un tintinnio quasi impercettibile, mentre loro due si guardavano con una certa intensità.

    È un uomo perfetto, pensò lei, e gli sorrise.

    Wilfred aveva un viso interessante e un fisico agile. Lo smoking gli stava alla perfezione e lui lo indossava con noncuranza, come se non avesse portato altro nella vita. Aveva modi gentili e sguardo di velluto, un uomo del quale innamorarsi all’istante.

    Bevvero lo champagne, poi lui si chinò in avanti sul tavolo e le chiese: «Allora Alexis, non hai proprio niente di particolare da dirmi, stasera?»

    Lei si irrigidì, già sulla difensiva, poi fece un breve respiro e gli sorrise. E subito pensò che stava sorridendo troppo.

    «So cosa vorresti sentirmi dire, Wilfred, ma è troppo difficile. Ci conosciamo da appena un mese e ci siamo sempre incontrati in situazioni speciali. La vita di tutti i giorni è un’altra cosa.»

    «Anche la vita di tutti i giorni può essere speciale», insinuò lui con voce morbida.

    «Quello che intendo è che tu mi hai sempre visto in mezzo alle luci e agli applausi, in ristoranti esclusivi, con abiti perfetti, trucco perfetto. Io non sono così.»

    «Lo spero, le perfezioni non mi sono mai piaciute.»

    Alexis però capì che scherzava perché tutto era perfetto in lui. Il modo in cui le versava da bere, si annodava la cravatta o le cedeva il passo. Mai un abbinamento sbagliato nei suoi abiti, o una frase fuori tono nelle sue conversazioni, o una battuta banale quando l’atmosfera era allegra e lui diventava il più divertente del gruppo.

    «Insomma», insistette Alexis, «la ragazza che ti è piaciuta, la ragazza che sfila con abiti splendidi non sono io. A volte sogno di percorrere quella passerella con i miei jeans sbiaditi e pettinata come capita. Senza un filo di trucco.»

    «Saresti magnifica lo stesso, fidati.»

    Sembrava più difficile di quello che aveva

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