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Un principe tutto per sé: Harmony Bianca
Un principe tutto per sé: Harmony Bianca
Un principe tutto per sé: Harmony Bianca
E-book171 pagine1 ora

Un principe tutto per sé: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

La bellezza di una donna la si percepisce dagli occhi, perché quella è la porta del suo cuore.

L'ostetrica Freya MacFadden ha spostato tutti i propri turni di notte dopo che un incidente l'ha lasciata sfigurata. La sua reticenza a mostrarsi in pubblico viene però messa da parte in occasione di un ballo in maschera che le permette di nascondere le proprie cicatrici. In quella notte da sogno, l'incontro appassionato con un affascinante straniero cambierà per sempre la sua vita.
Il principe del deserto Jameel Al Bakhari è abituato alle sfide. Si è impegnato duramente per costruirsi una carriera lontano dal regno di Majidar e adesso non ha paura di combattere per la donna che ama. Ma l'ostacolo più difficile da superare sarà dimostrare a Freya che lei rappresenta l'unica ricchezza per cui valga la pena lottare.
LinguaItaliano
Data di uscita20 feb 2019
ISBN9788858994108
Un principe tutto per sé: Harmony Bianca

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    Anteprima del libro

    Un principe tutto per sé - Louisa Heaton

    successivo.

    1

    Freya fece scivolare con circospezione il pacchetto nella tasca del camice, nascondendolo sotto il blocco per gli appunti. Il ritardo del ciclo e le nausee mattutine sempre più forti erano già dei segnali abbastanza chiari, ma voleva una prova. Una prova scientifica.

    Entrò nella stanza del personale. L'aroma di caffè che impregnava l'aria le diede il voltastomaco. Le ci volle uno sforzo sovraumano per controllarsi, il sudore che le imperlava la fronte.

    Si diresse verso la toilette, avvisando Mona che avrebbe raggiunto il resto dello staff in cinque minuti.

    «Okay, ti aspettiamo» le rispose la collega.

    Freya entrò in bagno e si chiuse la porta alle spalle, appoggiandosi al muro con un sospiro di sollievo. Si concesse un minuto per aspettare che lo stomaco si sistemasse. Non sembravano esserci molti dubbi su quello che le stava accadendo. Ma aveva comunque bisogno di esserne certa. Prese dalla tasca il test di gravidanza e lo fissò. Stentava a credere di essere sul punto di farlo.

    Aveva sempre sperato di diventare mamma, un giorno. Ma le possibilità concrete che succedesse si erano drammaticamente assottigliate il giorno dell'aggressione. Chi mai poteva desiderarla, ora? «Su, Freya... sai essere migliore di così» sussurrò alla propria immagine riflessa nello specchio.

    Lei amava il suo lavoro nel reparto maternità del Queen's Hospital. Soprattutto i turni di notte. Avevano in sé qualcosa di speciale. La quiete. La solitudine. La gioia intima di accompagnare nel mondo una nuova vita. Le distrazioni del giorno – lo squillo continuo dei cellulari, i parenti in visita, il caos – non esistevano più, e il reparto diventava un ottimo nascondiglio. Le luci soffuse, zone d'ombra in cui celarsi, nessun neon pronto a rivelare impietoso la reale estensione delle sue cicatrici.

    Ora erano meglio di un tempo, comunque. In molti punti la pelle era tornata liscia. I numerosi interventi di chirurgia estetica ricostruttiva – trentatré, per la precisione – avevano sortito il loro effetto. Eppure lei continuava a nascondersi.

    «Coraggio, c'è solo una cosa da fare» disse a se stessa a voce alta.

    Urinò sulla barretta e l'appoggiò sul bordo del lavandino, lo sguardo ostinatamente fisso sullo specchio per non guardare l'esito.

    Gli occhi erano pieni di paura, ma Freya vi riconobbe anche qualcosa che non vi scorgeva da anni. Speranza. «È quello che hai sempre desiderato» sussurrò sottovoce a se stessa.

    Il suo sogno di bambina. Diventare mamma. Anche a costo di tornare a vivere alla luce del sole, con tutta l'altra gente. Anche se nessuna la guardava, lei si sentiva sempre e comunque sotto i riflettori. E un viso ricostruito chirurgicamente era difficile da nascondere.

    Eppure... non era così che si era immaginata che potesse succedere. Da bambina aveva sognato di sposare un uomo affascinante, di fare figli con lui e di sistemarsi. Invece non aveva nessuno. Anche lui era stato un impulso pazzo, irrefrenabile, quando finalmente si era lasciata andare, il cuore che le batteva nel petto per la gioia di essere in mezzo agli altri, a divertirsi a una festa, dietro al velo di un costume in maschera.

    Era passato così tanto tempo dall'ultimo evento sociale a cui aveva partecipato... Troppo. Anni e anni, da quando era stata in una sala piena di gente, a chiacchierare, ridere, essere normale.

    Mike le aveva portato via tutto. La gioia. La libertà. La sua gelosia l'aveva imprigionata in un mondo di buio e sofferenza, fatto di operazioni chirurgiche e nascondimento. Nel timore di mostrare il volto alla gente per paura delle loro reazioni.

    Il velo che aveva indossato quella sera aveva celato tutto. Il costume in stile steampunk vittoriano aveva nascosto alla perfezione le cicatrici sul collo, e il velo aveva aggiunto un tocco di mistero.

    La gente l'aveva guardata con aria affascinata e ammirata. Le avevano sorriso. Si erano complimentati con lei per la sua bellezza. Le loro parole l'avevano resa pazza di felicità. Era come loro. Normale.

    E poi eccolo lì. Lui. Il pirata. Sembrava a disagio, come se non aspettasse altro che poter scappare via.

    Freya capiva benissimo il suo stato d'animo. Anche se non avevano scambiato nemmeno una parola, lo percepiva come un'anima gemella.

    Certo, i suoi seducenti occhi scuri e le sue labbra invitanti erano stati di aiuto... Freya ci aveva messo un momento a capacitarsi di quello che le stava accadendo. Sì, dopo tanti anni in cui li aveva evitati come la peste, si sentiva attratta da un uomo. Complici il costume e il velo, si era sentita coraggiosa come non mai.

    «Piacere, sono Freya.»

    «Jamie.»

    «Ho visto che continui a guardare l'uscita. Hai voglia di andartene?»

    «Ci stavo seriamente pensando.»

    «Allora, per favore, non farlo. Resta ancora un po'. Vado a prenderti qualcosa da bere.»

    Il coraggio che l'aveva invasa era incredibile. Ogni fibra del suo corpo era stata preda di una tempesta di adrenalina. Il cuore le aveva martellato nel petto. Si era sentita viva, felice, di nuovo normale. Parlare con un uomo attraente, provare il brivido della conquista... Una sensazione incredibile, meravigliosa!

    Era stato lui a farla sentire così. Il modo in cui l'aveva guardata, lo scintillio nei suoi occhi, le labbra incurvate in un sorriso. Aveva riso alle sue battute, genuinamente divertito.

    E Freya si era sentita di nuovo bella, voluta. Il desiderio l'aveva sommersa nel preciso istante in cui lui aveva appoggiato su un tavolo il bicchiere e le aveva accarezzato delicatamente il dorso della mano. Freya si era concentrata su quel movimento, su quelle dita che le sfioravano la pelle. La sua pelle, così sensibile... Alzando lo sguardo, gli aveva rivolto la più imprevista delle domande.

    «Sei sposato?»

    «No.»

    «Insieme a qualcuno?»

    «Nemmeno.»

    «Ti piacerebbe?»

    L'audacia della sua domanda aveva sbalordito lei per prima. Non era affatto nel suo stile! Freya MacFadden non faceva proposte di quel tipo a uno sconosciuto! Aveva ritratto la mano, rintanandosi nel guscio in cui era così abituata a stare. Ma lui gliel'aveva ripresa. Non per trattenerla dall'andarsene, né per possederla o controllarla. Solo perché i loro occhi si incontrassero di nuovo.

    «Non volevi dirlo, vero?»

    «No.»

    «E allora ce ne dimenticheremo entrambi. Non preoccuparti.»

    Era stato così gentile, così comprensivo!

    Dopo, avevano continuato a parlare insieme, commentando i costumi degli altri e discutendo del perché l'evento benefico a cui stavano partecipando fosse così importante. Avevano riso e si erano divertiti. Poi lui si era offerto di accompagnarla fuori, e Freya glielo aveva permesso, pronta a salutarlo sulla porta, restando per sempre un'enigmatica estranea conosciuta per caso a una festa.

    Freya si lasciò scappare un sospiro. Non poteva restare in bagno tutta la sera. C'era la riunione per il passaggio di consegne.

    Sbrigati. Ora o mai più.

    Guardò in basso e deglutì.

    «Sono incinta.»

    Alzò di nuovo gli occhi verso lo specchio. Non sapeva se lasciarsi andare a una risata isterica o a un pianto disperato.

    Era incinta. Su come fosse accaduto non c'era alcun dubbio. Ricordava fin troppo bene quella notte. Il padre del suo bambino le si era stampato nella testa. Se avesse almeno saputo chi era o da dove veniva...

    Quella notte il loro incontro era stato del tutto casuale. Inatteso, eccitante, appassionato come mai si sarebbe immaginata. Una delle notti più intense della sua vita. Aveva gettato via ogni cautela e per un momento si era concessa di sentirsi di nuovo viva.

    Era andata alla festa consapevole di poter rimanere tutta la sera nascosta dal costume e dalla maschera. Un look molto gotico, con il collo coperto, e tanti nastri e pizzi neri e color porpora. Il velo color ametista le aveva coperto il naso e la bocca come una sposa beduina, lasciandole scoperti solo gli occhi. Il suo pezzo forte. L'unica parte del viso non sfregiata dall'acido.

    Quando il suo ammiratore si era chinato verso di lei per baciarla e aveva cercato di rimuovere il velo, lo aveva fermato.

    «Preferisco di no, per favore.»

    Così lui aveva usato la bocca in altri modi...

    Adesso era davvero in ritardo per la riunione. Chissà come l'avrebbero guardata tutti al suo arrivo... Più restava lì, peggio sarebbe stato.

    Mise il cappuccio allo stick del test di gravidanza e se lo infilò in tasca. Spalle dritte, aprì la porta.

    Okay, ce la posso fare. A fingere che vada tutto bene sono un'esperta.

    Lo staff era riunito nell'atrio centrale del reparto. Quando un paziente veniva ricoverato o quando c'erano le visite dei parenti, percorrevano quello stesso corridoio nel quale si trovava lei ora e che portava nell'area centrale. Da lì si diramavano gli altri corridoi, tenuti sotto controllo tramite telecamere.

    «Eccola, finalmente!» esclamò la capo ostetrica Jules, vedendola arrivare. «Ultima, ma non per importanza.»

    Lo sguardo abbassato, Freya scivolò in mezzo ai colleghi e si sedette, imbarazzata. Li aveva costretti ad aspettarla, proprio quando probabilmente non vedevano l'ora di tornare a casa.

    Mona le passò il foglio dei ricoveri.

    «Oggi è stata una giornataccia, e temo che anche voi, ragazze, stanotte non avrete vita facile. Ci sono due mamme in travaglio. Nel letto uno, Andrea Simpson, primipara, a più due dopo il termine, con dilatazione tre centimetri e rottura delle acque. Nel letto due, invece, Lisa Chambers, alla terza gravidanza. Due parti gemellari precedenti e in procinto di partorire per la prima volta un bambino solo. Dopo i due cesarei, stavolta vorrebbe provare un VBAC.»

    Freya prese nota. VBAC stava per parto vaginale dopo un cesareo, e per molti era una specie di terno al lotto.

    «Il travaglio procede velocemente. Alle sei e mezza era dilatata di sei centimetri.»

    Freya ascoltò il resto delle informazioni che Jules stava dando. Avevano in totale ventuno pazienti. Due in travaglio, sette in area prenatale e dodici in postnatale, cinque delle quali in trattamento post-chirurgico. E i telefoni continuavano a squillare.

    Ma a lei non importava. Il lavoro era la sua vita. La sua passione. L'unica cosa capace di farla davvero felice. Non aveva mai voluto fare altro, fin da piccola. Essere ostetrica e mamma. E, stando a quanto aveva scoperto neanche dieci minuti prima, sembrava proprio che avrebbe soddisfatto entrambi i suoi desideri.

    Freya era bravissima nella sua professione. E la adorava. Ogni neonato era un piccolo miracolo. Ogni nascita alla quale assisteva una gioia e un privilegio. Posto strano, il reparto maternità. Un luogo dove professionisti e pazienti spesso si incontravano da estranei totali. E dove, solo qualche ora dopo, erano diventati intimi. Quando una paziente veniva dimessa, Freya sapeva che sarebbe sempre stata ricordata come parte della vita della famiglia, perché ne aveva condiviso un momento fondamentale. Era una gioia e una responsabilità immensa.

    Jules appoggiò le carte che aveva in mano sul bancone. «E adesso, ragazze, state calme, ma voglio presentarvi il nostro nuovo collega. Si chiama Jamie ed è qui dietro di voi. Vieni, Jamie, fatti vedere!»

    Jamie? Oddio! Ma no, dai, rilassati, è un nome comune.

    Freya avrebbe preferito non voltarsi. Chissà come si sarebbe sentito il poveretto a essere l'oggetto dello sguardo di tutte quelle donne! Ma sapeva che sarebbe stato strano se fosse stata l'unica a non girarsi. Così lo fece. Un'occhiata veloce.

    Carino. No... aspetta un attimo...

    La testa cominciò a girarle. Si voltò, fingendo di annotare qualcosa. Ma la penna sul foglio era ferma.

    È lui. È lui! Oddio...

    Le dita tremanti, si toccò le labbra, mentre la nausea tornava a farsi sentire più forte che mai. Rischiava di rimettere, lì, davanti a tutti. Avrebbe solo voluto alzarsi e scappare. Il più velocemente possibile. Ma non poteva. Cercò con lo sguardo una via di fuga da guadagnare alla fine della riunione.

    Come accidenti era potuto accadere che lui fosse lì? La sua avventura di una notte...

    «Jamie resterà con noi un paio di mesi, per sostituire Sandra che è in maternità. Quindi voglio dargli il nostro più caloroso benvenuto nella squadra. Jamie ha lavorato in varie parti del paese, quindi ha accumulato una grande esperienza. Spero che farete di tutto per accoglierlo qui al Queen's.» Jules sorrise. «Okay, allora. Rompiamo i ranghi. Buon turno di

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