Elvira Tenebras - L'ombra del male
Di Manuel Mura
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Anteprima del libro
Elvira Tenebras - L'ombra del male - Manuel Mura
633/1941.
L'inizio di un incubo
Elvira aveva appena chiuso la porta di casa che tutto cambiò intorno a lei.
Il terreno su cui poggiava i piedi, le pareti e il soffitto si deformarono e l'ambiente famigliare scomparve di botto e si ritrovò in un attimo in uno nuovo e di sicuro sconvolgente.
Vedeva una grande distesa erbosa intorno a sé, con selci che le arrivavano fino oltre la vita e lei non poteva dirsi bassa di statura.
Aveva un fisico praticamente senza difetti, con lunghi capelli neri lisci che le arrivavano fin dietro la schiena, lunghe gambe sensuali nascoste ora dai pantaloni neri.
Era questo il colore che la rappresentava soprattutto negli occhi penetranti e sicuri che incutevano timore e inquietudine in chi li incrociava troppo a lungo, mentre gli uomini preferivano concentrarsi sul resto.
Non era persona che passava inosservata sia per il suo fisico che per il suo modo di muoversi, per lei naturale ma per gli uomini sensuale.
Allontanò lo sguardo acuto oltre l'erba alta e vide alla sua sinistra un traliccio coperto d'erba con sopra la carcassa di una vecchia automobile. Era certa d'aver già visto quell'immagine da qualche parte; tuttavia lasciò perdere per andare oltre e scorgere in lontananza qualcosa di più.
Sentiva come un richiamo provenire dalla sua destra dove un fitto bosco copriva ogni cosa.
Se fosse notte o giorno non l'avrebbe saputo dire non riuscendo a distinguere il cielo se non in maniera sfasata; ma era certa che fosse buio, anche se ciò non le impediva di orientarsi.
Passò in mezzo al bosco come se l'avesse fatto migliaia di volte e arrivò verso il centro dove sentiva più forte il richiamo.
Si arrestò di colpo dietro un albero quando scorse, poco distante, un uomo di mezza età, robusto, dal cranio pelato e vestito da boscaiolo, con in mano un'accetta pronto per colpire un poveraccio appeso a un albero a testa in giù.
Non scorgeva bene i contorni ma appariva come un uomo di una certa età con i capelli bianchi corti e di media corporatura.
Gridava pietà senza essere ascoltato dall'altro che gli aprì il torace con un vigoroso colpo d'accetta facendo schizzare sangue ovunque. Del sangue arrivò anche dove era nascosta Elvira facendola sussultare.
Si coprì parzialmente gli occhi: la scena era davvero orribile. Tuttavia non era intenzionata a perderlo di vista.
L'uomo, sempre davanti al cadavere con l'accetta sporca di sangue, guardava un punto indistinto davanti a sé: poteva anche essere un pazzo che fissava il vuoto.
Elvira vide chiaramente come un alone scuro coprire l'uomo.
Comprese immediatamente che c'era qualcuno dietro le sue azioni, qualcuno di diabolico che lo controllava.
Quell'alone si staccò gradatamente depositandosi come tanti pezzi di coriandoli in un punto vicino che man mano prendeva una forma precisa. Apparve la sagoma di una donna alta con i capelli lunghi e folti dal colore indefinito e dal corpo evanescente.
Era più un fantasma che una figura definita ed Elvira scorse chiaramente i tratti femminili del volto.
Pian piano, apparvero nitidamente gli occhi rossi come il fuoco dell'inferno e tale sembrava quella figura diabolica dalla quale proveniva una malvagità e un odio senza pari.
Comprese quindi che l'uomo non aveva possibilità di ribellarsi: era una marionetta nella mani di quell'essere che l'aveva costretto a compiere un atto atroce macchiando per sempre la sua anima.
L'uomo abbassò la testa e la figura non lo degnò di uno sguardo rivolgendo tutte le attenzioni sull'individuo morto.
Elvira la vedeva di lato e non poteva scorgere bene il suo volto; tuttavia le parve spuntasse un sorriso divertito che l'attimo dopo sfociò in una risata talmente forte che riecheggiò ovunque: sembrava come se tutte le anime dannate dell'inferno si fossero radunate in quel luogo.
Si tappò le orecchie, incapace di sopportare quella manifestazione di perversione e orrore senza pari.
Tale malvagità si manifestò ulteriormente quando la donna mosse una mano nella direzione del morto da cui uscì un alone chiaro che assunse la forma di una piccola sfera bianca.
L'attimo dopo si allungò simile a una palla da football americano.
Elvira sapeva di cosa si trattava, era ciò che le persone comuni chiamavano anima o essenza. Questa andò fino alla bocca della donna che la mangiò prorompendo in una risata ancora più terrificante.
Anche se si sforzava nel controllarsi Elvira non poté trattenere l'urlo che prorompeva dentro di sé manifestando tutta l'angoscia e l'orrore a cui aveva appena assistito.
La donna infernale si girò in sua direzione facendole gelare il sangue nelle vene ed Elvira - che di norma incuteva timore - in quell'occasione si trovò del tutto impreparata alla situazione e incapace di reggere la follia che dilagava dagli occhi infernali di quel mostro diabolico.
Corse via dando fondo a tutte le energie, incapace di sopportare ancora di più la vista di quell'essere e dei suoi occhi terribili che la puntavano con malignità.
Non sapeva dove andare e il bosco le appariva tutto uguale: l'unica cosa che le interessava era allontanarsi il più possibile da quella donna.
Sentì dei passi pesanti alle sue spalle e volgendo lo sguardo scorse il luccicare di un'arma.
Non riusciva a vedere granché, voleva solo andare via ma i passi si facevano ogni momento più vicini.
Non era mai stata particolarmente atletica però possedeva una resistenza fuori dal comune e avrebbe potuto correre per ore pur di distanziarsi da quella follia.
Dopo un tempo che le parve infinito uscì dal bosco per ritrovarsi in un punto dove l'erba era alta più di prima, così alta da ostacolare totalmente la vista.
Non si perse d'animo e si fece largo muovendo da una parte all'altra le selci sempre più fitte, mentre i passi si facevano ogni momento più vicini.
Sentiva il suolo calpestato e le selci spazzate: si girò un attimo solo per vedere un'accetta che calava inesorabile su di lei.
Urlando, si buttò d'istinto a terra evitando di poco il colpo.
L'uomo alzò inesorabile l'accetta fin sopra la sua testa e affondò con forza disumana sul corpo di Elvira, forte di una rabbia che non gli apparteneva.
Lei poteva solo urlare dal terrore infinito che provava in quel terribile momento, amplificato dall'inevitabile sorte che l'attendeva dopo la morte per opera di quell'orrenda creatura che, come aveva visto, avrebbe divorato anche la sua anima.
Le ci volle un bel po' di tempo per riprendersi e rendersi conto di essere ancora viva e nuovamente a casa.
Fu la voce insistente di sua madre nell'altra stanza a ridestarla e farla tornare in sé.
La lucidità ci mise ancora un altro paio di minuti a tornare mentre barcollando andava verso la stanza dove la donna riposava.
Non era una casa grande la loro: dopo l'entrata seguiva un piccolo corridoio che portava alla cucina subito sulla destra e poco dopo, sul lato opposto, c'era il bagno.
Seguiva la camera di Elvira e dall'altro lato la stanza da letto, quasi sempre occupata da sua madre, la cui salute negli ultimi tempi era peggiorata.
Non era tanto vecchia come poteva sembrare in un primo momento: la signora Maddalena Tenebras, piccola di statura ma robusta, con i capelli bianchi lunghi era praticamente l'esatto opposto della figlia.
L'unica cosa simile tra loro erano gli occhi scuri e penetranti; il resto la ragazza lo aveva ereditato tutto dal padre, morto alcuni anni addietro.
Da quel momento anche la signora si era ammalata e le sue condizioni andavano peggiorando sempre più, vista anche la poca voglia che aveva di vivere senza l'uomo amato.
Elvira si era sempre presa cura dei suoi genitori dedicandosi negli ultimi dieci anni a tempo pieno, esattamente dal momento in cui il padre si era ammalato.
In quell'arco di tempo era peggiorato sempre più e malgrado tutte le cure non c'era stato nulla da fare.
Era stato un duro colpo che le aveva fatto perdere molti anni di vita; infatti, malgrado non aveva ancora superato la trentina, appariva di almeno dieci anni più vecchia.
Mentre la sua straordinaria bellezza non ne veniva intaccata a peggiorare era stato il suo carattere.
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Annuì incapace di parlare.
In effetti, non lo faceva mai con nessuno: era una cosa sua che non poteva condividere con nessuno né tantomeno voleva far preoccupare ulteriormente sua madre.
Suo padre credeva che le visioni