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La lunga strada di Sara (Floreale)
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La lunga strada di Sara (Floreale)
E-book386 pagine6 ore

La lunga strada di Sara (Floreale)

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Info su questo ebook

Tutto inizia da un poster. Quel poster appeso da anni in camera sua per Sara rappresenta un sogno, un bellissimo e lontano sogno, e trasferirsi a Roma è forse per lei il primo passo per poterlo sfiorare...
Sara conoscerà il suo idolo, Alessandro Sorani, un talentuoso cantautore ormai affermato nel panorama musicale italiano, ma incontrerà anche una nuova promessa della musica italiana, Enrico Annesi, con il quale inizierà una relazione.
Enrico è dolce, premuroso, spigliato, intelligente, è l'uomo che ogni donna vorrebbe al proprio fianco, e appare nella vita di Sara come una meravigliosa realtà, una persona in carne e ossa che le dimostra un amore sincero e profondo.
Alessandro invece per Sara è un sogno che improvvisamente assume sembianze umane, e lei in principio ne è intimorita, ma più approfondisce la sua conoscenza, più si sente attratta da lui, dall'uomo che è nella realtà e non da quello che si era costruita nella fantasia.
Sara è combattuta, tanto intensi e diversi sono i sentimenti che questi due individui suscitano in lei. Ma una scelta apparentemente non si impone, perché Alessandro è fidanzato e comunque il suo affetto per Sara si manifesta più che altro come un affetto fraterno...
Qual è dunque la cosa più difficile? Vedere i propri sogni spazzati via dalla realtà o vederli realizzati nel momento e nel modo sbagliati?

Altri libri della Collana:
Felice perché ho te - Finché ho te sarò felice (Hazel Pearce)
Il diario di Ilary (Alice Steward)
Come la pioggia, accarezzami l'anima (Elisabetta R. Brizzi)
L'inverno nei suoi occhi (Marta Arvati)
La vita di noi due (Marcella Ricci)

Per info: collanafloreale@gmail.com
LinguaItaliano
EditorePubGold
Data di uscita29 mar 2018
ISBN9788894839432
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    Anteprima del libro

    La lunga strada di Sara (Floreale) - Marta Arvati

    La lunga strada di Sara

    Marta Arvati

    Pubblicato da © Pubme - Collana Floreale

    Prima Edizione marzo 2018

    http://floreale.pubme.me/

    collanafloreale@gmail.com

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autrice. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, eventi o luoghi esistenti è da considerarsi puramente casuale.

    Questo libro contiene materiale coperto da copyright e non può essere copiato, trasferito, riprodotto, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’autrice, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile (Legge 633/1941).

    Parte Prima

    «L’inizio»

    I

    Vent’anni da poco compiuti, una nuova vita davanti. La valigia aperta sul letto, ancora vuota: Sara la fissa incredula, come se dentro vi fossero tutti i suoi sogni, il suo futuro. Com’è arrivata a questo punto? Sara si affaccia alla finestra. È vicina l’estate, l’aria frizzante di questa mattina primaverile sfiora le corte ciocche color miele lucenti al sole. Sottili capelli dal taglio sbarazzino incorniciano il profilo regolare del viso, sul quale spiccano due vivaci occhi verdi circondati da lunghe e nere ciglia. Le labbra rosa, socchiuse, si lasciano baciare dal tepore primaverile, mentre le dita affusolate accarezzano il ruvido davanzale. Lo sguardo si aggira agile tra gli alberi e i fiori del piccolo e curato giardino, la fervida mente scruta il passato per ricordare il momento in cui tutto iniziò.

    Quella sera la compagnia di Sara si era riunita a casa di Guido, l’intellettuale del gruppo: corti capelli castani sempre ben pettinati, sguardo severo dietro un paio di occhiali da professore, mente acuta e profonda e una straordinaria abilità nel suonare il pianoforte. Le mani scorrevano agili sui tasti come pattini sul ghiaccio, generando con movimenti rapidi e leggeri un’incantevole melodia. Gli altri sei componenti della combriccola, seduti sul divano bianco del salotto, ascoltavano estasiati. L’unica voce tra le armoniose note era quella di Monia, d’aspetto la meno aggraziata e femminile delle tre ragazze della compagnia, con il suo caschetto castano, il volto dai tratti marcati, i sottili occhi neri, il fisico robusto, i suoi modi spesso irruenti e imprevedibili, eppure capace di intonare con estrema maestria e delicatezza qualsiasi canzone, dono di natura il suo, che finalmente le stava per aprire nuove prospettive per il futuro. E, infatti, terminata la musica, ecco l’annuncio che Monia diede agli amici: «Mi hanno proposto di partecipare a un concorso: se vincerò, potrò incidere un disco...»

    Il grido di gioia dei compagni interruppe di netto il discorso della ragazza, ma un ultimo dettaglio restava da aggiungere e Monia lo fece con un’espressione in bilico tra entusiasmo e malinconia: «…Dovrò andare a Roma, e se le cose gireranno per il verso giusto mi trasferirò. I miei genitori hanno una casa nella Capitale: se mi impegnerò a contribuire alle spese mi lasceranno stare là... Però un po’ mi spiace, Roma è distante... Forse non ci vedremo più...»

    Silvia e Sara abbracciarono l’amica per congratularsi con lei, versando inevitabilmente qualche lacrima di commozione.

    Ma c’era qualcun altro che in quella stessa sera aveva un annuncio importante da fare, e questo qualcuno era Stefano, lo sportivo del gruppo e per questo soprannominato Sport: non troppo alto, fisico atletico, volto dai tratti mascolini, corti capelli lisci biondo scuro e due intensi occhi marroni. E così anche Stefano se ne uscì con un’inattesa notizia: «Consolati Monia, anch’io verrò con te. Per lavoro mio papà dovrà trasferirsi a Roma e lo seguiremo tutti: io, mia mamma, mia sorella...»

    Silvia, gracile corpo e cuore sensibile, prese un cuscino e lo strinse a sé, coperto il pallido volto dalle morbide onde dei lunghi capelli castani, quasi a voler nascondere i tristi occhi color nocciola, mentre dalle sottili labbra in un sospiro uscì una desolata considerazione: «Non staremo più insieme...»

    Silvia cercò a fatica di trattenere le lacrime e appoggiò il viso alla spalla di Sara, mentre quest’ultima se ne stava immobile, in silenzio, assorta in chissà quali pensieri, vagando con la mente per inedite strade:

    Roma, così lontana... un sogno irrealizzabile... Forse tutte le mie ambizioni sono irrealizzabili e nemmeno io so di preciso cosa voglio. Magari, andando via da qui, dalla solita vita, dai soliti posti, potrei trovare delle risposte...

    Questo passava per la testa della meditabonda giovane e soltanto un’improvvisa trovata di Giorgio la destò dalle sue riflessioni. Da quel ragazzo, detto Yoghi per la sua buffa camminata, ci si potrebbe aspettare di tutto: d’aspetto apparentemente serio, con un curato pizzetto e lisci capelli castani a contorno di un volto dai tratti marcati, racchiude nei guizzanti occhi neri la vivacità di un bambino incosciente. Neppure da lui però ci si sarebbe immaginati potesse scaturire una proposta tanto azzardata, benché non completamente insensata: «Andiamo tutti a Roma! Se la casa di Monia è abbastanza grande, ci possiamo stare benissimo, e le daremo anche una mano con le spese...»

    «Sei matto?!» fu l’immediato commento di Guido, palesemente contrariato «Dovremmo mollare l’università e gli impegni che abbiamo qui così, su due piedi!?!...»

    «Ma dai! In fondo, cosa molleresti?» insistette il promotore dell’idea, sempre più convinto. «Senza genitori possiamo cavarcela, anzi, sarebbe ora di schiodarsi di casa! L’università c’è anche a Roma e per mantenerci potremmo trovarci dei lavoretti part-time... Anche se mia mamma sarebbe pure disposta a pagarmi pur di non avermi più tra i piedi!»

    La stravagante pensata, benché all’unanimità definita in un primo momento folle, aveva tuttavia stuzzicato anche gli animi più restii, dando corpo in ognuno a un’allettante prospettiva e donando un’aria nuova e fresca a un futuro che pareva già segnato per dei ragazzi cresciuti negli angusti limiti di una cittadina del nord Italia...

    L’ardito progetto tuttora solletica la mente di Sara come accadde in quella sera, mentre la sua attenzione si concentra sulla valigia ancora vuota abbandonata ai piedi del letto. Con occhi malinconici la giovane esamina la camera che l’ha vista crescere, imprimendo nella mente ogni minimo particolare: l’alto armadio, la cassettiera con due maniglie rotte, gli scaffali affollati di peluche impolverati, la scrivania un tempo piena di libri e quaderni, la televisione tristemente spenta, e di nuovo la valigia aperta sul pavimento, simile a un’immensa bocca spalancata che, muta, nasconde in sé l’ignoto futuro. Ad un certo punto l’assorto sguardo si posa sulla nitida immagine che si staglia sulla candida parete: è il poster di un cantante, divenuto spesso causa di dolci fantasie di giorno e di notte. Poggiando un ginocchio sul letto, Sara distende un braccio e con le dita sfiora la foto appesa al muro senza toccarla.

    I sogni non si devono toccare... si dice tra sé la ragazza, ritraendo la mano, mentre un nuovo pensiero si affaccia in lei squarciando la sua mente come un fulmine a ciel sereno:

    Lui vive a Roma...

    Un impetuoso vortice d’emozioni si scatena in un istante nel profondo del romantico cuore, nonostante per adesso le labbra possano accarezzare soltanto un astratto nome: Alessandro...

    Alessandro Sorani è per l’appunto il personaggio ritratto sul poster, e si tratta di un talentuoso cantautore trentenne che già da un po’ di anni riscuote un notevole successo nonostante i pareri contrastanti della critica. Da alcuni è stato superficialmente definito il classico bel tenebroso, forse per via del suo aspetto, anche se di tenebroso ad essere sinceri non ha proprio niente. I capelli corvini, mossi e ribelli, lambiscono le spalle e incorniciano il perfetto ovale del viso dai lineamenti delicati, mentre sotto le sopracciglia scure risaltano due splendidi occhi color smeraldo, espressivi e intriganti. Non è molto alto e non ha un fisico scolpito come quello di un atleta, è naturale e spontaneo nel suo modo di fare. Insomma, quasi quasi, ad incontrarlo per strada, potrebbe sembrare un tipo assolutamente normale... ma allora perché appare così speciale vedendolo immortalato su di un sottile foglio, tanto irraggiungibile quanto vicino al cuore?

    Repentinamente i verdi occhi di Sara mutano oggetto e si soffermano sulla chitarra appoggiata alla scrivania. In silenzio la ragazza le si avvicina, la solleva delicatamente quasi stesse cogliendo un fiore e, seduta sul letto, la tiene tra le braccia come fosse un bambino da cullare. Ha iniziato a suonare da qualche anno e adora farlo: ama esprimere in musica il proprio mondo interiore, ama passare ore tra amici cantando, o stonando, i suoi brani preferiti. Con le palpebre socchiuse, trasportata dai sentimenti sgorgati dal suo irrequieto animo, Sara lascia le mani libere di muoversi sulle corde, per intonare la soave melodia della memoria, e mentre le note si diffondono nella stanza, riaffiorano i ricordi della fatidica sera in cui i sette compagni stabilirono definitivamente di partire, dopo aver sfiorato per giorni tale pensiero tra legittimi dubbi ed entusiastiche aspettative. Un ultimo problema fu allora posto dal fidanzato di Silvia, Manuel, sguardo da bambino mai cresciuto che sa farsi severo e inquisitore quando serve, circondato il volto dal profilo greco da una riccia chioma castano chiaro: come persuadere i genitori ad assecondare il progetto repentinamente scaturito dalle menti dei loro figli?

    Sara smette di suonare e si perde a ricordare il momento in cui parlò in famiglia dell’idea sua e dei suoi amici. Le fu davvero difficile convincere mamma e papà ad accettare la sua scelta, anche perché lei stessa sentiva già la nostalgia di casa al solo pensiero di partire. L’immediata reazione di sua madre fu di infuriarsi manifestando apertamente, e ad alta voce, il proprio disappunto:

    «Ma come pensate di cavarvela da soli?! Siete degli incoscienti! Non sai com’è la vita a Roma?!»

    Suo padre invece, di natura più pacata e riflessiva, tenne per sé le proprie obiezioni, e Sara ebbe l’impressione che in qualche modo si rispecchiasse in lei, come avesse ritrovato nei suoi occhi la medesima speranza che aveva spinto lui da giovane a lasciare la famiglia per trascorrere diversi anni in Germania, alla ricerca di nuove esperienze. E quelli sì che erano tempi duri!

    Dopo essersi sfogata, anche la madre di Sara fu costretta a capitolare di fronte alla determinazione della figlia, ma riuscì tuttavia a strapparle una promessa: «Se ti accorgerai di aver bisogno di noi, chiamaci, mi raccomando. E ricorda che qui la porta per te sarà sempre aperta.»

    Fu un abbraccio a dichiarare chiusa la questione, un abbraccio accompagnato da poche salate lacrime, chissà se di gioia o di dolore...

    Sara posa la chitarra, piano si alza dal letto, sorridendo guarda la valigia sul pavimento e lentamente comincia a riempirla, più di speranze che di vestiti.

    Intanto, a passi felpati, nella camera entra la madre della giovane, desiderosa di passare con la figlia gli ultimi momenti prima dell’inevitabile separazione. La donna, premurosa, con mesta rassegnazione dice sottovoce: «Come ho fatto altre volte, vorrei aiutarti a preparare i bagagli, anche se poi non ti aiuterò a disfarli.»

    «Non è detto!» replica scherzosa Sara, più per consolare se stessa forse che sua mamma.

    Giunge la sera, l’ultima per Sara da trascorrere nel letto che l’ha vista diventare, da bambina, adulta... o quasi. In effetti, talora i suoi sogni sono ancora gli stessi di una bimba ingenua e spensierata, ma è così bello in fondo sognare!

    L’inquieta ragazza non riesce a starsene tranquilla tra le lenzuola e nervosa cammina al buio mordendosi le unghie. Per caso intravede nell’ombra, su di uno scaffale, un vecchio peluche, un coniglietto giallo senza un occhio, il regalo per il suo settimo compleanno. Sopraffatta dalla nostalgia lo afferra e lo stringe con affetto, quasi stesse abbracciando i suo cari, mentre passato e futuro si mescolano in lei creando nella sua mente un irrefrenabile moto di pensieri:

    Cosa farò nella mia vita? Non voglio restare qui, bloccata perennemente allo stesso punto, a impolverarmi come questo pupazzo. Non mi lascerò scappare le occasioni da sotto il naso, le devo cogliere al volo, le devo creare... Però... ho paura.

    Sì, è la paura Sara a renderti piccola come il tuo peluche. Non scordare che non ti butti da sola in questa avventura, ci sono i tuoi amici con te, non sei l’unica a essere spaventata!

    Lentamente, senza accorgersene, Sara si inginocchia a terra, accanto al letto. Sulle lenzuola adagia mollemente la testa e, con il suo coniglietto giallo tra le braccia, si addormenta, mentre Morfeo la accoglie nel suo onirico regno scacciando dalla mente qualsiasi pensiero.

    Quando, alla mattina, un furtivo raggio di sole si intrufola tra gli scuri socchiusi, Sara si sveglia completamente indolenzita. Stiracchiandosi si alza in piedi, si guarda intorno per prendere contatto con la realtà e infine esce dalla camera, alla conquista del suo futuro, incurante del vecchio pupazzo abbandonato sul freddo pavimento accanto alla valigia ormai pronta e finalmente chiusa.

    Durante la colazione non vola una mosca, nessuno apre bocca, e d’altronde le parole sarebbero superflue: non ha bisogno di prolissi discorsi l’amore per rivelarsi. Sono sguardi malinconici e colmi d’affetto quelli rivolti a Sara dai suoi genitori, e lei non li dimenticherà mai, mentre è uno sguardo traboccante di fiducia e velato di nostalgia quello che invece marito e moglie ricorderanno sul volto della loro adorata figlia.

    La fatidica ora della partenza arriva. L’aeroporto, enorme ammasso di cemento esteriormente antiestetico e tetro, brulica al suo interno di gente che corre qua e là con la mente offuscata dall’ansia di partire, o tornare, luogo di addii e incontri, pervaso di speranze e malinconia come sono ora i cuori di Sara e dei suoi amici. All’appello mancano solo Manuel e Silvia, l’appuntamento con loro infatti è a Fiumicino, dove la coppia arriverà sfruttando la capiente monovolume lasciata in eredità a Manuel da suo nonno paterno.

    Al momento dei saluti, qualche lacrima sfugge perfino all’imperturbabile Guido, e in fondo è normale: non è facile staccarsi da posti e persone care, ma per raggiungere i propri obiettivi e scoprire se stessi è necessario fare certi sacrifici, nella consapevolezza comunque che nessun addio è definitivo se noi non vogliamo che lo sia.

    L’aereo, pesante e massiccio in apparenza, si libra leggero nel cielo e chi da terra lo osserva lo vede rimpicciolirsi fino a divenire un invisibile puntino tra le nuvole. Monia, sbirciando dal finestrino, si gode il panorama. Sara, al contrario, soffrendo un terribile mal d’aria, impallidisce sempre di più, e quando Giorgio, preoccupato, le offre una caramella per tirarla un po’ su, al solo pensiero di mettere in bocca qualcosa la poverina si sente male e deve correre in bagno. Quando torna a sedersi Sara è bianca come un fantasma e perfino i suoi occhi sembrano aver perduto il loro vivido colore. Assalita dalle fin troppo premurose cure dei compagni, con espressione esageratamente tragica, quasi fosse l’eroina di un melodramma, la ragazza supplica d’essere lasciata in pace, e l’unico risultato che ottiene è di dover ascoltare le assurde barzellette raccontate da Stefano e Giorgio, alle quali riescono a ridere soltanto loro!

    Una volta scesa dall’aereo, Sara si sente rinascere, riacquista di colpo il suo roseo colorito e vorrebbe addirittura correre, saltare, gridare. Riunitisi anche Manuel e Silvia agli amici, l’allegra combriccola si dirige in auto verso la nuova casa che d’ora in poi li ospiterà. Si tratta di una villetta singola su due piani, con garage, cantina e un piccolo giardino sul retro. I muri esterni recano visibili i segni del tempo: in certi punti l’intonaco è scrostato e si intravedono chiaramente i sottostanti mattoni, mentre vistose macchie d’umidità risaltano sotto i davanzali delle ampie finestre dagli scuri in legno. Il grande portone d’ingresso, color ebano, con la sua maniglia di bronzo, sembra rivolgere un silente invito a entrare, e questo invito Sara e i suoi amici sono pronti ad accettarlo.

    Monia, dopo aver riaperto i contatori in garage, varca per prima la soglia di casa e accende la luce. L’ingresso si apre direttamente sullo spazioso salotto. I mobili sono coperti da lenzuola impolverate, simili a spettri di un passato dimenticato. Curiosando in giro Silvia cade prigioniera di un’enorme ragnatela e si mette a urlare terrorizzata. Sul pavimento in marmo, ormai opaco, si scorge appena il disegno geometrico delle mattonelle. Le pareti spoglie, totalmente prive di quadri, contribuiscono a rendere particolarmente squallida e malinconica l’atmosfera. Da anni nessuno mette piede nella vecchia casa, ci sarà da lavorare sodo per renderla abitabile!

    Il principale interesse di Giorgio tuttavia è il frigorifero, e vederlo così tristemente vuoto e buio è per lui un trauma tale da spingerlo a precipitarsi al più vicino supermercato per far provviste. Gli altri ragazzi invece pensano a come organizzarsi per le pulizie, e tanto per cominciare spalancano tutte le finestre, mentre attendono il ritorno di Monia e Silvia, uscite per andare a comprare detersivi e quant’altro.

    Rincasato anche Giorgio dal suo pellegrinaggio in cerca di cibo, di comune accordo l’affiatato gruppo stabilisce di andar a mangiare una pizza per poi tornare e rimboccarsi le maniche.

    Consumato un pranzo veloce, il pomeriggio viene dedicato ai lavori domestici, ma in compagnia perfino le faccende di casa possono risultare divertenti! Lenzuola che volano da una parte all’altra, spruzzi d’acqua ovunque, scene esilaranti degne d’un film comico: insomma, risate a volontà!

    Nella foga della fervente attività, Sara viene improvvisamente travolta da un gigantesco telo di cotone, Giorgio si ritrova un piumino per spolverare come cappello, Manuel tenta di schivare le ragnatele capitandoci puntualmente in mezzo. Monia ride in continuazione, finché non finisce con un piede dentro un secchio d’acqua che non si era accorta di avere alle spalle. Stefano invece, intento a sistemare gli scaffali della credenza, se ne becca uno dritto in testa quando era ormai convinto di averlo aggiustato.

    Alla sera dell’impegnativa giornata la casa ha assunto un aspetto vagamente abitabile, anche se di lavoro ce n’è ancora un bel po’ da fare, mentre Sara e compagni sono talmente stanchi che nemmeno riescono a raggiungere un letto e crollano addormentati dove capita: sul divano, sulle scale, sul pavimento.

    Il mattino successivo vengono consegnati ai ragazzi i bagagli più voluminosi che erano stati affidati a una ditta di traslochi, ma in questa nuova giornata da riordinare non sono tanto gli scatoloni appena arrivati, quanto piuttosto le idee, confuse dai repentini cambiamenti verificatisi in poco tempo.

    Giorgio è tra tutti il più determinato a voler cercare un lavoro: non è portato per lo studio, non fa per lui l’università, non l’ha mai iniziata. Al termine delle superiori, all’incirca quattro anni or sono, si è subito cimentato in svariate attività, muratore, fattorino, rappresentante, senza mai risparmiarsi. La fatica non lo spaventa, per lui l’importante è darsi da fare e non restare con le mani in mano, anche se in cuor suo custodisce da sempre un sogno: gli piacerebbe lavorare come tecnico del suono e delle luci nei concerti, vorrebbe poter sfruttare il suo innato estro per creare rutilanti giochi di luci e perfetti suoni durante gli spettacoli di artisti di successo.

    In visita all’università si recano invece una mattina gli altri membri del gruppo, a distanza di una settimana circa dal loro arrivo a Roma. Monia non è sicura di poter proseguire gli studi: se riuscisse a vincere il concorso canoro, non avrebbe molto tempo da dedicare ai libri. E dal canto suo anche Sara è titubante, non è più tanto convinta di voler passare anni sui libri, non sa se è davvero questa la sua strada, vorrebbe realizzare grandi cose, ma forse non crede abbastanza in se stessa per farlo, o magari è il coraggio di rischiare che le manca. Immersa nei suoi pensieri, la ragazza osserva gli studenti entrare e uscire dalle aule, in un caotico viavai, chiedendosi se tra qualche mese farà di nuovo parte anche lei del popolo universitario. Al momento per fortuna siamo solo a giugno, di tempo per decidere se iscriversi o meno ce n’è!

    Di nuovo tutti riuniti a casa per pranzo, davanti a dei fumanti piatti di pastasciutta, i sette compagni discutono dei loro futuri progetti. Stefano è il più tranquillo: con la scusa che la sua famiglia è a Roma, lui si sente decisamente con le spalle coperte. Giorgio invece è soddisfatto del lavoro che ha trovato in una tavola calda, lieto di aver avuto una volta tanto un colpo di fortuna scovando nel giro di pochi giorni un impiego ben retribuito. Guido, al solito guastafeste con le sue ponderate riflessioni, pone il problema di come provvedere alle numerose spese della casa: non si può approfittare troppo del supporto economico dei genitori, bisogna trovare il modo di arrangiarsi. Tutti partecipano alla vivace discussione esprimendo personali idee e considerazioni, tutti tranne Sara, che appare inspiegabilmente silenziosa. Lei, sempre pronta a scherzare e ravvivare l’atmosfera con la sua naturale e spontanea allegria, lei, che cerca di vedere il lato positivo in ogni situazione, proprio lei ora se ne sta zitta zitta, con l’assorto sguardo perso nel vuoto, e alla domanda di Silvia riguardo ai suoi progetti per il prossimo futuro, reagisce uscendo dalla cucina, muta come un pesce, senza nemmeno aver toccato cibo. I suoi amici sono stupiti dal suo anomalo comportamento e si lanciano l’un l’altro occhiate perplesse e incredule.

    Dopo poco ecco provenire dal salotto una musica conosciuta: Sara sta suonando con la chitarra uno degli ultimi brani del cantante da lei tanto ammirato, e immediatamente Monia e Silvia la raggiungono per capire il motivo del suo turbamento.

    «Se hai dei problemi parlane con noi» esordisce premurosa Monia, assecondata da Silvia: «Siamo preoccupati per te, ultimamente non riusciamo a capirti.»

    La diretta interessata posa la chitarra sul divano e sorridendo rassicura le compagne preoccupate: «Veramente da un po’ non mi capisco nemmeno io. Ho un gran caos in testa, non so cosa fare. Capita a tutti di avere dei dubbi, e stavolta è capitato a me. Niente di grave, tranquille... e poi, con delle amiche come voi...»

    Sara aveva assoluto bisogno di confessare a qualcuno le proprie perplessità e adesso sta meglio, si è tolta un macigno dal cuore: che liberazione!

    Poi, di punto in bianco, una fulminea idea illumina la mente e gli occhi di Monia, che senza la minima esitazione se ne esce con un’inattesa proposta: «Ascolta, Sara, domani, se non hai impegni, perché non vieni con me? Devo sbrigare le ultime pratiche per partecipare al concorso e devo andare agli studi della radio che l’ha organizzato. Se abbiamo fortuna potremmo incontrare dei personaggi famosi!»

    Sara ride, finalmente, e volentieri accetta il gradito invito, infondendo la sua sincera allegria anche alle care amiche.

    Intanto in salotto fanno la loro comparsa gli altri membri del gruppo, e tra loro il primo ad aprir bocca è Stefano, con il suo abituale giocoso atteggiamento: «Volete escluderci dai vostri pettegolezzi? Sicuramente stavate chiacchierando di attori o vestiti!»

    «Comunque non di voi!» ribatte prontamente Silvia.

    Guido si avvicina alla sua pianola e suggerisce a Sara di prendere la chitarra per cimentarsi con lui in un improvvisato duetto: non c’è nulla di meglio della musica per rilassarsi e scordare i problemi! Monia logicamente sfodera la sua abilità canora, mentre Manuel costringe la povera Silvia a scatenarsi in un buffo balletto. Anche Giorgio dà il proprio contributo e, seguendo il ritmo dettato dai compagni musicisti, batte le mani sul tavolo come fosse un tamburo.

    «Che bel complesso!» esclama Stefano, subito colpito da una provocatoria domanda di Sara: «Se noi siamo un complesso musicale, quale sarebbe il tuo ruolo, visto e considerato che non stai facendo niente?»

    «Io sono il manager!» risponde a tono il sagace giovane, scatenando inevitabilmente una risata collettiva.

    II

    Nasce un nuovo giorno e in questa mattina, nella casa romana, non si capisce se sia più agitata Monia al pensiero del concorso ormai vicinissimo o Sara all’idea di poter incontrare il suo adorato Alessandro visitando con l’amica gli studi radiofonici.

    Fatta una veloce colazione, le due si dirigono quasi volando verso la loro meta: che emozione! Per differenti motivazioni i loro cuori sembrano impazziti, e seguendo con i passi il convulso susseguirsi dei battiti, le ragazze varcano la soglia dell’imponente edificio in cui si trova la sede dell’emittente radiofonica promotrice del concorso canoro per voci nuove. Spaesate si guardano intorno, minuscole pedine smarrite in un’enorme scacchiera. In teoria Monia sa dove deve andare, ovvero allo studio numero 5, ma è talmente felice che ha il cervello totalmente annebbiato. È una gomitata di Sara a ricondurla bruscamente alla realtà, e così le due amiche salgono al primo piano avventurandosi poi per un lungo e stretto corridoio, sul quale si affacciano una miriade di porte chiuse, tutte uguali: quale sarà quella giusta? Inutile sperare di ricevere un aiuto, non c’è anima viva in giro. Dunque, ci sono due possibilità: o tornare indietro per chiedere indicazioni alla reception, cosa che forse era da fare fin dal principio, o tentare la sorte entrando in una stanza qualsiasi. Monia, impulsiva e irruente, non solo non bussa prima di spalancare a caso una porta, ma addirittura spinge avanti la compagna al proprio posto.

    Sara rimane pietrificata quando si trova di fronte proprio Alessandro Sorani: è vero che sperava di incontrarlo, ma non è esattamente questo il tipo di incontro che aveva immaginato! La ragazza sente il viso andarle in fiamme e china la testa in preda all’imbarazzo, mentre la sua amica, impaziente di trovare il fantomatico studio numero 5, sbuca alle sue spalle.

    Alessandro saluta le sconosciute con un gentile «Buongiorno», e loro ricambiano con uno stentato e incerto «Salve...», senza sapere che altro dire o fare.

    Monia, accortasi degli occhi furibondi della compagna che la puntano minacciosi, pensa bene di rimediare a modo suo al guaio combinato e corre via trascinando con sé per un braccio la sua malcapitata complice. Le due arrivano trafelate in fondo al corridoio e, dopo aver ripreso fiato, sollevando appena gli occhi si accorgono di avere sotto il naso proprio lo studio numero 5, come chiaramente indicato dalla vistosa targa che risalta sulla porta.

    Sara, rossa in viso ora per la rabbia e non più per l’imbarazzo, con un minaccioso sguardo aggredisce Monia: «Mi butti in una stanza senza sapere chi ci sia dentro e poi mi fai scappare come una matta?! Cosa penserà Alessandro? E non ho nemmeno potuto chiedergli un autografo!!»

    «Eri muta e sembravi un pomodoro» si difende l’altra, «se volevi rimanere là potevi dirlo!»

    Improvvisamente Monia scoppia a ridere e con la sua risata contagia l’amica.

    «Che figuraccia!» esclamano insieme divertite, ripensando all’espressione incredula e sconcertata del cantante quando gli sono piombate davanti come due pazze!

    Recuperata la calma, le giovani si separano: una oltrepassa la soglia dello studio numero 5, l’altra aspetta pazientemente fuori.

    Socchiudendo le palpebre, Sara rivede lo stupendo volto di Alessandro e sente ancora su di sé i meravigliosi occhi verdi dall’ammaliante luce, anche se un’ombra offusca la memoria di quel magico momento: al di là dello stupore e dell’inevitabile imbarazzo, Sara ha provato davanti al cantante una strana sensazione, un raggelante brivido lungo la schiena, non d’emozione, bensì di paura, quasi un triste e arcano presagio. Dura poco però tale dubbio nella sognante anima, cancellato in un attimo dalla vivida memoria di quanto accaduto. Quant’era bello Alessandro, vicino, vicinissimo, tanto che le mani di Sara tremavano alla sola idea di poterlo sfiorare: era lì, immobile, come in una foto, ma vivo, in carne e ossa. Troppo breve è stato tuttavia il fatale incontro, svanito nella nube d’un dolce ricordo, e probabilmente è stata tale fugacità a renderlo indimenticabile, impedendo di scordare l’attimo di realtà rubato a un’illusione.

    Monia tarda a uscire e Sara, annoiata, cammina avanti e indietro, finché la sua attenzione non cade su di un manifesto affisso alla parete: si tratta di un concorso per trovare una ragazza che rappresenti la naturale freschezza di un nuovo profumo. Sara sorride, per un secondo aveva immaginato di partecipare alle selezioni, ma subito ha accantonato tale idea, ben sapendo di non essere portata per cose del genere. A sorpresa però, mentre è intenta a rimuginare tra sé, le si avvicina un uomo di mezza età, barba e capelli grigi, sguardo severo, che dopo averla osservata attentamente, con estrema sincerità e gentilezza le consiglia di iscriversi alle selezioni. Sara, stupita, squadra intimorita lo sconosciuto e preso coraggio gli confessa di non essere adatta a simili esperienze. L’uomo sospira rassegnato, ma prima di andarsene decide comunque di dare un’informazione non richiesta nell’intento di catturare la curiosità della restia ragazza: «Se dovesse cambiare idea, i moduli per l’iscrizione sono nell’ufficio qui di fronte.»

    Sara ringrazia ed educatamente saluta, tornando poi a leggere il manifesto sul muro: in fondo, tentar non nuoce!

    Quando Monia esce dallo studio numero 5, la sua amica è sparita. Dove si sarà cacciata? Dopo qualche minuto la vede sbucare da una delle tante porte che si affacciano sul lungo corridoio.

    Intuita la curiosità della compagna, Sara precede ogni domanda e indica semplicemente il bando di concorso appeso alla parete. Monia, recepito al volo il messaggio, si congratula entusiasta per la bella iniziativa e si augura, o meglio dà quasi per scontato, che questa avrà un esito positivo.

    Impazienti di raccontare a tutti le loro vicissitudini, le due giovani si precipitano a casa, ma il loro slancio si arresta fuori dal portone d’ingresso della villetta, davanti al quale avviene l’imprevisto incontro con una coppia di micetti abbandonati. Avvicinandosi il periodo delle vacanze, purtroppo tanti animali domestici vengono malamente scaricati per strada da padroni senza scrupoli: oltremodo infastidita da tale pensiero, Monia si china accanto ai gattini e teneramente li prende in braccio, proponendo a Sara di occuparsi di loro insieme agli amici. Quindi le due ragazze, confidando nella totale disponibilità dei coinquilini, entrano in casa con le spaurite bestiole.

    A quanto pare al momento non c’è nessuno nella villetta e Sara si offre di uscire a comprare il necessario per curare i soffici batuffoli di pelo che miagolano affamati. Nel frattempo, Monia si propone di cercare il numero di telefono di un veterinario nelle vicinanze per far visitare i trovatelli e sbrigare subito il problema delle vaccinazioni. I cuccioli, uno rosso, l’altro grigio fumo, via via prendono confidenza con l’ambiente e, iniziando a sentirsi al sicuro e protetti, si mettono a giocare con una pallina di carta. Si potrebbero passare giornate intere a osservarli saltellare qua e là, o correre ovunque veloci come saette. I morsi della fame però tornano a farsi sentire e le due creaturine, con languidi occhioni, fissano Monia, emettendo flebili miagolii. Fortunatamente Sara fa presto ritorno con un sacchetto pieno di vettovaglie per i piccoli ospiti, e loro si avventano sulla ciotola con il cibo mordendo le dita di Sara nel loro impetuoso slancio.

    Prima che il resto degli abitanti della villetta rientri per pranzo, i micini vengono nascosti: bisogna agire con cautela e furbizia per far accettare a tutti senza proteste le tenere bestiole. La due scaltre complici preparano perciò un succulento pranzetto, mostrandosi stranamente gentili e servizievoli con gli amici a mano a mano che questi arrivano a casa. La compagnia

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