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MAFIA
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E-book274 pagine3 ore

MAFIA

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Info su questo ebook

Thomas Angelo era un semplice tassista, ma non era questa la vita che il destino aveva in serbo per lui.
Mai avrebbe immaginato che la sua vita sarebbe cambiata radicalmente diventando un affiliato della Mafia.
Rispettato dalla Famiglia, temuto dai nemici.
Pronto a risolvere i problemi a modo suo.

Tratto dall'omonimo videogioco, immergiti nell'America criminale degli Anni '30 dove a Lost Heaven, l'unica cosa che conta, è la Famiglia.
LinguaItaliano
EditoreZane
Data di uscita23 apr 2018
ISBN9788828313922
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    Anteprima del libro

    MAFIA - Francesco Zane

    EPILOGO

    PROLOGO

    22 Agosto 1938

    Il treno per Central Island partì con qualche istante di ritardo; ci vollero pochi minuti per arrivare alla stazione di Giuliano Street.

    Il detective lo aspettava nel bar sotto il ponte. Una topaia poco frequentata.

    Un caldo soffocante opprimeva la città di Lost Heaven da due settimane. Quel giorno l’atmosfera era ancora più afosa, asfissiante. 

    Thomas Angelo, un uomo tutto d’un pezzo, alto, muscoloso, scaltro ed arguto stava per incontrarsi con il detective della polizia di Lost Heaven.

    L’aveva contattato qualche settimana prima: era molto preoccupato, quasi ansioso.

    C’era poca gente per strada; erano quasi le una del pomeriggio e ancora tutti erano a tavola.

    Non aveva mangiato; camminando sul marciapiede, poteva sentire il tintinnio delle posate sui piatti di ceramica. Gli vennero alla mente i piatti che sua madre gli preparava negli anni dell’adolescenza. Erano già passati cinque anni dalla sua morte ma lui la ricordava con estrema tenerezza. Una donna serena, ma con regole rigide nei confronti dei propri figli. Li aveva cresciuti praticamente da sola; il padre era morto in guerra, sulle montagne del Carso in Italia. Dopo che il Regno d’Italia, uscito dalla Triplice Alleanza, prese contatto e si alleò con Francia, Gran Bretagna e Russia, dichiarò guerra all’Austria-Ungheria nel maggio del 1915. I combattimenti cominciarono subito, e arroccati in trincee sulle alture, cercavano di sopravvivere per fermare l’invasore. Il padre di Thomas morì in un’azione di avanzamento, nel tentativo di guadagnare pochi metri tattici, così li avevano chiamati, utili alla vittoria. Sta di fatto che la povera donna rimase da sola con tre figli da crescere.

    Emigrati in America, nei mesi successivi alla notizia della morte del padre, si stabilirono nella città di Lost Heaven. Fortuna che il fratello maggiore, Vincenzo Antonio allora ventenne, si rimboccò le maniche ed aiutò la madre a crescere Alfredo e Thomas: il più piccolo. Aveva solo quindici anni ma sapeva il fatto suo.

    Il pensiero e i ricordi del passato svanirono quando lo stomaco di Thomas brontolò e la salivazione aumentò nel sentire un profumo di carne alla brace uscire dall’ennesima finestra aperta.

    Era ormai vicino al bar dove si erano dati appuntamento.

    In lontananza, fuori dalla porta di quella topaia, appoggiato al muro, scorse la sagoma del detective.

    Si avvicinò lentamente, guardandosi attorno. Verificò di non essere seguito prima di presentarsi al poliziotto.

    Il detective Norman Benson del Dipartimento di Polizia di Lost Heaven, era, come Thomas, alto e ben piazzato. Doveva essere intorno ai quaranta per via delle prime rughe attorno al naso e le zampe di gallina piuttosto profonde attorno agli occhi.

    I capelli di un biondo ormai spento, slavato, tendente al bianco, lo facevano sembrare più vecchio.

    Quando erano ormai a meno di un metro l’uno dall’altro, il detective entrò nel bar seguito subito dietro da Thomas. L’atmosfera del bar era ancora più calda e soffocante della canicola estiva; a peggiorare le cose il denso fumo di sigarette che saturava la poca aria ancora respirabile.

    Il detective si sedette all’ultimo tavolo, proprio vicino ad un camino sporco di fuliggine. La vista di quel caminetto fece saltare alla mente di Thomas lo scorso inverno, passato assieme a sua moglie e sua figlia; quest’immagine gli diede ancora di più la convinzione che era ora di mettere la parola fine a quanto aveva fatto fino a due mesi prima.

    Scusi il ritardo, ma non volevo che qualcuno mi vedesse. Lei capisce… 

    Benson gli fece cenno di sedersi.

    Buongiorno. Cosa vi posso portare? chiese la cameriera.

    Un caffè. disse velocemente il detective.

    Anche per me disse subito Thomas.

    Arrivano subito.

    Di solito non frequento quelli come te. disse il detective con aria scocciata.

    Ho un affare da proporle, detective.

    Non sono un uomo d’affari, e anche se lo fossi non li farei certo con tipi come te.

    Nemmeno io di solito faccio affari con quelli come lei. Ma questo è un accordo particolare, conveniente per lei e i suoi superiori. E anche per me. Riguarda certi traffici.

    Traffici?

    Beh, diciamo che ho una posizione di responsabilità in un’organizzazione non propriamente legale; il genere di organizzazione sulla quale gente come lei vorrebbe sapere di più. E io, invece, per diversi motivi non voglio più essere…

    Stava arrivando la cameriera con i caffè così Thomas scelse di interrompere il discorso.

    Non voleva far sentire a nessuno se non al detective cosa stava dicendo.

    Ecco il vostro caffè signori!

    La cameriera era una ragazza molto giovane, attraente e solare. Sembrava proprio apprezzare il suo lavoro.

    Grazie… dissero i due uomini quasi all’unisono.

    Quando la donna fu abbastanza lontana, Thomas riprese il suo discorso iniziando a mescolare il caffè fin troppo energicamente rischiando di farne uscire la metà sul piattino di porcellana sbeccato ed ingiallito.

    … Ho ragioni personali per non voler essere più associato a questa organizzazione. Certo, non è facile uscire dal giro, se capisce cosa intendo…

    Ho una mezza idea di quello che vuoi dire: se non sparisci alla svelta, ti becchi una pallottola in testa, giusto?

    Non è la sola ragione; lei ha figli, detective? Io ho una moglie e una figlia. Non voglio che abbiano problemi per causa mia.

    Niente protezione per i criminali che infangano la società… Potevi pensarci prima ai bambini, quindi…

    Certo, certo… Ma io non chiedo nessun regalo; quindi, ecco la proposta: Ennio Salieri… le dice niente?

    Salieri?! Altro che, hai a che fare con lui?

    Diciamo di sì, lavoro per lui da diversi anni. Adesso vuole disfarsi di me; proteggete me e la mia famiglia, vi dirò tutto: nomi, date, cifre, tutto quanto. Abbastanza da sbatterlo al fresco a vita.

    Non sono Babbo Natale; se vuoi che ne parli al mio superiore devo sapere tutto… e devo esser certo che deporrai in tribunale.

    D’accordo. Le racconto tutta la mia storia: tutto ciò di cui mi sono occupato nel corso degli anni.

    Sono tutto orecchi…

    CAPITOLO 1

    Un'Offerta che non si può Rifiutare

    16 Giugno 1930

    "Lavoravo come tassista. Non guadagnavo abbastanza e faticavo dal tramonto all’alba, ma ero contento di avere un lavoro.

    Era un brutto periodo quello: dopo la crisi del ’29, l’economia era in lenta ripresa, troppo lenta per me anche se c’era parecchia gente che stava peggio.

    Fu grazie al taxi che incontrai gli uomini di Salieri la prima volta.

    Quella sera non ero di servizio, me ne stavo per i fatti miei e all’improvviso sentii uno schianto…"

    Thomas si girò di scatto verso l’angolo della strada: un uomo vestito con uno smoking nero e una camicia azzurra, barcollò e si appoggiò al cantonale.

    Sam! Mi hanno beccato, fanculo! esclamò una seconda voce.

    Sta’ zitto e muoviti, c’è un taxi, siamo a posto! disse alzando la pistola su Thomas.

    Il tassista capì subito che quelli avevano bisogno di filarsela.

    Lasciò cadere la sigaretta a terra; nell’impatto si spense non prima di aver gettato qualche stizzone ardente a qualche centimetro di distanza.

    Muoviti, svelto! esclamò il primo uomo, vedendolo paralizzato, spingendo Thomas verso la portiera della sua auto.

    L’altro sbucò dal vicolo: era più basso, vestito con una giacchetta grigia; era meno elegante del primo gangster.

    Fece qualche passo e poi cadde per la ferita sanguinante alla gamba.

    Il suo compare tornò indietro in aiuto.

    Salirono tutti in auto.

    Dove si va? chiese condizionato dalla solita routine.

    L’ometto, incazzato, gli puntò la pistola.

    Dove ti pare! Ma veloce. Basta che vai veloce!

    Aveva un accento che gli ricordò la Sicilia, a differenza dell’altro uomo che sembrava essere del posto.

    Ancora frastornato e confuso, partì lasciando metà dei copertoni sull’asfalto.

    Fece pochi metri accorgendosi di avere il motore completamente fuori giri: era ancora in prima marcia.

    Ingranò la seconda e diede uno sguardo nello specchietto retrovisore; non sapeva cosa avrebbe visto oltre il lunotto posteriore della sua Dictator così, quando vide un'altra auto sfrecciare a tutta velocità nella loro direzione con tre uomini sporti dal finestrino, armati di pistole, capì che la cosa era seria.

    Apri bene le orecchie. Dobbiamo seminare quegli stronzi che ci inseguono sennò siamo fottuti, te compreso. Capito? Dacci dentro, ragazzo! disse Paulie, il gangster ferito alla gamba.

    Si fece coraggio ed iniziò a sfuggire ai suoi inseguitori entrando in un vicolo ed uscendo da un altro, cercando un modo per farli andare a sbattere.

    Non farli superare! si agitò Sam.

    No di certo! ribatté Tom.

    I tre gangster che per un attimo avevano smesso di sparare, ricominciarono a pieno regime.

    Il taxi stava per essere crivellato di colpi, lo specchietto andò in frantumi ed anche il lunotto posteriore fece lo stesso.

    Tom si abbassò per paura di beccare qualche proiettile; sbandò incredibilmente rischiando di andare a sbattere contro un'altra macchina che sopraggiungeva nel verso opposto.

    Sam, che era al suo fianco, tirò lo sterzo verso destra evitando l’impatto.

    Svegliati, brutto idiota! Non voglio essere ammazzato da quelli dietro di noi, e di certo non ci ammazzerai tu! Guida come si deve o ti prendi un buco in testa!

    Ah sì!? Bene, spara allora!! Tom sembrava sull’orlo di una crisi di nervi ed invece li stava mettendo alla prova.

    È questo che vuoi!?

    Sì, così poi vediamo chi guida questo maledetto taxi!

    Se è per questo posso guidare anche io!

    Sam gli avvicinò il revolver alla tempia ed iniziò a premere il grilletto, il cane si stava alzando quando la macchina degli inseguitori affiancò il taxi speronandolo. Tom si girò di scatto: stavano per fare fuoco all’interno del taxi.

    D’istinto frenò bruscamente, facendogli sparare un colpo a vuoto.

    Sam ritrasse prontamente la pistola, non aveva intenzione di sparare a Tom e vista la scena si convinse che c’era ancora una possibilità per uscire da quell’inferno.

    Si sporse dal finestrino destro e fece fuoco con la sua Magnum verso l’altra auto, uccidendone uno.

    La macchina si mise di traverso per ostacolare il taxi, ma invece di frenare, Tom accelerò speronando la ruota posteriore.

    Cercò quindi di tenerlo in modo da non uscire di strada: ce la fece per un pelo.

    Guardò nello specchietto retrovisore: l’altra macchina era ancora ferma e diventava sempre più piccola fino a scomparire quando Tom cambiò strada.

    Bene, bravo, disse Sam soddisfatto ora portaci al bar di Salieri, si trova nel quartiere di Little Italy a nord ovest della città.

    Ok, spero solo di non incontrare altri cazzoni armati.

    Ci stai dando dei cazzoni!? sbraitò Paulie.

    No, voglio dire… gli altri cazzoni…

    I due risero di gusto.

    Tom li guardò non capendo perché ridessero. Fino ad un attimo prima stavano rischiando di morire ed ora, vedendoli ridere, non ci capiva più nulla.

    D’altro canto probabilmente le loro risate, o forse l’adrenalina che si stava lentamente abbassando, fecero abbozzare una risata anche a lui.

    Dai guida!

    Sam era diventato di colpo serio; gli diede una piccola spinta alla spalla.

    Tom cancellò completamente il sorriso e si concentrò sulla strada.

    L’auto tremava e sobbalzava, e più dei cinquanta chilometri l’ora non andava. In più, come se non bastasse, tendeva tutta a destra.

    Sarà stata la botta che ho dato all’altra macchina… pensò.

    Dopo alcuni minuti di faticosa guida, Paulie, il piccoletto dei due, gli indicò il bar di Salieri.

    Accostò al marciapiede della carreggiata opposta all’ingresso del locale.

    I due scesero.

    Eccoci a casa! Aspetta qui amico: Sam ti deve dare qualcosa da parte del signor Salieri.

    Tom spense il motore.

    Grazie dell’aiuto, eh! aggiunse guardando all’interno dell’abitacolo da quel che rimaneva del finestrino.

    Tom volle scendere da quell’auto. Le orecchie fischiavano e gli spari gli rimbombavano ancora nel cervello. L’adrenalina, che finora l’aveva sorretto, andava esaurendosi; le gambe tremanti non lo ressero e si inginocchiò per un attimo prima di trovare la forza per alzarsi.

    Appoggiò le mani sul cofano bollente e fece due respiri profondi cercando di calmarsi.

    Mise le mani nel taschino per prendere il pacchetto di sigarette.

    Con le mani tremanti, accese una sigaretta, forse il tabacco lo avrebbe calmato.

    Dopo qualche boccata, già si sentì più tranquillo. Alzò gli occhi al cielo nel tentativo di vedere qualche stella in quella calda notte.

    Già… proprio una notte calda pensò.

    L’atmosfera cambiò bruscamente quando sentì il tintinnio del campanello della porta del bar aprirsi.

    Sam stava uscendo; la mano sotto la giacca.

    Il cuore di Tom accelerò all’impazzata, subito pensò che presto sarebbe morto dato che è risaputo che i mafiosi non vogliono nessun testimone.

    Però li ho aiutati… cercò di rincuorarsi.

    Stava pensando di montare in macchina in fretta e scappare, ma in quelle condizioni non poteva partire tanto facilmente.

    Ad ogni modo il suo pensare non fece altro che fargli perdere tempo: Sam era ormai a due passi da lui. A quel punto estrasse la mano da sotto la giacca.

    Tom chiuse gli occhi, ma non sentì sparare. Riaprì gli occhi e vide che gli stava porgendo un pacchetto giallo.

    Il signor Salieri ti ringrazia, ed anche io e Paulie. Ti manda un piccolo compenso per i danni alla macchina e per il disturbo. Dovrebbe bastare.

    Tom era sbalordito e dopo aver deglutito per cercare di inumidire la gola riarsa dalla paura, riuscì a sbiascicare qualche parola di ringraziamento completando con un sorriso tiratissimo.

    Il signor Salieri ha detto pure che è in debito con te. Se ti serve qualcosa vieni quando ti pare, perché lui non dimentica gli amici che gli danno una mano. Se ti dovesse interessare, potremmo persino trovarti un lavoro. La paga è buona: c’è sempre posto per gente in gamba.

    Ok, ci penserò, grazie, davvero. Ora però devo andare… la macchina da riparare e tutto il resto…

    Certo, capisco… pensaci su.

    Detto questo, si allontanò dal veicolo e rientrò nel bar ormai chiuso.

    Ritornai a casa e quando aprii la busta, quasi mi venne un infarto. C’era molto più del necessario per le riparazioni. Ma non presi in considerazione l’offerta. Non mi andava di mettermi con la malavita, anche se avevano tutti quei soldi. Meglio essere povero e vivo che ricco e morto. Volevo dimenticare la cosa al più presto. Come diceva sempre mia madre, le vie del Signore, sono misteriose.

    CAPITOLO 2

    L'Uomo che Corre

    "La mattina seguente, dopo la sfuriata del mio capo, ritornai al mio solito lavoro da tassista, come se quella notte non fosse accaduto nulla.

    Il mio capo, contrario ad avere la protezione dei mafiosi, prese tutti i soldi per le riparazioni e mi lasciò il taxi di Steven che era malato, o così mi avevano detto… erano due settimane ormai che non si faceva vedere.

    Quel giorno riuscii a portare cinque clienti: una miseria. Inoltre tutti volevano andare dall’altra parte della città da dove si trovavano: il primo, salito a Central Island, voleva andare al Pompei Bar ad Hoboken, un altro da Hoboken voleva andare all’ospedale di Downtown. Poi la donna che presi all’ospedale voleva andare a teatro, al Central Island Theater e voleva arrivarci in due minuti per l’inizio dello spettacolo; per chi mi aveva preso? Non avevo in mano una macchina da corsa! Il quarto poi, di nuovo da Central Island lo portai a Downtown, alla chiesa e pretese facessi un giro assurdo perché voleva salutare sua moglie che lavorava in sartoria. Infine l’ultimo, salito due metri dopo la chiesa, mi chiese di andare a Little Italy al parcheggio del Centro Dipartimentale. Una volta arrivati, esausto di girare, mi fermai per fare una pausa."

    Tom andò nel bar vicino e ordinò un caffè. Si sentiva seguito.

    Senza dare nell’occhio cercò di scrutare i clienti del bar in cerca di qualche faccia sospetta.

    Nessuno però sembrava essere particolarmente strano.

    Probabilmente sono ancora scosso da ieri sera. pensò.

    Bevuto il caffè tornò in direzione della macchina deciso a rilassarsi un istante per poi ripartire cercando di beccare qualche altro cliente; non poté far a meno di notare che non era lontano dal Bar di Salieri.

    Si sedette in auto cercando il pacchetto di sigarette dal taschino della camicia.

    Ad un tratto due uomini alti e vestiti con uno abito nero, sbucarono a fianco della macchina e cominciarono a prenderla a mazzate.

    Ti abbiamo beccato! disse uno di loro aprendo la portiera della macchina.

    Presero Tom per un braccio e lo strattonarono fuori dall’abitacolo.

    Il signor Morello è decisamente seccato. Mi sa che dobbiamo darti una lezione per fartelo entrare in testa!

    Prese a calci Tom che cercò di ripararsi in qualche modo la faccia alzando i gomiti.

    Lou si occuperà di te... disse.

    Il secondo uomo si avvicinò a Tom facendo roteare la mazza su sé stessa. Stava caricando il tiro quando Tom reagì istintivamente rialzandosi e spintonando i due, riuscendo così a divincolarsi.

    Scattò dall’altro lato della strada ed entrò in un vicolo.

    Si gettò contro il muro con la schiena tenendo il fiato. Sentì i passi dei due uomini avvicinarsi di corsa.

    Ricominciò a correre.

    Finiscilo, non perdiamo tempo con lui! disse uno di loro.

    Tom si girò e vide la pistola puntata. Sentì lo sparo e il cantonale esplose in mille calcinacci gettando una nuvola di polvere attorno al suo viso.

    Con il cuore in gola pensò che

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