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Alla conquista della Luna
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E-book144 pagine1 ora

Alla conquista della Luna

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Info su questo ebook

La conquista della Luna è il simbolo dei grandi miti del Novecento. Per un attimo l’abbiamo toccata. Per un attimo siamo stati sedotti dall’abbagliante illusione che il mondo fosse nelle nostre mani, che le conquiste scientifiche e le innovazioni tecnologiche potessero aprire tutte le porte, anche quella della felicità. Eppure, prima ancora che il XX secolo sbocciasse, un fine scrittore di storie avventurose ci aveva avvertiti che la natura primigenia non avrebbe mai chinato il capo di fronte alla sfida spavalda delle ambizioni umane. E lo aveva fatto attraverso alcuni visionari racconti che qui sono raccolti per la prima volta insieme. Alla conquista della Luna contiene le rarissime incursioni di Emilio Salgari nel mondo del fantastico e del (proto) fantascientifico. Racconti pervasi da un pessimismo alla Edgar Allan Poe più che dalla verniana fiducia nella scienza e nel progresso, perché Salgari aveva capito quello che anche per noi è sempre più chiaro: l’umanità non può permettersi di giocare a essere Dio.
Con la prefazione di Felice Pozzo.
LinguaItaliano
EditoreCliquot
Data di uscita20 gen 2017
ISBN9788899729066
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    Anteprima del libro

    Alla conquista della Luna - Emilio Salgari

    Fantastica

    1

    Emilio Salgari

    Alla conquista della Luna

    Racconti fantastici e fantascientifici

    in versione integrale

    A cura di Felice Pozzo

    Inghiottiti dal Maelström! (1894), Negli abissi dell’oceano (1903), "La Stella filante (1903), Alla conquista della Luna (1904), Lo scheletro della foresta (1904), L’isola delle Sette Città" (1905)

    Autore: Emilio Salgari

    Art direction: Maurizio Ceccato

    www.ifixweb.it

    Illustrazione di copertina e illustrazioni interne per l’edizione deluxe: Riccardo Fabiani

    www.riccardofabiani.com

    isbn: edizione brossura 9788899729042

    edizione deluxe 9788899729059

    Prima edizione: novembre 2016

    © 2018 Cliquot edizioni s.r.l.

    via dei Ramni, 26 – 00185 Roma

    P.Iva 14791841001

    www.cliquot.it | cliquot@cliquot.it

    Stampato su carta Arcoprint edizioni per gli interni e Old Mill per la copertina.

    Indice

    Fantastica 1

    Alla conquista della Luna

    Colophon

    Quando la fantasia di Emilio Salgari accarezza l'impossibile, rischiando la follia

    Inghiottiti dal Maelström!

    Negli abissi dell’oceano

    La Stella filante

    Alla conquista della Luna

    Lo scheletro della foresta

    L’isola delle Sette Città

    Quando la fantasia di Emilio Salgari

    accarezza l’impossibile, rischiando la follia

    Il racconto che apre questa antologia, seguendo l’ordine cronologico, è Inghiottiti dal Maelström che Emilio Salgari pubblicò in due puntate, il 18 e il 24 febbraio 1894, sul settimanale Silvio Pellico, edito da Giulio Speirani e Figli di Torino.

    Ho avuto occasione di riproporlo, per la prima volta dopo di allora, su LG Argomenti: rivista centro studi letteratura giovanile di Genova, nel gennaio 1979, con una nota introduttiva.

    La rivista era diretta da Marino Cassini che nella sua ampia e variegata opera annoverava già una nutrita produzione fantascientifica: non avrei potuto esordire meglio sulle pagine di quella rivista; e infatti vi ho collaborato assiduamente e a lungo. Così io e Cassini, che ama anche Salgari, siamo diventati ottimi amici.

    In quella nota introduttiva ho scritto cose che posso tranquillamente ripetere adesso. Ad esempio che il racconto di Salgari «contiene temi e spunti che derivano dal racconto quasi omonimo al quale il nostro sicuramente si ispirò: Una discesa nel Maelström (1841) di Edgar Allan Poe».

    La circostanza è stata più volte condivisa dagli studiosi di Salgari.

    Ecco cosa scrissi sul finire degli anni Settanta del secolo scorso:

    Poe descrive il pescatore che, inghiottito dal Maelström, riesce a salvarsi, come un uomo con i nervi a pezzi, il fisico indebolito e i capelli bianchi a causa dell’esperienza sofferta; più drasticamente Salgari fa impazzire per il terrore il capitano Worsoff, unico sopravvissuto dopo la caduta nel vortice.

    È appunto il terrore l’elemento fondamentale che accomuna i due racconti: basterà, ad esempio, confrontare i brani in cui pronunciando il terribile nome [del vortice], una paura irrefrenabile si diffonde a bordo delle navi in causa, come quando si annuncia la presenza di un mostro spietato.

    La definizione mostro riferita al Maelström ci è suggerita proprio da Poe, che lo presenta nell’atto di spandere ai venti «una voce spaventevole, metà urlo, metà ruggito» e di inghiottire balene e orsi, che emettono allora urli e muggiti indicibili, tali da essere uditi da terra, quasi fossero sbranati vivi.

    Molto similmente, nel racconto che proponiamo, il vortice si annuncia con un «miscuglio confuso di boati, di scricchiolii, di tonfi, di grida strane», che sembrano emesse da creature viventi e poi si presenta nell’atto di inghiottire pesci narvali, focene, pescicani, foche e trichechi, che con versi spaventosi manifestano il loro terrore.

    Si noti, inoltre, la presenza insistente del colore bianco. Molto opportunamente, a proposito del Gordon Pym di Poe [altra indubitabile fonte di Salgari, aggiungo ora], è stato scritto [da Jacques Cabau]: «Il viaggio di Pym, ormai, non è più che un lasciarsi inghiottire dal bianco, colore simbolico della morte, del sudario, del sepolcro; colore del vuoto, del nulla o più precisamente colore della vertigine, assunto dagli altri colori nel moto vorticoso. È il colore dei colori inghiottiti. Il colore della paura».

    Con rara bravura narrativa, Salgari costruisce, in crescendo, il dominio del bianco: dapprima con il nebbione attraverso cui sfilano come fantasmi i ghiacci, poi con l’apparizione del gigantesco iceberg che fracassa la nave e infine con quell’immenso lenzuolo di candida spuma che ondeggia disordinatamente annunciando il mostro.

    Copertina del celebre racconto di Poe, Una discesa nel Maelström nella collana L’Avventura (Sonzogno 1928).

    Oggi va aggiunto che quel racconto fu fonte anche di Verne, che lo lesse nella traduzione di Baudelaire pubblicata nel 1858, così che il capitolo che precede la conclusione di Ventimila leghe sotto i mari vede il Nautilus risucchiato dal Maelström, «l’ombelico dell’oceano». E in quelle pagine Salgari ritrovò il mostro, ricevendone un’ulteriore suggestione.

    Nel 1995 ho introdotto Inghiottiti dal Maelström nell’antologia salgariana Gli antropofagi del Mare del Corallo. Racconti ritrovati, che ho curato per Mondadori nella collana Oscar Narrativa, raggiungendo un pubblico più vasto.

    Rimane, tuttavia, uno tra i racconti di Salgari meno noti, anche se egli stesso lo ha fatto in qualche modo rivivere altrove: si veda, ad esempio, I naufraghi dello Spitzberg, contenuto nel volume Nel paese dei ghiacci (1896). L’ultimo capitolo di quel lungo racconto si intitola appunto «Il Maelström» ed è interessante notare come siano state riciclate intere descrizioni.

    Salgari era peraltro consapevole di scrivere pagine fantastiche: dopotutto il famoso vortice, il cui nome significa corrente di Mosken, non è che un fenomeno della marea che, nei pressi delle isole Lofoten, provoca un potente attrito con le correnti. Lo dice lui stesso in un libro nel quale non poteva allentare troppo le briglie alla fantasia perché stava raccontando la spedizione verso il Polo nord del Duca degli Abruzzi, da poco terminata.

    Il capitolo IX della prima parte di Notizie sul viaggio della Stella polare (1901) si intitola infatti «Nei paraggi del Maelström» e Salgari scrive:

    Il Maelström s’è creato attorno a sé le più paurose leggende e non v’è marinaio norvegese che non ne parli con profondo terrore. Si è molto esagerato, questo è vero, sulla potenza attrattiva di quel vortice, però è sempre temibile e le navi costrette a passare pel Vest Fjord si guardano bene dall’accostarvisi durante le tempeste e i tempi nebbiosi. Quell’abisso girante si trova precisamente a 67° 48’ di latitudine nord ed a 9° 30’ di longitudine est, fra le isole di Moskenäsö e quella di Mosken.

    Fra quelle terre v’è una rapida corrente che va dal nord al sud per sei ore e dal sud al nord per altre sei, e sempre in opposizione alla marea.

    Quando la corrente diventa rapida, il vortice prende la forma di una specie d’imbuto della profondità di sei metri, ma quando la marea è bassa e la corrente tranquilla, non vi è vortice di sorta.

    Un abisso veramente non lo è, poiché la sua massima profondità non supera i dodici metri e il suo fondo è composto solamente di rocce e di banchi di sabbia.

    Quando il mare è tranquillo i pescatori delle Lofoten vanno a sfidare impunemente il vortice, anzi vanno a pescare nelle sue acque, essendovi abbondanza di pesci. Tutt’al più i loro battelli vengono trascinati in giro, senza pericolo di venire inghiottiti, essendo allora facile tagliare la corrente.

    Quando però il vento del Nord soffia in opposizione alla marea e il mare è procelloso, allora il Maelström presenta uno spettacolo terribile. I suoi tremendi muggiti si odono alla distanza di parecchie miglia e la corrente rotatoria si fa sentire fino alla distanza di quindici chilometri.

    Ma Salgari è Salgari e il ruolo di narratore dell’eroica impresa del Duca degli Abruzzi non gli ha impedito di rientrare nelle sue abituali vesti e perciò di raccontare la tragedia della goletta mercantile Storn-Vindel, rituffandosi nelle pagine sublimi di Poe.

    La narrazione alla quale mi riferisco è affidata al signor Stökken, che è a bordo della Stella polare e che assicura di aver ottenuto i particolari da «un marinaio che si salvò miracolosamente, per un caso veramente straordinario». Ed ecco che il suo racconto, che ha per uditorio i compagni di viaggio, riprende ancora una volta quello che apre il libro che avete in mano, con poche varianti: tra queste il suicidio del capitano della goletta, fuori di senno per l’imminente catastrofe.

    In quanto al superstite, salvatosi per miracolo, ecco quanto si legge:

    Cosa accadde dopo? Il mio marinaio non me lo seppe dire mai. Si ricordò vagamente di aver provato un principio d’asfissia, poi più nulla. Eppure non annegò. Chissà per quali fortunate circostanze, dopo una prolungata immersione si trovò fuori dal gorgo, aggrappato disperatamente a un avanzo della goletta.

    Esso fu raccolto all’alba, a venti chilometri dal vortice, da una barca peschereccia di Mosken. Non aveva riportato gravi contusioni, ma i suoi capelli erano diventati bianchi come la neve e fu, per tre settimane, in preda a un delirio terribile.

    Altrettanto sublime Salgari! Come poteva resistere alla tentazione?

    In quel lasso di tempo, d’altronde, la sua produzione era prevalentemente marinaresca: nello stesso 1894 pubblicò I pescatori di balene, Le novelle marinaresche di Mastro Catrame e i racconti I polipi giganti e La pesca dei pescicani; nel 1895, Un dramma nell’oceano Pacifico, I naufraghi del Poplador e i racconti Un naufragio nella Florida e Avventure del Padre Crespel nel Labrador, vicenda di uno storico naufragio.

    A volte le sue descrizioni, in quelle opere, hanno saputo rievocare la crudele divinità della voragine liquida primordiale che attenta all’umanità terrestre. Una divinità, inoltre, che rammenta l’antica visione delle forze maligne imperanti in quegli abissi del mare collocati sul fondo della mappa cosmologica biblica.

    Il mare diventa allora specchio di tutte le paure umane, luogo in cui

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