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Maledetta Fortuna: Serie Amore Mio
Maledetta Fortuna: Serie Amore Mio
Maledetta Fortuna: Serie Amore Mio
E-book127 pagine1 ora

Maledetta Fortuna: Serie Amore Mio

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Info su questo ebook

Rose ha una capacità che potremmo definire magica per far sì che i suoi sogni diventino realtà. O almeno così sembra. A quindici anni scrisse una lista:

1. Conoscere Rodolfo Vitti

2. Andare a Roma

3. Andare a Parigi

4. Andare a Venezia e girarla in gondola con l’amore della mia vita

A quell’epoca sembravano sogni del tutto impossibili da realizzare, soprattutto per una semplice ragazzina dell’Alabama che non aveva neanche potuto terminare gli studi. Tuttavia, il primo desiderio non solo si è realizzato, Rose si è SPOSATA con Rodolfo Vitti. Si avvereranno anche gli altri? Rose inizia a temere che sia così, mentre scopre che i sogni possono tramutarsi in incubi.

LinguaItaliano
Data di uscita6 set 2018
ISBN9781547540372
Maledetta Fortuna: Serie Amore Mio

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    Anteprima del libro

    Maledetta Fortuna - Anaïs Wilde

    CAPITOLO UNO.

    È stato come un sogno che diventa realtà. L’incontro con Rodolfo e il sesso meraviglioso è stato, quasi esattamente, come me l’ero immaginato per tutti questi anni. La passione che mi ha dimostrato ha finalmente eguagliato l’idea che mi ero sempre fatta di lui, niente a che vedere con l’indifferenza che era solito mostrarmi ogni giorno, né con le maniere rudi con cui mi aveva trattata le poche volte che abbiamo fatto l’amore.

    Ora, guardando la notte calare dalla finestra, sorrido come una scema e cerco di far tacere la mente. Ho paura che anche solo il rumore dei miei pensieri possa rovinare questo momento meraviglioso con Rodolfo Vitti, mio marito, il mio amore, la luce che da sempre illumina ogni mia giornata. In effetti, più ci penso e più mi ricordo di quello che ha significato Rodolfo per me. La mia non era la tipica cotta da adolescente per uno dei vari divi del cinema, ma molto, molto di più. Era lui, l’idea di lui, che mi stava accanto nei momenti più difficili, quando la mia vita non era altro che una corsa in salita a causa delle ristrettezze economiche e dei continui litigi dei miei genitori. I suoi occhi, da uno dei mille poster che avevo appeso per tutta la camera, erano la prima cosa che vedevo la mattina. Lo immaginavo mentre mi dava il buongiorno, facendo iniziare la mia giornata con un bacio affettuoso e dandomi la forza per uscire dal letto e continuare la mia lotta contro il mondo. A lui raccontai le mie prime delusioni amorose e le mie difficoltà a trovare quello giusto. Nessuno degli uomini con cui ho avuto a che fare in vita mia finora ha mai saputo amarmi neanche la millesima parte di quanto avevo sperato. Immagino che il problema fosse che nessuno era Rodolfo e io ho sempre aspettato che arrivasse lui, per quanto sembrasse improbabile.

    Il tocco della mano di mio marito mi distrae dai miei ricordi. La sento accarezzarmi dolcemente la spalla per poi scendere lungo tutta la schiena e andare a disegnare dei piccoli cerchi poco sopra il fondoschiena. Un brivido di eccitazione mi percorre, sembra impossibile che il mio corpo abbia ancora voglia di darci dentro dopo tutto quello che abbiamo fatto. Abbiamo passato l’intera giornata a letto. Zulema ci ha portato da mangiare, o, meglio, gli ha portato da mangiare. Dal sorriso che aveva e dal suo balbettio al vederci nudi nel letto deduco che non si aspettava di trovarmi qui, in questa stanza. Beh, questa cosa dovrà cambiare, sarà meglio che capisca che io sono la moglie di Rodolfo Vitti e quindi è perfettamente normale che mi trovi al suo fianco, con o senza vestiti... mmm, meglio senza.

    Sospiro. Le dita di Rodolfo giocherellano tra le curve dei miei glutei, scendono e si fanno spazio tra le mie gambe, che ardono di desiderio per lui. Provo a girarmi, voglio baciarlo guardando quegli occhi azzurro infinito, ma con l’altra mano mi tiene fermo il fianco, con tocco dolce ma deciso. Mi abbandono, mi arrendo, sono completamente sua. Il mio petto si alza e si abbassa al ritmo del mio respiro accelerato, il ritmo delle dita di Rodolfo dentro di me.

    «Ma l’abbiamo fatto...» sono incapace di continuare a parlare, i sospiri di impossessano di me.

    «E chi vuole contare le volte che l’abbiamo fatto? A te importa?» mi sussurra Rodolfo con il suo tono di voce da seduttore per il quale milioni di donne al mondo vanno pazze.

    «Mmm...» provo a dire di no, che non mi importa di tenere il conto.

    Sento le sue dita uscire ed, umide, iniziare ad accarezzare il mio seno mentre Rodolfo è già dentro di me.

    «Dammi un figlio» mi sussurra all’orecchio.

    Ed è come... come quando nei film si sente una bella melodia e poi improvvisamente il rumore dell’ago del giradischi che inizia a graffiare il vinile. Tutta la magia è svanita all’improvviso, per quanto Rodolfo si stia impegnando ad amarmi al meglio, con quella dolcezza che non avevo ancora conosciuto e che mi ha concesso solo oggi per la prima volta. Perché mi hanno dato così fastidio quelle parole? Non lo so, ma non ho potuto evitarlo. Deve essere perché le poche volte che io e Rodolfo abbiamo fatto l’amore lui ha sempre tirato fuori la storia dell’avere un figlio. Non che io non voglia averne, ma perché questa ossessione?

    Continuiamo i nostri giochini, ma io ormai mi muovo meccanicamente, anzi oserei dire di stare fingendo tutti i miei sospiri. La mia mente mi sta giocando un brutto tiro, mi sta trascinando in una corrente di pensieri che odio, ma dalla quale non posso uscire. Sento Rodolfo che mi mordicchia il lobo dell’orecchio, sento il suo respiro accelerato, i suoi movimenti farsi sempre più rapidi, so che ha quasi finito mentre io non ho neanche iniziato, come se di me fosse rimasto solo il corpo mentre l’anima e la mente fossero andate in vacanza.

    «Ti piace?» mi chiede.

    Allora grido, ma sto fingendo, non so perché, ma non voglio che continui. Cosa mi importa se per una volta non arrivo all’orgasmo se ne ho già avuto abbastanza delle sei o sette volte in cui ci sono arrivata di oggi.

    Ma come ne ho avuto abbastanza? Ma mi sto ascoltando? Cioè, avete capito, non ascoltando nel senso letterale della parola, e per fortuna direi. Sì, per fortuna non ho detto cosa penso ad alta voce, data la mia inclinazione a rovinare tutto. Intendo se davvero sto ascoltando i miei pensieri e sì, li sento forte e chiaro. Emetto un grido che cerco di soffocare con la mia stessa mano. Rodolfo lo prende come un segnale di massima estasi sessuale, ma io so che è solo simbolo di gran sorpresa. Davvero penso di averne già abbastanza di lui, del mio amatissimo Rodolfo Vitti?

    «Ti amo» mi sussurra all’orecchio.

    Rimango come pietrificata, non so se corrispondo i suoi sentimenti.

    Rodolfo si alza e va verso il bagno, poi sento il rumore della doccia e mi siedo appoggiandomi alla testiera imbottita del letto. Vorrei essere nel mio bagno, con Zulema che mi prepara le vasche con petali di rosa appena raccolti e che mi fa scegliere l’olio per il massaggio. Mi alzo e rimango colpita dal fatto di vedere uscire dal bagno Rodolfo. Non mi aspettavo che facesse la doccia così in fretta.

    «Dove vai?»

    «Nella mia stanza?» non so perché la frase mi sia uscita come una domanda.

    «Ah bene, buona idea» afferma e io faccio un sospiro di sollievo.

    Rodolfo, per gentilezza, si abbassa a raccogliermi l’accappatoio di seta che indossavo quando sono entrata nella sua stanza diverse ore fa. Quando lo solleva per passarmelo qualcosa cade a terra.

    La rivista... quella maledetta rivista! Mi ero completamente dimenticata di averla con me e  che fosse stata la causa della mia determinazione a trovare questa stanza.

    Rodolfo la solleva e cambia subito espressione, ha le sopracciglia aggrottate e gli occhi che strabuzzano. Il più scomodo dei silenzi riempie la stanza. Finalmente, dopo un tempo che sembra eterno, solleva la rivista verso di me, come a chiedermi spiegazioni, ma senza emettere parola. So che a questo punto è inutile dire che non è niente, inventare bugie non servirebbe.

    «L’ho trovata in giardino, sotto uno degli sdrai» confesso.

    «Sai l’arabo?» mi chiede. Non posso fare a meno di notare il tono sospettoso con cui mi ha rivolto la domanda.

    «Non una sola parola. Ma le tue foto hanno richiamato la mia attenzione.»

    Mi avvicino a lui, cercando di controllare il tremore della mano mentre indico la pagina in questione.

    «Ah sì, Richard Claine- pronuncia il nome di quell’uomo come se lo odiasse- è davvero pesante. Ma che ci posso fare, mio fratello è ancora più pesante.»

    «Mario?» domando sorpresa.

    «Sì. Ha accettato una campagna di intimo per me, che dovrò fare con quel biondino lì» mi comunica indicando la foto.

    «Ma tu non fai campagne pubblicitarie, vero?»

    Rodolfo mi guarda sforzandosi di sorridere.

    «No, ma evidentemente Mario non lo capisce. Ora il contratto è firmato e io non posso fare a meno di comparire in mutande su ogni rivista di pettegolezzi.»

    Ha un’espressione così disgustata che mi sento in colpa ad aver dubitato di lui. Capisco perché Zulema non volesse leggermi quello che diceva la rivista, sarà per motivi culturali, l’avrebbe fatta vergognare comunicarmi che mio marito sarebbe apparso in mutande in tantissime riviste. Accarezzo dolcemente la guancia di Rodolfo.

    «Dai, non sarà poi così male e farà molto piacere alle tue fan.»

    «Tu credi?»

    «Vederti in mutande? Stai scherzando? – i miei occhi scendono fino all’asciugamano che porta legato intorno alla vita, passando per i suoi pettorali e addominali da urlo- sbaveranno guardandoti, come farei anche io se non potessi averti qui davanti a me in carne e ossa, ritaglierei la pubblicità e la appenderei in camera mia.»

    «Ma tu mi hai...»

    Rodolfo lascia cadere la rivista e mi avvolge con forza dalla vita, facendomi rendere conto che sono ancora completamente nuda perché il mio accappatoio è per terra. Ecco che la sensazione di colore alle parti intime ritorna. Mi dà un rapido bacio e una piccola pacca sul sedere, facendomi quel sorriso che sarebbe capace di far sciogliere chiunque, anche attraverso uno schermo.

    «Forza, non voglio trattenerti ancora.»

    «No» rispondo come un automa.

    Raccolgo il mio accappatoio e lo indosso. Uscendo mi trovo al di sotto di un mare di stelle, in quello stesso cortile

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