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Sumus Tenebris Solem
Sumus Tenebris Solem
Sumus Tenebris Solem
E-book221 pagine2 ore

Sumus Tenebris Solem

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Info su questo ebook

Mentre la portaerei Cavour è in viaggio verso Roma in missione di salvataggio, l'onorevole Simone Allegretti si risveglia dal coma dopo il sanguinoso scontro con Pantagruel.

In una città eterna invasa da orde di vampiri, Simone si troverà ad affrontare il rapimento della sua famiglia e i fantasmi oscuri di un passato che non lo vuole abbandonare, mentre l'ombra della setta vampira del Sumus Tenebris Solem si allunga sempre più su ciò che resta del mondo.

Dopo La Nuova Era e I Cavalieri dell'Apocalisse si conclude in un finale sconvolgente l'epica Trilogia dei Vampiri di Aldo Parisi

Romanzo Vincitore del Premio della Giuria al Premio Nazionale Streghe, Vampiri & Co. 2017.
LinguaItaliano
Data di uscita4 mag 2018
ISBN9788827829110
Sumus Tenebris Solem

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    Anteprima del libro

    Sumus Tenebris Solem - Aldo Parisi

    Indice

    Il Risveglio

    La famiglia

    Ritorno al passato

    Caput Mundi

    L'Antro del Potere

    In Arduis Servare Mentem

    Angeli

    La spada della salvezza

    Dead Men Walking

    Il Vescovo vestito di bianco

    Lo specchio in cui Dio si guarda

    Il sole di Roma

    Nus Keratu

    La Rivelazione

    Moby Dick

    Il Patto

    Guerrieri

    Sumus Lucem

    ALDO PARISI

    SUMUS TENEBRIS SOLEM

    romanzo

    Ai miei cari

    e

    alla fantasia

    che vive in noi tutti

    Visita il Sito dell'Autore e la

    Pagina Facebook di Aldo Parisi

    Edizione I – Ottobre 2018

    Premio Speciale della Giuria e Finalista

    Premio Streghe, Vampiri & Co. 2017

    © Copyright 2018 Aldo Parisi

    ISBN: 9788827829110

    Youcanprint Self-Publishing

    Immagine di copertina sotto licenza CC 0 (pubblico dominio)

    Proprietà di Tyler Van Der Hoeven

    Immagine quarta di copertina sotto licenza CC 0 (pubblico dominio)

    Proprietà di Christopher Burns

    (Unsplash.com)

    Immagini modificate dall’autore

    © Tutti i diritti riservati all’Autore

    Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta senza il

    preventivo assenso dell’Autore.

    Il Risveglio

    Buio. Solo e soltanto buio.

    Unica certezza l’oscurità, sospesa tra ansia e abisso.

    Cosa era accaduto ? Perché quell’abbraccio senza respiro ?

    La memoria. Rifugio, unica via di fuga per comprendere la fosca voragine di quelle tenebre.

    Sì.

    La memoria. Come luce, come speranza per assorbire il tenue alito di vita di chi ero stato e chi ero ora.

    E la memoria tornò a nutrirsi.

    Ricordavo la rigida consistenza delle lapidi che mi fracassavano le ossa.

    Ricordavo Pantagruel, lui, il vampiro, il sommo Vespillone, che soffiava feroce sul mio volto dolorante.

    Ricordavo le stelle mulinare nel cielo di una notte di fine estate.

    Ricordavo Pantagruel che sfogava la propria bestialità sulle mie carni.

    Ricordavo il fidato amuleto che trapassava il cuore del vampiro.

    Ricordavo Pantagruel che affogava le ultime parole dentro fiotti di sangue nero e grumoso.

    Leggenda.

    Ricordavo le mie ultime parole prima di fissare le stelle.

    Ricordavo le voci concitate dei sopravvissuti.

    Ricordavo il pianto di Giovanna.

    Ricordavo le lacrime di Maurizio, mio figlio.

    Ricordavo Ely, la mia perla, che implorava il papà di muoversi.

    Poi il buio mi avvolse e ora, ora… ancora.

    Buio.

    Viscoso, appiccicoso.

    I miei occhi si spalancano.

    Sono vivo?

    Sono morto?

    E’ questo l'aldilà?

    Un vuoto infinito dove ascoltare i propri pensieri?

    Un vuoto scuro che avvinghia per l'eternità?

    Un torbido vuoto che, prima o poi, sarebbe imploso affogando i pensieri e l’anima di nulla?

    Tento di muovermi.

    Dove vado?

    Salgo, scendo, mi sposto di lato?

    Mi aggrappo al buio colloso e il piede si infila dentro il nero assoluto. Mi pare di tirarmi su, di scalare una montagna senza fine.

    Lassù, tuttavia, solo vuoto oscuro al posto delle stelle.

    Dovrei desistere.

    Il pensiero della resa mi serra le caviglie, il nulla stringe e soffoca.

    Non devo fermarmi. Devo continuare. Verso l'infinito.

    Non devo stancarmi. Devo continuare. Per l'infinito.

    Il cuore batte aritmico.

    Forse sono vivo. Forse.

    Non mi sono mai arreso e nemmeno adesso lo farò.

    Un gradino gommoso dopo l'altro, salgo verso il nulla.

    Guardo nell'abisso.

    Buio.

    Guardo il nero petrolio sulla testa.

    Buio.

    Simone, fallo per Giovanna, fallo per Maurizio, fallo per Ely.

    Non fermarti.

    SALI!

    Il piede scivola dentro la tenebra. Ho la sensazione di precipitare, ma riesco ad aggrapparmi al denso nulla.

    Sul punto in cui stringo comincio a vedere il barlume di un colore. Rosso bruno.

    Riesco a vedere le dita.

    SALI!

    Mi tiro ancora su. Passo dopo passo. Il rosso diventa vivo, fluido. Ha minuscole efelidi, si veste di impalpabili bolle.

    Aggrappo ancora il vuoto. Le mani stringono e il nulla rosso bruno finisce per esplodere. Mi ritrovo una sostanza vermiglia sulle mani. Un rosso acceso, un rosso che pulsa tra le dita. E’…vivo.

    Guardo il cielo liquido di tenebra.

    Lassù il buio si sta vestendo di rosa scuro.

    SALI!

    Si muove. Come onda che solca il mare della vita.

    La gola comincia a incendiare la carne.

    Provo dolore.

    Sono vivo.

    Il fluido rosso mi inonda e accende le narici.

    Sputo macchie vermiglie.

    Sto rischiando di affogare.

    Il rosso comincia a squagliare l’oscurità.

    Il vuoto non è più appiccicoso.

    Diventa liquido.

    SALI!

    Muovo le braccia e risalgo da quel turbinio liquefatto.

    Ora guardo. Un solo obiettivo.

    La salvezza.

    E' lassù.

    Sento voci.

    Qualcuno dice qualcosa.

    Il mio nome!

    La luce.

    Vedo la luce.

    E' rossa.

    Salgo ancora.

    La luce diventa gialla.

    Ancora, ancora una bracciata, Simone.

    La luce diventa chiara.

    Il vuoto prende la forma del mare.

    E frecce di luce tagliano le onde.

    Lassù.

    Ancora tre bracciate.

    La luce. La luce.

    LA LUCE!

    Sopra la testa un voluminoso tubo tagliava in due il soffitto di colore grigio e finiva infilzato in una parete di acciaio. Un rumore sordo bussava nelle orecchie, senza ritmo e senza soluzione di continuità, come aereo a diecimila metri dal suolo. Cercai di ruotare gli occhi nel tentativo di comprendere dove fossi. Tutto era asettico e monotono ad esclusione di un tavolo in acciaio lucido, inchiodato al pavimento, sul quale era posata una brocca di vetro riempita di acqua. Senza muovere un muscolo osservai ciò che pareva il mio corpo coperto da un lenzuolo di cotone, anche quello di colore grigio. Feci un primo tentativo di alzare il capo. Invano. Sprofondai nel cuscino e presi respiro.

    Dove ero?

    Almeno ero vivo.

    Cosa era successo?

    Pantagruel, ancora lui nella testa, Lui, prese possesso di ciò che rimaneva delle mie giunzioni sinaptiche.

    Una serie di puzzle cominciarono a incastrarsi davanti agli occhi e, uno ad uno, presero posto nel bianco confuso della memoria. Un mini market, il collo nudo di un ragazzo, Giulio (Giulio chi?), trafitto dai canini di Nuccio (Nuccio chi?), una Panda che precipitava in una cava di marmo, Pantagruel (oh sì, Lui lo ricordavo), Dino (un volto offuscato) e l'imposizione di una scelta.

    Vivi o muori.

    Chiusi gli occhi. I puzzle continuarono a conficcarsi nel cervello. Uno dopo l’altro ricordi confusi timbravano il bianco foglio della mia mente disordinata, luccicavano di propria luce mentre una patina di malta li ricopriva, fissandoli indelebilmente nella testa.

    L'incontro con Giovanna, in riva a un lago, il suo sorriso, il nostro amore. Quel pezzo di puzzle rimase incastrato tra le ali di un respiro e contemplai quell'immagine come fosse lì, davanti a me. Viva.

    Dove era Giovanna, dove erano Maurizio e la mia piccola Ely?

    Un altro puzzle mi volò addosso e mi consegnò le loro voci, mentre il buio della notte mi pervadeva e faceva svanire i sensi. Il volto di Pantagruel in un cimitero. Freddo, con gli occhi inchiodati nella luce delle stelle.

    Le stelle. Sì, le stelle.

    Io sono leggenda.

    Un altro puzzle sussurrò quelle parole alle orecchie.

    Una montagna, un aereo che squarciava la parete di una chiesa, corpi ovunque e… Sebi (sì, mi ricordavo), mio fratello, e Marco che sparavano a due vampiri maestri. E sfidavo Pantagruel. E fuggivo, portandolo via da tanti volti terrorizzati.

    Passi.

    Mi tirai un po' su. Le forze stavano tornando a gocciolare dentro il corpo. Accanto al tavolo, c'era una porta, anch'essa grigia.

    Passi metallici. Almeno due persone.

    Un altro puzzle si compose nella testa. Pantagruel immobile sopra un catafalco. Lo vidi alzarsi, tornare dalla morte e venire davanti a una vetrata. Altro puzzle. Miriana (sì, mi ricordavo anche di lei). Altro puzzle. Una fitta alla testa. Una voce.

    Padre.

    La Sua voce, Pantagruel.

    Feci un lungo respiro e chiusi gli occhi.

    Il palcoscenico di un teatro.

    Un'immagine, un volto, un colpo di pistola alla testa e, sul selciato di una strada, il sangue di Battistelli (oh sì, anche lui era ancora vivo nei miei confusi pensieri), il capitano dei Wanderers, l’amico fraterno.

    Non è più il mio tetto di stelle dissi in trance.

    La mia voce.

    Potevo parlare. Provai a dire qualcosa, ma il fiato si era sciupato e non avevo abbastanza forza per far vibrare le corde vocali.

    Un altro puzzle mi violentò la memoria.

    Daniele, un altro amico perduto, precipitava in una cava di marmo, colpito a morte da un maestro. Daniele, sempre lui, ormai vampiro, uccideva Diego.

    Pistola.

    Pistola, uno degli Wanderers, divenuto anch’egli vampiro e traditore, entrava nella platea di un teatro, aggrediva Battistelli, veniva ucciso dal mio vice.

    La mano ebbe un sussulto irriflesso.

    Nella nebbia della reminiscenza apparve il punteruolo, il fidato amuleto, che colpiva Pantagruel.

    E il padre uccise il figlio.

    Avevo qualcosa al dito. Provai ad alzare il braccio, invano. E allora mi sforzai di muovere il dito. Un sibilo partì.

    Passi frettolosi si approssimarono, in preda a concitazione. La porta metallica si spalancò e apparve Giovanna, seguita da Miriana, Sebi e Marco. Mia moglie si avvicinò e mi prese la mano. Un sorriso le si allargò sul viso che andò appianando i solchi ereditati da altre lacrime.

    Incurante del dolore provai a stringerle la mano e abbozzai un sorriso.

    Ce la fai a parlare?

    Tentai di dire qualcosa, ma ne uscì solo uno sbuffo di lettere senza senso.

    Non ti affaticare disse il fratellino.

    Miriana e Marco si guardarono dritti negli occhi, poi l'amico si avvicinò.

    Ti devo confessare una cosa, Simone.

    Lo guardai.

    Non hai per nulla una buona cera.

    Sorrisi, il dolore arrivò feroce e un colpo di tosse mi squassò il petto.

    Miriana prese una siringa e la riempì di una sostanza incolore, simile ad acqua.

    Mettiti su un lato. Ce la fai?

    Annuii, anche se un secondo dopo me ne pentii. Dal basso ventre partì un dolore acuto che volle lacerarmi le carni fino ai piedi. Un lamento si sostituì a tutta la mia buona volontà e allora Marco e Sebi si presero la cura di girarmi con cautela, mentre la dottoressa Evangelisti si prendeva cura del mio fondoschiena.

    Sei sexy, fratellone mi schernì Sebi, con un sorriso lungo lungo. Sui loro visi traspariva gioia, fiducia, speranza.

    Il dolore al petto e alla gamba andò via via spegnendosi mentre il liquido trasparente viaggiava allegro per il corpo.

    Dove siamo? riuscii a impastare tutto d'un fiato.

    Dalla porta un uomo in divisa bianca entrò nella cabina, accompagnato da due soldati in divisa mimetica. L'uomo in alta uniforme fissò i presenti senza proferire parola di saluto. Portava una barba rossiccia e curata, gli occhi come iceberg nell'oceano. Si tolse il cappello della marina militare italiana, mostrando capelli riccioli dello stesso colore della barba. Si avvicinò al lettino.

    Ammiraglio Ferraro. Come le persone qui presenti, lei è ospite della portaerei CH 550 Cavour ed è mio dovere ospitarvi in queste circostanze tanto drammatiche.

    Buttai gli occhi sugli angeli custodi dell'ammiraglio. Il più giovane, sui venticinque anni, era ritto come l'asta di una bandiera, occhi verdi e ghigno di chi la sa lunga. L'altro soldato era moro, occhi a fessura ed espressione seria, di chi studia le persone.

    Piacere, Simone Allegretti provai ad alzare la mano.

    Stia pure, signor Allegretti. Avremo modo di conoscerci meglio non appena si sarà ristabilito. Ora la devo salutare. Buona permanenza.

    L'ammiraglio si rimise il cappello, strizzò le labbra dalla lontana parvenza di sorriso e, seguito dalla scorta, uscì dalla cabina.

    Nella mente cominciarono a turbinare mille domande. Cosa era successo dopo lo scontro con Pantagruel? Quanto tempo avevo passato in quello stato di incoscienza? Chi era questo Ammiraglio Ferraro? Dove eravamo diretti?

    Guardai Miriana come sperando che lei potesse percepire i miei pensieri, potesse collegarsi telepaticamente alle mie sinapsi e potesse darmi le giuste risposte.

    Bene, è ora che Simone riposi ancora un poco. Se volete rimanere, solo due per volta disse Miriana.

    Ok, amico. Io torno in cabina. Ci vediamo più tardi si congedò Marco. Miriana lo seguì. Sulla soglia della cabina si fermò e mi sorrise, poi sparì nel corridoio della portaerei.

    Vi lascio soli. Torno tra dieci minuti e anche il fratellino se ne andò.

    I bambini? domandai a Giovanna.

    Stanno bene. Più tardi li porterò a salutarti.

    Il cuore si riempì di gioia, il dolore disertò da quell’effluvio di positività e si riparò in un angolino con la coda fra le gambe.

    Quanto tempo sono rimasto incosciente?

    Due giorni.

    E il vampiro? E' morto?

    Sì.

    Ve ne siete accertati? dissi temendo che il mio scontro fosse stato inutile.

    Marco e il maggiore Maracci lo hanno… smembrato … e ne hanno seppelliti i resti in più luoghi, distanti tra loro. Solo loro due sanno dove li hanno sotterrati.

    Bene dissi tirando un respiro di sollievo.

    E' tutto finito, caro.

    La guardai e sorrisi. No, non era tutto finito. Quello era soltanto l'inizio. L'inizio di un pianeta dominato dai vampiri, di un mondo spezzato in due. Il giorno per i vivi e la notte per i morti. Pantagruel era sì morto, ma quanti altri vampiri controllavano ancora ogni città, ogni nazione.

    E il maggiore Maracci?

    E' con i bambini. Ormai lo chiamano nonno.

    Giovanna mi prese la mano. Al contatto provai le pulsazioni del suo cuore che ritmicamente le davano vita, le illuminavano gli occhi.

    Ho sete le dissi.

    Aspetta un attimo che chiamo la dottoressa.

    Giovanna uscì dalla cabina e un minuto dopo ritornò con Miriana. Portava il camice bianco, immancabile compagno di vita.

    Bene, vedo che stai riprendendo le normali funzioni, tuttavia è presto per bere e mangiare. Ora ti preparo una soluzione salina che ti reidrati.

    Miriana voltò le spalle e armeggiò sul tavolino in acciaio all’ingresso. Giovanna tornò a prendermi la mano.

    Cosa è successo dopo che ho perso i sensi?

    Miriana si voltò, sorrise e prese la sacca di una flebo.

    Eri ferito gravemente. Avevi contusioni ed emorragie interne. In un primo momento la dottoressa aveva prognosticato anche fratture al femore e alle costole.

    Pantagruel mi aveva frullato ben bene.

    Miriana si voltò ancora.

    Per fortuna mi ero sbagliata disse il medico.

    Dopo averti prestato le cure di emergenza, Marco e il maggiore Maracci hanno avvistato la portaerei su cui siamo imbarcati. Con un gruppo di uomini hanno raggiunto la costa e hanno segnalato la nostra presenza. Un paio di ore dopo l'ammiraglio Ferraro è sbarcato e ci ha consigliato di imbarcarci. Ci sono molti sopravvissuti su questa nave.

    Respirai a fondo.

    Avete fatto bene.

    Chiusi gli occhi, ormai il dolore era completamente estinto. Tentai di tirarmi su e ce la feci senza che le fitte mordessero la carne. Miriana intanto prese la flebo esaurita e la sostituì con una nuova.

    Siamo al largo della città?

    Giovanna e Miriana si guardarono negli occhi, mentre un punto interrogativo si disegnava sulla mia testa.

    Non esattamente disse Giovanna.

    Siamo in navigazione continuò Miriana.

    Verso dove mi sistemai meglio le gambe nel letto.

    Roma disse Miriana, abbassando gli occhi.

    La famiglia

    Ce la faccio. Non sento quasi più dolore.

    La stampella si posò sull'ultimo gradino e finalmente la brezza marina mi accarezzò le guance. Respirai a pieni polmoni tutta l’aria

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