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La Nuova Era
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E-book278 pagine3 ore

La Nuova Era

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Info su questo ebook

Il mondo come siete abituati a conoscerlo è diventato più complesso, più pericoloso, più terrificante. Ognuno può essere vittima e carnefice, può essere figlio e padre di un mistero che si perde nella notte dei tempi.

Simone Allegretti si trova ad essere custode dell'arcano patto che ha unito due razze profondamente diverse, nel perenne dilemma di chi sia vera preda e chi sia vero predatore.

Tra attentati, giochi politici e realtà alternative, l'onorevole Allegretti dovrà combattere contro un'ombra che minaccia l'intera umanità. La depravazione e la degenerazione del potere.

Perché il potere logora.

E' giunta la Nuova Era.

Finalista Premio Nazionale Streghe, Vampiri & Co. 2015
LinguaItaliano
Data di uscita22 dic 2015
ISBN9788891175359
La Nuova Era

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    Anteprima del libro

    La Nuova Era - Aldo Parisi

    ALDO PARISI

    LA NUOVA ERA

    romanzo

    Ai miei cari

    e

    alla fantasia

    che vive in noi tutti

    Scopri i personaggi sul sito

    http://nuovaeraromanzo.altervista.org/

    Edizione I - dicembre 2015

    © Copyright 2015 Aldo Parisi

    Immagine di copertina sotto licenza CC BY 4.0

    Proprietà di NASA Goddard Space Flight Center

    (https://www.flickr.com/photos/gsfc/)

    Immagine modificata dall’autore

    Strada senza Ritorno

    Scegli!

    La voce rimbalzava da un lobo all'altro del cervello. Si

    aggrappava alla carne, alle viscere e alle ossa del cranio,

    mentre lunghe e dinoccolate dita mi stringevano ancora la gola

    e mi impedivano di respirare. Emisi un lungo respiro e mi

    massaggiai la base del collo. Non erano più lì, ma stringevano

    ancora.

    La strada serpeggiava tra i marmi delle Alpi Apuane e il

    ciglio era talmente vicino che potevo vedere le ombre degli

    alberi invadere l'oscurità davanti alla luce dei fanali. La Golf di

    Dino correva tra curve a gomito e strapiombi di centinaia di

    metri, lassù, dove la riviera apuana si congiungeva con le

    montagne della Garfagnana.

    Ancora non mi capacitavo di quello a cui avevo assistito a

    chilometri di distanza da lì. Erano passati pochi battiti di cuore,

    ma avevo elaborato millenni di tempo da quello che avevo

    avuto il coraggio di fare. Avevo preso una decisione che mi

    aveva portato sull'orlo di un baratro senza fine.

    Avevo ucciso.

    Lo avevo ucciso.

    Era stata quella la mia scelta.

    Avevo ucciso il mio amico Giulio.

    Lui non era più lui, era diventato qualcun altro.

    Era qualcos'altro.

    Mi aveva seguito, mi aveva affrontato, mi aveva implorato di

    porre fine alle sue sofferenze. Mi ero macchiato di un delitto,

    gli avevo trafitto il cervello e lo avevo lasciato inerme nel

    mezzo di un parco cittadino nel centro di Massa.

    Gli avevo dato una seconda morte.

    Scegli!

    Avevo scelto di uccidere un vampiro. Un amico tramutato da

    quell'essere che ora stava accanto a me, con lo sguardo puntato

    sulla strada e la mente impegnata a cercare la mia giusta

    punizione. Il nocchiere della notte sfidava la strada a velocità

    decisamente sostenuta per i miei gusti. Se ci fossimo scontrati

    con un'altra auto o avessimo falciato un animale selvatico, le

    mie ossa si sarebbero sbriciolate all'impatto, mentre lui si

    sarebbe rialzato, mi avrebbe guardato con sufficienza, mentre i

    suoi organi vitali si sarebbero risanati e le ossa rinsaldate.

    L'auto derapò alla curva a gomito della Campareccia, la

    preferita dai motard della domenica. Un suono secco mi

    abbracciò da dietro. Mi voltai verso il posteriore dell'auto. Dal

    parabrezza, due occhi di luce ci stavano seguendo a brevissima

    distanza.

    Un'altra curva e un altro colpo.

    Il sedile posteriore occultava la causa di quel rumore. Dietro

    la seduta, nel bagagliaio, celato ad occhi indiscreti, il cadavere

    di Giulio sbatteva ad ogni curva.

    Uccidimi, se puoi. mi aveva implorato.

    Mi misi le mani sul volto. Lui aveva voluto morire. Non

    voleva più vivere quella vita senza vita. Lui, mi aveva preso la

    mano con il punteruolo e, lui, mi aveva aiutato ad ucciderlo.

    Lui aveva raggiunto la sua pace e io avevo perso la mia.

    Ormai è fatta. uscì dal nocchiere.

    Mi aveva chiesto di porre fine a...a… abbozzai, ma un

    groppo in gola prima e Dino, poi, mi impedirono di continuare.

    "Giulio non era all'altezza. Lui non sarebbe mai diventato

    uno di noi. Nuccio non capisce che la trasformazione è un

    processo delicato e che non può prendere con sé persone a cui è

    legato da amicizia." aggiunse.

    Il nocchiere non aveva distolto lo sguardo nemmeno per un

    secondo se non quando, nominando suo figlio, buttò gli occhi

    nello specchietto retrovisore.

    Sul rettilineo della strada provinciale di Antona la Golf

    raggiunse gli ottanta chilometri orari. Un'altra curva a gomito

    comparve all'improvviso e l'auto sbandò pericolosamente verso

    sinistra. Tentai di tenermi e le cinture mi aiutarono a non

    sbattere contro il vampiro.

    Il corpo di Giulio sbatté ancora più violentemente.

    Tu non trovi? domandò, riprendendo l'auto.

    Mi voltai verso Nuccio, alla guida della Panda bianca di

    Giulio. Teneva la strada, nonostante la velocità. Dino ingranò

    la quarta sul rettilineo finale che giungeva al Pian della Fioba.

    Merda, stava per raggiungere i cento chilometri all'ora.

    Mi strinsi alla maniglia della portiera e mi irrigidii per lo

    spavento.

    Allora? mi ripropose.

    Lo fissai e lui mi contraccambiò con un sorriso imperlato

    dalle sue zanne.

    Hai ragione abbozzai con titubanza.

    Ti trovo agitato, caro mio

    E lo credo con un filo di voce.

    Avevi fatto una scelta, ragazzo. Perché l'hai ucciso?. Il

    ricordo di quel Scegli! mi entrò nella carne. Avevo scelto di

    non svelare l'altro mondo. Il loro mondo. Avevo promesso che

    mai avrei rivelato la loro esistenza.

    Nuccio mi aveva trovato con il cadavere della sua creatura e

    mi aveva giurato odio. Un odio trasformato in una maschera di

    grinze e denti sporgenti, di occhi scavati e imperlati di rosso.

    Se non era per Dino, per suo padre, il Vate di Massa, a quell'ora

    il mio collo sarebbe stato spezzato e prosciugato dalla vendetta

    di Nuccio.

    Che cosa avete intenzione di farmi? domandai al nocchiere.

    La sensazione di morte scorreva nelle mie vene più veloce

    del sangue. Mi trovavo a più di dieci chilometri da casa, stavo

    raggiungendo il Passo del Vestito e ci stavo andando con due

    vampiri.

    Non male come serata, bravo Simone. Non era meglio una

    partita alla Playstation? Ma no, dovevi per forza uccidere

    Giulio, cazzo!

    Hai fatto qualcosa che a Nuccio non è piaciuta per nulla e

    questo lo avevo capito.

    "E' stato più forte di me. Volevo aiutare Giulio. Non ne

    poteva più di quella situazione. Voi l'avete ridotto a qualcosa

    di... di... non riuscivo a definire la sua esistenza Perché?

    Perché non potevate lasciarlo morto dopo quello che faceste al

    market? Perché non lasciarlo riposare in pace come il

    magistrato? Perché? una lacrima si buttò sul sedile Perché?"

    ripetei mentre altre lacrime seguirono la prima.

    Dino distolse l'attenzione dalla strada e la gettò su di me.

    "Il nostro codice ti dovrebbe riservare la sua stessa sorte. E

    Nuccio dovrebbe esserne l'esecutore" tagliò corto.

    Eh, giusto! Avevo rotto il primo balocco di suo figlio e lui

    voleva farmi fare la sua stessa fine. Grazie. Bell'amico.

    Però... sospese il discorso e con un dito mi prese una

    lacrima. Se la portò alla bocca e chiuse per un secondo gli

    occhi. Quando li riaprì l'iride era mutata. Due sfere gialle mi

    fissavano con insistenza.

    "Però ammiro le persone come te. Sei così... ecco sì, umano.

    Troppo umano, forse"

    Dino inchiodò all’altezza dell’orto botanico del Parco delle

    Apuane e per poco non sbattei contro il parabrezza anteriore.

    Attutii il colpo con le mani. Le cinture avevano fatto una bella

    cilecca, questa volta. Nuccio arrivò lungo e ci evitò con una

    secca sgommata.

    Guardai Dino chiedendomi se non fosse completamente

    pazzo. Per tutta risposta mi sorrise con i suoi bianchissimi

    denti.

    "Non so ancora cosa ti distingua dal resto del genere umano,

    ma ho deciso di risparmiarti".

    Il suo caro figlio me l'aveva giurata e forse nemmeno Dino,

    in un qualche giorno nel futuro, avrebbe potuto impedirgli di

    terminare il lavoro che aveva intenzione di compiere fino a

    pochi minuti prima. Dino mi aveva gettato un’ancora di

    salvataggio e questa cosa mi stava decisamente bene.

    Non pensare a mio figlio. Non ti verrà tolto un capello. mi

    rassicurò, poi ingranò la marcia e partì di scatto.

    Per tutto il rimanente tragitto evitò qualsiasi contatto fisico e

    verbale. Furono cinque minuti interminabili nei quali gli unici

    rumori furono quelli del povero Giulio che, come in un

    frullatore, continuava a sbattere ovunque nel bagagliaio. Poi la

    testa dell'amico smise di emettere rumori.

    Forza, dammi una mano mi ordinò il vampiro appena

    fermò l’auto.

    Fuori, le stelle brillavano alte nel cielo. L'orsa maggiore,

    l'unica che conoscevo perfettamente, assisteva alla nostra losca

    occupazione. Ci vide aprire il bagagliaio della Golf, prendere il

    cadavere di Giulio e adagiarlo sull’asfalto. In quota, il freddo

    era pungente, nonostante l'estate fosse al proprio culmine. Mi

    strinsi nelle spalle ed infilai le mani nelle tasche del giubbotto.

    Era ancora lì.

    Estrassi il punteruolo. Sull’aculeo in acciaio il sangue si era

    rappreso diventando di un rosso scuro. La mano era ancora

    macchiata del suo sangue e il calore di quell'oggetto era uguale

    al corpo di Giulio.

    Farai meglio ad abituarti mi gelò Dino.

    Cosa voleva dire? Che sarei diventato come loro, prima o

    poi? O cosa? Forse un assassino? Forse un cacciatore?

    Dino chiuse il bagagliaio, mentre mi affrettavo a rimettere a

    posto l'arma. Nuccio aveva sistemato la Panda con il muso

    verso il burrone. Si accostò e si mise a fissarmi in silenzio con

    gli occhi ancora iniettati di sangue. Scappai dal suo sguardo

    assetato di vendetta e mi limitai al silenzio.

    Dino scostò il figlio con un brusco spintone e mi invitò ad

    aiutarlo. Presi l'amico per le gambe, mentre Dino lo prese per

    le braccia. Lo sistemammo alla guida della Panda, mentre

    Nuccio seguiva tutto con distacco. L'amico, ormai decisamente

    ex, aveva una voglia matta di strapparmi tutte le membra. Era

    lampante come innegabile era che i vampiri esistessero. Dino

    mi venne in soccorso.

    Guai a te se vengo a sapere che hai fatto qualcosa a Simone

    lo minacciò. In quel momento non erano più padre e figlio, ma

    maestro e servo della notte.

    Nuccio risparmiò il fiato di una risposta, mentre suo padre

    terminò il quadro del suicidio. Mise le mani di Giulio sul

    volante, adagiò il capo dell'amico sul poggiatesta, inserì le

    cinture di sicurezza. Poi raggiunse il guardrail e fissò il vuoto.

    Laggiù, nascoste tra le tenebre della notte, il tenue bianco del

    marmo risaltava nell'oscurità come un campo di neve. Sarebbe

    stato un lungo volo. Ed un'incredibile fulgore di fiamme.

    Immaginai male.

    Dino sferrò un primo calcio al guardrail che si ammaccò. Al

    secondo calcio, il guardrail si incrinò. Il vampiro raggiunse poi

    l'auto, la avviò e si allontanò come una saetta. La Panda

    assunse subito velocità, sbatté violentemente contro il guardrail

    e si impennò in aria. Vidi per l'ultima volta il corpo inerme di

    Giulio sbattere contro il parabrezza, prima che l'auto si

    inabissasse nel vuoto. La Panda rotolò con abbondante fracasso

    e ricadde con la pancia all'aria. Non esplose.

    Ora possiamo andare disse Dino.

    Rimontammo in silenzio sulla Golf. Dino e Nuccio si

    sistemarono davanti, mentre io preferii accomodarmi sui sedili

    posteriori.

    "Domani mattina, vieni al mini market. Devo parlarti a

    quattrocchi." mi ordinò Dino.

    Non ebbi il coraggio di rispondergli. Mi aveva salvato la vita

    e ormai dipendevo da lui.

    Sul volto di Nuccio si disegnò un punto interrogativo.

    La notte era passata troppo in fretta e la curiosità di quello

    che Dino voleva dirmi mi aveva impedito di addormentarmi.

    Mi ero girato e rigirato nel letto, tra migliaia di immagini di

    vampiri, di Giulio sgozzato, e poi, poi di lui, il gigante

    Pantagruel. Il famelico ubriacone che mi aveva svelato il

    mondo di Dino e Nuccio. Pensavo fosse lui il vampiro e invece

    era soltanto un loro schiavo. E quelle mani dinoccolate mi

    stringevano ancora il collo, come se fosse lì. Invece era passato

    già un anno da quella terribile rivelazione e una notte dalla

    morte di Giulio. Ciononostante i loro fantasmi diafani

    animavano ogni notte i miei sogni.

    Il negozio nel campeggio era quasi vuoto. Soltanto due

    ragazze si stavano servendo di tè ai banconi frigo. Dino era

    impegnato a parlare con la moglie alla cassa. Immagini del

    passato si rincorsero nella mia mente e rividi la signora Matilde

    mentre affettava la gamba del magistrato Giusti, mentre Nuccio

    si beveva l'amico e mentre il gigante Pantagruel, insieme a

    Nuccio, mi afferrava e mi imponeva una risposta.

    E ora scegli!

    La mia mente fuggì verso Lena, la mia ragazza di quell'estate

    che se ne era andata subito dopo il mio incontro fatale con

    Pantagruel, Dino e vampiri belli. Lei era stata un'ancora di

    salvezza in quei giorni di sangue, un'ancora alla quale mi ero

    aggrappato. Non le dissi mai nulla, solo per salvarla. E poi,

    come capitava con le anime gemelle, conosciute e consumate

    nell'estate della gioventù, era tornata in Olanda. Non l'avrei mai

    più rivista. Un capitolo della mia vita si era chiuso con la scelta

    che fui costretto ad assumermi. E sapevo che, da quel

    momento, tutto sarebbe cambiato, sapevo che qualcosa in me si

    era incrinato. E ne ebbi la conferma poco dopo.

    Voglio che tu partecipi ad una riunione. Domani sera mi

    propose Dino, puntando l'accento sul voglio come un obbligo.

    Quale riunione? domandai con curiosità.

    Una volta al mese, noi ci riuniamo per discutere

    Noi?

    E mi parve che quella riunione non fosse altro che un solenne

    banchetto nei miei confronti.

    Venite, amici, stasera ho da offrirvi un sangue novello. Venti

    anni di sapore dolce, fragrante e rinvigorente. Venite a bere

    quel sfottuto ragazzino che ci ha scoperti. Venite ad assaggiare

    il giovane Simone. E' come un novello Sangiovese!

    Discutiamo solamente delle nostre faccende continuò, ma

    la mia mente galoppava sfrenata.

    Oh, sì certo, come succhiare di qui, come succhiare di là,

    mostrare i più bei canini della provincia, banchettare con fiumi

    di sangue, abbandonarsi ad orge di carne ed umori corporei!

    Dino lesse la mia perplessità nascosta tra le supposizioni che

    nella mia mente ormai si erano aggrappate come sanguisughe.

    "Ti chiedo di venire, perché almeno così capirai che non

    siamo quello che tu hai visto quella notte. Siamo stai costretti.

    Sia Giulio, che il magistrato Giusti avevano capito chi eravamo

    e non potevamo permetterci che la cosa divenisse di pubblico

    dominio. La nostra razza sarebbe stata cacciata, si sarebbero

    avviati dei meccanismi che tu non conosci e saremmo dovuti

    sparire per un po'. E questa cosa, in alto, molto in alto, non

    sarebbe stata ben vista da qualcuno.".

    Perché io non ho fatto la stessa fine, mi domandai. Forse

    perché tenni bene serrata la bocca?

    Ci sarà anche Nuccio, la signora Matilde e... lui? chiesi.

    Dino titubò un attimo.

    Lui? Ah sì

    Mi massaggiai la base del collo e accennai di sì.

    "No, la riunione è riservata ai soli maestri capo famiglia della

    zona.".

    Quanti sono?

    La mia curiosità lo stava infastidendo. Comunque decise di

    rispondermi.

    "Dodici. La riunione si terrà alle otto di sera. Ti ricordi dove

    abito?" sorrise lisciandosi i baffi.

    "Sì, sono venuto una volta. Abitate al terzo piano del palazzo

    di fronte alla chiesa di San Sebastiano, vero?"

    Bene, puoi andare. Non farmi il bidone. Te ne pentiresti

    minacciò.

    Era una fresca mattina d'estate. La sera avrei finalmente

    avuto svelato il mistero di Dino e della sua famiglia di vampiri.

    Con lo scooter avevo percorso a tutta velocità la via dei Carri

    che univa Altagnana, dove abitavo, alla strada provinciale per

    Canevara. Un paio di chilometri dopo inchiodai lo scooter. Le

    ruote fischiarono e sbandai pericolosamente. Un solerte autista

    mi manifestò la sua opinione su quel gesto e mi salutò con un

    caloroso Vaffanculo!. La locandina de La Nazione

    annunciava a caratteri cubitali "Muore giovane sull'Appennino.

    E' giallo"

    Merda! imprecai. Mi aspettavo prima o poi il ritrovamento

    del corpo di Giulio, ma non mi sarei aspettato l'apertura di

    un’inchiesta giornalistica.

    Comprai il giornale e mi misi a leggere l'articolo. La foto

    sorridente dell'amico era accostata ad un'altra dell'auto in

    fiamme. Giulio era stato trovato il giorno prima dagli operai

    della cava in cui era finita la Panda. Il giornalista faceva il suo

    sporco lavoro insinuando nel lettore il mistero e facendo notare

    che l'auto non era esplosa subito, ma solamente la mattina, alle

    prime luci dell'alba. Gli operai avevano chiamato il 112 e il

    carabiniere di turno aveva ordinato loro di non toccare nulla e

    di attendere la squadra per le indagini. Il giornalista descrisse

    minutamente che l'auto aveva perso poca benzina e che il sole

    non era stato così caldo da poter accendere una scintilla, che

    fece poi deflagrare l'auto, prima dell'arrivo dei carabinieri. Per

    poco non ci rimise le penne un certo Giovanni Calaiò,

    marmista di quarant'anni. Il giornalista si soffermò poi sulla

    macabra descrizione del corpo reso irriconoscibile dalla

    combustione. Mi augurai che i genitori di Giulio non

    leggessero mai quell'articolo. Infine l'articolo si concludeva

    con testuali parole "Le prove di un eventuale omicidio sono

    andate completamente in fumo come un tizzone spento".

    Quindi, concludeva, il caso era stato archiviato con un bel non

    luogo a procedere da parte dei carabinieri. Feci un sospiro di

    sollievo. La formula canonica di chiusura dell’articolo era

    dedicata al funerale, alle tre del pomeriggio alla chiesa dei

    Servi di Maria di Marina di Massa.

    Accartocciai il giornale e me ne tornai al paese. Non avevo

    più voglia di andarmene a giro e non volevo mancare all'ultimo

    saluto del mio amico.

    Il saluto dell'assassino.

    La folla si era radunata silenziosamente davanti alla chiesa,

    almeno mezz'ora prima dell'arrivo del feretro. Circa trecento

    persone erano convenute per la funzione d'addio. A decine

    furono gli amici e i conoscenti che salutarono con un applauso

    l'arrivo del carro funebre.

    Decisi di rimanere fuori dalla chiesa, nel parco antistante, in

    disparte. Mi sentivo fuori dal contesto, in colpa per tutto, solo

    perché io conoscevo la verità. Avevo paura di incrociare gli

    sguardi sofferenti dei parenti, del padre e della madre. Non

    sapevo come avrei reagito. Di una cosa ero certo però. Avrei

    tenuto gli occhi fissi a terra. Mi vergognavo di essere vivo. Mi

    vergognavo di avere avuto una fortuna che Giulio non aveva

    neppure avuto il modo di sperimentare.

    Raggiunsi il resto degli amici. Marco, Diego e Daniele

    parlottavano a bassa voce vicino ad una quercia.

    Ciao ragazzi. Come va? salutai.

    Bene. E tu? contraccambiò Diego.

    Il feretro era appena entrato e la folla sciamava composta

    dentro la chiesa. Tra loro non c'era traccia né di Nuccio né di

    Dino.

    Che brutta storia. dissi senza rispondere all'amico.

    Già, davvero un brutto incidente

    Marco si prese una sigaretta. Era la prima volta che lo vedevo

    fumare.

    Quand'è che hai iniziato? indicai la sigaretta.

    Un mese fa. Il nervosismo fa brutti scherzi. mi rispose

    senza entrare nel merito della questione.

    Marco stava passando un periodo negativo. I suoi genitori si

    erano separati e lui era andato a vivere con la madre. Visto poi

    che la sfortuna ci vedeva benissimo, aveva perso il lavoro da

    fornaio. Diego gli aveva offerto un posto come autista nella

    ditta in cui lavorava, ma Marco si era preso tempo.

    Me ne dai una? domandai.

    Hai deciso di ucciderti anche tu? intervenne Daniele. Lui

    era il salutista del gruppo. Non l'avevo mai visto né bere né

    fumare.

    "Al cimitero ci devi andare dopo una malattia o per

    vecchiaia, non dopo un incidente" rispose.

    Il silenzio calò.

    E poi... Marco soppesò ancora quelle parole scindendo col

    pensiero una nuvola di fumo espulsa dai polmoni "...sapete che

    Giulio aveva preso una brutta piega?"

    No. Che vuoi dire? domandai incuriosito.

    Diego anticipò Marco.

    "Dicevano che fosse entrato in un brutto giro. Droga, soldi

    sporchi e perfino omicidi"

    Non ci credo abbozzai sottovoce. In realtà pensavo a

    quanto fossero crudeli le dicerie di provincia.

    Le nostre parole giunsero ad un uomo panciuto sui

    sessant'anni che ci guardò con disprezzo. La sua espressione

    diceva chiaramente "Nemmeno ad un funerale questi ragazzi

    sono capaci di fare silenzio. E perlopiù infangando la memoria

    di un loro amico"

    "Non usciva di casa, se non di notte. Nessuno lo vedeva più.

    Vagava per la città fino all'alba e poi scompariva.

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