L'utopia dell'assoluto
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Anteprima del libro
L'utopia dell'assoluto - Edmondo Canepi
633/1941.
INTRODUZIONE
1. PROLOGO
Ho dedicato questa nuova edizione del libro principalmente ai miei figli, nipoti, parenti, amici e fratelli in fede, perché ognuno abbia una copia di questo libro, per un messaggio particolare (ne parlo di seguito..) che mi è stato affidato dal Signore Gesù Cristo: informare i credenti e la Chiesa universale che la Ragione umana ha un fondamento diverso da quello che la maggior parte delle persone ritiene. La Ragione è un’attività propria dello spirito umano che può essere utilizzata per tutti gli aspetti della vita umana, immaginazione, fantasia, commercio, finanza, creatività artistica e ricerca scientifica e tanti altri campi dello scibile umano. Ma il suo scopo principale è quello di far scoprire all’uomo, attraverso il metodo metafisico, cioè meramente spirituale e trascendente, l’esistenza di un Creatore dell’Universo, cioè Dio, perché, senza questo fondamento, la conoscenza e la mente umana non arrivano a raggiungere il loro scopo di elevare l’uomo ai suoi livelli eccelsi ai quali è chiamato per sua natura.
Attraverso lo Spirito Santo, il Signore mi ha insegnato e rivelato la Sua presenza, come comunque era già anche ampiamente spiegato in Romani 1:18 (Sacra Bibbia, Ed. La Riveduta), perché il Signore mi ha rivelato due cose molto importanti:
che Dio parla all’uomo attraverso la Sacra Scrittura,
mentre l’uomo parla a Dio attraverso la preghiera:
Sal 111:10 Il timor del SIGNORE è il principio della sapienza;
hanno buon senso quanti lo praticano.
Prov 9:10 Il principio della saggezza è il timore del SIGNORE,
e conoscere il Santo è l'intelligenza.
Dunque, è fondamentale riconoscere la presenza del Signore, innanzi tutto.
Giovanni 17:3 E questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo
Ma ciò non ha a che fare con la Fede, che è considerata un dono di Dio. Tuttavia la conoscenza del Signore è intrinseca e alla base della stessa Fede, in quanto senza di essa non possiamo arrivare a comprendere il messaggio di Dio all’umanità, tramite la Sua Parola, la Sacra Bibbia.. Le due cose sono complementari. La Fede e la Ragione, si integrano e si giustificano quindi a vicenda. La Fede non è contraria alla Ragione (San Tommaso: fede e ragione, sono entrambe dono di Dio e non possono contraddirsi.).
Faccio cenno al fatto che anche io sono stato chiamato a questo, come credente di Gesù Cristo, il quale mi ha rivelato:
Romani 1:18 "Poiché l'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà ed ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l'ingiustizia; 19 infatti quel che si può conoscer di Dio è manifesto in loro, avendolo Iddio loro manifestato; 20 poiché le perfezioni invisibili di lui, la sua eterna potenza e divinità, si vedon chiaramente sin dalla creazione del mondo, essendo intese per mezzo delle opere sue; 21 ond'è che essi sono inescusabili, perché, pur avendo conosciuto Iddio, non l'hanno glorificato come Dio, né l'hanno ringraziato; ma si son dati a vani ragionamenti, e l'insensato loro cuore s'è ottenebrato. 22 Dicendosi savî, son divenuti stolti.
Paolo, sempre ispirato dallo Spirito Santo aggiunge e rivela:
1 Corinzi 12:7 Or a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per l'utile comune. 8 Infatti, a uno è data mediante lo Spirito parola di sapienza; a un altro, parola di conoscenza, secondo il medesimo Spirito; 9 a un altro, fede, mediante il medesimo Spirito; a un altro, doni di guarigioni, per mezzo del medesimo Spirito; a un altro, potenza d'operar miracoli; 10 a un altro, profezia; a un altro, il discernimento degli spiriti; a un altro, diversità di lingue, e ad un altro, la interpretazione delle lingue; 11 ma tutte queste cose le opera quell'uno e medesimo Spirito, distribuendo i suoi doni a ciascuno in particolare come Egli vuole.
Ebbene, sono convinto che a me siano stati affidati, come credente cristiano, tre doni dallo Spirito Santo, per l’utile comune:
Il primo dono attiene appunto la stesura di questo libro, nel quale sono stato ispirato a spiegare appunto il significato della capacità umana della Ragione, propria dello spirito umano. Questo libro è un mix di filosofia cristiana e di poesia spesso profetica e comunque attinente alle cosidette lingue cristiane
, in quanto principalmente ermetica, in quanto di natura spirituale, come si suppone che siano anche le lingue scritturali. Mi rivela il Signore:
Romani 8:26 Allo stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede egli stesso per noi con sospiri ineffabili
1 Corinti 14:2 Perché chi parla in altra lingua non parla agli uomini, ma a Dio; poiché nessuno l'intende, ma in ispirito proferisce misteri. 3 Chi profetizza, invece, parla agli uomini un linguaggio di edificazione, di esortazione e di consolazione.
1 Corinti 14:22 Pertanto le lingue servono di segno, non per i credenti, ma per i non credenti: la profezia, invece, serve di segno non per i non credenti, ma per i credenti
La mia poesia, in generale, ricalca e riflette in qualche modo il senso e lo stile dei Salmi della Bibbia, in quanto rappresenta come una preghiera, un cantico rivolto al Signore, con lo spirito e la sostanza di quelli dell’Antico Testamento. Non conta il senso perché comunque è una preghiera misteriosa e pura rivolta a Dio Padre, da parte dello Spirito Santo, tramite noi, come sostiene anche l’apostolo Paolo.
L’opera è anche un manuale dell’evoluzione umana e contiene i consigli utili per sviluppare, in maniera sistematica, tutte le capacità che sono proprie del genere umano, partendo dall’analisi della conoscenza e della Ragione umana ma in primo luogo dalla conoscenza del nostro Creatore.
2. NOTA BIOGRAFICA DELL’AUTORE
Edmondo Canepi é solo uno pseudonimo, un nome d’arte. Il vero nome dell’autore è Carlo Casu. Venne chiamato alla nascita Edmondo
, come terzo nome, secondo l’uso del tempo: Carlo (nome di battesimo), Alberto, Edmondo; Canepi, invece, è un cognome fittizio (anche se non se ne escludono degli esempi in qualche regione italiana). L’autore ha voluto soltanto seguire l’esempio di molti poeti ed artisti, per essere ligio ad una certa tradizione classica, che fino ai primi dell’ottocento (ma, raramente, avviene anche ai nostri giorni!) solevano assegnarsi un nome d’arte, un epiteto, non per celarsi dietro ad un altro nome, come se disprezzassero in qualche modo il proprio nome naturale, ma per sottolineare, nel caso specifico, che Edmondo Canepi, non corrisponde più, spiritualmente, alla stessa persona di Carlo Casu, ma ad un'altra, completamente nuova e diversa, per darsi un nuovo look, una nuova veste e personalità letteraria. Con ciò, l’autore, forse, s’illude anche, di far parte di uno sparuto e fatiscente cenacolo di artisti, poeti, filosofi: quelli che sono ancora viventi e quelli già morti da un pezzo..
Nacque a Sestino, Provincia di Arezzo, il 1 Settembre 1937. Quindi: toscano di nascita e forse di carattere, sebbene non Doc
. I suoi genitori erano gente molto semplice, di origine sarda contadina. Il padre, Salvatore, era Maresciallo Maggiore dell’Arma dei Carabinieri (allora Reali!), quindi, costretto a girovagare per l’Italia, secondo le esigenze del suo stato militare. A Sestino, nacque insieme al fratello Pietro ed alla sorella Vittoria. Di carattere molto schietto, suo padre, si era tuttavia formato un discreto bagaglio di cultura generale, quasi da solo, essendo un valido autodidatta, seguendo però una certa inclinazione familiare, sulle orme, nonché suggerimenti, dello zio paterno, Canonico Pietro Casu, un prete cattolico molto colto, almeno per quei tempi, parroco di Berchidda, in Provincia di Sassari, paese natale di entrambi i genitori, alle pendici del monte Limbàra, in Sardegna. Il prozio, Pietro Casu, era uno scrittore eccellente ed un intellettuale di spicco in Sardegna ed anche fuori (Germania), poeta dialettale, autore di trattati, novelle, traduzioni da varie lingue straniere, nonché ottimi romanzi, fra i quali spicca Notte sarda, forse il più famoso, opere che si stanno rivalutando un po’ in questi ultimi tempi, in cui ne viene curata la ristampa. Egli fu anche l’autore di un erudito Vocabolario della Lingua Sarda Logudorese, che ha visto le stampe nel 2003, edito dalla Casa Editrice Ilisso di Nuoro.
Ora, il padre Salvatore, si dedicava, con un certo impegno e successo, alla poesia lirica e satirico umoristica in vernacolo sardo, allora (si parla degli anni ’40-’50) ancora molto diffusa e popolare in Sardegna, che contava una tradizione secolare, fondando a Cagliari, con Angelo Dettori e Michele Contu (Contijeddu), una rivista: S’Ischiglia, che raccoglieva le migliori firme della letteratura sarda contemporanea, compreso lo stesso Pietro Casu, che, in effetti, si identificava come il vero fondatore, nonché ispiratore della medesima, che, non a caso, s’intitolava appunto S’Ischiglia, dal titolo di una sua poesia, che apparve nel primo numero della rivista, inneggiante all’unità ed alla concordia del popolo sardo, martoriato dalle mille divisioni e contraddizioni ideologiche, prima che da quelle naturali. Però, il padre Salvatore, per ritornare sull’argomento, non poteva esporsi troppo in prima persona, sia come direttore della suddetta rivista, sia come scrittore e poeta, pur essendo di sicuro rilievo e spessore, in quanto, allora, il rigido regolamento dei Carabinieri vietava severamente una qualsiasi attività in proprio o comunque estranea al servizio, compresa quella letteraria, non ritenuta compatibile con le funzioni militari e pubbliche svolte da un Comandante dell’Arma (Comandante di Stazione). Si pensi che il padre, che collaborava alla rivista, era costretto persino a celarsi in veste di direttore ed autore, nascondendosi sempre sotto mille epiteti, acronimi o sigle anche un po’ strane (Bore, Salvadore, Ciesse, C.S. ecc.).
Queste le persone e l’ambiente, che hanno avuto, in ogni caso, molta influenza sulla formazione dell’autore e contribuito così, in qualche misura, allo sviluppo della sua personalità e delle sue tendenze culturali, fin dai lontani tempi della fanciullezza. Si trattava di una personalità certo molto attenta e curiosa per natura, soprattutto in relazione alla riflessione, alla sensibilità istintiva dell’immaginazione ed alla creatività poetica, in cui si sentiva molto portato, perché fin dagli anni giovanili (prima dei quindici anni!), l’autore muoveva i primi passi e tentava spontaneamente di trovare una sua forma d’espressione poetica autonoma, non in vernacolo però, bensì in lingua italiana, avendo peraltro seguito gli studi classici, presso l’Istituto Dettori di Cagliari ed in seguito presso il Liceo Classico Berchet di Milano, dove ha conseguito il diploma di Maturità classica.
In quegli anni, ebbe la fortuna di seguire le lezioni e gli insegnamenti di due insigni maestri: Mario Manca, dell’Istituto Dettori e Arturo Brambilla, del Liceo Classico Berchet, autore, fra l’altro, di una celebrata Storia della Letteratura Greca. Insegnanti ai quali va la sua riconoscenza più profonda e il suo ricordo perenne. Tali insegnanti, gli hanno forse lasciato un’impronta indelebile, come tutti i grandi insegnanti ai propri allievi, anche ai meno dotati, inculcandogli e facendogli amare molto i grandi autori classici latini e greci ed in genere la cultura classica, dalla quale deriva, in fondo, tutta la nostra civiltà occidentale, attraverso il guado obbligato del Rinascimento. Ebbene: questo amore gli è perdurato tutta la vita..
Estroverso ed insieme introverso di carattere (combinazione piuttosto rara quest’ultima!) egli trovava molto diletto, durante i periodi di solitudine forzata, che a volte cercava anche spontaneamente, ad affinare la riflessione e l’inventiva artistica, avendo un temperamento, come si è già accennato, naturalmente molto fantasioso.
Come scrittore, di quegli anni giovanili, resta purtroppo quasi niente, perché tutto è andato perduto. Solo qualche traccia, qualche frammento dei vari tentativi di composizione poetica, poiché egli amava molto anche la poesia, per lo più di carattere amoroso, tentativi ispirati ad amicizie personali o di qualche compagno di scuola. Notate, per esempio:
"Tanto cara mi sei
e al cuor si stretta,
che anche la vita perderei
per te Antonietta"
Si tratta di un frammento di versi, facenti parte di una canzonetta scritta su commissione
, a Cagliari, verso la fine degli anni quaranta, per un compagno di scuola, certo Italo Pinna, innamorato follemente di Antonietta Bianchi, una studentessa bionda, molto carina, di origine laziale ed ispirati agli amori sdolcinati della prima adolescenza.
Solo tracce, dunque, che la memoria vorrebbe raccogliere, custodire ed arricchire, nella prospettiva di una continua evoluzione e del gusto e dello stile, cominciato proprio con la ricerca attenta di un ritmo e di rime adeguate.
Molte di queste composizioni, come Frammenti e Limbàra, rimaste quasi intatte e fedeli, nei contenuti, riescono ancora a testimoniare di quegli anni di giovanile fervore e di sentimenti sinceri, seppure immaturamente espressi, ma di cui ancora conservano la freschezza e la spontaneità, nelle sensazioni immediate, che, di tanto in tanto, vi affiorano.
Ma già dagli anni giovanili, si cimentava, oltre che nella poesia, anche nella composizione di Appunti di Filosofia, una raccolta saggistica, che sviluppava continuamente, soprattutto in seguito agli studi universitari intrapresi, alle problematiche interiori sorte nella giovinezza ed alle vicende storiche di quel tempo (il famigerato periodo della contestazione giovanile!). Ciò usciva fuori dalle tradizioni di famiglia, più che altro orientate verso la poesia e la letteratura in genere, Le varie parti di questi appunti, però, dovevano essere continuamente aggiornate, rifatte e corrette, con grande
dispendio di lavoro e di tempo. Dopo l’avvento del Personal Computer, invece è stato più facile all’autore impaginarle, svilupparle e organizzarle in un solo volume, dandole una sistemazione più definitiva..
E la fantasia, appunto, questa meravigliosa e misteriosa facoltà dell’uomo, egli continuamente sviluppava ed accresceva, attraverso la lettura di libri giovanili, soprattutto di narrativa, di avventure, persino dei fumetti di quel tempo, così come nella ricerca autonoma di quelle forme o attività che più gli si confacevano, comprese le attività del tempo libero e gli amoretti scialbi e svampiti della giovinezza, fatti principalmente di sguardi, di letterine timide e di versi, qua e là, cose del resto familiari a tutti gli adolescenti del suo ambiente, della sua età e del suo tempo.
Si dimostrava, però, poco adatto alla disciplina scolastica, sia perché da giovane era molto timido, sia perché, in quel campo, non aveva consolidate tradizioni di famiglia (il prozio Pietro, era un’eccezione!), in seno alla quale non fu certo incoraggiato: il più intelligente della famiglia era sempre il fratello Pietro.. Solo lo zio Pietro, poco prima della morte, avvenuta il 1954, si era espresso in una maniera misteriosa, inaspettata, quasi esclusiva, molto positiva e direi quasi profetica sul futuri progressi spirituali del nipote Carlo. Il quale però non era minimamente ambizioso. Infine, negli anni più maturi, fece una scelta personale e coraggiosa: si rifiutò categoricamente di continuare a seguire una cultura ispirata al «nozionismo», difetto tipico della cultura italiana del dopoguerra (ma dominante anche oggigiorno, purtroppo!..). Avrebbe voluto condividere una cultura formativa, fatta più di contenuti e di sostanza, non si accontentava della superficialità dei testi scolastici di parte e delle varie tesine
universitarie, assai diffuse anche nel suo ambiente. Non gli piacevano i risultati pratici e di vita raggiungibili con tale cultura inquinata, di poco conto ed i cui risultati purtroppo disastrosi erano e sono ancora davanti agli occhi di tutti!
Il periodo della contestazione giovanile, verso la fine degli anni ’60, fu seguito immediatamente da una fase di disordine indescrivibile, soprattutto nelle scuole superiori e negli atenei