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Stile Loft
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E-book219 pagine3 ore

Stile Loft

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Info su questo ebook

La ricerca di una casa mette a dura prova pazienza e nervi. Soprattutto se fai questo passo da sola in una grande città e hai aspettative alte ma un piccolo stipendio. Tra appartamenti "graziosi" di venti metri quadri e soluzioni "per giovani coppie" al sesto piano senza ascensore (ma con vista Duomo), la protagonista impara a districarsi nel variegato mercato immobiliare milanese in cui ogni metro quadro vale oro e ogni scantinato può diventare una "par­ticolare soluzione in stile loft". E tramite un'estenuante ricerca, imparerà a conoscere meglio se stessa e a sfidare i propri limiti, scoprendo che gli agenti immobiliari possono avere un'anima. E, talvolta, un inatteso fascino. Narrando il variopinto mosaico dei quartieri e dei palazzi di Milano, l'autrice rende omaggio con grazia e leggerezza a una città dalle mille contraddizioni ma sempre vivace e attraente. 

Ilaria Sicchirollo, giornalista milanese, già direttrice di Essere&Benessere, scrive per testate di salute e bellezza. Ha pubblicato diversi racconti e i romanzi: Perfetto per te (ArpaNet, 2014), I luoghi degli amori finiti (Montag, 2015), Felicità al 75% (Rizzoli, 2016) e Corrersi via (Rizzoli 2016).

Edizione Cartacea: Ilaria Sicchirollo, Stile Loft, Edizioni Nulla Die, 2019, Isbn: 9788869151965.
LinguaItaliano
EditoreNulla Die
Data di uscita6 set 2019
ISBN9788869152399
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    Anteprima del libro

    Stile Loft - Ilaria Sicchirollo

    Up

    Prologo

    «Possiamo vedere il terrazzo?»

    «Il... terrazzo?»

    «L’annuncio parlava di un terrazzo. Ecco qui, vede? Romantico appartamentino con terrazzo. Luminoso e silenzioso. Vero affare!»

    «Il terrazzo, certo!» risponde l’agente immobiliare. «Venga, venga. Ecco qui il terrazzo!»

    «È questo?»

    «Be’ più un terrazzino, direi, ma d’altra parte, per questa cifra, cosa si aspettava?»

    Anita esce sul terrazzo profondo mezzo metro e lungo poco più di uno, per ammirare il panorama da quella che potrebbe essere la sua nuova casa. La vista è esattamente il palazzo di fronte. La cucina della signora di fronte, per la precisione. Sembra quasi di poterla toccare. Se si sporgesse un po’, potrebbe perfino dare una giratina al sugo sul fuoco, perché signora, guardi che si sta attaccando.

    «Allora, che cosa gliene sembra? Un bel balcone vivibile, per la raccolta differenziata o per stendere i panni. Non è per niente facile da trovare, a Milano, sa. Un vero valore aggiunto!»

    A dire la verità non le sembra molto vivibile. Se dovesse installare l’impianto di aria condizionata, l’intero balcone sarebbe occupato dal motore. Dove mai potrebbe collocare lo stendino?

    L’uomo sembra accorgersi della sua faccia perplessa e chiosa: «Con questo budget, signorina, bisogna fare delle scelte! O l’aria condizionata, o il bucato!»

    uno

    La scala mobile della metropolitana riversa una giovane donna dai lunghi capelli rossi ai margini di un incrocio brulicante di traffico. Avvolta in ampi occhiali scuri, scudo per ripararsi dalla gente più che dal pallido sole invernale delle tredici, la donna confonde i suoi passi con quelli frettolosi degli altri pedoni e si lascia alle spalle l’animato crocevia, per dirigersi, a passo spedito, verso il suo appuntamento. Come aveva potuto constatare dalla piantina, studiata con attenzione, la casa è ubicata in una stradina un po’ defilata rispetto alla fermata della metropolitana e, tutto sommato, abbastanza tranquilla: qualche negozio di quartiere e diverse trattorie senza pretese, poco modaiole, di quelle con il vino in caraffa e le tovaglie a quadretti, ora tutte piene per via dei numerosi uffici. Mentre gli impiegati della zona sono comodamente seduti a tavola a sparlare dei loro capi gustando risotti e cotolette, una signora distinta la aspetta davanti a un portone zincato degli anni Sessanta. Indossa un cappotto blu di ottima fattura con una cintura alla vita, che disegna un fisico asciutto. Appena la giovane donna si avvicina, la signora distinta le rivolge un largo sorriso e la saluta chiamandola per nome, con l’accortezza di farlo precedere da un garbato signorina.

    La signora dal cappotto blu memorizza sempre in anticipo i nomi dei clienti che incontrerà. La sua voce ha il timbro deciso di chi è abituato a catturare l’attenzione attraverso particolari mirati, erogati al momento giusto con calcolata interpretazione. Una che riesce a vendere case semplicemente lasciando intendere che «Sa, questo appartamento interessa anche a una famosa attrice...» Le porge la mano e, al gesto della stretta, si eleva un tintinnio. Sembrano campanellini, in realtà sono i bracciali d’oro che le rivestono il polso. La guarda negli occhi protraendo forse un po’ troppo il sorriso orizzontale del saluto. Pochi, soppesati istanti che le servono per terminare la radiografia dello status economico della sua potenziale cliente, e poi le rivela il proprio nome, che le calza a pennello: Maria Cristina. Solo quello di battesimo, perché il cognome è noto, stampigliato in bella vista sui bigliettini da visita, sull’insegna dell’agenzia e pure su qualche pubblicità affissa in metropolitana e accompagnata dal suo viso ritoccato con Photoshop. La tua casa in due settimane promette il sito internet dello studio immobiliare, facendo precedere la scritta da due parole intermittenti che si alternano: compra e vendi per soddisfare domanda e offerta.

    All’aprirsi del portone, le due donne vengono travolte da quella che sembra un’esalazione tossica, ma che, a poco a poco, assume le fattezze olfattive di un soffritto bruciato. «La portinaia» bisbiglia Maria Cristina con un leggero ammiccamento, senza aggiungere altro.

    Due androni, un ascensore, la salita di due piani, stipate con gli occhi bassi in una piccola cabina, ed eccole all’appartamento.

    Da questo momento non sono più semplicemente una giovane donna che nel frattempo si è tolta gli occhiali scuri e un’elegante signora ingioiellata con il cappotto blu e gli stivali color tabacco. Ciascuna prende possesso del proprio ruolo: Anita Hotellier, potenziale acquirente di un bilocale, e Maria Cristina Brandolini de Leonardis, titolare dell’omonimo, prestigiosissimo, studio di consulenza immobiliare. Come prevede il protocollo, la consulente estrae la chiave e la infila nella toppa: la porta troppo sottile si lascia violare con un solo giro di chiave.

    Anita mentalmente registra: porta da sostituire.

    Maria Cristina mentalmente registra: cliente attenta.

    «L’appartamento è disabitato da un po’ e, come ha letto nell’annuncio, c’è qualche lavoretto da fare» le spiega la donna varcando la soglia e invadendo le due stanze con la sua personalità decisa. È a quel punto che Anita capisce, finalmente, chi le ricorda: con quell’eleganza strizzata in una figura sottile, è la versione meno famosa di Paola Marella. E, proprio come farebbe la professionista immobiliare più celebre della tv, Maria Cristina le descrive l’appartamento con espressioni ricercate, forse più altisonanti di quanto il modesto bilocale meriterebbe: inondato di luce, un piccolo nido lontano dal rumore, la sua casa nel cuore pulsante della città, suscitando le perplessità della potenziale cliente. Guardandosi intorno, infatti, Anita si sente un po’ confusa. Questa casa, pensa, ha qualcosa di strano: per accedere al bagno bisogna attraversare la camera da letto, che, oltretutto, è la prima cosa che si vede dall’ingresso.

    «Ma ha davvero molte potenzialità» prosegue. «Con un minimo investimento, potrebbe trasformare la zona giorno in zona notte e viceversa. In questo modo avrebbe il balcone in soggiorno, che è molto più utile, e la camera da letto più ridotta, che tanto non ha bisogno di tutto questo spazio».

    Effettivamente, riflette Anita, considerato dal nuovo punto di vista quell’appartamento cambierebbe faccia. Girato come le ha suggerito, tutto risulterebbe più funzionale. Dall’ingresso si accederebbe al soggiorno e non alla camera da letto e si potrebbe andare in bagno senza attraversare spazi privati. Non fa una grinza.

    «Ha ragione» conferma Anita a Maria Cristina, la quale sorride compiacendosi del sincero stupore suscitato con poche frasi. La sta conquistando e ne è consapevole. Il suo sorriso, però, lascia intendere qualcosa di più. È come se si stesse preparando a sfoderare l’arma vincente: una sorpresa, celata da quella casa dall’apparenza anonima come un segreto prezioso. Probabilmente, pensa Anita, le rivelerà l’esistenza di un terrazzino, di un soppalco, di un giardino d’inverno; un angolo nascosto come uno scrigno che la faccia capitolare. Qualcosa che conferisca una marcia in più a quell’insulso bilocale, rendendolo degno di una professionista come lei. Degno di Paola Marella bis.

    Invece, soltanto due parole sul bagno: è da rifare, ma, data la metratura ridotta, il costo sarà davvero contenuto.

    Tutto qui? E la sorpresa?

    La delusione di Anita è palpabile. È come se le fosse stato prospettato un oggetto del desiderio e poi subito negato. La stessa sensazione che la colse quando, da bambina — avrà avuto otto anni — seguì la sua amichetta Clara fino al negozio di un amico della sua famiglia e il negoziante regalò alla piccola Clara una confezione di elastici per i capelli: colorati, invitanti, bellissimi ai suoi occhi di bambina. Saranno stati sei, o forse otto. L’emozione di Anita era salita alle stelle, certa che il negoziante avrebbe regalato una confezione di elastici anche a lei. Ma non lo aveva fatto. La sua aspettativa si era allora subito ridimensionata in favore della metà di elastici che Clara avrebbe certamente condiviso con lei. Ma la compagna di giochi li aveva tenuti tutti per sé, senza offrirgliene nemmeno uno. E nessuno l’aveva sollecitata a compiere quel generoso gesto di condivisione. Anita non aveva mai confessato ad anima viva quella cocente delusione, ma ora il ricordo stava riaffiorando, richiamato da chissà dove, risvegliando quel remoto, pungente dolore.

    E una professionista del calibro di Maria Cristina non può non accorgersi dello stato d’animo carico di aspettative deluse di una cliente, ma soprattutto è decisa a vincere: non sarà certo un appartamento al rovescio a fermarla. Quella cliente deve essere sua. E infatti l’arma è pronta per essere sfoderata, luccicante al punto giusto.

    «Lei dove lo compra il cashmere?» s’informa a bruciapelo.

    La domanda sorprende Anita alle spalle, mentre con lo sguardo segue il fascio di luce che illumina il pavimento di graniglia.

    «Il cashmere?» risponde voltandosi.

    «Non so dove lei lo acquisti abitualmente, ma qui sotto c’è un negozietto... quando scendiamo glielo mostro. Roba bella, eh? Niente a che vedere con quei filati misti che adesso spacciano per cashmere e che vendono anche al mercato».

    È questa, dunque, la sorpresa? Forse, non avendo trovato nulla di particolarmente attraente nel bilocale, per conquistarla Paola Marella ha dovuto uscire dai confini dell’appartamento.

    «Quelli non si possono proprio vedere, certo».

    «Sono sicura che se ne innamorerà e che ne diventerà cliente abituale, quando vivrà qui».

    Non se. Quando.

    Anita vorrebbe tanto avere la metà di quella sicurezza. E vorrebbe anche trovare il coraggio di confessarle di non aver mai comprato del cashmere in vita sua. Ma è sopraffatta dalla personalità di Maria Cristina e non può sopportare l’idea di deluderla. Così, sceglie di tacere.

    Conclusa la visita, come promesso, passano davanti al negozio di maglioni che, però, a quell’ora è chiuso. Le due donne si congedano dandosi appuntamento per una seconda visita, senza specificare quando, per poter dare un’occhiata anche al negozio, quasi fosse un annesso della proprietà, e Maria Cristina infonde ad Anita una lievissima pressione: deve decidere in fretta, perché occasioni così non se ne trovano facilmente e l’interesse per quell’appartamento è davvero alto.

    Se comprare casa è un atto impegnativo, comprarla da soli sa essere una missione quasi impossibile. Ma dopo il disastro totale, due anni prima, della sua convivenza con Matteo, Anita è più che mai decisa a compiere questo grande passo in totale autonomia. Eppure, dopo aver letto e scartato decine di annunci e aver concluso la sua prima visita, è già colta da un misto di impazienza, scetticismo e timore. Troverà mai la casa giusta? Ma, soprattutto, riuscirà a riconoscerla, quando arriverà?

    due

    Anita ritorna al lavoro stringendosi nel suo cappottino comprato in saldo, ripensando, più che alla casa, alla classe di Maria Cristina-Paola Marella. Quella donna l’ha davvero colpita: così sicura da produrre solo azioni efficaci, senza tentativi a vuoto, senza spreco di energie. Peccato che l’appartamento, invece, non sia alla sua portata. La faceva facile, lei, col suo cashmere di qualità e i polsi rivestiti d’oro: intervento minimo, pochissima spesa. Ma invertire soggiorno e camera, spostare gli attacchi della cucina, sostituire tutti gli impianti, acquistare il parquet... a conti fatti, tanto vale acquistare un appartamento nuovo di zecca, con tutte le cose già al posto giusto. Ma chi se lo può permettere? No, è decisamente il caso di passare oltre.

    La radio dove lavora, Radio Sound, occupa parte del terzo piano di un modernissimo palazzo a vetrate, costruito secondo le più recenti disposizioni di ecosostenibilità ambientale. Il lato positivo, oltre al tipico comfort che permea gli edifici nuovi, come bagni in stile contemporaneo e spazi luminosi e funzionali, è che l’aria esterna è filtrata, purificata e poi reimmessa più salubre in circolazione all’interno degli ambienti, alla giusta temperatura, in modo da garantire il benessere del personale. Il rovescio della medaglia è che non si possono aprire le finestre, così, uscire un po’ durante la pausa pranzo è non soltanto piacevole, ma quasi una necessità, se si vuole almeno sapere che clima c’è fuori.

    Carola, la collega con cui di solito pranza, è già rientrata da un po’ dalla pausa e la guarda arrivare con aria interrogativa: ancora non sa che sta cercando casa.

    «Allora?» reclama spiegazioni tamburellando con le dita sulla scrivania, come una consorte gelosa.

    «Allora cosa?»

    «Chi è?»

    «Chi è chi?»

    «Dai, basta rispondere ripetendo la mia domanda! Non devi dirmi niente? Chi è il tipo con cui hai pranzato?»

    «No, ma guarda che... ero dal dentista. Infatti devo ancora mangiare». Ed estrae dalla borsa un tramezzino avvolto nell’alluminio, preparato a casa in previsione di quella visita.

    Lo sguardo di Carola lascia trasparire tutto il suo scetticismo: «Se lo dici tu».

    «In ogni caso non devo renderti conto di ogni mio spostamento». La classica frase di cui ci si pente nel momento esatto in cui la si pronuncia. Anita non riesce a credere di averlo detto sul serio.

    «Come vuoi» taglia corto allora Carola, voltandosi verso lo schermo del computer e tornando a dedicarsi alle sue tabelle Excel.

    «No, ascolta: è che...»

    Ma Anita non fa in tempo a finire la frase che Luca, responsabile della programmazione, arriva e la preleva a forza: oggi si va in onda di pomeriggio ed è già tardi. Lei posa il panino e lo segue, prima di sparire in sala registrazione dove deve affiancare Damiano, lo speaker, che non ha fatto in tempo a prepararsi per la puntata e ha quindi bisogno del supporto dall’autrice del programma, cioè Anita, che dovrà stargli vicino e fungere da suggeritrice. Chissà se mentre andava via e cercava con il suo lo sguardo di Carola, alla collega è arrivato il messaggio che le dispiace, che non voleva. Ma parlare con lei, da qualche tempo, non risulta affatto agevole. Esistono i rapporti semplici, quelli in cui tutto è chiaro, in cui ci si capisce al volo e se all’orizzonte spuntano delle nuvole, vengono spazzate via dal vento dell’amicizia. E poi c’è quello tra Anita e Carola. È come se tutte le complicazioni di Anita andassero sempre alla ricerca di quelle della collega, come tanti neuroni specchio. Il risultato è una comunicazione poco fluida, un po’ bloccata. Sempre sulla difensiva. Ma cosa c’è da difendere? Lavorano insieme, ma con ruoli diversi. Carola si occupa della pianificazione pubblicitaria: coordina la gestione degli spazi man mano che i venditori concludono i contratti e si relaziona con la redazione per l’organizzazione delle scalette. Dovrebbero completarsi, non sfidarsi.

    La verità è che questa tensione protratta ha un’origine antica e, manco a dirlo, un nome e un cognome, oltre a due spalle larghe e intensi occhi color nocciola. Orlando Bo era una di quelle persone che hanno la rara dote di piacere a tutti. E Anita e Carola non facevano differenza. Quando arrivò in radio, scattò subito un’inconsapevole competizione: tutte e due si presero una mezza infatuazione e vollero fare colpo su di lui. E la competizione continuò anche quando il bel tecnico del suono, dopo aver frequentato entrambe alimentando con compiacimento la fiamma della rivalità, fece marcia indietro, lasciando intendere di essere impegnato. Non si sa se fosse vero o se lo avesse semplicemente fatto credere perché non interessato ad approfondire, né con l’una né con l’altra. Fatto sta che Orlando le aveva, dopo qualche uscita con ciascuna di loro, di fatto respinte, e, dopo pochi mesi, ricevuta un’altra offerta da una radio concorrente, se n’era andato da Radio Sound, lasciandosi dietro una torbida scia di incomprensioni ancora irrisolte. Da quel momento le due sfidanti, pur senza più un reale motivo di contesa, hanno continuato a farsi una guerra basata sul niente. Lo schema di battaglia, tuttora in corso, è sempre lo stesso: una delle due porta una novità, sia una nuova borsa, un nuovo rossetto, un nuovo hobby. E, puntualmente, l’altra replica, cercando di superare l’antagonista. Una borsa un po’ più grande, un rossetto più sgargiante, un corso più divertente. La risposta è attesa dalla rivale tanto quanto dagli altri colleghi. È una sorta di codice d’onore: lanciando la sfida, ciascuna delle due attua una specie controllo sull’altra. Sapendola impegnata nella ricerca di una borsa firmata, è come se si sentisse rassicurata del fatto che

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