La riscossa di Michelle
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Una di loro, ancora piuttosto giovane, nata in uno sperduto villaggio nel nord della Svizzera e figlia di una maga, aveva ricevuto in dono dalla madre, appena prima che venisse portata al rogo, una pietra luminescente. La giovane ragazza dai lunghi capelli biondi, lo sguardo magnetico e un fisico prominente dovette scappare dal proprio villaggio e arrivò, con mille difficoltà, sulle sponde di un grande lago.
Durante il suo peregrinare, svolse parecchie mansioni per potersi sfamare. Attraversò foreste e incontrò difficoltà di ogni genere. Dovette imparare a difendersi da animali selvatici e dal freddo. Diventò abile e forte.
Il suo nome era Michelle.
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Anteprima del libro
La riscossa di Michelle - Roberto Lodi Rizzini
uomini.
1.
Il viaggio di Michelle
Questa è la storia di un gruppo di donne dedite alla pirateria che non accettavano la sottomissione agli uomini (mariti padroni, datori di lavoro, avventori in genere).
Una di loro, ancora piuttosto giovane, nata in uno sperduto villaggio nel nord della Svizzera e figlia di una maga, aveva ricevuto in dono dalla madre, appena prima che venisse portata al rogo, una pietra luminescente.
Michelle, la giovane ragazza dai lunghi capelli biondi, lo sguardo magnetico e un fisico prorompente, dovette scappare dal proprio villaggio montano del nord, arrivando con mille difficoltà sulle sponde di un grande lago.
Durante il suo peregrinare, dovette svolgere parecchie mansioni di ogni tipo per potersi sfamare.
Il suo bell’aspetto continuava a crearle grossi problemi, visto che il continuo interesse che provocava nei maschi li portava a voler abusare di lei.
Michelle attraversò foreste e incontrò difficoltà di ogni genere, e per questo dovette imparare a difendersi da animali selvatici e dal freddo diventando col tempo sempre più abile e forte.
2.
L’incontro
Un giorno Michelle, durante l’ennesimo spostamento, incontrò Arnaboldo, un baldo giovane fabbricante di barche che viveva in una grande casa in sasso vivo, con annesso un grande cantiere nautico ai limiti del bosco, adiacente a una insenatura rocciosa del lago.
Arnaboldo amava lavorare il legno e il ferro. Era davvero bravo e aveva parecchia inventiva.
Aveva ereditato questa passione dal padre oramai deceduto, ma la voglia di innovare e sperimentare era invece tutta sua.
3.
Il cantiere nautico
Arnaboldo vide sbucare dal sentiero del bosco questa ragazza trasandata e sporca, ma non le porse attenzione, visto che era impegnato a battere il ferro nella sua fucina e non poteva fermarsi.
L’uomo era abituato a ricevere clienti, anche se sempre di sesso maschile.
Michelle si fermò un attimo a osservare il giovane e le strane imbarcazioni sparse nei dintorni. Non aveva mai visto niente di simile. Era intimorita, ma anche incuriosita.
Si fece coraggio, assunse un’espressione autorevole e rivolse una domanda a quell’uomo, con il viso annerito dalla fuliggine e di cui si notavano solo i grandi occhi e le braccia muscolose.
Stranamente, l’uomo non si comportava come tutti gli altri. Non cercava di avvicinarla con viscidi intenti, ma continuava il suo lavoro senza nemmeno rivolgerle una parola.
La donna disse «Ehi tu! Ehi tu!» ma il martello batteva ritmicamente sul ferro e la voce di Michelle si perse inudita.
Allora Michelle, indispettita, si diresse verso Arnaboldo con passo deciso e si fermò solo quando gli fu a pochi centimetri di distanza, poi riprovò, con fare autorevole: «Ehi tu!».
A quel punto Arnaboldo smise di battere, appoggiò il grosso martello e alzò lo sguardo, fece un sorriso ed esclamò: «Buongiorno signora, mi dica, ha bisogno?».
Michelle rimase così spiazzata da tanta gentilezza da restare senza parole. Si riprese solo nel momento in cui l’uomo pronunciò di nuovo le medesime parole: «Signora, mi dica… ha bisogno? Si sente bene?».
Michelle reagì, si riprese e disse: «Sto cercando un lavoro e un posto dove lavarmi e sfamarmi».
Arnaboldo sgranò gli occhi e pronunciò le parole quasi con timore: «Ma questo non è un lavoro per una donna!».
Michelle si chinò a raccogliere un grosso rottame di ferro, lo sollevò con straordinaria facilità e lo scaraventò di lato, a una ragguardevole distanza.
«Che te ne pare? Sono abbastanza forte?».
Arnaboldo rimase inebetito e non seppe pronunciare parola alcuna.
«Allora, sono abbastanza forte?» ripeté Michelle.
«Ce-certamente signora, ehm… signorina, ma siete davvero sicura di voler fare questo lavoro? È duro, sporco e ci si rovina la pelle. Voi siete così… così bella!» Arnaboldo arrossì e il rossore si notò anche da sotto lo strato di lerciume che aveva sul viso.
La ragazza rimase sorpresa, ma non troppo, essendo ben consapevole della propria avvenenza. Poi disse al giovane: «Se tu mi dai cibo e alloggio, io ti aiuto senza fare storie».
«Certamente» rispose Arnaboldo senza pensarci troppo. «Avrei proprio bisogno di aiuto, sia per tenere in ordine la casa, sia quando devo assemblare parte dei natanti; è un lavoro per cui bisogna essere in due. In cambio, io posso darti vitto e alloggio e anche insegnarti l’arte della costruzione di imbarcazioni speciali. E finalmente, dopo tanto tempo, potrei parlare con qualcuno quotidianamente» disse Arnaboldo. «Come vedi da te» continuò Arnaboldo indicando le svariate e strane imbarcazioni sparse in giro per il cantiere «ho parecchie idee innovative per migliorare il galleggiamento, la stabilità e la velocità dei natanti».
Michelle era molto interessata da quel bel giovane così entusiasta del suo lavoro, era la prima volta che si rilassava davanti a un uomo che non fosse stato suo padre.
Le divennero gli occhi lucidi, a quel ricordo.
Arnaboldo fece fare a Michelle un giro del cantiere e dell’abitazione facendo da Cicerone. Vi era un grande capanno con stipate imbarcazioni in costruzione e parti di natanti da assemblare o da riparare. Michelle seguiva Arnaboldo in silenzio e, oltre a osservare tutto, ascoltava con grande interesse le spiegazioni dell’uomo.
Mentre procedevano al sopralluogo, si sentì un forte e prolungato gorgoglio provenire dallo stomaco di Michelle.
4.
La cena
Arnaboldo si bloccò di colpo e scusandosi disse: «Chiedo perdono! Ti faccio vedere dove puoi lavarti con acqua calda senza essere disturbata, io intanto preparo la cena».
Michelle fu accompagnata di fianco alla rimessa, dove vi era una casa in sasso vivo. Vi entrarono e Arnaboldo fece vedere a Michelle una stanza con pareti di legno dove scorreva un rigagnolo, alimentato tramite delle chiuse dal torrente che passava di fianco all’abitazione.
Arnaboldo aveva creato un sistema in cui l’acqua passava forzatamente dalla fucina, sempre accesa, in modo da avere acqua calda nella stanza da bagno in qualsiasi momento. Bastava manovrare una leva e si poteva riempire la grande vasca con acqua calda o fredda a piacere.
Michelle era incredula, controllò che la porta fosse ben chiusa e perlustrò la stanza. Appurato che non vi fossero accessi segreti, riempì la grande tinozza di acqua e, una volta spogliatasi, si immerse in quel sogno reale, un bagno caldo anelato da mesi.
Si perse nei pensieri del suo passato. Rivisse il giorno in cui trascinarono via la madre per portarla al rogo, tacciata di stregoneria. Risentì le urla degli abitanti del villaggio Esci, strega maledetta, altrimenti diamo fuoco alla casa e vi arrostiamo tutti
.
Michelle ripensò a quel giorno maledetto in cui suo padre la mise in salvo e la fece scappare indicandole la strada, non prima di averle consegnato un fagotto contenente una lettera di sua madre e la misteriosa pietra luminescente.
Michelle pianse a dirotto e si fermò, sobbalzando, solo quando sentì Arnaboldo bussare alla porta, annunciando che la cena era pronta e che aveva appoggiato lì fuori alcuni vestiti puliti da indossare.
Michelle si riprese e, finito di lavarsi e vestirsi, uscì dalla stanza da bagno.
Guardinga, andò verso la sala da pranzo guardandosi intorno e osservando tutto.
Quando entrò, vide la tavola apparecchiata e imbandita con una pentola fumante posata al centro, in cui vi era un’abbondante zuppa a base di pesce di lago e verdure.
Arnaboldo la fece sedere al tavolo di legno massiccio, sulla panca di fronte a lui, e le servì un’abbondante ciotola di zuppa con un grosso pezzo di pane e un boccale di buon vino.
Osservò la ragazza chinare la testa e ingozzarsi senza ritegno.
Quando Michelle fu pienamente soddisfatta e satolla, alzò lo sguardo e notò Arnaboldo esterrefatto, con gli occhi sgranati che la osservava.
Allora lei si pulì la bocca, bevve un calice di vino ed emise un compiaciuto rutto, quindi si mise a parlare: «Erano giorni che mi cibavo solo di bacche, funghi e poche altre cose trovate nel bosco; ora, sentirmi sazia, al caldo e pulita… sai, è meraviglioso!».
Arnaboldo scoppiò a ridere e disse: «Sono davvero contento che tu sia qui; dalla morte dei miei genitori, avvenuta tre anni or sono, parlo da solo, oppure con clienti bisognosi di rimettere a posto le loro barche o di acquistarne di nuove. Vivo in questo posto isolato da sempre. La gente dei paesi vicini pensa che io sia un po’ matto per via delle mie idee innovative sulla navigazione ma, visto che sono bravo, il lavoro non mi manca. Amo il lago, ci sono nato, conosco i suoi capricci e sono sempre stato affascinato dai suoi colori cangianti quando viene illuminato dal sole; però, anche quando è arrabbiato e grigio scuro, quasi nero, e si vedono solo le creste delle onde imbiancate e il vento che lo agita urlandogli contro tutta la sua forza, è uno spettacolo impagabile. Questo posto è strategico, come vedi, siamo in un’insenatura celata da rocce e piante, ma con accesso diretto al lago, con un torrente che passa qui di fianco e il bosco alle spalle. Non mancano acqua, pesce, cacciagione e tranquillità. Se vuoi, puoi stare qui qualche giorno, provare se ti piace. Sai, qui si vede pochissima gente, i ritmi