La figlia d'Europa: Il sogno infranto di Elena Maestrini
Di Jule Busch
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Info su questo ebook
Un pulman carico di studenti Erasmus dell’Università di Barcellona di ritorno dal celebre Festival del Fuoco de Las Fallas.
Una gita che si trasforma in un viaggio senza ritorno.
Jule Busch, giornalista, è nata nel 1979 a Kühlungsborn, cittadina balneare sulle brume del Mar Baltico, nell’allora Germania dell’Est. Si trasferisce in Italia nel 1998 in provincia di Grosseto e impara la lingua all’Università per Stranieri di Siena. Ha pubblicato in numerose antologie, sia poesie che racconti, ed è stata finalista e vincitrice di diversi premi letterari nazionali e internazionali, tra cui il premio internazionale “Albero Andronico” di Roma, “Premio Alda Merini” organizzato dall’Accademia dei Bronzi Catanzaro, “Il Federiciano” del paese della poesia Rocca Imperiale, “Dante Boschi” premio nazionale di poesia di Gavorrano, “Il Salmastro” premio letterario della città di Follonica al quale collabora tutt’oggi in qualità di giurato.
Dal 2014 collabora con alcune testate giornalistiche. Ha seguito per IlGiunco.net, il quotidiano online della Maremma, il caso dell’incidente Erasmus, avvenuto in Spagna nel 2016.
La figlia d’Europa è il suo primo libro.
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Anteprima del libro
La figlia d'Europa - Jule Busch
FONTI
Intestazione
J U L E B U S C H
LA FIGLIA D’EUROPA
Il sogno infranto di Elena Maestrini
96, Rue de-La-Fontaine Edizioni
Elena Maestrini - Libri di testimonianza
Colophon
96, Rue de-La-Fontaine Edizioni di Zuccalà Morena
Via Liguria, 25 - 58022 Follonica (GR)
www.ruedelafontaineedizioni.com
proprietà letteraria riservata
In copertina: immagine di Elena Maestrini
Prefazione
PREFAZIONE
Ci sono tragedie che segnano per sempre una comunità. Ci sono persone che il destino strappa alla famiglia e agli
amici, ma nella memoria continuano a vivere per sempre. Ci sono storie che non possono essere dimenticate e che
qualcuno deve raccontare, fissare nel tempo e mettere a disposizione
di tutti.
La figlia d’Europa non è soltanto un libro, ma è un atto dovuto; il tentativo di non dimenticare la storia di Elena Maestrini e delle altre dodici ragazze che nel 2016 persero la vita in quel maledetto incidente sull’autostrada spagnola che collega Valencia e Barcellona. È la storia di un sogno e di un grande dolore, di una forza straordinaria, di amore e di speranza, di tenacia e di futuro. Una storia che non si è ancora conclusa.
Il sogno è quello dell’Europa, di nazioni senza più confini e di giovani ragazze che iniziano a esplorare la loro vita, a viaggiare, a parlare altre lingue, a pensare cosa fare da grandi. Il dolore è quello di un padre e di una madre
che non possono più riabbracciare la loro figlia, di un macigno che cade all’improvviso sulle loro vite e che non potrà mai perdere le sue dimensioni. La forza è quella delle famiglie delle vittime che guardano avanti e chiedono giustizia.
Grazie alla loro tenacia, all’amore infinito che non si arrende mai, nemmeno di fronte alla morte, alimentano una speranza che come una luce sempre accesa, anche se flebile, illumina il futuro.
La figlia d’Europa non è soltanto un libro, ma anche la prova di come a volte il racconto giornalistico di un fatto di
cronaca non basta a trasformarsi in eredità. Perché quando una piccola comunità, come quella di Gavorrano, il comune in provincia di Grosseto dove era cresciuta e dove era residente Elena, si trova ad affrontare una tragedia come quella dell’incidente delle ragazze Erasmus, i riflettori internazionali presto si spengono, i grandi network scappano e il rischio è quello che la storia rimanga senza una conclusione.
Perché, come scoprirete leggendo questo libro, la complicata vicenda giudiziaria tra Spagna e Italia, spiegata in
modo semplice e comprensibile a tutti, non ha ancora trovato una sua soluzione e ha ancora bisogno di attenzione
e di qualcuno che tenga la luce accesa su quell’incidente in Catalogna. Un atto dovuto che l’autrice, con un’intuizione, ha deciso di compiere, svestendo per quanto possibile i panni della giornalista e prestando, insieme alla sensibilità di chi conosce bene persone e fatti da vicino, le sue capacità e quel rigore che la professione impone, a un’opera che riesce a consegnare al lettore quell’eredità che non poteva essere perduta.
Ecco perché questo libro, che per certi versi esisteva già prima di essere scritto, ha in sé una forza e una dignità che lo rendono unico anche nel genere. Non è un romanzo, ma non è nemmeno la narrazione asettica di un fatto, non è un instant book, né la rassegna stampa di quei giorni del marzo 2016.
La figlia d’Europa non è soltanto un libro, ma è anche la testimonianza di come oggi, al tempo dei social, di Internet
e del digitale, un giornalista che scrive per un quotidiano online possa essere il riferimento per aiutare a comprendere meglio cosa deve essere conservato in quel bagaglio culturale che contribuisce a creare l’identità condivisa di una comunità.
Per tutti questi motivi La figlia d’Europa non è soltanto un libro, ma lo è a tutti gli effetti, perché restituisce e dona
al lettore quegli strumenti necessari a elaborare un pensiero e a formare un’opinione. In altre parole a renderci consapevoli e liberi.
Daniele Reali; direttore de IlGiunco.net, il quotidiano della Maremma
333
333
Terrore, grida e lamiere divelte. Tutto accade in pochi attimi al chilometro 333 dell’autostrada Ap7, che collega
Valencia e Barcellona, all’altezza di Freginals, in Catalogna, Spagna. Sono le ore sei della mattina del 20 marzo 2016. Fino a pochi istanti prima una carovana di cinque pullman, diretta a Barcellona, proseguiva tranquilla sull’autostrada spagnola. Non c’è traffico. Trecento studenti, in viaggio dalle quattro del mattino, stanno tornando a Barcellona dopo una notte trascorsa al celebre Festival del Fuoco de Las Fallas di Valencia, una gita organizzata dall’Erasmus Student Network dell’Università di Barcellona al costo di venti euro a persona. In quel momento la maggior parte dei giovani sta dormendo sui propri sedili. Alle sei il terribile schianto. L’ultimo pullman della colonna sbanda all’improvviso. A bordo viaggiano cinquantasette studenti Erasmus, quasi tutti stranieri e di ventidue nazionalità diverse. L’autista cerca ancora di sterzare e di riprendere il controllo del mezzo, ma lo perde. Il guardrail che separa le corsie è poco più spesso di una semplice barriera di una strada provinciale qualunque. L’autobus lo sfonda, finisce sull’altro versante dell’autostrada, si ribalta sul fianco sinistro, scivola sull’asfalto per decine di metri e, infine, si scontra con un’auto che stava viaggiando in senso opposto e di cui i due passeggeri rimarranno feriti. La tragedia si consuma in meno di un minuto.
Per i primi soccorsi che arrivano sul luogo dell’incidente lo scenario si apre in tutta la sua incomprensibile tragicità.
Secondo i primi rilievi, alcune delle studentesse, che non avrebbero indossato le cinture di sicurezza, sono state catapultate fuori dal bus nell’impatto. I soccorritori spagnoli estraggono dalle lamiere morti e feriti di cui però non è possibile determinare subito l’identità. Molti studenti non avevano con sé i documenti durante la breve gita a Valencia, alcune delle vittime sono difficilmente riconoscibili e ci vorranno oltre ventiquattro ore prima che il capo dell’unità di crisi della Farnesina, Claudio Taffuri, confermi ufficialmente le loro generalità.
La mattina del 20 marzo 2016, al chilometro 333 del tratto autostradale tra Valencia e Barcellona, perdono la vita tredici studentesse.
L’autista alla guida dell’autobus, Santiago Rodriguez Jimenez, 62 anni, che da diciassette lavora per la stessa ditta, Autocares Alejandro Tours, e che mai aveva provocato incidenti, esce praticamente indenne dallo schianto e viene ricoverato all’ospedale di Tortosa per una lieve contusione polmonare. Dal rapporto dei Mossos de Esquadra, la polizia catalana, risulterà negativo ai test di alcol e droga. Fin da subito la causa dell’incidente sembra un errore umano
, provocato da un colpo di sonno che in un primo momento il conducente stesso avrebbe ammesso: «Lo siento, me he dormido», «Mi dispiace, mi sono addormentato » avrebbe detto ai primi soccorritori arrivati sul luogo dell’incidente. Una dichiarazione che in seguito ritratterà.
Sarà indagato per omicidio imprudente plurimo
.
LE VITTIME
LE VITTIME
La mattina del 20 marzo 2016, al chilometro 333 del tratto autostradale tra Valencia e Barcellona, perdono la vita
tredici ragazze: sette studentesse italiane, due tedesche, una romena, una uzbeka, una francese e un’austriaca. Tutte avevano un’età compresa tra i 19 e