La Misericordia di Stiava 1908 2008
Di Arturo Lini
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Anteprima del libro
La Misericordia di Stiava 1908 2008 - Arturo Lini
Copertina
INCIPIT
La Misericordia di Stiava 1908-2008
Autore: Arturo Lini
1a edizione digitale marzo 2020
ISBN
Tratto da La Misericordia di Stiava, cento anni di storia
Caleidoscopio editore, Massarosa (LU), 2008
© Tutti i diritti riservati all’autore
LA MISERICORDIA DI STIAVA
Ci sono pagine della storia, anche recente come questa nostra, che sembrano appartenere a un universo minore, incapace di contenere o mostrare lo spirito o il carattere di un’epoca. Ma quanta luce una volta posati gli occhi su di esse! Dalla lettura di un minuscolo quaderno rinvenuto insieme ad altri documenti e servito a documentare le spese all’interno di una associazione del volontariato agli inizi del XX secolo, in un piccolo paese della Toscana, ci arriva non solo la storia di questa venerabile confraternita ma anche usi e costumi di un mondo lontano, stretto intorno ad alcuni principi morali che erano guida e faro e che una parola riesce a rappresentare: solidarietà. Insieme a tanta nostalgia non già per quei tempi difficili quanto per il sentimento di vicinanza, di unione, di partecipazione uno ai problemi dell’altro, che abitava la piccola comunità.
LE ORIGINI
La Misericordia più antica d'Italia è quella di Firenze sorta nell'anno 1244, fondata da San Pietro da Verona e dedicata alla Vergine, così come vuole la tradizione e come si legge in diversi documenti, atti e rogiti notarili nei quali la Compagnia risulta beneficiaria di lasciti e donazioni. Tra questi una delle prime notazioni documentali che ne testimoniano la presenza risale all'anno 1321, relativa all'atto di acquisto di una casa di proprietà di Baldinuccio Adimari sita davanti al Battistero. Ancora nello stesso anno viene data notizia della celebrazione di una Messa per la Pace fra guelfi e ghibellini, organizzata dalla Compagnia della Misericordia e da quella del Bigallo. Nel 1361 troviamo poi una documentazione costituita in quattro registri in cui sono riportati i nomi degli iscritti suddivisi e compresi nei rispettivi quartieri cittadini. I quattro codici custoditi nell'archivio della Confraternita ci danno notizia che la Compagnia fu «cominciata per lo beato messer Santo Piero martire, dell'Ordine dei frati predicatori, nell'anno MCCXL [1240]». Così come ricostruisce la sua fondazione Foresto Niccolai in Le più antiche Misericordie d'Italia.
A questa seguono nel tempo quella di Siena nel 1250 e quella di Pontremoli nel 1262. Quella di Pisa sorgerà nel 1330 e quella di Lucca nel 1540, nella Compagnia del Santissimo nome di Gesù a cui poi si affiancherà quella del Santissimo Crocefisso, poi unite nel gennaio 1860 nell'Arciconfraternita di Misericordia di Lucca. Tra i comuni versiliesi a Pietrasanta si attesta la presenza di una Confraternita di San Biagio custode dell'omonimo antico spedale per i poveri e i pellegrini, che aveva sede nella chiesa di S. Antonio Abate, già dedicata a San Biagio, la cui presenza è attestata in documenti del XIV secolo. Poi intitolata a S. Antonio Abate assunse il nome di Confraternita della Misericordia alla fine del XIX secolo. Quindi è Camaiore, nella prima meta del 1400, a costituire un sodalizio che venne inizialmente chiamato Compagnia della Morte e Orazione
.
Diversi erano i motivi che ispiravano e accompagnavano il sorgere di queste Compagnie. Quella di Firenze, come molte associazioni laicali del tempo, prendeva vita in un più ampio clima di risveglio religioso, che voleva tradurre in atti concreti spiritualità e idealità proprie dell'universo cattolico e cristiano. Univa comunque tutte una sorta di credo filantropico che si svolgeva poi in diversi e particolari aspetti: forme di solidarietà e di carità quali l'assistenza ai carcerati, sussidi a malati indigenti, l'ospitalità ai pellegrini, la cura delle persone malate, o la sepoltura dei morti in povertà.
Tra questi motivi si andò sempre più precisando quello del conforto agli ammalati, agli indigenti: offrire loro cure mediche, soccorrere gli infortunati, occuparsi del loro accompagnamento presso gli ospedali, dove questi erano presenti. Il primo strumento usato per il trasporto dei malati fu la zana: una sorta di cesta di forma ovale dentro la quale si adagiava l'infortunato; come ha raffigurato Pietro Annigoni nel 1970: Il misericordioso, dipinto ora conservato in una nicchia ricavata sulla facciata della chiesa dell'Arciconfraternita della Misericordia in piazza del Duomo a Firenze, protetto da una lastra di vetro. I soccorritori indossavano una semplice cappa di tela nera e un cappuccio dello stesso colore, la buffa, che stava a indicare l'anonimato del gesto, quasi la volontà di cancellare ogni tratto distintivo dell'individuo impegnato nel caritatevole gesto di soccorso.
Gli ospedali erano allora strutture assai diverse da quelle di epoca moderna. Sorte inizialmente all'interno e poi nei pressi dei monasteri, si adoperavano in un primo tempo per fornire conforto e assistenza agli anziani e agli invalidi, ai poveri e ai pellegrini. A volte erano affiancati da un xenodochio, uno spazio gestito da monaci adibito a ospizio per pellegrini e forestieri. A volte subentrava una variazione d'uso di queste strutture: nel 724 in una carta di donazione di beni alla chiesa di San Quirico di Capannoli, a Lucca, troviamo citato un hospitale al posto del precedente termine xenodochio che precedentemente contrassegnava lo stesso edificio.
Nel nostro paese di Stiava una prima associazione di sostegno ai meno abbienti risale all'anno 1896, una: Società Operaia di mutuo soccorso
, come leggiamo nelle pagine di Del Paese di Stiava nel secolo XIX di Leone Bigongiari anche se risulta arduo precisare quali compiti e mansioni fossero sostenute da questa associazione. Storicamente le società di mutuo soccorso, organizzate sin dalla fine del 1700 in associazioni volontarie finalizzate al sostentamento e miglioramento delle condizioni materiali e morali dei ceti lavoratori, si fondavano sulla mutualità, sulla solidarietà ed erano strettamente intessute alle strutture produttive del territorio in cui nascevano. Più vicine dunque allo spirito di un moderno sindacato che non un ente di pubblica assistenza.
Nelle parole del Bigongiari, che fu anche presidente della prima giunta comunale di Massarosa riunitasi nel maggio 1870 risulta essere alla data di stesura del suo breve scritto, cioè agli inizi del XX secolo, «rigogliosa e ricca di oltre 400 soci», provvida istituzione umanitaria che si adoperava anche nel sostegno economico ai soci ammalati. Di questa locale associazione, della sua natura, ambito e origini è difficile oggi precisarne l'alveo e le funzioni. Se cioè oltre a rappresentare un sodalizio di solidarietà, economica e civile, a favore dei lavoratori fosse anche impegnata in una qualche pratica o forma di assistenza sanitaria; funzioni che a mio avviso esorbitavano dai suoi compiti e indirizzi. Sempre nelle parole del Bigongiari la conosciamo come «benemerito sodalizio, a cui augurare lunga vita e ognora crescente prosperità, con numerosi ascritti di rette intenzioni e buona volontà».
Ma questi auguri del Bigongiari non ebbero poi lungo seguito. Aveva una sede in un locale nel centro di Stiava, lungo l'attuale via Giacomo Matteotti che al tempo aveva per nome via Di Stiava, dove ora s'apre il Caffè Centrale. La sua attività, e la sua stessa esistenza ebbero infatti fine negli anni Venti, come scrive Mario Tommasi nel suo La mia Stiava di ieri quando «fu sciolta dal Fascio». Nell'anno 1908 si forma e prende vita una Pubblica Assistenza che ha, tra gli altri, chiaro ed esplicito obbiettivo quello di fornire ai poveri e ai bisognosi, e più in generale all'intera comunità paesana, una prima assistenza medica e sanitaria. Associazione peraltro mai costituitasi in Società legalmente riconosciuta, che non dovette mai divenire completamente operativa, almeno secondo le prime intenzioni, il cui organico confluirà ben presto, se non completamente in buona parte, nelle file della consorella Misericordia di Stiava.
In un documento conservato presso l'archivio di quest'ultima, un manoscritto notarile del 1926, si testimonia, oltre la già detta data di costituzione avvenuta nel 1908 e la sua collocazione morale e operativa all'interno di un credo e di una idealità filantropica e umanitaria, anche quella di scioglimento, avvenuto in un periodo senz'altro precedente a questo della data di scrittura «Ritenuto che l'associazione di Pubblica Assistenza, può ritenersi in Stiava disciolta inquantoché di fatto più non esiste». Seguono, sempre in quel documento, la concessione dei beni, rappresentati dalle somme conservate presso la cassa dell'associazione, e dal previsto ricavato della vendita di un appezzamento di terreno, in luogo detto a Pizzetta in Stiava di Massarosa, a favore della stessa Misericordia di Stiava. Il terreno, a suo tempo acquistato per la costituzione di una sede poi mai realizzata, sarà in seguito venduto attraverso un'asta pubblica, da effettuarsi comunque prima del dicembre 1927, e il cui ricavato costituirà la dote, se così possiamo dire, per fornire la figlia
di questa Pubblica Assistenza, cioè la Misericordia di Stiava, di una propria autoambulanza, come chiaramente specificato nel suddetto lascito: «vista la necessità di dotare il paese di Stiava di una auto ambulanza».
Del suo organico, della struttura