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Gli effetti speciali dell'amore
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E-book301 pagine4 ore

Gli effetti speciali dell'amore

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Info su questo ebook

Vincitore del premio Ilmioesordio

Ashley Morgan ha ventiquattro anni, una grande passione per i libri e una laurea in economia, che ha conseguito al solo scopo di compiacere il padre, proprietario di una famosa azienda dolciaria, di cui è certa di prendere il posto. E invece, del tutto inaspettatamente, il padre decide di affidare la guida della società a Jaime Standley, che lavora al suo fianco da molti anni e ne è diventato il braccio destro. Di fronte a quel gesto Ashley chiude i rapporti con lui. Passano gli anni, durante i quali padre e figlia perdono quasi ogni contatto, fino a quando il signor Morgan muore, lasciandole una cospicua eredità. Alla lettura del testamento un’altra sorpresa attende Ashley: a lei andranno il conto in banca, la casa di famiglia e una quota di minoranza della società, a Jaime la maggioranza delle azioni e il compito di gestire e amministrare la Morgan&Hall. Ma solo a una condizione: che per un anno i due beneficiari lavorino insieme e risiedano sotto lo stesso tetto. Ashley si sente ingannata e truffata: Jaime è un impostore e lei gliela farà pagare. Ma la convivenza forzata qualche volta può rivelarsi assolutamente imprevedibile…

Vincitore del premio Ilmioesordio

Romantico, frizzante, emozionante
La commedia italiana dell’anno

«La storia scorre con grande fluidità, sostenuta da un intreccio vincente di umorismo, di fantasia, di approfondimenti dell’animo umano. Lettura piacevolissima che rivela le doti non comuni dell’autrice. Complimenti, davvero!»
Vitt04

«La narrazione è seducente, ti trascina inevitabilmente nella storia e ti lascia sognare insieme alla bella Ashley, dal carattere forte e impulsivo.»
Sara Seti

«La trama, con il suo intreccio avvincente, cattura l’attenzione fin dalle prime pagine. Brava l’autrice nella descrizione delle ambientazioni e del complesso mondo interiore dei personaggi.»
Flavia
Angela Iezzi
Nata nel 1987 a Lanciano, si è laureata in Organizzazione e Relazioni Sociali all’Università di Chieti. Lavora insieme alla sorella in un centro ricreativo di cui è la titolare. Lettrice da sempre, d’animo romantico, ha iniziato ad appassionarsi alla scrittura durante il periodo universitario, tra un esame e l’altro.
LinguaItaliano
Data di uscita17 feb 2016
ISBN9788854192638
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    Anteprima del libro

    Gli effetti speciali dell'amore - Angela Iezzi

    1

    Tre anni dopo

    Finalmente è arrivato il momento di aprire quel dannato testamento. Odio questi aspetti burocratici! Speravo di poter recuperare la mia quotidianità nella mia adorata casa, dopo il funerale, e invece il notaio mi ha ricordato, per nulla velatamente, che finché non saranno rese note le ultime volontà di mio padre non potrò rientrare in possesso di un bel niente. Nemmeno la casa è ancora tecnicamente mia. Maledetti notai! Immaginavo che sarei riuscita ad affrontare il lutto con più serenità dentro quelle mura e invece, ora, mi sembra tutto più difficile. Non ha potuto cacciarmi via di casa, questo no, ma pareva sottintendere che possa esistere la possibilità che quel testamento dica qualcosa di diverso da ciò che mi aspetto. Quel suo modo di fare così criptico mi ha messo ancor più in agitazione. Non bastava il trasloco, che ho dovuto affrontare tutto da sola. Non può togliermi la mia casa con la mia roba dentro! Sono stata una stupida ad andarmene così in fretta dall’appartamento di mia madre. Ho abitato lì negli ultimi anni, ma non ce la facevo più a restare in quel posto così poco familiare. Sono stata talmente folgorata dalla possibilità di riavere la mia vita, soprattutto dopo il colpo per la morte di papà, che non ho pensato affatto all’eventualità che potesse esistere un testamento. E soprattutto non avevo proprio considerato che potessero bloccarmi anche la carta di credito collegata al conto in banca! Voglio dire: c’è il nome di papà su quel conto ma io sono la sua unica figlia, no? Il fatto che abbia lasciato che continuassi a utilizzarla senza problemi anche dopo la nostra furiosa litigata vuol dire che desiderava che mantenessi le mie abitudini e il mio stile di vita, giusto?

    Ho preso un taxi per arrivare allo studio del notaio Orwell. Non mi importa un bel niente di quanto dovrò pagare per una corsa che dura più di mezz’ora in macchina, senza considerare il traffico di una mattinata piovosa. Il tassametro scorre veloce, al contrario del taxi che ormai è imbottigliato tra un cumulo di auto frementi da oltre un quarto d’ora. Non mi importa! Non appena questa stupidaggine del testamento sarà risolta, potrò di nuovo godermi in santa pace la mia adorata casa. È l’unico posto dove mi sembra di riacquistare un po’ di serenità, dopo la morte di papà. Da quella stupida sera non ci siamo visti che poche volte, nelle occasioni ufficiali, tipo compleanni e feste comandate, in luoghi pubblici naturalmente. Non gli ho neanche mai fatto vedere dove abitassi, probabilmente avrebbe avuto da ridire su quell’appartamento. Non gli ho raccontato nulla del mio lavoro e della mia vita, nonostante lui abbia tentato di saperne qualcosa tra un incontro e l’altro. La questione dell’azienda, ovviamente, è stata evitata con cura da entrambi e, in fondo, cosa ci saremmo dovuti dire? Lui non ha mai creduto di aver sbagliato e io invece sono ancora convinta del contrario.

    Di Jaime non parliamo nemmeno. Il mio cellulare ha squillato spesso nel primo periodo, poi a mano a mano sempre meno, finché, nell’ultimo anno, ha smesso del tutto. Non ho voluto più rivolgergli la parola. È stato un punto d’onore per me e, d’altra parte, l’orgoglio è una delle qualità che ho ereditato da mio padre, quindi non si venisse a lamentare!

    L’unica cosa di cui ho bisogno, ora, è tornarmene a casa. Devo superare tutto questo e ricostruire la mia vita. Spero, col tempo, di riuscire a recuperare i ricordi più belli di papà, come quando correvo a chiamarlo nel suo studio per cenare insieme e lo trovavo addormentato, appoggiato sulla sua immensa scrivania di mogano. Mi faceva sorridere la sua dedizione al lavoro, nonostante la stanchezza. Non vedo l’ora che siano questi pensieri a inondare la mia mente, ripensando a lui, e che sia sufficiente tornare a vivere a casa per seppellire l’unico che, invece, mi ha ossessionato negli ultimi anni.

    Io amo la mia casa e ho sofferto per il fatto di non averci potuto vivere per ben tre anni. La mia casa profuma di pulito, è bella, è grande. È piena d’immense librerie ricolme di tutti i miei libri, per non parlare della vista magnifica sulla città. Nella mia casa c’è il mio giardino pensile, con l’erbetta canadese che Robert, il mio giardiniere di fiducia, provvede a curare due volte a settimana. Persino Robert mi è mancato! Persino lo studio mi è mancato, l’unico posto che deve conservare ancora l’odore infestante dei sigari cubani che fumava mio padre, il sottotetto insieme alle sue cianfrusaglie polverose. Mi mancano cose che non avrei mai creduto mi sarebbero potute mancare. Ma soprattutto mi manca la vita che conducevo lì, i ricordi che vi sono racchiusi e la pace che provavo quando, la domenica mattina, mi sedevo sul divano in salotto a guardare serie tv con papà. Non che lui le apprezzasse chissà quanto, ma si sacrificava per poter passare un po’ di tempo con me. Voglio riavere tutto questo.

    Do un’occhiata in tralice al tassista che mi fissa dallo specchietto retrovisore. So benissimo di avere un’espressione impaziente, ma lui non può capire quanto desideri tornare alla mia vita.

    «Problemi?», domando innocente.

    «Assolutamente no, signorina! Ho solo paura che ci vorrà almeno un’altra mezz’ora, con questo traffico».

    «Non fa nulla! Basta che si arrivi!».

    Prendo il cellulare dalla borsa e compongo il numero del notaio. Non vorrei che mi desse per dispersa. Il telefono squilla un paio di volte prima che una voce di donna mi risponda.

    «Pronto, studio del notaio Orwell, in cosa posso aiutarla?»

    «Buongiorno, sono Ashley Morgan. Ho un appuntamento col notaio tra un quarto d’ora, ma temo che farò tardi. Potrebbe avvisarlo da parte mia per cortesia? Sono davvero spiacente, ma il traffico questa mattina è congestionato».

    «Certo, signorina Morgan. Non si preoccupi, avviso subito il notaio», mi risponde quella che suppongo essere la segretaria.

    In realtà non vedo l’ora di arrivare, ma non è il caso di esasperare la situazione. Posso sopportare anche questa attesa, prima o poi arriverò, sbrigheremo quelle inutili pratiche e potrò tornare a casa.

    Il tassista mantiene la parola e dopo una mezz’ora abbondante si ferma proprio davanti al palazzo in cui si trova l’ufficio del notaio.

    Lo pago con gli ultimi soldi che mi rimangono nel portafogli e mi precipito oltre l’ingresso, al riparo dalla pioggia incessante. Mi sfilo il soprabito lungo rosso che ho indossato per l’occasione e corro, si fa per dire dati i tacchi degli stivali che ho pensato bene di mettere, verso gli ascensori. Una volta dentro, pigio decisa il tasto dell’ultimo piano e aspetto che quell’incantevole cubicolo illuminato a giorno, fatto di specchi e legno levigato color ambra, mi conduca fino a destinazione. Quando le porte si riaprono mi ritrovo in un’enorme hall, al centro della quale c’è una splendida isola di cristallo e acciaio. Dietro scorgo una donna, sulla quarantina, con i capelli castani raccolti in uno chignon, un rossetto rosso che evidenzia le labbra piene, e un paio di occhiali da vista con la montatura in osso scuro.

    «Buongiorno, sono Ashley Morgan».

    «Buongiorno, signorina Morgan. Ben arrivata. La stanno aspettando nell’ufficio del notaio. Prego, mi segua». Alzandosi mi fa cenno di seguirla mentre si avvia verso il corridoio. Tutto in questo palazzo sembra costosissimo, per cui non mi stupisco neppure che i quadri appesi alle pareti paiano veri. Superiamo almeno una mezza dozzina di porte per lato, tutte chiuse, sulle quali campeggiano targhette dorate con nomi e cognomi di soci e collaboratori dello studio, o per lo meno così immagino. Poi ci fermiamo di fronte a una porta a doppia anta e la segretaria bussa delicatamente.

    «Avanti!», tuona la voce del notaio dall’altra parte. La segretaria apre solerte e mi annuncia, prima di cedermi il passo e invitarmi a entrare.

    Finalmente la mia serenità è vicina! Finalmente potrò chiudere questa parentesi burocratica senza senso!

    Sull’azienda ormai non nutro alcuna speranza. Una volta mi sarei illusa che il cognome che porto potesse avere una qualche influenza sulla possibilità di ereditare la Morgan&Hall, ma una volta ero anche giovane e ingenua, ora non più!

    Vado con passo deciso incontro al notaio che si è allontanato dalla sua enorme scrivania in mogano scuro per venire a stringermi la mano. La sua stretta è ferrea e la sua espressione sicura, come la mia, direi!

    «Prego, signorina Morgan, si sieda pure!», e mi indica una poltrona rivestita di tessuto bianco. Mi volto per andare a sedermi e noto che nello studio non siamo solo io e il notaio Orwell … sarebbe stato troppo bello! Eh, no, il mio adorato paparino ha voluto farmi l’onore di rivedere per l’ultima volta l’unica persona che speravo ardentemente di non dover mai più rivedere: Jaime! Insomma, il fatto che fosse il suo pupillo non lo rende certo anche il mio! Scherziamo?! Dopo il funerale avevo ardentemente sperato di non incrociare più la sua strada, ma ora mi rendo conto che il mio poteva essere solo un desiderio: difficile liberarsi per sempre dell’uomo che gestisce l’azienda di famiglia!

    Ma dato che non ho altra scelta, faccio buon viso a cattivo gioco e con lo sguardo più sprezzante che ho, lo saluto persino con un cenno del capo, prima di accomodarmi sulla mia poltrona. Lui fa altrettanto, stando bene attento a non accennare neppure ad alzarsi come si converrebbe quando entra una signora, cosa che al contrario non mancano di fare i tre avvocati dei membri del consiglio, seduti accanto a lui. Peccato, ha perso un’altra occasione per dimostrare di non essere un uomo delle caverne. E pensare che una volta lo credevo persino galante: dovevo essere idiota!

    Jaime ha frequentato la mia famiglia, cioè mio padre, negli ultimi sei o sette anni. All’inizio era un ragazzo affabile e sicuro di sé, in un modo talmente affascinante che ci sono caduta in pieno, poi si è rivelato per il verme calcolatore, borioso e presuntuoso che è, avvolto nella sua aura di onnipotenza. Forse è stato proprio questo suo carisma a conquistare mio padre e, sempre forse, è stato quello che lo ha spinto a nominarlo suo successore. Ora, a me della fabbrica di dolci e cioccolato non è mai importato granché e me ne sono fatta una ragione! Io ho il mio lavoro alla libreria e vivo benissimo così. Mi piace e non lo cambierei per nulla al mondo, quindi che l’attività passi a Jaime non mi preoccupa affatto. Me lo aspetto, lo so che è così! Che se la prenda pure, a me non serve!

    Noto che lui mi sta fissando con la coda dell’occhio, mentre mi sistemo meglio sulla poltrona. Sarà seccato di vedermi. Be’, peggio per lui, ha fatto male a ingraziarsi proprio mio padre invece di un qualsiasi altro magnate di una grande industria del Paese. Lo ignoro e torno a guardare, piena di aspettative, il notaio, che intanto sta aprendo finalmente il testamento.

    «Bene, signori. Direi che possiamo cominciare», annuncia tranquillo.

    Accavallo le gambe e dedico tutta la mia attenzione a Orwell che si schiarisce la voce e inizia a leggere pacato.

    Io sottoscritto Nathan William Morgan, nel pieno delle mie facoltà fisiche e mentali, ho deciso di redigere questo testamento per rendere note le mie ultime volontà dopo la mia dipartita. Alla lettura di questo documento, desidero che siano presenti mia figlia, Ashley Jewell Morgan, il mio secondo, Jaime Aron Standley, e i tre membri del consiglio di amministrazione della Morgan&Hall, Elton Pitt, Loyd Cassidy e Carter Green, o dei rappresentanti da essi nominati. Fin quando queste persone non saranno presenti, prego il notaio incaricato, Edward Orwell, di non procedere alla lettura.

    Il notaio s’interrompe squadrandoci, quasi volesse essere sicuro che siamo tutti qui, ad ascoltarlo. Sinceratosi della nostra presenza, riprende.

    Ashley e Jaime, voi siete le uniche persone che ho avuto veramente a cuore in tutta la mia vita.

    E per inciso questo potrebbe anche essere vero, in fondo, mio padre era riuscito a inimicarsi tutti i parenti dopo il divorzio da mia madre, quindi la cosa non mi stupisce.

    Tengo a voi come foste entrambi miei figli e ho voluto dare a ognuno ciò che giustamente merita.

    In questo momento vorrei tanto sapere quando si arriva alla parte in cui si dice che la casa e il fondo fiduciario sono miei e posso finalmente tornare a disporne come più mi aggrada, ma quando Orwell riprende, capisco che dovrò aspettare ancora un po’.

    Ashley, so bene di non essere stato un buon padre per te, ma credimi quando dico che tutto ciò che ho fatto, l’ho fatto per il tuo bene. Mai avrei voluto che soffrissi e se qualche mia azione ha avuto questo come conseguenza, te ne chiedo sinceramente perdono.

    Il notaio sembra molto calato nella parte, tanto che mi pare stia addirittura recitando un monologo accalorato. Come se mio padre potesse dare a bere quello che ha scritto proprio a me, dopo ciò che è successo. La Morgan&Hall non l’ha data a me, l’unica persona che porta il suo nome. No, l’ha data al suo nuovo figlio. Ci ha pensato lui stesso a trovarsene uno di suo gusto, quindi non mi venissero a dire che gliene è mai importato veramente. Non a me!

    Spero che la bontà del mio agire possa un giorno esserti chiara così come lo è per me mentre scrivo queste righe. Jaime, ciò che hai sempre rappresentato per me, dal giorno in cui ho avuto la fortuna di incrociare la tua strada, penso che tu lo sappia bene. Tu sei il figlio che io non ho mai avuto e che ho sempre desiderato e non esagero quando affermo che meriti più di ogni altro ciò che sto per lasciarti. Non siate tristi per la mia scomparsa e serbate un bel ricordo di me e dell’affetto che ho nutrito per voi. In virtù di quanto vi ho appena detto, di seguito enuncerò i miei lasciti e le mie ultime disposizioni. Vi amo, figli miei.

    Sento un fastidioso pizzicore dietro le palpebre, ma non voglio piangere, non qui, non ora. Preferisco concentrarmi sul motivo per cui sono venuta in questo studio oggi, quindi relego in un angolino remoto della mia mente questa sgradevole sensazione e dedico la mia attenzione alla parte interessante di questo testamento, quella per la quale mi sono costretta a uscire di casa questa mattina e quella che chiuderà per sempre questo capitolo della mia vita. Mi sento impaziente e lievemente su di giri da un lato, e ancora furiosa, triste e delusa dall’altro, ma non posso darlo a vedere, perché c’è Jaime seduto qui a fianco a me. Non vedo l’ora di togliermi dai piedi pure lui.

    Il notaio Orwell si alza e, dopo un fugace sguardo ai presenti, come se volesse essere sicuro di avere tutta la nostra attenzione, recita professionale:

    Io, Nathan William Morgan, lascio a mia figlia, Ashley Jewell Morgan, la casa di famiglia, situata in Long Street, civico 37, nei piani dal settimo al nono, il conto tenuto presso la Country Family Bank, aperto a mio nome, tutte le rendite relative agli investimenti da me effettuati negli anni e i diritti sul 16% della mia azienda di dolciumi, la Morgan&Hall. La citata azienda, invece, con il 60% dei profitti che da essa deriveranno, e il compito di gestirla e amministrarla, la lascio a Jaime Aron Standley. Il restante 24% s’intende suddiviso in parti uguali tra i miei tre soci e cari amici del consiglio di amministrazione: Elton Pitt, Loyd Cassidy e Carter Green. A loro spetterà l’onere di trasferire tali quote ai loro figli, se lo vorranno. Queste sono le mie volontà, ma perché i miei lasciti abbiano l’effetto legale del quale necessitano, è importante che vengano seguite le mie ultime disposizioni. A tal proposito, dispongo che quanto da me deciso divenga effettivo solo a un anno di distanza dalla lettura del presente testamento, a condizione che il mio patrimonio finanziario venga gestito da un mio amministratore di fiducia, che nomino nella persona del notaio Edward Orwell, fino allo scadere di tale termine. Dispongo inoltre che entrambi i beneficiari di tale eredità godano dell’intero mio capitale, in maniera condivisa, per tutta la durata del suddetto periodo. Il rispetto di tale condizione di condivisione verrà attestato da una persona incaricata dal notaio stesso, che provvederà a effettuare periodici controlli fino alla scadenza del tempo da me stabilito. Nel caso in cui non riscontrasse la continuità durante il trascorrere dell’intero anno, ogni mio lascito verrà devoluto in beneficienza alla Casa di cura Jocelyn Grayson per bambini malati in Africa orientale, fatta eccezione per le quote spettanti ai membri del consiglio d’amministrazione. Queste sono le mie volontà.

    Nathan William Morgan. 17 settembre 2014.

    Cosa, cosa? Temo di non aver afferrato bene le condizioni. Spalanco gli occhi inebetita sul povero notaio che però non sembra affatto allarmato dalle parole che ha appena letto. Forse ho capito male.

    «Mi scusi, potrebbe parafrasare l’ultima parte?», chiedo cercando di mantenere ben salda la voce, non fosse altro per la presenza ingombrante al mio fianco, che, però, sembra stupita quanto me. Almeno lo spero per lui! Il cielo non voglia che c’entri qualcosa in tutto questo!

    «È semplice, signorina Morgan: lei e il signor Standley potrete godere appieno del patrimonio lasciato in eredità da suo padre soltanto tra un anno esatto a partire da oggi, durante il quale vivrete entrambi nella sua residenza in Long Street ed entrambi vi occuperete dell’azienda di famiglia, la Morgan&Hall, alla pari, senza quote di maggioranza, ma al 38% ciascuno, come fu tra suo padre e il compianto Milton Hall all’inizio dell’attività. Se questa condivisione procederà senza intoppi per l’intera durata del periodo prestabilito, tra un anno esatto ci ritroveremo qui, in questo stesso ufficio per regolarizzare il passaggio di proprietà e tutte le pertinenze spettanti. La signora Agata Rochester si occuperà di effettuare i controlli periodici prescritti nel testamento come mia incaricata di fiducia. Nel caso in cui la signora Rochester non dovesse riscontrare le condizioni per il passaggio di proprietà, l’eredità verrà devoluta all’associazione Casa di cura Jocelyn Grayson», conclude tranquillo.

    «Ma stiamo scherzando?», sbotto alzandomi all’istante da quella comoda poltroncina, mentre la mia giornata felice si sta trasformando inesorabilmente in un incubo orrendo.

    «Si calmi, signorina Morgan, si calmi per favore», mi esorta il notaio. Certo, io mi dovrei calmare, come no? Lui se la può godere la sua scrivania in mogano, sono io che devo condividere la mia casa!

    «Io non ho nessuna intenzione di calmarmi! Avvii immediatamente le pratiche per il passaggio di proprietà e la finisca con questa stupida idea della condivisione! Non siamo mica bambini!».

    «Mi spiace, signorina, ma non è possibile». Tenta ancora di giustificarsi l’infame, guardando gli altri presenti, forse alla ricerca di aiuto, ma sembra che quelli siano più interessati a godersi lo spettacolo che a soccorrerlo. «Il testamento è vincolante e io non posso fare nulla per annullarlo!».

    «Trovi un cavillo, dannazione! Qualsiasi cosa!», lo supplico raggiungendo la scrivania. Quanto vorrei stracciare quell’inutile pezzo di carta!

    «Sono davvero costernato, ma il testamento è valido, così come le sue disposizioni. In teoria potrebbe impugnarlo, ma le posso dire sin da ora che non farebbe altro che spendere soldi inutili in avvocati», mi informa tranquillo, a distanza di sicurezza dalle mie unghie che bramano il suo sangue!

    Se solo avessi i soldi probabilmente mi lancerei in quest’ultimo tentativo, ma sono completamente al verde. I miei ultimi spiccioli sono nelle tasche del tassista. Dannazione! E Robert? Come farò a pagare Robert per il giardino pensile? Come farò senza di lui? Dovrò tenere un giardino in pessime condizioni solo perché mio padre ha pensato bene di stringere i cordoni della borsa!

    Mi rialzo cercando di recuperare un po’ di contegno e mi volto quando incrocio lo sguardo beffardo del mio compagno di sventure. Pare che se la stia ridendo sotto i baffi, seduto comodamente sulla sua poltroncina come se un uragano non si fosse appena abbattuto sulla mia vita. Non posso rinunciare alla mia casa, non ora che ho bisogno di ritrovare un po’ di serenità! E non lo farò! No, non ci rinuncerò solo per uno stupido capriccio dell’ultimo momento.

    Possibile che mio padre non avesse ancora capito che la vita non va come vuole lui, soprattutto quella degli altri?

    Mi siedo quasi rassegnata all’idea di dover elaborare una strategia che mi consenta di sopravvivere a questo stupido anno di pena. Se dovrò tollerare Jaime che gira per la mia adorata casa, dovranno esserci delle regole, delle regole ferree e ho già in mente il modo per fargliele rispettare tutte, fino all’ultima!

    La mia giornata felice si è decisamente trasformata nella giornata umida, piovosa e grigia che immagino vedano tutti gli altri là fuori. Come ho potuto essere così cieca?

    2

    Stringere le chiavi della mia amata casa tra le dita non mi dà affatto la soddisfazione che dovrebbe.

    So bene che dovrei cercare di vedere il lato positivo: almeno posso dormire nel mio letto, nessuno verrà a buttarmi fuori di casa, e poi la tortura della presenza di Jaime si potrà limitare in un modo o nell’altro. Ne sono sicura.

    Uscendo dallo studio del notaio-serpe – ho deciso che questo sarà il suo appellativo d’ora in avanti –, ho scoperto che la signora Agata Rochester, che dovrà fungere da dobermann durante questo infausto anno, altri non è che quella cordiale signora dietro al bancone. Il suo sguardo severo, non appena ho pigiato il pulsante di chiamata dell’ascensore, mi ha fatto capire subito che sarà difficile darle a bere una convivenza che non esiste, quindi ho dovuto abbandonare in fretta il primo piano, che si era profilato nella mia testa dopo aver udito il contenuto di quello stupido testamento. Di certo mio padre si è giocato le visite annuali alla sua tomba per almeno un decennio! Altro che fiori!

    Condividere il piccolo spazio dell’ascensore, che mi era parso così confortante solo un’oretta fa, con Jaime, totalmente impassibile, alle mie spalle, mi irrita profondamente, ma come io posso vedere la sua espressione tranquilla attraverso la parete a specchio che ho davanti, lui può benissimo vedere la mia, quindi niente cedimenti!

    «Ci saranno delle regole!», annuncio.

    «Non avevo dubbi», ribatte canzonatorio.

    «La casa è grande, quindi possiamo benissimo viverci in due senza bisogno di condividere gli stessi spazi!», spiego tranquilla. «Ovviamente a te toccherà la stanza di mio padre, con il bagno annesso, credo sia tutto quello di cui avrai bisogno. Le altre tre camere da letto sono mie così come i tre bagni. Il giardino è off limits per

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