Madame Claudel è in un mare di guai
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Info su questo ebook
Ferdinand Brun vive a Parigi, al numero 8 di Rue Bonaparte, ha ottantatré anni e non gli piacciono le persone. Sfortunato dalla nascita – ha perso la mamma e la nonna quando era ancora piccolo –, è cresciuto nel risentimento, diventando introverso e taciturno. Purtroppo con il passare degli anni è addirittura peggiorato e così la moglie lo ha mollato di punto in bianco scappando con il postino, mentre la figlia e il nipotino sono andati a vivere dall’altra parte dell’oceano. Rimasto solo con la cagnolina Daisy, unico essere vivente degno del suo affetto, Monsieur Brun ha deciso di disertare il genere umano e di ridurre al minimo i suoi contatti con gli altri, compresi quelli con la portinaia, la detestata Madame Suarez. Un infausto giorno, la cagnolina Daisy muore e la settimana dopo Monsieur Brun rimane vittima di un incidente. Tutto è contro di lui, e quando la figlia lo mette di fronte all’ipotesi dell’ospizio, non gli resta che accettare l’aiuto di Madame Claudel, un’arzilla signora di novantatré anni, che abita al suo piano. Ma sarà l’arrivo della piccola Juliette, figlia dei nuovi condomini, l’unico evento in grado di scalfire il muro di diffidenza e scontrosità che il vecchio ha costruito intorno a sé.
Commovente come L'eleganza del riccio
Divertente come Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve
Un fenomeno editoriale
Il romanzo in vetta alle classifiche francesi da oltre due anni
«Assolutamente favoloso.»
Gérard Collard, France 5
«La felicità non ha età! Un romanzo che è una vera e propria cura per il buon umore. Da leggere!»
Michel
«Ho adorato questo romanzo e dopo che l’ho finito mi sono sentita un po’ orfana senza tutti i miei nuovi amici vecchietti!»
Adèle
Aurélie Valognes
Si è laureata alla École Supérieure de Commerce de Reims. È specializzata in comunicazione e marketing, e ha lavorato per diverse multinazionali spostandosi tra Svizzera, Francia, Belgio, Paesi Bassi. Attualmente risiede a Milano. Il suo esordio è stato un incredibile fenomeno del selfpublishing, in seguito uscito in Francia per i tipi di Michel Lafon. Negli Stati Uniti è stato pubblicato solo in versione digitale e ha venduto oltre 160.000 copie. In Francia è uscito il suo secondo romanzo dal titolo Nos adorables belles filles.
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Anteprima del libro
Madame Claudel è in un mare di guai - Aurélie Valognes
1442
Titolo originale: Mémé dans les orties
Copyright © Éditions Michel Lafon, 2015
Traduzione dal francese di Federica Romanò
Prima edizione ebook: febbraio 2017
© 2017 Newton Compton editori s.r.l.
Roma, Casella postale 6214
ISBN 978-88-227-0336-1
www.newtoncompton.com
Realizzazione a cura di Librofficina
Aurélie Valognes
Madame Claudel è in un mare di guai
A Laetitia
Prologo
Filarsela all’inglese
Accasciato sulla sua valigia, Ferdinand Brun, ottantatré anni, contempla impotente l’appartamento che sta per lasciare definitivamente. Lui che detesta i traslochi, la vita in comunità, la gente. Come ha fatto ad arrivare a questo punto?
Gli si stringe il cuore.
Inspira profondamente: l’odore della naftalina gli riempie le narici. Quel profumo familiare lo tranquillizza all’istante. Gli mancherà, come la carta da parati marrone a motivi floreali, che pure non gli è mai piaciuta.
È abituato a tutte queste cose, ai mobili sotto il telo di protezione, ai libri riposti nelle buste di plastica.
Al riparo dalla polvere. Dal tempo. Dalla vita.
Sono anni che Ferdinand vive recluso, senza famiglia, senza amici. In un certo senso se l’è cercata. Ha preso le sue decisioni senza mai rendere conto a nessuno. Raramente quelle giuste. Sempre dettate dal rancore, dall’istinto. Ma non ha mai fatto un passo indietro, né ammesso di avere torto: ha sempre tenuto per sé le sue debolezze, i suoi errori, o semplicemente i suoi sentimenti. Un vero ariete, come diceva sua nonna.
Allora come ha potuto permettere che uno sconosciuto lo mettesse con le spalle al muro e influenzasse il suo destino? Lui che detesta prendere ordini! Alla sua età, per di più. E poi non riuscirà mai a vivere così lontano da casa.
Laggiù, lo sa bene, lo tratteranno come un bambino, cercheranno di trasformarlo in un vecchietto sdolcinato. Mica scema, la ragazza! E poi, tutte quelle vecchie arpie… No. Non funzionerà. Ne ha fin sopra i capelli delle bisbetiche!
È da più di venti minuti che Ferdinand, tutto imbacuccato, aspetta il taxi.
Scava nella memoria alla ricerca del momento esatto in cui il suo destino ha cominciato a sfuggirgli di mano. Tutto ha avuto inizio proprio qui, tre anni fa. Fra lui e le vicine è partita subito con il piede sbagliato, dal primo momento in cui è arrivato. E la situazione è degenerata esattamente un anno fa, ma non saprebbe dire il perché. Il vegliardo sta ripercorrendo mentalmente la successione degli eventi, quando squilla il telefono. Gli ci vuole un po’ prima di capire che quel trillo è rivolto a lui. A quel punto si alza di scatto, vacilla. Senza pensarci due volte, solleva e riattacca la cornetta con un gesto secco, accompagnato da un: «Ma dico io! Non si può più stare tranquilli in casa propria! C’è sempre qualcuno a rompere le scatole! E oggi, per di più!».
Ferdinand strappa la presa telefonica dal muro e torna a piazzarsi di fronte alla porta.
Non gli viene il dubbio che potrebbe essere importante: lo sanno tutti che bisogna chiamarlo fra le 20:00 e le 20:30. Non pensa che potrebbe essere il tassista. Non immagina neanche per un attimo che quella chiamata avrebbe potuto cambiargli la vita, se avesse risposto.
No. Assorto nei suoi pensieri, il vegliardo si dice che forse è ancora in tempo per fare marcia indietro. Non è mai troppo tardi, giusto? Potrebbe fuggire, fare il morto: è la sua specialità. E poi, che cosa succederebbe se non partisse? Sarebbe solo fedele a se stesso, prevedibile nella sua incostanza. Dopotutto, non è pur sempre il vecchio irascibile che, non più tardi del capodanno scorso, terrorizzava le vicine e dettava legge nel condominio? L’uomo dal passato torbido, da tenere alla larga, che si è guadagnato il soprannome di serial killer
? Dev’esserci per forza una via di fuga. Bisogna solo trovarla. E non guardarsi indietro.
Dodici mesi prima
1
Andare a rotoli
Le cose hanno cominciato a mettersi male per Ferdinand quando si è trasferito in quel condominio, due anni prima. Dopo un divorzio che gli aveva lasciato l’amaro in bocca, aveva traslocato al primo piano dell’edificio
A
della comproprietà situata all’8, Rue Bonaparte: un complesso residenziale degli anni Cinquanta, ben curato, situato in fondo a una strada costeggiata da platani centenari, in una cittadina tranquilla. Ma i muri di pietra, l’elegante cancello di ferro battuto e il bel cortile fiorito degli edifici
A
e
B
hanno sempre lasciato il vegliardo indifferente. Così come il vialetto di malvarose che circonda il giardino interno e conduce al variopinto orticello e al locale immondizia.
All’8, Rue Bonaparte, la vita scorreva tranquilla. Si viveva felici, in armonia.
Era un complesso residenziale senza storia, i cui due edifici ospitavano da sempre una decina di famiglie. Con il tempo, i genitori avevano visto i figli crescere e lasciare il nido, e ormai rimanevano soltanto signore anziane che occupavano appartamenti troppo grandi per loro. In cortile risuonavano solo le fusa del gatto di Madame Berger, il canto dei canarini della portinaia, Madame Suarez, o ancora il rumore della masticazione ingorda del suo chihuahua intento a trangugiare i biscottini della padrona.
Ogni giorno, dopo pranzo, si poteva sentire anche il chiocciare di un gruppetto di vecchie signore che, sedute in cortile, chiacchieravano al sole con una tazza fumante fra le mani. Passavano ore a cianciare, a scambiarsi gli ultimi pettegolezzi, a rifare il mondo. Era una tradizione vecchia di decenni.
Tutte queste persone sembravano fatte per vivere in armonia: nessuno alzava mai la voce, non si sentiva mai un rumore più forte di quello del televisore. Era il loro paradiso in terra.
Ma parliamo di prima.
Prima dell’arrivo del perturbatore. Del predatore. Un uomo. Solo. Un ottantenne, il cui passato misterioso e il comportamento strambo avevano subito allarmato gli abitanti dell’8, Rue Bonaparte. Da quando due anni prima si era trasferito al primo piano dell’edificio
A
, di fronte a Madame Claudel, Monsieur Brun faceva regnare il terrore. Le anziane signore sopportavano come meglio potevano l’aggressività del nuovo inquilino e la sua assoluta incapacità di compiere sforzi per vivere in comunità. Per non parlare del suo cane: un mostro. Insomma, aveva infranto la serenità del posto. La loro serenità.
La situazione è precipitata quando si è diffusa la notizia che la proprietaria dell’appartamento, Louise, l’ex moglie di Ferdinand Brun, era deceduta. A quel punto, il vegliardo si è visto dichiarare guerra aperta. Dietro quelle mura in apparenza tranquille, le vicine solidali complottavano ormai apertamente per liberarsi dell’ingombrante intruso. La guerra fredda era finita. Stava per cominciare lo scontro diretto, più crudele, ma più efficace. Il tutto orchestrato da una donna dal pugno di ferro: Madame Suarez, portinaia del condominio da più di trent’anni.
2
Avere il dente avvelenato
Madame Suarez, cinquantasette anni, è sempre elegante, non si sa mai. Di solito non lo fa per l’uomo con cui condivide la propria vita da quasi quarant’anni. Per rendere impeccabile il sorriso di circostanza che riserva alla gente comune (il postino, i netturbini, il giardiniere), la portinaia ha un’igiene orale impeccabile: spazzolino elettrico, lavaggio dei denti di tre minuti, tre volte al giorno, collutorio extra-forte, sonori gargarismi e rifinitura con il filo interdentale. Peccato che tenga sempre le labbra contratte e le sopracciglia aggrottate, occupata com’è a scrutare il prossimo nell’attesa del benché minimo passo falso.
I condomini vi sono abituati e rispettano le regole: è il caso delle signore Joly, Berger e Jean-Jean, settantenni servili alla mercé della portinaia. Neanche Madame Claudel, novantenne iperattiva la cui buona educazione non ha più bisogno di essere messa alla prova, ha mai causato problemi. Gli altri, invece, sono più difficili da educare. Non appena qualcuno passa di fronte alla portineria per uscire, Madame Suarez si precipita verso il locale immondizia. Al minimo errore nella raccolta differenziata, per esempio una buccia di banana nel bidone del secco piuttosto che nel compost, scatta la citofonata, la visita a domicilio o il Post-it sulla porta del malcapitato.
Sì, Madame Suarez svolge un compito ingrato, dall’importanza non riconosciuta, ma estremamente utile alla comunità. Senza di lei il condominio andrebbe a rotoli. Ma gli abitanti della comproprietà se ne rendono conto? Le vicine sanno quanto sono fortunate ad averla come amica? E suo marito, quella nullità, non dovrebbe forse ringraziarla di vivere in quella bella residenza ed essere finalmente qualcuno, grazie a lei?
Perché all’8, Rue Bonaparte, con la portineria ereditata dalla madre, Madame Suarez fa da padrona: si pavoneggia in cortile, controlla, orchestra i movimenti dei suoi diversi interlocutori.
Fa in modo di sbrigare le faccende in fretta, di depennare rapidamente le commissioni dalla lista, per ritornare il prima possibile al posto di guardia.
Dalla portineria, sorveglia la vita dei condomini. Uscite, visite: sa ogni cosa, conosce le abitudini di tutti. Si dice anche che annoti in un libricino nero le stranezze di ognuno. Non abbandona quasi mai la propria postazione, dove, con la macchina da cucito, confeziona cappottini fantasia per Rocco, il suo chihuahua. È costretta a lasciarla a malincuore due volte al giorno, per portare fuori la spazzatura e consegnare la posta. Depositare la corrispondenza sugli zerbini è il compito più lungo: per svolgerlo, impiega esattamente quindici minuti.
Madame Suarez ama la puntualità. Se il postino è in ritardo, non esita a farglielo notare. Perché, anche se quei quindici minuti capitano durante le ore morte, ossia quando l’attività è al minimo, lei corre comunque il rischio di lasciarsi sfuggire un’infrazione o un movimento interessante. E non può certo contare sul marito, che si rifiuta categoricamente di darle il cambio e registrare le attività dei condomini in quei minuti preziosi, barricandosi dietro un blando pretesto: «Credevo che l’accesso alla portineria di Madame fosse strettamente vietato!».
Così, quando distribuisce la posta casa per casa, la portinaia cerca di fare il più in fretta possibile, soffermandosi raramente a salutare. Pur essendo loquace per natura, non può permetterselo sempre, e ancor meno con chiunque: ci sono i condomini, e tutti gli altri. E poi c’è Monsieur Brun.
Madame Suarez lo detesta dal primo istante in cui lui e il suo cane hanno messo piede nel condominio. Mai un buongiorno, sigari fumati nelle aree comuni, mancato rispetto della raccolta differenziata, aspirapolvere in funzione proprio quando lei si concede una pausa sigaretta in cortile, con il suo chihuahua e le sue amiche. È anche convinta che l’uomo approfitti dei suoi quindici minuti di assenza quotidiani per compiere qualche malefatta, tanto per farla indispettire. Non è mai riuscita a coglierlo in flagrante, ma ci sta lavorando.
Le malvarose prosperano tutto intorno al cortile, tranne sotto il balcone di Monsieur Brun. Lei ci scommetterebbe la pelliccia che il vecchio le innaffia col diserbante. Come le lampadine delle aree comuni: guarda caso, al piano del vegliardo si fulminano tutti i mesi. E ogni volta che la portinaia torna dal suo giro per la posta, trova gli scalini umidi e scivolosi. Per non parlare degli enormi escrementi canini disseminati di fronte al condominio, vicino alla scuola. Ci metterebbe la mano sul fuoco che appartengono al suo cagnaccio. Se non può vedere Monsieur Brun, detesta ancora di più il cane di lui, un colosso che terrorizza il suo chihuahua adorato, il gatto di Madame Berger e soprattutto i suoi poveri canarini. L’anno scorso ne sono morti sei, di paura secondo lei, per colpa della bestia. Il veterinario non ha mai confermato, ma lei non ha dubbi.
Per non passare da maleducata, Madame Suarez accompagna la posta che lascia ogni giorno sullo zerbino dell’ottantenne con un «buongiorno, Monsieur Brun». E quel bifolco non le ha mai risposto! Mai, nonostante sia appostato dietro alla porta, a fissarla dallo spioncino. Lei ingoia il rospo e persevera, certa che il suo «buongiorno» irriti il vecchio signore.
Ma non si può continuare così. Madame Suarez ha preso questa decisione dopo la morte del suo uccellino preferito: in quanto capo del condominio, ha il dovere di prendere le misure necessarie. Così, con l’aiuto delle sue complici, ha architettato un piano per far sloggiare Monsieur Brun al più presto. È di questo che discutono ogni giorno in cortile, durante la pausa
UV
/nicotina, dopo aver pranzato a quattr’occhi con Jean-Pierre Pernaut, mentre il fracasso dell’aspirapolvere di Ferdinand le costringe a parlare più forte.
3
Avere scalogna
Ferdinand Brun sta diventando sempre più sordo. La cosa di per sé non gli dà poi così fastidio, tanto non ha nessuno con cui fare conversazione. Ma da bravo ipocondriaco immagina già il peggio, la sordità completa, come quel compositore prodigio, Mozart o Beethoven, non si ricorda più. Monsieur Brun non è molto fortunato nella vita. È cominciata male, e non per colpa sua: è nato