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Un attimo quarant’anni: Vite e storie della strage alla stazione di Bologna
Un attimo quarant’anni: Vite e storie della strage alla stazione di Bologna
Un attimo quarant’anni: Vite e storie della strage alla stazione di Bologna
E-book281 pagine3 ore

Un attimo quarant’anni: Vite e storie della strage alla stazione di Bologna

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Info su questo ebook

Una stazione d'agosto. Il caldo non dà tregua, la confusione sotto le pensiline, gente in fila per un biglietto, qualcuno perde il treno, altri aspettano figli, nipoti, nonni, madri, parenti lontani. Arrivi e partenze, sogni e speranze, voglia di mare e riposo. Nulla è diverso intorno alle 10,25 del 2 agosto 1980, a Bologna. Nella sala d'aspetto di seconda classe c'è chi legge quotidiani, chi fuma una sigaretta. Storie di gente comune, di vita quotidiana. Volti, occhi, mani, sguardi, discorsi. Accade quarant'anni fa alla stazione di Bologna, prima che qualcosa la trasformi in una grande catasta di macerie di dolore, di orrore, di morte. 85 morti, oltre 200 feriti. Questo libro parla di vittime e si rivolge al grande pubblico, specie ai più giovani. Quello che leggerete è il percorso individuale e collettivo di uomini e donne. Il loro privato dolente e la rabbia si sono tradotti in impegno civile: un modello di partecipazione democratica che difende persone colpite negli affetti, altrimenti lasciate sole al loro destino. Chiedono solo la verità, vogliono che ai loro morti venga resa giustizia.
LinguaItaliano
EditoreJaca Book
Data di uscita17 lug 2020
ISBN9788816802322
Un attimo quarant’anni: Vite e storie della strage alla stazione di Bologna
Autore

Daniele Biacchessi

Giornalista e scrittore, già caporedattore di «Radio24», ora collaboratore fisso. Ha vinto il Premio Cronista 2004 e 2005 per il programma «Giallo e nero», il Premio «Raffaele Ciriello» per il libro Passione reporter (2009), il Premio UNESCO 2011 con Gaetano Liguori per lo spettacolo «Aquae Mundi», il Premio «Macchina da scrivere» per il libro Storie di rock italiano, pubblicato da Jaca Book nel 2016. Con la stessa casa editrice sono anche usciti La fabbrica dei profumi. Seveso 40 anni fa (2016); Una generazione scomparsa. I mondiali in Argentina del 1978 (2016, libro + DVD 2017); L’altra America di Woody Guthrie (2018, libro + DVD 2019); Radio On. I ragazzi che fecero l'impresa delle radio libere (2019); L’Italia liberata. Storie partigiane (2019, libro + DVD 2020). Dirige la collana «Contastorie» della stessa casa editrice. È autore, regista e interprete di teatro narrativo civile e presidente dell’associazione ARCI «Ponti di memoria».

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    Anteprima del libro

    Un attimo quarant’anni - Daniele Biacchessi

    VITE SOSPESE

    Sia pace per le aurore che verranno…. sia pace per le città all’alba quando si sveglia il pane… pace al libro come sigillo d’aria… e pace per le ceneri di questi morti… Pensiamo a tutta la terra, battendo dolcemente le nocche sulla tavola. Io non voglio che il sangue torni a inzuppare il pane, i legumi, la musica: ed io voglio che vengano con me, la ragazza, il minatore, l’avvocato, il marinaio, il fabbricante di bambole e che entrino con me in un cinema e che escano a bere con me il vino più rosso.

    Pablo Neruda

    Tic, toc tic, 2 agosto 1980, le 10,10.

    Sergio Secci, 24 anni, è in stazione. Si è laureato al Dams, l’Università dello spettacolo, della musica, della cultura. La sera prima telefona da Forte dei Marmi ai suoi genitori, Torquato e Lidia: Stasera sono a una festa, domani vado in Alto Adige, prendo il treno espresso delle 8,18 a Bologna. Ha la voce tranquilla, distesa, calma. La sua destinazione di lavoro è Bolzano. Prima deve fermarsi a Verona da Ferruccio Merisi, suo grande amico. Sergio non riesce a prendere quel treno. Uno stupido ritardo di pochi minuti. Si reca all’ufficio informazioni e scopre che un altro convoglio sta per raggiungere la stazione di Bologna. È annunciato alle 10,50. Attende la sua coincidenza. Sergio Secci, il volto sempre sorridente, spesso in giacca e cravatta, i tratti somatici molto simili a quelli di suo padre Torquato, la bontà di sua madre Lidia.

    Tic, toc tic, le 10,11.

    Anche Roberto Procelli si trova a Bologna, ma Sergio proprio non lo conosce. Altra vita, altra città. Proviene da San Leo di Anghiari, quattro chilometri da Arezzo, un paese dove tutti lo conoscono fin da bambino. L’estate di Roberto è un po’ speciale. Ha un berretto in testa. È partito soldato pochi mesi prima. 121° Battaglione di artiglieria a Bologna. Da quel paese, lo ha giurato, non se ne vuole proprio andare. Lo aspettano Ilda e Rinaldo, quella ragazza che gli fa il filo, gli amici che girano con lui da quando avevano i calzoni corti. È la vita di un paese di provincia, fatto di cose semplici. Poi è arrivata la cartolina dal distretto militare. Poche righe, due indicazioni, un orario e una città. Ora si trova lì, sotto la pensilina, ad aspettare il suo treno di ritorno. Capelli corti, magro, con il borsone verde a tracolla e quel vestito che gli sta sempre più stretto. Si mette sotto il vecchio orologio della stazione. Lancette che segnano il tempo, vetture in arrivo, nuove partenze.

    Roberto lo può vedere quel fiume di gente, di treni in transito che si intersecano lungo binari affollati, di grida di venditori di panini e bibite (Stazione di Bologna, panini e caffè). Non c’è tempo per pensare. L’altoparlante annuncia ritardi. Del resto è il 2 agosto e un Paese vuole andare al mare. Le carrozze sono stipate fino all’inverosimile. C’è chi entra dalle porte. Enormi valigie passano dentro a pochi centimetri di finestrini aperti. In biglietteria c’è una coda impressionante, tutti spingono, i posti sono pochi, chi ha prenotato, chi non ha ancora il ticket, chi non lo avrà mai quel giorno. Roberto non sa che accanto a lui e a Sergio ci sono ragazzi che provengono da altri Paesi.

    Tic, toc tic, le 10,12.

    Francesco Gomez Martinez, 23 anni, spagnolo di Madrid. Né poeta, né studente, ancora giovane per lavorare, già vecchio per i banchi di scuola. Quel viaggio in Italia se lo vuole regalare da anni. L’Italia, Paese di arte e di poeti, di lettere e storia, monumenti e donne bellissime. Ora Francesco è nella sala d’aspetto di seconda classe. Lì a Bologna, ha trovato nuovi amici, pure loro spagnoli. Pablo, Paco, José, Clemente con lui fanno già un quintetto. Le puoi sentire ancora oggi quelle discussioni tra ragazzi spensierati. Portano nelle tasche quotidiani spagnoli e italiani e un’estate ancora tutta da realizzare. Clemente Pitzalis maneggia la sua piccola macchina fotografica. I suoi genitori sono sardi ma vivono in Spagna, Vilaseca Tarragona.

    Tic, toc tic, le 10,13.

    Nella sala d’aspetto l’impianto di aerazione non funziona e il caldo è opprimente. Manca il fiato a Bologna, il 2 agosto del 1980. Così le porte si aprono e si chiudono in continuazione, ma di fresco quel giorno c’è solo l’ombra della stazione, là fuori nel piazzale delle Medaglie d’oro, dove sono posteggiati i taxi.

    Fausto Togliatti Venturi, 38 anni e Romeo Rota attendono l’arrivo dei clienti. Si appoggiano a una 132 diesel. Sono davvero amici. Su in collina vanno a bere nei giorni di riposo: un frizzantino brioso, una partita a briscola. Di domenica si recano allo stadio a vedere giocare il Bologna. Di giorno stanno bloccati in stazione, la lunga attesa, poi via lanciati nel traffico della città. Con loro c’è Francesco Verbale Betti, 44 anni, di San Lazzaro di Savena, un mito per i tassisti: sguardo da furbetto, si veste bene, spesso porta una cravatta colorata che sa di festa. Vorrebbe bere anche lui quel buon caffè che fanno le sue amiche al ristorante Cigar. Betti è vicino alla sua 124, in terza fila, proprio accanto alle catenelle che delimitano lo spazio delle auto pubbliche, a trenta metri dalla sala d’aspetto di seconda classe.

    Tic, toc tic, le 10,14.

    Quando c’è quella confusione in stazione, Euridia Bergianti, 49 anni, non perde la calma: una bella donna, sempre allegra, i capelli chiari, i grandi orecchini. Lei, in quel luogo, un po’ c’è nata. Sta rintanata dietro al bancone del self service e serve da bere a chi ordina. Euridia è la mamma di due figli. Danilo di 24 anni, fa l’artigiano su a Milano. Poi c’è Sandro che vive in casa e da due mesi lavora come agente di commercio nel settore dell’utensileria meccanica. Euridia aveva amato Romano fino a cinque anni prima, quando se ne era andato via per un altro lungo viaggio.

    Tic, toc tic, le 10,15.

    Katia Bertasi, 34 anni, lavora con Euridia. Non sta al banco del ristorante Cigar. È impiegata alla contabilità. È al telefono con un fornitore. Katia sta con Luigi Biagetti, un amore scoccato tra le scrivanie dell’ufficio, una figlia, Federica e Alessandro, nato da poco.

    Tic, toc tic, le 10,16.

    Mentre Katia è attaccata alla cornetta, Nilla Natali, 25 anni, entra negli uffici dell’amministrazione. È giorno di stipendi alla Cigar. Nilla, figlia unica, due genitori che la adorano, il volto che sembra dipinto, capelli scuri non troppo lunghi.

    Franca Dall’Olio è lì accanto a Katia e Nilla. Franca è la bimba dell’ufficio amministrativo della Cigar, vent’anni, figlia unica. Graziosa, educata, gentile, riservata. Vive con i genitori e il nonno in un appartamento a Bologna. Il padre Raffaele è un dipendente dell’

    AMIU

    , la mamma è casalinga. Franca, molto religiosa, insegna dottrina nella chiesa di Sant’Antonio di Savena, fuori San Vitale. Ama dipingere. Franca, il sorriso di chi è ancora giovane, la collanina, gli orecchini, lo sguardo ingenuo.

    Tic, toc tic, le 10,17.

    Rita Verde ha 22 anni. Lavora al ristorante Cigar da quando ha finito le scuole, il diploma quattro anni prima. Non le piace essere mantenuta dalla famiglia. Una vita condivisa con madre, padre, fratello e sorella nella sua Bologna. Il padre, Domenico, è impiegato alla S

    IP

    . Rita ha un amore profondo. Si deve sposare con Massimo. Per Rita è l’ultimo giorno di lavoro, mancano poche ore e alle 12,30 stacca, un salto a casa per prendere le valigie, poi va in vacanza. Deve raggiungere Gianni e Morena, i suoi genitori a Lido degli Estensi. Rita, dalla chioma lunga scura, i bei tratti gentili.

    Tic, toc tic, le 10,18.

    I bambini non conoscono le regole degli adulti. Figuriamoci in una stazione d’agosto, in mezzo a quel chiasso è come sentirli. Scappano, si nascondono poi si riprendono e si rincorrono. Una danza che può andare avanti fino all’infinito. I genitori non riescono proprio a tranquillizzarli. Ci sono i fratelli danesi Eckhardt, 14 anni e Kai Mader, 8 anni, un bambinone dalla faccia tonda. Margherete Mader, 39 anni, è la loro madre. I bambini corrono senza sosta. Tutto si svolge nella sala d’aspetto di seconda classe, accanto a quella fotografia del Teatro Comunale appesa al muro, ingiallita dal tempo.

    Tic, toc tic, le 10,19.

    E in quella sala, che si è trasformata in un grande e disorganizzato bivacco generale, Francesco Diomede Fresa, un ragazzo biondo di 14 anni, legge un fumetto. Deve partire con la madre Errica Frigerio, 57 anni, e il padre Vito, 62 anni. Le valigie sono pesanti, compresse di vestiti, costumi da bagno, magliette, scarpe da pallone. Vito è direttore dell’Istituto di Patologia generale della Facoltà di Medicina di Bari. Un uomo colto, un ricercatore apprezzato e sperimentatore nella lotta contro i tumori. Sono partiti tutti insieme, in comitiva, per le ferie verso Fellicarolo, poche case ai piedi del monte Cimone, nell’Appennino modenese. Non vogliono rischiare incidenti in auto. Quel tratto autostradale tra Bari e Bologna non li convince e un po’ li spaventa. Sono alla stazione di Bologna dalle 10. Gli uomini hanno un contrassegno in mano per ritirare le auto parcheggiate sul treno, le donne e i bambini rimangono nella sala d’aspetto. Attendono il segnale di partenza, verso la montagna. Sorridono, parlano in dialetto.

    È l’identico sorriso, stampato sul volto di Silvana Serravalli, 34 anni, di Bari. Lei entra nel bar della stazione con le sue due figlie, Alessandra e Simona, e le due nipoti, Sonia e Patrizia. Anche loro sono irrequiete, ma lei, Silvana, sa come assecondarle. Tira fuori dal portafoglio una banconota da cinquemila lire e acquista dolci per tutti. Sonia Burri ha 7 anni, la frangetta, i capelli corti scuri, lo sguardo attento. È la sorellina di Patrizia Messineo, 18 anni. Le nipoti di Silvana e Gioacchino Barbera. Tutti di Bari.

    Tic, toc tic, le 10,20.

    In stazione ci sono Maria Fresu e la sua bambina Angela, 3 anni, capelli corti neri. Angela è disattenta. Le due amiche della madre, Verdiana Bidona con i suoi fluenti capelli che le aprono il viso e Silvana Ancellotti, si prendono cura della bimba e giocano. Maria Fresu è spensierata. Quel viaggio con le amiche lo aveva progettato con la massima cura e attenzione. Maria viene da Montespertoli, vicino Firenze. Tutti i giorni si sveglia presto, prepara la colazione per Angela, si veste, prende il locale per Empoli, entra in una azienda di confezioni e lavora come operaia con grande vigore, ma con dignità.

    Tic, toc tic, le 10,21.

    Angelina e Domenica Marino stanno scendendo dal treno che viene dalla Sicilia. Sono di Altofonte, tra le colline che dominano Palermo. Un paese antico, dove il lavoro è solo un miraggio per fortunati. Terra aspra, poco coltivata, case bianche e grigie, adagiate lungo le rocciose pendici di un monte arido. Altofonte, diecimila abitanti, tanti anziani, vecchie signore con scialli neri anche d’estate, dentro ai bar gli uomini giocano a carte, giovani con la valigia sempre pronti a partire per nuove avventure, verso il Nord. Angelina e Domenica hanno un appuntamento nella sala d’aspetto di seconda classe. Lo hanno fissato per tempo. Le aspettano Luca Marino, il fratello che ha fatto una scelta di vita e di speranza e la nuova fidanzata, Antonella Ceci. Luca è emigrato a Ravenna da cinque anni. Lavora come manovale in un cantiere. Angelina, Domenica, Luca e Antonella. I baci, i sorrisi, le lacrime, quell’odore di treni che vengono da lontano, di pane ancora buono.

    Tic, toc tic, le 10,22.

    Nazzareno Basso, 33 anni, lavora a Milazzo, profondo Sud, ma lui non è siciliano come Angelina, Domenica, Luca e Antonella. Vive nel Nord-Est, zona non ancora ricca. Mesi prima si era spostato per cercare un lavoro. Officine Galilei di Milazzo. Strane coincidenze. Si ritrova lì, per un banale ritardo di un treno. Sa che nella sua piccola casa a Caltana di Santa Maria di Sala, alle porte di Venezia, lo attendono la moglie Ines e i quattro figli, Francesco, Silvia, Cristina, Emanuela. Con Ines si conoscono da quel giorno a Chioggia, quando era ancora un carabiniere ausiliario. Alle Galilei è caporeparto. Anche la moglie ha trovato impiego in Sicilia. È insegnante.

    Carlo Mauri, la moglie Anna Maria Bosio e il figlio Luca di 6 anni, di Como, sono reduci da una brutta avventura. Lui quella macchina l’aveva comprata da poco, nuova fiammante, pronta per andare in ferie. Si mettono in viaggio e il motore dell’auto inizia a dare problemi. Un’avaria. Loro non intendono però rinunciare a una vacanza, così vanno in stazione, aspettano il primo treno, quello che li dovrebbe portare verso il mare. Carlo Mauri, i suoi baffoni neri, il sorriso. Luca un bel bambino dai capelli castani, Anna, così sempre gentile, buona, solare.

    A Bath e a Bristol in Inghilterra, il sole non si vede mai, sempre pioggia battente, nuvole nere, colore dominante il grigio. Il mare che gli inglesi hanno davanti è il Canale della Manica, nero, sporco, con i traghetti dalla Francia che passano via in fretta. Catherine Helen Mitchell e John Andrew Kolpinsky, 22 anni. Loro l’Italia non la conoscono, non l’hanno vista neanche in cartolina. Gli amici li hanno ben consigliati: una bella vacanza vi metterà a posto. Prima di quel viaggio, passano anni di studio ma alla fine si sono laureati con il massimo dei voti all’Università di Birmingham. C’è una fotografia che li ritrae insieme, felici, vestiti con la toga come nei college: lui più alto di lei con la barba e la riga in mezzo ai capelli, lei con un’espressione di gioia incontenibile. Se ne stanno in stazione, mano nella mano, attendendo un futuro ancora incerto, con tanta voglia di una vita insieme.

    Viviana Bugamelli e Paolo Zecchi, una storia d’amore inossidabile. Lei è incinta di qualche mese. Paolo, 23 anni, ha già un lavoro. Con Viviana c’è un rapporto speciale, di passione e di rispetto. Devono organizzare il loro viaggio in Sardegna previsto all’inizio di settembre. Ne sono convinti: la loro vita sarà serena.

    Roberto Gaiola, 25 anni, è invece a Bologna per disintossicarsi dall’eroina. Quel periodo nero della sua esistenza sembra superato. Un incubo da dimenticare, una trappola nella quale mai più sarebbe ricaduto. Lo ha giurato ai genitori, agli amici, soprattutto a sé stesso. A Roberto non piace lo studio. A 11 anni ha preferito il lavoro in una piccola fabbrica di Vicenza ai banchi di scuola. Nemmeno il diploma della media superiore. Legge libri di carattere sociologico, ricerche sui giovani, sulle periferie urbane. È un’autodidatta. Ascolta la musica dei Rolling Stones e dei Doors, come tanti ragazzi della sua generazione. You Can’t Always Get What You Want, When the Music’s Over. Per quel viaggio, ha lasciato nella sua cameretta i libri, i dischi, le cassette e i poster dei suoi miti.

    Vincenzina Sala, il marito Umberto Zanetti, il nipote Marco Bolognesi, 6 anni, la nonna Bruna Tedeschi in stazione attendono la figlia Daniela e il genero Paolo che tornano dalla Svizzera. Si trovano accanto alla grata dell’imbocco del sottopassaggio della stazione. Il treno è atteso al terzo binario ma è in ritardo, e di molto. Allora è meglio star fermi, presto l’altoparlante annuncerà tutte le informazioni necessarie; Daniela e Paolo scenderanno dal treno. Poi via, tutti insieme, come sempre.

    Tic, toc tic, le 10,23.

    Mauro Alganon, i suoi 22 anni se li sente tutti sulla pelle. È con un amico. Con lui parte presto da Asti, dalle colline già piene di grappoli di uva, ma ancora troppo acerbe. L’odore del mosto arriverà tra un mese e mezzo. Lascia la sua casa per Bologna. Dopo Padova la prossima fermata è Venezia, tra le gondole e Piazza San Marco. La passione per la fotografia è già una realtà. Nello zaino si è messo gli obbiettivi, i filtri e quella macchina comprata al mercato per pochi soldi risparmiati con fatica. Per non lasciarla incustodita fanno i turni nella sala d’aspetto di seconda classe. Uno esce e prende un po’ di aria: l’altro resta dentro a leggere il giornale.

    Paolo Bianchi, quarant’anni, muratore, un passato da bracciante nei campi della campagna ferrarese. Paolo si reca tutti gli anni ad Arco di Trento, sul lago di Garda. Anche il 2 agosto intende passare almeno una settimana di tranquillità, con una sua amica. A Castello di Vigarano Mainarda, dicono che con quella donna si dovrebbero forse sposare. È partito di buon mattino dalla stazione di Ferrara. Anche lui, aspetta il treno delle 10,50 per Bolzano. Come Sergio Secci.

    Iwao Sekiguchi, vent’anni, giapponese di Tokyo. È in Italia per una borsa di studio. Vuole diventare un diplomatico. Ha appena partecipato a un corso all’Università di Tokyo. Sta nella sala d’aspetto di seconda classe. Di quel Paese gli piace tutto, e annota ogni cosa che vede e sente su un diario: …Stasera vedrò finalmente le gondole di San Marco…. Ai genitori invia la sera prima un telegramma: Tutto ok….

    Accanto al ragazzo dagli occhi a mandorla, c’è Manuela Gallon, 11 anni. È lì che attende il treno per Bolzano. I genitori Natalia e Giorgio la devono accompagnare nella colonia estiva di Dobbiaco. I tre sono vicino all’imbocco del sottopassaggio. Il padre va a comprare un pacchetto di sigarette. Loro rimangono ferme, e ridono. Giorgio, un saldatore delle Ferrovie. Natalia, operaia alla Ducati elettrotecnica, capelli chiari, occhiali squadrati. Manuela, faccione tondo, il bel vestito bianco. Si vogliono tutti un gran bene.

    Angelo Priore, 26 anni, a Bologna è di passaggio. Lui è di Malles, in provincia di Bolzano. Nella sala di seconda classe è da ore con i suoceri. Angelo è parente di Rosario, giudice a Roma, quello che anni dopo indagherà sulla strage di Ustica.

    Marina Trolese, 16 anni, è di Sant’Angelo di Piove di Sacco, provincia di Padova. Con la sorella Chiara, 15 anni, vuole andare in Inghilterra, un viaggio di studio, la loro prima volta fuori casa. La madre Anna Maria e il fratellino Andrea sono orgogliosi e commossi. Si sono svegliati tutti presto, quella mattina. Un salto a Bologna, poi Marina e Chiara dovrebbero partire per quella meta lontana. Londra.

    Rosina Barbaro e Luigi Montani sono in stazione da due ore. Si dirigono verso il bar, sottobraccio l’una dell’altro, tranquilli, sorridenti, senza un problema, uno screzio, un litigio. Cercano solo un caffè che a quell’ora è come oro caldo. Hanno una meta, neanche tanto lontana: una piccola pensione nella Riviera Adriatica. Quarantamila lire, tutto compreso.

    Antonio Di Paola, 32 anni, e Salvatore Seminara, 34 anni. Sono corsi in stazione. A Bologna deve arrivare Giuseppe, il fratello di Salvatore che fa il militare. Ma il treno è in ritardo. Un caffè, una sigaretta, la lunga attesa nella sala d’aspetto di seconda classe. Salvatore è emigrato, viene da Catania. A Bologna, lavora da nove anni: operaio di quinto livello alla Strabuzzi, impianti di segnalazione ferroviaria. Lui e Antonino dividono in due una misera stanza,

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