Potere e bugie (eLit): eLit
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Ammanettata a Brady Marshall. È il sogno proibito di qualunque donna, ma certo non di Aspy, attivista in lotta contro tutto ciò che il figlio del candidato senatore rappresenta. Non c'è coppia peggio assortita di loro due e le foto di quell'unione forzata rischiano di rovinare la reputazione a entrambi. A meno che non usino le rispettive conoscenze per portare acqua al proprio mulino. Chi sarà la vittima e chi il carnefice?
Kimberly Lang
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Potere e bugie (eLit) - Kimberly Lang
Potere e bugie
KIMBERLY LANG
1
«Vive la Révolution. Di nuovo.»
Brady Marshall sollevò lo sguardo dal messaggio che stava inviando per posarlo sul capo dello staff di suo padre. In piedi accanto alla finestra, l’uomo stava guardando corrucciato la piccola folla che si era adunata in Constitution Avenue. «Cosa c’è stavolta?»
«Una protesta, ma almeno questa è contenuta. Cinquanta persone o giù di lì.» Nathan scosse la testa. «Ma non hanno niente di meglio da fare di venerdì pomeriggio?»
Nathan era un pessimista, vittima di troppi anni di politica governativa. Gestiva in maniera impeccabile lo staff dell’ufficio del senatore Marshall, ma aveva perso di vista la sua missione da troppo tempo ormai. Dopo le elezioni, Brady avrebbe cercato di convincere suo padre a rinnovare un po’ le fila del personale. «Magari a scuola hanno prestato particolare attenzione alle lezioni sul Primo Emendamento e muoiono dalla voglia di metterlo in pratica per protestare contro...» Fece una pausa inarcando un sopracciglio. «Contro cosa protestano questa volta?»
«Importa qualcosa?»
«Sì.» Brady si alzò e raggiunse Nathan alla finestra. Non riusciva a sentire quello che la folla urlava, ma la concitazione era ben visibile. «Visto che dovrò affrontarli, mi servirebbe sapere se ce l’hanno con una nostra decisione in particolare, o solo con le mie scarpe di pelle.»
«Perché dovresti affrontarli?» Nathan andò alla sua scrivania e aprì un cassetto.
«Devo incontrare un amico sul Mall e la strada più breve passa proprio attraverso di loro.»
Tornando alla finestra, Nathan sollevò il binocolo e lo puntò sulla piccola folla. «Non posso dirlo con certezza ma, a giudicare dalle scritte sui cartelli, direi che sono ecologisti.»
«Tieni un binocolo nella scrivania?»
Nathan scrollò le spalle. «Torna utile qualche volta, non credi?»
Non voglio sapere per cosa. «Ascolta» disse Brady, allontanandosi dalla finestra e cominciando a raccogliere le proprie cose. «Se vuole davvero impegnarsi in questa nuova strategia, il senatore deve dare un’occhiata a queste carte prima di incontrare il nuovo consulente mercoledì, d’accordo?»
Lui gestiva campagne elettorali da una vita. Non gli piaceva particolarmente il tran tran della politica – e, nonostante i pettegolezzi che giravano, non aveva alcuna intenzione di correre per quel seggio che la sua famiglia si teneva stretto da più di quarant’anni – ma le campagne... be’, le campagne erano una vera sfida.
Nathan annuì quando Brady aprì la porta che dava sugli uffici esterni e poi, in fondo, sulla sala d’attesa. Il personale lo salutò cordialmente quando si fece strada fra le scrivanie. Le persone che affollavano la sala d’attesa, invece, sembravano troppo occupate a guardare la giovane donna che discuteva con la segretaria al banco della reception per accorgersi di lui. Brady si fermò per capire cosa stesse accadendo.
«Signorina, le ripeto che deve avere un appuntamento.» La voce di Louise era paziente e ferma allo stesso tempo.
«Lo so ed è per questo che mi piacerebbe tanto vedere il senatore: per concordarne uno.»
Quella donna, pensò Brady, non solo era inconsapevole del fatto che mai e poi mai il senatore l’avrebbe ricevuta di persona, ma non era neanche un granché credibile, vestita com’era. La maglietta era strizzata in vita da una cintura indiana in tono con la lunga gonna svasata, la bigiotteria vistosa dal gusto tribale e una massa di capelli ricci tenuti a malapena a bada da una fascia colorata. Brady avrebbe scommesso che faceva parte degli ecologisti in protesta all’ingresso. Se mai qualcuno avesse voluto riportare in auge lo stile hippy, quella donna sarebbe stata un modello perfetto. Era magra, ma non esile. Anzi, aveva un aspetto salutare, fresco e molto adatto a quel look. Un look completato prevedibilmente dai sandali Birkenstock.
Una collezione di braccialetti tintinnò quando agitò la mano per accompagnare quello che diceva. «In quanto cittadina degli Stati Uniti d’America e portavoce della People’s Planet Initiative, vorrei offrire al senatore l’opportunità di collaborare con noi. Quale momento migliore per il senatore per adottare una posizione più decisa riguardo all’ambiente e farsi leader di...»
Louise interruppe quel fiume di parole sollevando una mano. «Signorina...?»
«Breedlove» rispose la donna. Un cognome quasi scontato per un tipo che di scontato aveva ben poco. Brady si sarebbe aspettato di sentirle dire anche Moonchild, o qualcosa del genere.
«Signorina Breedlove, questa è una settimana piena d’impegni per il senatore e per tutto il suo staff. In questo momento non c’è nessuno che potrebbe ascoltarla, nonostante gli indubbi meriti della sua organizzazione» la informò Louise con un sorriso condiscendente. «Se fosse così gentile da ricontattarci la settimana prossima, vedremo di farle avere un appuntamento con la persona più adatta.»
La donna piegò le labbra in un’espressione imbronciata. Si stava finalmente rendendo conto dell’impossibilità delle sue richieste e Brady si sentì quasi dispiaciuto per lei. Veder sbattere la porta in faccia alle proprie passioni era sempre doloroso la prima volta. «Capisco. Ma forse potrei lasciare un opuscolo al senatore?»
Louise sorrise trionfante. «Ottima idea.» Mentre la signorina Breedlove rovistava nell’ampia borsa di tela grezza, la segretaria guardò lui con un sorriso di scuse. «Mi dispiace, Brady, ma non avrò le informazioni che mi hai chiesto prima di domattina.»
«Nessun problema» la rassicurò. «Sappiamo entrambi che Douglas se ne occuperà solo dieci minuti prima della riunione di domani.»
«Verissimo.» Mentre Louise prendeva l’opuscolo che le tendeva la signorina Breedlove, Brady uscì sul pianerottolo e la porta si richiuse silenziosa dietro di lui.
Louise lavorava in quell’ufficio dai tempi di suo nonno e Brady si era meravigliato molto che fosse rimasta anche quando era subentrato suo padre. Nonostante i metodi non troppo ortodossi del nuovo senatore, doveva aver scelto d’ignorare l’uomo Douglas Marshall e abbracciare la causa del politico.
Esattamente come lui.
«Signor Marshall! Aspetti un momento, per favore!»
Brady si girò e, nonostante le porte dell’ascensore si fossero appena aperte davanti a lui, l’educazione impartitagli da sua nonna gli impedì di entrare nel vano e premere il pulsante della discesa prima di farsi raggiungere dall’affannata signorina Breedlove.
«Grazie» sussurrò la donna riprendendo fiato. La corsa le aveva acceso le guance. Alcuni riccioli ribelli, sfuggiti alla fascia, le erano ricaduti sulla fronte. Era truccata pochissimo e i brillanti occhi color smeraldo incontrarono quelli franchi e diretti di Brady. «Signor Marshall» cominciò, «faccio parte dell’organizzazione People’s Planet Initiative...»
«Mi dispiace interromperla, ma sono la persona meno adatta con cui parlare.»
«Lei è Brady Marshall, no? Il figlio del senatore Marshall.»
«Sì, ma non faccio parte del suo staff.»
«Lo so. Lei è a capo della sua campagna.»
A quanto pareva, la signorina Breedlove aveva fatto i compiti a casa, ma Brady non sapeva se dovesse sentirsi più compiaciuto o allarmato. «E, come tale, saprà che non ho alcun controllo sulla sua agenda. Non posso aiutarla io ad avere un appuntamento con lui.»
«Ma potrebbe ascoltarmi lei.»
Dal momento che le sue buone maniere lo avevano intrappolato in ascensore con quella donna, Brady non sapeva più come sottrarsi. Né la donna sembrava dargli tregua.
«Se il senatore Marshall volesse abbracciare la nostra causa, tutti i membri dell’associazione – e non siamo pochi – potrebbero diventare suoi elettori. Siamo attivi in molte comunità sparse in tutta la Virginia e siamo presenti su Internet. Lei sa di certo quanto sia importante il sostegno di...»
Grazie al cielo le porte dell’ascensore si aprirono al piano terra, dandogli la possibilità d’interrompere quel fiume in piena. «Louise ha tutti i suoi riferimenti, quindi se la vostra agenda dovesse essere...»
«Noi non abbiamo un’agenda» lo interruppe lei, trottandogli dietro e continuando imperterrita a perorare la sua causa. «Noi abbiamo una missione. Vogliamo rendere questo pianeta un posto migliore in cui vivere.»
«È ammirevole.» Non farti incastrare. Brady spinse le porte che davano sull’esterno e sbatté le palpebre quando la luce del sole lo abbagliò.
La signorina Breedlove gli era alle calcagna e stava ancora parlando. «Con l’aiuto del senatore Marshall...»
Accidenti, stava andando dritto verso i manifestanti senza accorgersene! La signorina Breedlove che continuava a parlargli a raffica, vide alcuni dei contestatori dirigersi verso di lui con piglio particolarmente aggressivo.
«Signor Marshall, se volesse concedermi soltanto una ventina di minuti, sono sicura che sarebbe d’accordo con gli scopi della PPI...» stava dicendo la giovane attivista prima di essere interrotta da uno degli altri membri dell’associazione.
«Il pianeta non può continuare a essere sfruttato in questo modo dal governo» ruggì l’uomo.
«Non possiamo starcene zitti a guardare questo scempio» continuò un’altra donna.
Brady cercò di contenere l’esasperazione. «Apprezzo molto il vostro entusiasmo e sono sicuro che siate consapevoli di quanto il senatore Marshall abbia sostenuto la cause dei gruppi ambientalisti. Ma, come ho già detto alla signorina Breedlove, non sono io la persona più adatta con cui parlare.»
«Io credo di sì» lo contraddisse lei, posandogli una mano sul braccio. Quei grandi e onesti occhi verdi erano così ipnotici che qualcosa si mosse dentro di lui. «La sua famiglia è molto influente e potrebbe aiutarci molto.»
La sua famiglia? Oh, certo. Brady distolse lo sguardo. «Mi dispiace molto, ma adesso sono in ritardo.»
L’uomo che aveva parlato prima fece un minaccioso passo avanti. «Anche a noi dispiace.»
Prima di riuscire a capire cosa stesse accadendo, Brady si sentì il polso chiuso in una morsa d’acciaio. «Che accidenti...?» Sollevò il braccio e scoprì di essere incatenato alla signorina Breedlove.
Erano stati ammanettati insieme!
L’uomo si allontanò velocemente gridando qualcosa d’incomprensibile su certe piante.
«Kirby! Torna subito indietro!» lo richiamò la signorina Breedlove scuotendo vigorosamente i polsi di entrambi. «Levaci quest’aggeggio!»
La folla a quel punto impazzì. Cominciò a urlare slogan e a cantare, esaltata dalla vista del figlio del senatore legato alla loro portavoce.
Era ridicolo.
Grazie al cielo la sicurezza arrivò in quel momento. Per l’eccitazione i contestatori si erano avvicinati troppo al palazzo e andavano respinti. Uno dei vecchi agenti scoppiò a ridere vedendo Brady in quelle condizioni. «Se volete rimanere ammanettati, posso scortarvi in un posto più tranquillo» gli propose ammiccando.
«Molto divertente, Robert. Liberami da queste manette.»
Il poliziotto guardò severo la signorina Breedlove. «Lo sa che trattenere qualcuno contro la sua volontà è un reato?»
Lei spalancò gli occhi cercando di divincolarsi. «Sono una vittima quanto lui. Non sono stata io a mettergli le manette.»
«Non possiamo rimandare questa discussione a più tardi?» intervenne Brady quando notò la piccola folla di giornalisti che si stava avvicinando. «Magari dentro?»
Robert annuì e li scortò verso l’interno dell’edificio.
La natura grottesca della situazione era solo peggiorata dal modo in cui la signorina Breedlove cercava di mettere la massima distanza possibile fra loro e contorceva la mano in modo innaturale per non essere costretta a toccarlo.
Quantomeno, pensò Brady, essere ammanettati insieme aveva sortito un effetto positivo: lei aveva finalmente smesso di parlare.
Aspy si morse il labbro inferiore mentre seguiva Brady Marshall e il poliziotto all’interno del palazzo. Accidenti a Kirby! Lo avrebbe ucciso appena lo avesse avuto tra le mani.
A parte l’umiliazione personale, adesso avevano anche la certezza che il figlio del senatore non li avrebbe mai e poi mai aiutati nel loro progetto.
C’erano sempre un momento per l’offensiva e uno per la mediazione. Ogni buon attivista avrebbe dovuto saperlo, ma Kirby era ancora troppo giovane per vedere la differenza e adesso la PPI avrebbe pagato per la sua irruenza.
Raddrizzò la schiena quando attraversarono la hall, mentre cercava di tenere la massima distanza possibile dal signor Marshall che, grazie al cielo, sembrava più esasperato che infuriato.
Parlare con il figlio del senatore per salvare la terra le era parsa un’occasione imperdibile per qualche momento, eppure adesso l’unica cosa che poteva sperare di salvare era la sua pelle.
Quando il poliziotto li condusse in una stanzetta senza finestre che sembrava particolarmente adatta agli interrogatori, si chiese se per caso non stesse anche per essere arrestata.
Il poliziotto, Robert Richard, secondo quanto si leggeva sul badge appuntato sulla giacca, sollevò i loro polsi ed esaminò le manette. «Mmh... abbiamo un problema.»
«Perché?» chiesero loro all’unisono.
«Queste non sono manette standard» rispose l’uomo.
Marshall sospirò, ma lei non capì subito. «E allora?»
«E allora non si aprono con chiavi standard» continuò il poliziotto, guardandola con aria di rimprovero. Come se fosse colpa sua! «Per caso lei ha le chiavi, signorina?»
«No» rispose Aspy a denti stretti. «Queste manette non sono mie. E non è stata una mia idea.»
«In tal caso dovremo tagliarle.»
La cosa fece sospirare di nuovo il suo compagno di sventura. «E quanto ci vorrà?»
«Solo un paio di minuti... appena troverò un tronchese. Ma il problema è trovarlo.»
Brady Marshall si girò a guardarla e la profondità dei suoi occhi le fece rimescolare qualcosa dentro. Poi scosse la testa e si voltò di nuovo verso l’agente. «Immagino che non abbiamo altra scelta. Va’ a cercare il tronchese, Robert.»
Il poliziotto fece un cenno in direzione di Aspy. «Crede di poter restare solo con questa donna?»
Brady la guardò di nuovo e scoppiò a ridere, facendola indignare.