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I tormenti del capo: Harmony Collezione
I tormenti del capo: Harmony Collezione
I tormenti del capo: Harmony Collezione
E-book156 pagine2 ore

I tormenti del capo: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Da semplice assistente, a preda irresistibile...



Elizabeth Jones stava per incontrare suo padre per la prima volta. Questa era l'unica cosa che sapeva. Non poteva immaginare ciò che la sarebbe accaduto...



Andreas Nicolaides non ha dubbi: la ragazza che ha di fronte non è altro che l'ennesima opportunista, interessata solo al patrimonio del suo patrigno. L'unica cosa che può fare è tenerla d'occhio, pronto a smascherarla al suo primo errore. Così decide di assumerla come sua assistente personale: quale modo migliore per controllarla di tenerla accanto a sé ogni giorno? Il problema sono le curve mozzafiato di Elizabeth, che ben presto cominciano a torturarlo.
LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2018
ISBN9788858980637
I tormenti del capo: Harmony Collezione
Autore

Cathy Williams

Autrice originaria di Trinidad, ha poi studiato in Inghilterra, dove ha conosciuto il marito.

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    Anteprima del libro

    I tormenti del capo - Cathy Williams

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Powerful Boss, Prim Miss Jones

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2010 Cathy Williams

    Traduzione di Maria Teresa Delladio

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-063-7

    1

    «No, no e ancora no. Non potrei mai vedere intorno a me una come quella. Non hai visto che ha persino i baffi?» James Greystone, settantaduenne, attualmente sprofondato nella sedia a rotelle sistemata accanto alla finestra dalla quale si vedevano i campi che circondavano la sua proprietà, non mascherò il suo orrore al solo pensiero. «Quella donna starebbe bene in un centro addestramento reclute. Non hai sentito che vocione sgradevole? E il corpo? Sembrava quello di una lottatrice. Mi stupisce che tu abbia anche solo pensato di mettermela accanto!» Dopo aver espresso il suo palese dissenso, l’uomo guardò il figlioccio appoggiato alla parete con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni e i piedi incrociati.

    Andreas sospirò e raggiunse il padrino alla finestra. Il sole di fine estate conferiva al dolce paesaggio una bellezza degna di una cartolina.

    Andreas non dimenticava mai che tutto quello – i campi, la casa meravigliosa, lo stile di vita che suo padre non aveva potuto offrirgli – lo doveva solo all’anziano signore seduto su quella sedia accanto a lui. James Greystone, infatti, aveva assunto suo padre come autista e tuttofare in un momento in cui per un immigrato trovare lavoro non era facile. Aveva anche accolto sua madre quando, due anni più tardi, era apparsa sulla scena e James aveva trovato qualcosa da fare anche a lei. Non avendo figli suoi, James aveva trattato Andreas come se fosse stato suo. Gli aveva fatto frequentare le scuole più prestigiose che lo avevano aiutato a sviluppare il talento di cui era in possesso.

    Andreas doveva pressoché tutto a James Greystone ma nel suo rapporto con lui c’era molto più della riconoscenza. Andreas amava il suo padrino anche se a volte era brontolone, eccentrico e, come in quella circostanza, impossibile.

    «È la ventiduesima persona che abbiamo esaminato, James.»

    L’uomo borbottò ma tacque allorché Maria, la fedele dipendente da ben più di quindici anni, gli servì un bicchierino di Porto che lui non avrebbe dovuto bere.

    «Lo so. È difficile trovare delle persone in gamba al giorno d’oggi.»

    Andreas cercò di non cedere all’umorismo del padrino. Bastava poco perché James Greystone mandasse per aria tutto il lavoro dei colloqui solo perché non gli piaceva l’idea di avere accanto una persona che si prendesse cura di lui, lo aiutasse a fare determinati esercizi e lo portasse fuori di tanto in tanto. Non gli piaceva la sedia a rotelle sulla quale era costretto momentaneamente. Non gli piaceva dover chiedere a qualcuno di dargli una mano a fare qualcosa. Non voleva nessuno che gli dicesse cosa mangiare e cosa fare. In altre parole, non riusciva ad accettare il fatto di aver avuto un brutto infarto e di dover stare a riposo per un po’ su ordine del dottore.

    In ospedale, James aveva fatto vedere i sorci verdi alle infermiere e ora era fermamente intenzionato a boicottare ogni singola candidata che si presentasse per assisterlo. Rifiutava categoricamente le badanti.

    Nel frattempo, la vita di Andreas era in un temporaneo stallo. Si precipitava con l’elicottero privato quando la sua presenza era indispensabile ma attualmente si era stabilito lì in attesa di risolvere il problema di chi si prendesse cura del suo padrino. Il Somerset era indubbiamente bello ma anche incredibilmente scomodo.

    «La mia compagnia ti annoia, Andreas?»

    «Mi sto annoiando di tutti questi buchi nell’acqua. Non ti va bene nessuno. E con quali motivazioni? Vediamo... troppo debole per manovrare una sedia a rotelle, ha poca verve, ha troppa verve, ha gli occhi da furbetta, ha problemi con l’igiene personale, è grassa, non è scattato niente, ha i baffi

    «Che memoria!» esclamò James in tono trionfante. «Ora incominci a capire in quale situazione mi trovo!» Sorseggiò il suo Porto e poi lanciò un’occhiata al figlioccio per valutare la sua prossima mossa.

    «Quella baffuta faceva al caso» osservò Andreas ignorando lo sguardo compiaciuto dell’uomo nel dover constatare che il suo figlioccio aveva ragione. In effetti, la signora Pearson con i suoi cinquantacinque anni sarebbe stata una candidata eccellente. «Domani dobbiamo esaminarne altre quattro. Ma la signora Pearson è tra le più papabili, che ti piaccia o no.»

    Andreas era certo che l’efficiente agenzia alla quale si erano rivolti per trovare la persona adatta si sarebbe stancata di mandare candidate e se ciò fosse accaduto, lui non avrebbe saputo che pesci prendere.

    Le ultime due settimane erano state in assoluto il periodo più lungo di assenza dall’ufficio, vacanze comprese. Gli imperi economici non andavano avanti da soli, come una volta gli aveva detto proprio James, e il suo aveva così numerosi tentacoli che controllarli tutti richiedeva un’abilità decisamente oltre la media.

    Non che ad Andreas dispiacesse. Si era distinto negli studi universitari per intelligenza e talento. Rifiutando gli aiuti del padrino, Andreas aveva lasciato il college per iniziare la sua carriera nella City. Si era mosso rapidamente e senza sforzo nei rischiosi mercati azionari con un capitale sufficiente a fondare la sua società. In dieci anni era diventato una forza economica riconosciuta in tutto il settore delle fusioni e acquisizioni. Quando Andreas comprava, comprava con accortezza e per tenere. Attualmente, a parte un’attività editoriale marginale benché redditizia, possedeva una serie di alberghi di prima categoria in località alla moda, tre aziende operanti nel mondo della comunicazione e una società di computer che stava per conquistare il web.

    Era riuscito a destreggiarsi nella recessione che aveva messo a terra molte imprese di tutto il mondo. Insomma, Andreas si era guadagnato una fama da intoccabile e la cosa gli piaceva.

    Sin da piccolo aveva mostrato la determinazione a volersi costruire il suo stile di vita da privilegiato e ci era riuscito.

    Tutto veniva al secondo posto. Incluse le donne, anche quella attuale che, però, negli ultimi tempi aveva iniziato a pensarla diversamente da lui.

    A cena, lui e James avevano iniziato a parlare di donne e il padrino riprese quell’argomento.

    Amanda Fellows, la sua attuale fidanzata, non gli andava a genio. «Devi abbassare le aspettative» disse Andreas guardandolo con determinazione. «La perfezione non esiste.»

    «Sei tu a doverti trovare una brava ragazza» ribatté James in tono brusco.

    Andreas sorrise. Era abituato ai modi poco diplomatici del padrino di intromettersi in questioni personali. «Si dà il caso che stia frequentando una bravissima ragazza. Come sempre, del resto» gli rispose decidendo di non dar vita a una discussione visto che il padrino doveva evitare ogni stress.

    «Una bambola tutte curve e niente cervello?»

    Andreas finse di prendere in esame quell’osservazione. Reclinò la testa da un lato e osservò: «A chi piace il cervello in una donna? Dopo una dura giornata di lavoro, l’unica parola che voglio sentir pronunciare da una donna è ...».

    L’altro stava per rispondergli con indignazione che doveva smettere di fare il farfallone quando il campanello della porta suonò.

    Quel campanello, a differenza di quelli usati nella maggior parte delle case, era un marchingegno che echeggiava per tutta la villa come lo squillo delle campane a festa.

    Fuori, Elizabeth convenne che il suono di quel campanello ben si adattava allo stile della casa. Il che non significava che non fosse nervosa. Infatti, aveva esitato a lungo prima di decidersi a premere il dito sul pulsante.

    Il taxi, che a stento si era potuta permettere, l’aveva lasciata lì e dopo aver girato nell’ampio cortile, era scomparso in direzione della civiltà lasciandola a piedi, senza sapere cosa fare qualora in casa non ci fosse stato nessuno.

    Quella era una delle tante cose che non aveva preso in considerazione.

    Del resto, c’erano talmente tante altre incognite a preoccuparla, che il taxi era l’ultimo dei suoi pensieri. Respirò a fondo nel tentativo di calmarsi, quando la porta si aprì e si trovò davanti una donna minuta sulla sessantina che la fissò con occhi vispi.

    «Sì?»

    Elizabeth represse la sua trepidazione. Le era occorso un sacco di tempo per decidere cosa indossare. Un vestito leggero a fiori con un cardigan color pesca e sandali bassi. Per quanto riguardava i capelli, non aveva potuto far molto. Erano lunghi, dai riflessi ramati e ribelli e lei aveva cercato di domarli in una lunga treccia che le arrivava fin quasi alla vita. Aveva un aspetto presentabile ma ciò non bastava a darle sicurezza. In quel momento era nervosa esattamente come quando due mesi prima aveva studiato il suo piano d’azione.

    «Mmh... Sono qui per vedere il signor Greystone.»

    «Ha un appuntamento?»

    «No, purtroppo. Ma se non è il momento adatto, posso sempre ritornare...» Elizabeth aveva notato una fermata d’autobus a un paio di miglia di distanza. Sarebbe stata una bella scarpinata, ma non avrebbe gettato via altri soldi per il taxi.

    «La manda l’agenzia?»

    Elizabeth guardò confusa la donna. Agenzia? Che agenzia? E per che cosa?

    I vuoti di conoscenza iniziavano a soffocarla. Tutto ciò che sapeva su James Greystone l’aveva appreso da Internet e aveva divorato le informazioni con affascinato interesse. Sapeva che aspetto avesse e la sua età, sapeva anche che era un uomo ricco, benché le proporzioni della villa l’avessero enormemente colpita, facendole realizzare quanto dovesse essere ricco. Sapeva anche che non aveva moglie e non aveva mai avuto figli. Infine, sapeva che si era ritirato dalla redditizia attività di costruzioni fondata molti anni prima dal nonno, e che viveva come una sorta di recluso. Non molto per una persona del suo livello, ma evidentemente perché aveva deciso di restare nell’ombra.

    Elizabeth non sapeva niente dell’agenzia. «Ehm...» farfugliò esitante, ma dovette essere la risposta giusta perché venne fatta entrare in casa.

    L’ingresso le tolse il fiato. Rimase in silenzio per qualche minuto a guardarsi intorno. Sul pavimento di marmo c’era un gigantesco tappeto e proprio davanti a lei si ergeva una scala imponente che a un tratto si apriva in due rami. I quadri alle pareti, racchiusi in spesse cornici dorate, rappresentavano tradizionali scene campestri e sembravano antichi quanto la casa. Quella dimora non aveva camere, bensì ali.

    Perché diavolo aveva pensato che il miglior piano d’azione fosse il confronto diretto? Perché non aveva fatto la cosa più ragionevole scrivendo una lettera come avrebbe fatto qualsiasi altra persona normale nella sua posizione?

    Elizabeth ritornò al presente nel momento in cui si rese conto che la governante si era fermata a una delle porte e la stava guardando con aria interrogativa.

    «Il signor Greystone sta prendendo un caffè in soggiorno. Se vuole attendere qui, vado ad annunciarla. Il suo nome?»

    Elizabeth si schiarì la gola. «Signorina Jones. Elizabeth Jones.»

    Elizabeth attese esattamente tre minuti e quarantacinque secondi.

    Lo sapeva con precisione perché non aveva fatto altro che consultare l’orologio nel vano tentativo di calmarsi. Poi la governante riapparve per condurla nel soggiorno.

    Elizabeth non sapeva cosa aspettarsi. Si era persa nell’attraversare le numerose stanze. Quando infine le venne mostrato il soggiorno e la governante convenientemente si ritirò, Elizabeth si rese conto di trovarsi davanti non solo James Greystone ma anche un altro uomo di spalle intento a fissare il giardino oltre l’enorme finestra.

    Il

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