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Quattro settimane con te: Harmony Destiny
Quattro settimane con te: Harmony Destiny
Quattro settimane con te: Harmony Destiny
E-book172 pagine2 ore

Quattro settimane con te: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Nate Longmire non sa nulla di bambini e non è certo in grado di fare da padre alla nipotina rimasta orfana. Per sua fortuna incontra Trish Hunter, una giovane, affascinante indiana Lakota che ha cresciuto i suoi dieci fratelli e che ora ha un solo desiderio: trovare i fondi necessari per la scuola della sua riserva indiana. E il munifico milionario Nate è più che disposto a realizzare questo suo sogno se per un mese lei farà da tata alla piccola Jane. Ma allo scadere delle quattro settimane Nate dovrà escogitare un'altra proposta per tenere Trish con sé... questa volta per sempre.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mag 2016
ISBN9788858949337
Quattro settimane con te: Harmony Destiny

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    Anteprima del libro

    Quattro settimane con te - Sarah M. Anderson

    successivo.

    1

    La sala si stava riempiendo, ed era esattamente quello che Trish voleva. C'erano più o meno un centinaio di persone, oltre ai reporter del giornale dell'università e altri di emittenti locali di San Francisco. Perfetto. Questo l'avrebbe aiutata a raggiungere l'obiettivo. Nessun riccone avrebbe rischiato di apparire taccagno rifiutando una donazione a un'associazione di beneficenza di fronte a tanta gente.

    Trish era seduta al suo posto in terza fila da oltre un'ora. Era arrivata presto, così nessuno l'aveva vista trafficare con l'assegno. Quanto avrebbe voluto potersi permettere un cellulare: così avrebbe trascorso il tempo a giocarci finché non fosse iniziato il convegno, invece di essere l'unica nella stanza a non avere una connessione Internet.

    Era pronta. Doveva solo aspettare che arrivasse il suo momento; preparare un'imboscata a uno degli uomini più facoltosi del pianeta richiedeva una certa precisione.

    Aveva pianificato tutto fin nei minimi dettagli, aveva pensato anche alla maglietta da indossare: una T-shirt blu chiaro con logo vintage raffigurante Wonder Woman. Era una taglia in meno rispetto alla sua, ma aveva, sopra, una giacca di velluto nera, quindi tutto sommato le stava bene.

    Raffinata, e un po' fricchettona.

    Proprio come la sua vittima designata: Nate Longmire.

    Per altri trenta minuti continuarono ad affluire persone. Erano tutti lì per vedere Longmire, il nuovo milionario della Silicon Valley. Trish si era preparata: l'uomo aveva ventotto anni, quindi non era propriamente un Ragazzino milionario, come lo dipingeva la stampa. Per quanto ne sapeva non c'era nulla di infantile in lui.

    Era alto, possente e, da quello che aveva letto in Internet, era anche single. Tuttavia il piano non consisteva nel conquistarlo; doveva piuttosto fargli credere che fossero anime affini, metterlo all'angolo e fargli sborsare una grossa cifra.

    Alla fine si abbassarono le luci e la presidente delle attività studentesche si fece avanti.

    «Benvenuti a quest'incontro promosso dall'Università di San Francisco. Sono Jennifer McElwain...»

    Trish pensò ad altro mentre Jennifer continuava a blaterare sulla lunga e prestigiosa storia delle iniziative sociali dell'università e sugli ospiti illustri. Osservò la folla: più della metà delle donne presenti sembrava sperare in una corsa in limousine di lì a un'ora.

    La vista di tutte quelle belle ragazze la metteva a disagio. Quello non era il suo mondo: un dipartimento pieno di giovani che potevano fare sesso con chiunque, frequentare qualcuno senza preoccuparsi di una gravidanza sgradita, e men che meno di come poter sfamare un bambino. Il mondo di Trish era fatto di povertà assoluta, di bambini che nessuno desiderava e di cui nessuno voleva occuparsi. A parte lei.

    Non era la prima volta che si sentiva un'intrusa. Anche se le mancava un anno alla laurea in scienze sociali, sapeva che non era quello che voleva.

    Fatti forza, si disse mentre conteggiava le televisioni presenti. Cinque. L'evento aveva richiamato l'attenzione dei media.

    Era una donna con un assegno e una T-shirt da Wonder Woman di seconda mano in attesa di tendere un agguato a uno degli uomini più ricchi al mondo. Trish Hunter, in poche parole.

    «E così» continuò Jennifer, «siamo lieti di accogliere il fondatore di SnAppShot, il signor Nate Longmire, qui con noi stasera per parlare di volontariato!»

    La folla esplose in fischi d'incoraggiamento non appena il Ragazzino milionario salì sul palco.

    La gente si alzò in piedi, e Trish con loro. Longmire le era passato accanto; aveva potuto vederlo da vicino.

    Oh, caspita. Non è che non sapesse che aspetto aveva: aveva letto molte cose sul suo conto, incluso quel ridicolo articolo che lo eleggeva uno dei dieci scapoli più ambiti della Silicon Valley.

    Tuttavia nessuna delle foto pubblicate gli rendeva giustizia: di persona era alto, aveva spalle ampie, e si muoveva con una tale grazia che la fece arrossire; indossava jeans a vita bassa, stivaletti alla moda, camicia bianca e maglione color porpora; portava anche una cravatta a strisce dello stesso colore; aveva un accenno di barba e occhiali dalla montatura spessa. L'unico tocco serioso.

    Longmire si rivolse alla sala gremita e Trish lo vide avvampare mentre le esclamazioni d'approvazione continuavano. Non si dava arie; anzi, sembrava piuttosto a disagio.

    «Grazie» disse appena si accorse che la folla non si acquietava. «Vi prego» chiese con tono quasi disperato, pregando tutti di sedersi con un gesto della mano. Funzionò. «Eccoci qui. Buonasera, Università di San Francisco!»

    Altri applausi. Trish lo vide trasalire. Si sedette su uno sgabello al centro del palco, fece un gesto e le luci si abbassarono. Su di lui solo un occhio di bue. Alle sue spalle uno schermo scese fino a terra e iniziarono a scorrere delle diapositive.

    «La tecnologia» cominciò, mentre sullo schermo comparivano immagini di persone con tablet e smartphone, «ha la capacità di trasformare. La comunicazione immediata ha il potere di rovesciare governi e riplasmare le società a una tale velocità che i nostri progenitori – Steve Jobs e Bill Gates – non sognavano nemmeno.» La gente rise alla battuta. Longmire si limitò a un sorriso tirato.

    Trish lo osservava parlare. Naturalmente aveva memorizzato il discorso, e non a caso la stampa aveva divulgato il suo quoziente intellettivo, che rasentava la genialità. Eppure, non appena gli astanti facevano sentire la loro presenza, lui sembrava ritrarsi, come se non sapesse cosa fare quando usciva dal copione. Eccellente: era esattamente il tipo di interlocutore che non sarebbe riuscito a sottrarsi a una sfacciata richiesta di donazione.

    «E voi vi trovate al culmine di questa rivoluzione tecnologica. Avete quel potere tra le mani, ventiquattro ore al giorno, tutti i giorni.» Fece una pausa per bere un sorso d'acqua e schiarirsi la gola. Trish aveva la netta impressione che si stesse sforzando di tenere quel discorso. Interessante, pensò.

    «Qui, però, sorge il problema della disuguaglianza» continuò. «Come potete comunicare con gli altri se gli altri non hanno questa tecnologia?» Immagini di tribù africane, popolazioni indigenti del sud est asiatico, aborigeni australiani e... Santo cielo, aveva davvero trovato una foto di... Trish fissò la figura prima che scomparisse. No, non era la riserva del Sud Dakota, ma poteva essere la riserva indiana di Rosebud.

    Bene. Buon per lui che avesse dato spazio allo stato delle riserve dei nativi americani con una diapositiva di cinque secondi.

    «Noi abbiamo il dovere di usare questo potere, questa ricchezza» proseguì Longmire, «per aiutare gli altri esseri umani...»

    Parlò per altri quarantacinque minuti, chiedendo alla folla di guardare oltre i propri schemi e diventare consumatori consapevoli di tecnologia. «Siate partecipi» li esortò. «Un'onda impetuosa solleva molte imbarcazioni. Computer portatili alimentati con batterie solari possono togliere dei bambini dalla miseria. Fate in modo che la prossima invenzione epocale non si perda tra povertà e malattie. Dipende tutto da voi.» Questa volta, quando sorrise al pubblico, si mostrò più sicuro e molto meno rigido. «Non deludetemi.»

    Alle sue spalle comparve la foto della fondazione Longmire. La folla proruppe in applausi e in una standing ovation di sei minuti, mentre lui se ne stava appollaiato sullo sgabello sorseggiando acqua con l'aria di chi avrebbe voluto trovarsi altrove.

    La rappresentante tornò sul palco e ringraziò l'uomo per quel discorso decisamente brillante, poi indicò i microfoni. «Il signor Longmire risponderà alle vostre domande» trillò Jennifer.

    Il tempismo era fondamentale. Trish non voleva parlare per prima, però non voleva aspettare che i giornalisti iniziassero a farsi avanti. Le serviva un momento di calma per prendere l'assegno e arrivare al microfono prima che qualcuno potesse fermarla.

    Una decina di studenti si mise in fila. Alcuni gli chiesero come avesse dato il via alla sua azienda nel dormitorio dell'università e come un ragazzo qualunque potesse emergere grazie a un progetto da un milione di dollari.

    «Cosa serve alle persone?» rispose lui. «Io volevo avere le mie foto sempre con me. Ho adattato una semplice idea che rendesse più facile lo scambio di foto con i miei genitori, i quali, a loro volta, avrebbero potuto condividerle con altri; questo mi ha portato ad applicare lo SnAppShot a ogni dispositivo e a ogni piattaforma disponibile. Ci sono voluti dieci anni di duro lavoro. Non credete a quello che dicono i giornali. In questo campo non si ha successo dal giorno alla notte. Trovate un bisogno e cercate il modo per soddisfarlo.»

    Trish notò che quando rispondeva aveva un tono diverso. Forse perché interagiva con una sola persona alla volta? Le parole fluivano con più leggerezza e sembrava più tranquillo. Infondeva sicurezza all'intera platea. Avrebbe potuto stare ad ascoltarlo per tutta la notte: la affascinava.

    Questo era un problema. La ragazza si strofinò le mani sui jeans, cercando di calmarsi. Okay, Nate se la sapeva cavare quando improvvisava, e lo stava dimostrando replicando a qualche domanda velenosa.

    Anziché apparire con le spalle al muro ammiccava in modo spontaneo, il che non aveva nulla a che vedere con il sorriso tirato di poco prima. Poi smontava il problema con una facilità sorprendente e chiudeva la questione, il tutto senza scomporsi.

    Ah, sì. Anche questo faceva parte della sua fama di uomo d'affari, proprio come i suoi avi tecnologici. Nate Longmire si era costruito una reputazione da duro, uno che in tribunale non si arrendeva mai. Aveva mandato in bancarotta l'amico del college con cui aveva fondato SnAppShot.

    Trish si ritrovò a giocherellare con gli orecchini. Okay, c'era sempre la possibilità che il suo piccolo stratagemma non funzionasse. In ogni caso, voleva provarci a tutti i costi.

    Alla fine era rimasta solo una persona in fila accanto a lei, e l'imprenditore era intento ad ascoltare una domanda dall'altra parte della sala. La studentessa si voltò e vide che non si faceva avanti nessun altro. Era arrivato il momento. Prese l'assegno e si mise in fila.

    Avrebbe funzionato. Per forza.

    La persona prima di lei rivolse qualche interrogativo frivolo su come si sentisse Longmire a essere definito un sex symbol. Trish sbuffò e lui divenne rosso come un peperone. La richiesta l'aveva distratto. Perfetto.

    «C'è tempo ancora per un'altra domanda» annunciò Jennifer. «Sì? Un passo avanti e di' come ti chiami, per favore.»

    Trish si piegò e prese l'assegno. Era comico per quanto fosse enorme: un cartone a forma di assegno. «Signor Longmire» disse, tenendo il foglio davanti a sé come uno scudo. «Mi chiamo Trish Hunter e ho fondato la One Child, One World, un'associazione benefica che dona ai bambini poveri delle riserve indiane americane il necessario per andare a scuola.»

    L'uomo si sporse in avanti, fissandola con quei suoi occhi scuri. Il mondo sembrò... Be', non si dissolse come nelle fiabe. Ma il brusio del pubblico e le luci sembrarono farsi da parte mentre Longmire si focalizzava su di lei e diceva: «Una causa ammirevole. Continui, signorina Hunter. Qual è la sua domanda?».

    Trish deglutì, nervosa. «Di recente ho avuto l'onore di essere nominata una delle dieci migliori studentesse grazie a questo mio impegno.» Fece una pausa per sollevare l'assegno sopra la testa. «E mi è stato dato anche un premio di diecimila dollari, che ho devoluto interamente all'associazione. Lei ha bene illustrato come la tecnologia può cambiare le nostre vite. Vorrebbe donare anche lei diecimila dollari per sostenere il diritto all'istruzione di quei bambini?»

    Nella sala calò un silenzio assordante. La ragazza riusciva a sentire solo il sangue pulsarle nelle orecchie.

    Era andata: aveva fatto esattamente quello che si era prefissata.

    «Grazie, signorina Hunter» si affrettò a dire la rappresentante. «Tuttavia, c'è una procedura da seguire per chiedere al signor Longmire...»

    «Aspetti» la interruppe lui. «È vero, la mia fondazione ha un suo iter per le donazioni, però» aggiunse, continuando a fissarla, «un approccio così diretto è ammirevole. Signorina Hunter, che ne dice se ne discutessimo a quattrocchi quando avrò finito qui?»

    Trish quasi non sentì le esclamazioni ammirate degli astanti. Era troppo eccitata. Non era un no; non era nemmeno un ,

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