Ciak, motore, azione! (eLit): eLit
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Produttore di successo, più attrice scapestrata, uguale pagine e pagine di gossip. E una relazione mozzafiato che ha i giorni contati. Dopo tre anni Finn è convinto di aver dimenticato Caitlyn e la sua fuga da Hollywood, ma si sbaglia, a giudicare dai pensieri tutt'altro che innocenti che lo travolgono appena la rivede sul set. Il remake della loro storia è appena cominciato e questa volta si farà come dice lui
Kimberly Lang
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Ciak, motore, azione! (eLit) - Kimberly Lang
Ciak, motore, azione!
KIMBERLY LANG
1
Era stato via soltanto tre settimane. Quando era partito, ventuno giorni prima, i preparativi del film stavano andando a gonfie vele, adesso invece l'intero progetto rischiava di andare a farsi benedire.
Finn Marshall si sedette nella roulotte che serviva da ufficio temporaneo mentre giravano in quella location nel Maryland e si passò una mano fra i capelli. Aveva sperato di concedersi almeno un paio d'ore di sonno per riprendersi dal jet lag prima di andare a Washington per la festa di beneficenza, ma non era stato così fortunato. Erano così tanti i problemi sorti in sua assenza, che temeva non sarebbe neanche riuscito a passare prima da suo fratello per una doccia rapida.
Dolby Martin, il suo socio in affari alla Dolfinn Pictures, sembrava stranamente su di giri per essere uno che aveva appena mandato il Titanic contro un iceberg. «Stiamo girando da una settimana ormai, ci siamo quasi rimessi in pari con il programma.»
Finn tirò un lungo respiro, cercando di convincersi che prendere a pugni Dolby non avrebbe giovato in alcun modo. «E come mai non hai pensato di avvisarmi prima?»
«Dovevi concentrarti su quegli stramaledetti permessi per girare in Germania, non volevo disturbarti. E poi non credo ci fosse nulla che tu potessi fare da Monaco.»
«Avrei potuto telefonare a Cindy, però, e cercare di convincerla.»
«Dopo che Farrell le aveva detto di darsi ai film porno? Mi dispiace, Finn, ma neanche tu saresti riuscito a far tornare il serpente nel cesto.» Dolby scrollò le spalle. «Personalmente, tuttavia, non mi dispiace che se ne sia andata. Scommetto che avrebbe dovuto rinchiudersi in una clinica per la disintossicazione prima del debutto del film e non credo che la cosa ci avrebbe fatto una buona pubblicità.»
Per quanto Finn detestasse ammetterlo, Dolby aveva ragione. Cindy gli era sembrata perfetta per la parte di Rebecca: aveva il look giusto e un grande talento, e la fama di cui godeva avrebbe garantito al film una certa attenzione da parte dei media, senza mettere in ombra gli altri protagonisti. Lei gli aveva giurato di essere pulita il giorno in cui aveva firmato il contratto con la produzione, ma fin troppe volte lui aveva sentito quella storia perché potesse permettersi di non avere dubbi.
Forse, a conti fatti, era meglio così. Tecnicamente Dolby e il regista avevano fatto la cosa giusta trovando una sostituta all'ultimo minuto e mettendola sul primo aereo per Baltimora in modo da non interrompere le riprese troppo a lungo. A livello professionale Finn si sarebbe dovuto sentire soddisfatto. E anche a livello personale, forse. Dopotutto, Dolby aveva reagito velocemente per limitare i danni, dimostrando di tenere a quel progetto. Ma Cait Reese, accidenti! Perché proprio lei?
Scosse la testa. Concentrati solo su ciò che è importante per il film.
«Caitlyn ci ha salvato la vita ed è stata bravissima. Ha memorizzato l'intero copione in pochi giorni e ha cominciato subito le riprese. Aspetta prima di giudicare. Io penso che sia adatta per la parte di Rebecca. È perfino migliore di Cindy.»
Finn non ne era convinto. La Cait che ricordava lui era una scapestrata, perfetta per interpretare i personaggi più ribelli. Sarebbe stata adatta per la parte della pacata Rebecca? Erano passati tre anni dall'ultima volta, d'accordo, ma...
«Credimi, Finn. Anche tu avresti fatto lo stesso.»
«Se lo pensavi davvero, non le avresti fatto firmare l'ingaggio per Folly in tutta fretta alle mie spalle.» Finn prese il telefono e fece scorrere i messaggi. «Naomi è furibonda. Vuoi leggere anche tu?»
«No, grazie. Immagino cosa possa averti scritto. Naomi non vuole dividere i riflettori con nessuno. Lei si sente una vera diva.»
«È un privilegio che si è guadagnata e credo che potremmo tollerarlo per tenerla nel film, non credi?»
Naomi Harte era uno degli astri più luminosi di Hollywood in quel momento e, in realtà, non avrebbe avuto ragione di preoccuparsi che qualcuno le rubasse le luci della ribalta. Ma lei e Cait erano state lanciate più o meno nello stesso periodo e la loro rivalità risaliva ai tempi in cui recitavano piccole particine in commediole romantiche di poco conto. Cait era sempre stata un gradino al di sopra di Naomi, ma a un certo punto era uscita di scena in modo spettacolare e la sua scalata al successo si era interrotta bruscamente. La gente diceva che Naomi non sarebbe arrivata dov'era, se Cait non avesse mollato tutto così all'improvviso e lei lo sapeva.
«Sai che non corre buon sangue fra Naomi e Cait. Non hai pensato che con loro due insieme il set si sarebbe trasformato in un campo di battaglia?»
Dolby scrollò le spalle. «In realtà la cosa sta funzionando alla grande. I problemi personali fra le due rendono il risentimento del personaggio di Naomi nei confronti di quello di Cait persino più realistico.»
«E Cait?» Non era certo il tipo da tenere per sé le sue opinioni.
«Si sta comportando bene. Sembra seriamente intenzionata a ricostruire la sua carriera. Folly è il film perfetto per il suo rientro e lei lo sa.»
Folly poteva anche essere perfetto per Cait, ma questo non voleva dire che Cait fosse perfetta per Folly e Finn non era tenuto a offrire una seconda chance a tutte le starlet che decidevano di punto in bianco di tornare in scena. Specialmente se fra le mani aveva un progetto come quello. Ci aveva investito troppo, sia professionalmente che personalmente, per permettere che diventasse una specie di esperimento. «Non sono ancora convinto che Cait sia la scelta giusta» insistette.
«È stato Farrell a sceglierla, in realtà. Pare che Cait lo abbia convinto dicendogli che non voleva che la sua vita personale facesse più notizia del film. Folly starà in piedi da solo, vedrai.»
Dolby sapeva essere un vero idiota a volte, ma ci teneva quanto lui alla reputazione della Dolfinn. The Folly of the Fury poteva anche essere un progetto di Finn, ma il socio aveva dimostrato di essersi impegnato al cento per cento per la sua buona riuscita.
«Lo so ma, onde evitare che il film diventi una specie di soap opera, voglio che sia chiaro a tutti cosa voglio: gli unici drammi dovranno essere quelli previsti dalla sceneggiatura.»
«E così sarà.»
Finn sospirò. Magari fosse così facile!
Caitlyn Reese inalò l'aria calda e afosa della sera quando la porta si richiuse dietro di lei e le luci del chiassoso party che si era lasciata alle spalle si spensero come se avesse premuto un pulsante invisibile. Si stava comportando bene, lo sapeva, ma aveva bisogno di qualche momento di tregua dallo stress della festa. Guardandosi intorno, fu contenta di vedere che la terrazza era deserta, anche se in realtà la cosa non la sorprendeva. All'interno il fresco dell'aria condizionata rendeva tollerabile persino il trambusto, ma a lei quella pausa lì fuori serviva proprio.
Scosse la testa, incredula, quando si accorse che le mani le tremavano. Era stata a centinaia di cocktail party prima di allora, perciò non c'era motivo che una semplice festa di beneficenza, per quanto prestigiosa fosse la lista degli invitati, la rendesse tanto nervosa. E poi i presenti si erano dimostrati amichevoli. Qualunque cosa avessero pensato di lei, non avevano fatto nulla per incrinare i rapporti con i suoi genitori o con gli amici dei suoi genitori. Non erano stupidi, c'era troppo denaro in ballo per potersi permettere di non trattarla con rispetto.
Forse una festa di beneficenza nella capitale era proprio ciò di cui aveva bisogno per fare la sua rentrée ufficiale nel mondo del cinema. Il suo piano stava funzionando meglio di quanto avesse sperato. Avrebbe volentieri telefonato a qualcuno per condividere il suo ottimismo, ma non aveva più amici in quel continente e a Londra ormai era piena notte. I suoi genitori erano entrambi impegnati sul set per tutto il mese e non aveva idea di cosa stessero facendo a quell'ora. Anche se avesse avuto qualcuno da chiamare, poi, non era sicura di ciò che gli avrebbe detto. La mia carriera potrebbe non essere finita? Sì, forse, si disse alzando le spalle e sorridendo fra sé.
«Signorina Reese?»
Caitlyn si voltò. L'uomo alto e biondo con cui aveva parlato poco prima si stava avvicinando a lei con un sorriso mellifluo. Come si chiamava? Ricordava che le aveva detto di lavorare per qualcuno del governo e di essere un grande fan dei suoi genitori ma, accidenti, il nome proprio le sfuggiva. Era stato un po' troppo... entusiasta per i suoi gusti e il fatto che adesso fossero lì soli la metteva a disagio.
«L'ho vista uscire» continuò l'uomo corrugando la fronte. «Tutto bene?»
«Oh, sì. Avevo soltanto bisogno di un po' d'aria. È così affollato lì dentro.»
Lui annuì. «Ottimo per una festa di beneficenza, ma il chiasso rende difficile persino parlare.» Vedendolo avvicinarsi troppo, Caitlyn fece istintivamente un passo indietro. «E a me sarebbe piaciuto continuare a farlo con lei.»
Cait fece di sì con la testa, ma con la ferma intenzione di non incoraggiarlo.
«Perciò sono venuto a invitarla a cena una di queste sere. Per conoscerci meglio.»
Lei cercò di rimanere impassibile nonostante i campanelli d'allarme che si erano accesi nella sua testa. Non reagire in modo spropositato. Concedigli il beneficio del dubbio. In ogni caso, per cautela, fece un altro passo indietro. «La mia agenda è piuttosto piena, mi dispiace.»
«Che ne dice di stasera stessa, allora? Dal momento che siamo già qui, c'è un posticino carino a poca distanza da...»
Cait scosse subito la testa. No, accidenti! Non era previsto che una cosa del genere accadesse proprio lì. La lista degli invitati era così esclusiva che sarebbe dovuta bastare a evitarle spiacevoli incidenti come quello. «Mi dispiace, non posso proprio.»
L'uomo non sembrava intenzionato ad arrendersi. Anzi, si chinò su di lei con l'alito impregnato di alcol. «In tal caso, possiamo restare a parlare qui fuori.»
«In realtà stavo giusto tornando dentro quando mi ha fermata.» Cait gli fece cenno di rientrare. «Andiamo?»
«Signorina Reese...» cominciò lui ma, quando la vide passargli davanti con la chiara intenzione di ignorarlo, perse le staffe. «Caitlyn, accidenti!» L'afferrò per un braccio e la strattonò.
Okay, adesso ha decisamente oltrepassato i limiti. I muscoli allenati di Cait reagirono all'istante. Un secondo dopo l'uomo era inginocchiato ai suoi piedi e la supplicava di lasciargli andare il braccio piegato dolorosamente all'indietro. «Non si permetta mai più di fare una cosa del genere!»
«Volevo soltanto fare due chiacchiere!» si difese lui in tono contrito.
Lei serrò la presa tanto da farlo gemere di dolore. «Io no, invece. E farà meglio a rientrare, se non vuole essere arrestato per molestie sessuali.»
Al cenno di assenso di lui, Cait lo lasciò andare e l'uomo, alzandosi, si toccò il braccio indolenzito. «Non c'era bisogno di essere così aggressiva.»
In effetti Cait aveva vivamente sperato di non dover ricorrere a tanto, almeno per quella sera. «Se ne vada, mi sono stancata di parlare con lei.» Gli lanciò un'occhiata di fuoco che non ammetteva repliche. L'adrenalina le scorreva nelle vene, facendola sentire agitata, ma anche piena di energie.
«Ma, Caitlyn...» protestò l'uomo.
«Credo che Cait sia stata sufficientemente chiara con lei. Le suggerisco di fare come le ha detto.»
Quella voce la colpì come un pugno allo stomaco, mentre una scossa elettrica le attraversava la spina dorsale, immobilizzandola. Accidenti, accidenti, accidenti! Non era così che aveva programmato di rivederlo.
Forse non era lui, sperò. Erano passati tre anni, poteva aver confuso la sua voce con quella di uno sconosciuto. Era così nervosa al pensiero d'incontrarlo che la mente poteva anche averle giocato qualche brutto scherzo.
Aggrappandosi a quella speranza, guardò oltre la sua spalla, mentre colui che aveva parlato usciva dall'ombra.
Finn.
Fantastico. Cosa aveva fatto di male per meritare di trovarselo intorno? Sembrava destino che lui fosse presente in tutte le occasioni che Cait avrebbe preferito dimenticare.
Almeno Finn non avrebbe spiattellato tutto alla stampa, però. Ma era una magra consolazione e lei lo sapeva bene, anche se continuava ad aggrapparsi a quella scusa come a un salvagente nel mare delle sue emozioni in burrasca. Le emozioni che quella voce bassa e intensa aveva immediatamente fatto rinascere in lei.
Sembrava che il tizio lo avesse riconosciuto e la cosa non la sorprendeva, dato che Finn faceva notizia almeno quanto le star dei film che produceva. E, naturalmente, chiunque sapeva anche del loro passato insieme. Ma, più di tutto, nessuno con un po' di sale in zucca si sarebbe inimicato un Marshall, specialmente se voleva costruirsi un futuro in politica. I Marshall erano troppo potenti per poterli sfidare.
L'ammiratore, però, si fece bellicoso. «Questa è una conversazione privata, se non le dispiace.»
«E invece mi dispiace eccome» controbatté Finn con aria contrariata.
Gli uomini si fronteggiarono e Caitlyn non poté impedirsi di mettersi fra loro. Non si era dimenticata di Finn – come avrebbe potuto? – ma la realtà dei fatti