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Mister rodeo: Harmony Destiny
Mister rodeo: Harmony Destiny
Mister rodeo: Harmony Destiny
E-book146 pagine2 ore

Mister rodeo: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Ha origini indiane, capelli lunghi, un sorriso mozzafiato ed è un cowboy da rodeo, ma è soprattutto il padre della piccola Merry da quando l'ha adottata. E così, quando quel giorno incontra lo sguardo di Faith, l'art designer dai grandi occhi verdi e la pelle color miele, perde letteralmente la testa. La segue in ufficio, le chiede un appuntamento, le propone di sposarlo.

E Faith? Accetta quella pazzia, forse perché ha bisogno d'amore, forse per quel piccolo angelo, forse perché non può farne a meno...
LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2017
ISBN9788858963012
Mister rodeo: Harmony Destiny
Autore

Sara Orwig

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Mister rodeo - Sara Orwig

    successivo.

    1

    Faith Kolanko lanciò una rapida occhiata all'orologio e sospirò. Le rimanevano ancora quindici minuti di pace prima di tornare a immergersi nella frenetica atmosfera dello studio di grafica pubblicitaria in cui lavorava.

    Adorava quell'angolo appartato di Harrington Park, tanto che vi trascorreva buona parte della pausa pranzo, unico momento di solitudine della sua giornata lavorativa. Seduta su una panchina in legno, era riparata dal resto del parco da un'alta siepe di gelsomino rampicante che si ergeva alle sue spalle e curvava sulla destra racchiudendola quasi in una nicchia profumata.

    «Non è una giornata magnifica, tesoro?»

    Era una voce maschile, bassa e intensa, quella che mosse l'aria immobile e calda del primo pomeriggio e che investì Faith cogliendola di sorpresa. Immaginando si trattasse di una coppietta dall'altra parte del cespuglio, cercò d'ignorare il loro cicalio amoroso e continuò a godersi la tranquillità di quel momento.

    Non sarebbe tornata in ufficio neppure un minuto prima del termine della sua ora di pausa. Non dopo aver lavorato fino alle dieci della sera prima ed essersi alzata alle sei quella mattina.

    Un rumore frusciante oltre i cespugli di gelsomino tornò a distrarla. Le parve di sentire una coperta che veniva sbattuta, poi lo schiocco di una lattina che veniva aperta.

    «Sdraiati qui, amore. Hai visto che cielo azzurro? È incredibile, vero? Proprio come i tuoi occhi» disse ancora la voce.

    Faith sospirò rassegnata. Era evidente che la coppia sarebbe rimasta più a lungo di quanto avesse immaginato, ma per lei era arrivato comunque il momento di avviarsi. Scrollò le briciole dal grembo, richiuse il termos del caffè e lo ripose in borsa.

    «Aspetta un attimo, occhioni belli!» esclamò l'uomo con voce quasi infantile. «Ti tolgo il vestito, bambolina mia. Ma lo sai che hai delle ciglia lunghissime? Mio tesoro prezioso...»

    Ma cos'era che rendeva tanto idiota un adulto probabilmente capace d'intendere e di volere? si domandò Faith sforzandosi di non ascoltare quelle parole sdolcinate. Non le era mai capitato di uscire con un uomo che per corteggiarla si rivolgesse a lei come fosse stata una bambina. Sapeva che questo accadeva, ma non lo avrebbe mai sopportato.

    «Sei adorabile, tesoro. Se solo sapessi quanto ti voglio bene.»

    A quel punto, Faith cominciò a sentirsi imbarazzata all'idea di doversene andare e rivelare in quel modo la sua presenza. Doveva passare per forza davanti a loro per rientrare in ufficio e ormai mancavano solo cinque minuti al termine della sua pausa.

    La sua indecisione aumentò quando sentì dei gorgoglii e dei gemiti sospetti. Non era difficile immaginare in cosa fossero impegnati.

    Faith era sopraffatta dalla voglia di protestare, di gridare che quello non era il luogo adatto per certe cose, di ricordare loro che erano in un luogo pubblico e dovevano rispettare gli altri. Ma perché non si cercavano una stanza se non avevano un posto dove andare? borbottò tra sé mentre si alzava.

    «Tesoro, cosa c'è?» chiese l'uomo improvvisamente allarmato.

    Faith registrò il tono spaventato della sua voce. La donna che era con lui annaspava e ansimava come se fosse in preda a una crisi respiratoria o a dei conati di vomito.

    «Tesoro, dimmi» pregò lui. «Cosa posso fare? Riesci a respirare? O, mio Dio, che posso fare?»

    Sembrava disperato e assolutamente impotente. Faith aveva seguito un corso di Pronto Soccorso e non se la sentiva di defilarsi e ignorare che poteva essere d'aiuto a qualcuno. Stringendo i pugni si preparò alla vista dei due amanti sdraiati seminudi tra i cespugli di gelsomino. Fece alcuni passi attorno alla siepe e rimase paralizzata di fronte allo sguardo supplichevole che l'uomo le rivolse.

    La luce del sole gli faceva luccicare la pelle scura e leggermente sudata delle spalle e l'espressione intensa del suo viso era accentuata dai capelli lunghi e scuri come i suoi occhi.

    Per una frazione di secondo i loro sguardi si fusero in uno solo, poi Faith abbassò gli occhi e si concentrò sulla bambina che lui teneva tra le braccia e che annaspava per respirare.

    «Sta soffocando!» gridò l'uomo con voce spezzata dall'ansia, ma Faith era già entrata in azione grazie all'ampia esperienza acquisita con fratelli e sorelle più giovani, con nipoti e nipotine.

    Prese la piccola dal grembo dell'uomo e piegandosi la sistemò sulle sue ginocchia col viso rivolto a terra. Con la parte della mano vicino al polso, batté con precisione tra le scapole della bambina e al secondo colpo la piccola espulse dalla bocca qualcosa di molle e biancastro, poi tossì, riempì i polmoni d'aria con un gemito soffocato e pianse.

    Faith si alzò e strinse la bambina contro la spalla, accarezzandola con dolcezza sulla schiena e sussurrandole parole di conforto.

    «Grazie» disse l'uomo osservandola con gratitudine e incredulità. «Grazie infinite. Ora Merry sta bene.»

    Mentre la guardava, Jared Whitewolf capì che non era solo la gratitudine a incantarlo. Quella donna sapeva trattare coi bambini in modo eccezionale, superlativo. Probabilmente, ne aveva almeno tre di suoi, si disse, notando però che non portava la fede al dito. Aveva il profilo di una madonna, reso ancor più delicato dai capelli biondi trattenuti alla base della nuca con un fermaglio in tartaruga. Al polso, aveva stretto un orologio sportivo col cinturino in cuoio e indossava una blusa in seta cotta blu, come la gonna che le sfiorava le ginocchia ben modellate, lasciando scoperta buona parte delle gambe slanciate.

    Jared si alzò in piedi augurandosi che il suo battito cardiaco si decidesse a rallentare e si asciugò la fronte col dorso della mano.

    «Grazie» disse ancora quando lei si voltò a guardarlo. «Erano anni che non mi spaventavo tanto.»

    «Cosa le ha dato da mangiare?»

    «Una banana.»

    Lei osservò la bambina, poi tornò a guardarlo con severità e lui capì d'aver sbagliato in qualcosa. «Le ha dato una banana intera? Senza schiacciarla?»

    «No, non era intera» rispose lui mentre i pensieri s'affollavano vorticosi nella sua mente. Merry giocherellava con l'orecchino della donna, felice e sorridente come se nulla fosse accaduto. «Ma non l'ho schiacciata, no» aggiunse mortificato.

    La donna sorrise e scosse appena la testa. «È davvero adorabile» disse accarezzando Merry con lo sguardo. La piccola gorgogliò, sorrise alla donna e s'accoccolò con la fronte contro la sua spalla.

    Jared sentì il cuore in gola.

    «Lei ci sa davvero fare coi bambini.»

    «Per forza» si limitò a rispondere lei.

    «Perché per forza?» chiese lui trattenendo il respiro. Sicuramente, le avrebbe spiegato che aveva dei bambini suoi e per questo non le mancava l'esperienza.

    «Sono cresciuta con tre sorelle e un fratello tutti più piccoli di me. Ora ho anche dei nipotini che mi tengono in allenamento» rispose lei continuando a sorridere a Merry.

    Jared s'avvicinò e percepì il suo profumo. Era ancora più avvolgente e seducente di quello dei gelsomini da cui erano circondati. Osservando i suoi occhi verdi, vi scoprì una tensione che riconobbe all'istante e che gli fece risuonare qualcosa nel vuoto profondo della sua intimità.

    «Sono Jared Whitewolf» annunciò pacatamente, continuando a guardare i suoi occhi cristallini. «La bambina che ha in braccio è mia figlia Merry.» Parlava in modo automatico. La sua mente era nei suoi occhi, così misteriosi e nel contempo così limpidi, traboccanti d'un invito inespresso che risvegliava in lui il bisogno di sentire le carezze di una donna.

    «Faith Kolanko, piacere» rispose lei senza distogliere lo sguardo.

    Continuarono a guardarsi e lui desiderò che quell'istante non terminasse mai. Non si sentiva costretto a dire qualcosa perché il silenzio tra loro non era imbarazzante. Era invece vivo e pulsante, carico di vibrazioni e fremente d'emozioni.

    Per la prima volta da quando era diventato padre, dimenticò per un istante sua figlia, dimenticò tutto tranne la donna che lo fissava con quegli incredibili occhi.

    «Stavamo facendo un piccolo picnic. Perché non si unisce a noi?»

    «Io... no, non posso» rispose lei improvvisamente allarmata. La magia tra loro s'era spezzata. Fu come se una fata avesse rotto l'incantesimo che poco prima aveva creato tra loro. «Anzi, sono in ritardo» aggiunse porgendogli la bambina.

    «Aspetti!» la pregò lui guardandola con incredulità mentre già s'era girata.

    Faith non aspettò. Attraversò con pochi passi il tratto di verde che la separava da un vialetto in ghiaia e s'incamminò speditamente dalla parte opposta. «Arrivederci» si limitò a gridargli voltandosi appena.

    «Se pensa di sparire così facilmente, si sbaglia. Non è così, tesoro?» replicò lui rivolgendosi a Merry mentre cercava con gesti frenetici di raccattare da terra le loro cose. Appoggiò la piccola sulla coperta, le infilò il vestitino giallo e si mise le scarpe e la maglietta. Poi, sollevò Merry sotto il braccio e si mise a correre. Superò la forsizia oltre la quale Faith era sparita e si fermò per scrutare il verde alla ricerca di una testa bionda e di una gonna blu.

    In quel punto, il parco proseguiva per una cinquantina di metri e terminava in corrispondenza del parcheggio dell'Harrington Tower, un moderno edificio a vetrate.

    Di lei non c'era traccia, ma Jared non si rassegnò e continuò a setacciare l'area con lo sguardo, finché la vide spuntare da dietro una fontana che zampillava davanti all'entrata dell'edificio e dirigersi con passi lunghi ed elastici proprio verso l'ingresso.

    «La nostra donna è andata, ma non per sempre» disse ad alta voce osservandola mentre spariva oltre la porta girevole. «Finiamo il nostro picnic, poi andiamo a cercarla. Piace anche a te, vero?» chiese lanciando un'occhiata d'intesa alla figlia che sembrava divertirsi quanto lui.

    «È una donna speciale, Merry, te lo dico io. Faith Kolanko. Ha anche un bel nome» continuò mentre tornavano presso i cespugli di gelsomino. «Faith e Merry. Mi piace.»

    La piccola sorrise e piegò la testa al sole. Jared annuì orgoglioso e si sentì più forte, sicuro dell'appoggio di sua figlia.

    Poco dopo, erano di nuovo sul loro plaid. «Ora mangiamo, poi facciamo un pisolino» disse lui preparando il biberon per Merry.

    Mentre succhiava, la bambina strinse il biberon con le sue piccole mani e Jared sentì il cuore gonfiarsi d'amore per quella creatura che aveva in braccio. «Mi spiace tanto che il tuo vero papà non abbia potuto conoscerti, tesoro. Era un uomo in gamba e noi non lo dimenticheremo.»

    Lentamente, Merry scivolò in un sonno pacifico

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