L onore dei Falcon: Harmony Destiny
Di Sara Orwig
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Sara Orwig
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L onore dei Falcon - Sara Orwig
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1
«E dove vanno i coguari quando nevica?»
Sly spostò lo sguardo sul bambino che gli sedeva accanto. I tergicristalli della jeep si muovevano ritmicamente sul parabrezza per ripulirlo dalla neve che fioccava fitta fitta.
«Non lo so, Renzi. Forse vanno a ripararsi in qualche grotta. Ma hanno un bel manto caldo che li protegge, e non si raffreddano di certo.»
«Io non l'ho mai visto, un coguaro.»
«Da queste parti ce ne sono parecchi. Prima o poi vedrai che ne incontriamo uno.»
«Se non torno in città.»
Renzi non nominava mai sua madre, e Sly lo sapeva. Provò una stretta al cuore al pensiero che esistessero delle madri capaci di provare una simile indifferenza nei confronti dei propri figli. Abbandonare in quel modo un bambino di soli cinque anni...
Superò una curva a gomito e arrivò in vista della costruzione che si ergeva al centro della vallata, i tetti coperti di neve, le ciminiere che eruttavano fumo. Il Bar-B Ranch, un centro di accoglienza per i ragazzi che per vari motivi non avevano più una casa. Dal primo momento in cui aveva incontrato Lorenzo Lopez, Sly aveva provato una grande tenerezza per lui e lo invitava spesso a trascorrere qualche giorno nel suo ranch, che si trovava sulla proprietà confinante.
Arrestò l'auto mentre il direttore del centro appariva sulla soglia dell'edificio. Biondo, sorridente e dinamico, Derek Hansen si sollevò il bavero del giaccone sul viso e agitò una mano in cenno di saluto.
Sly tornò a guardare il bambino. Renzi si era già sfilato la cintura e si stava chiudendo la giacca a vento. Prima di uscire, lo abbracciò. «Grazie di tutto, Sly.»
«Ci vediamo domenica prossima, Renzi.»
«Sì. Grazie ancora.» Il bambino aspettò che Sly gli aprisse la portiera e scivolò fuori, trotterellando poi di corsa verso il ranch.
Derek raggiunse l'auto e Sly abbassò il finestrino. «Si è divertito, credo.»
«Ne sono sicuro» rispose Derek. «Grazie per tutto quello che fai per lui.»
«Vorrei poter fare di più. Ma siamo alla prima settimana di aprile, e questo tempaccio ancora non accenna a migliorare.»
«A quanto pare, madre Natura ancora non si è accorta che è quasi primavera... Attento alla strada, mi raccomando.» Derek si fece indietro per permettergli di fare inversione, e Sly partì, ripercorrendo il viale da cui era venuto.
La neve fioccava sempre più fitta, costringendolo a procedere con molta cautela sulla strada che si abbarbicava sulla montagna. Il suo ranch era incuneato tra le alture e i pendii del Sangre de Cristo, una catena minore delle Rocky Mountains. Ancora una curva insidiosa, poi una ripida discesa. Lo sguardo di Sly si spostò sulla distesa di neve candida che ammantava il precipizio alla sua destra... e una macchia arancione attirò la sua attenzione.
«Che diavolo...?»
C'era del fuoco. Fiamme piuttosto alte, che sollevavano una nuvola di fumo scuro. Istintivamente, Sly pigiò sul freno per arrestare la jeep.
Qualche turista che si era avventurato sulla sua proprietà ed era uscito di strada.
Cercò di calcolare l'esatta posizione dell'auto precipitata nel dirupo e fece rapidamente manovra per invertire il senso di marcia. Stavolta affrontò le curve a velocità sostenuta, facendo schizzare la neve fresca sotto i pneumatici.
Rallentò solo quando dovette uscire dalla strada asfaltata. Seguì il percorso del Flint Creek, addentrandosi tra gli alti pini e gli abeti che lo riparavano in qualche modo dalla tormenta. Ancora qualche istante, e vide il fuoco tra gli alberi. L'auto era rovesciata su un fianco. Le fiamme stavano per raggiungerne il serbatoio.
Sly scese dalla jeep e si avvicinò cauto, perché temeva un'esplosione. Qualcosa si mosse sul terreno accanto al veicolo. Sembrava... ma sì, una donna! Era riversa a faccia in giù nella neve, a pochi passi di distanza dal fuoco. Le fiamme le lambivano i vestiti.
Si mosse d'istinto e corse ad aiutarla. Nel medesimo istante, lei si sollevò sulle braccia e si mise in piedi, schizzando in avanti. Quasi si scontrarono, mentre Sly la afferrava.
«Faccia piano...»
«Devo andare...» gemette lei, e cercò di divincolarsi. Ma le forze le vennero a mancare e gli si abbandonò tra le braccia.
«Dobbiamo allontanarci dall'auto» le spiegò Sly.
«La prego, mi aiuti...» mormorò la donna.
Sly non perse tempo. La sollevò di peso e si allontanò di corsa, tenendola stretta sul petto. Era morbida, e profumava di primavera, pensò. Si rese conto che era passato un sacco di tempo dall'ultima volta che aveva stretto una donna tra le braccia... Continuò a correre a perdifiato per allontanarsi il più possibile dall'auto in fiamme.
E l'esplosione venne, violenta. Tanto da catapultarlo in avanti. Cadendo per terra, Sly cercò di proteggere la donna con il proprio corpo. Per un istante, avvertì il soffice calore della sua pelle, le lunghe gambe distese sotto le sue. La guardò, e lei lo fissò con gli occhi spalancati, due profonde pozze verdi in cui avrebbe voluto perdersi.
Qualcosa lo colpì con forza a una spalla. Sly avvertì un dolore improvviso, poi un inaspettato calore a una gamba. La scrollò, facendo rotolare nella neve un pezzo di lamiera incandescente che era volato fino a loro.
Quando tornò a girarsi verso la donna, questa giaceva sulla neve con gli occhi chiusi. Il viso era pallido da fare spavento. Una chiazza rossa si andava allargando nel punto in cui i suoi pantaloni di fustagno si erano strappati. Aveva diverse escoriazioni sulle mani e sul viso, e una manica della giacca a vento imbottita era venuta via, rivelando altri tagli sul braccio. Ignorando il dolore alla spalla, Sly tornò a sollevarla e corse verso la jeep.
La adagiò sul sedile posteriore e la coprì con un plaid. «Mettersi in strada con questa bufera! Di sicuro non li conosci, questi posti» borbottò, pur dubitando che lei potesse sentirlo. Si chiese che cosa facesse da quelle parti. L'unico albergo decente nei paraggi era a Rimrock, quaranta miglia più a ovest, e quei pochi turisti che si avventuravano fino a Concho, il centro abitato più vicino, non si spingevano mai lungo quel ripido tratto della statale. Eppure quella sconosciuta era sulla sua proprietà, e sembrava diretta al ranch. Forse aveva sbagliato strada.
Le scostò una ciocca di capelli fulvi dalla fronte. Aveva delicate lentiggini sul viso, notò, che le davano un'aria sbarazzina. Le tamponò la ferita alla guancia con un fazzoletto. «Pazza incosciente» mormorò ancora. «Speriamo che non ci sia niente di rotto, altrimenti dovrò chiamare l'elicottero del Pronto Intervento. Ma nel frattempo, devo portarti a casa mia...» sbuffò contrariato.
Di solito Sly teneva alla larga gli intrusi dalla sua proprietà, e metteva in fuga chiunque si avventurasse fino alla casa. Donne comprese. Se ne voleva una, andava a cercarsela in città.
Si rimise al volante, tornò a inserire le quattro ruote motrici e procedette adagio fino alla strada, per poi tornare a un'andatura appena più veloce. Percorse l'ultimo chilometro in condizioni di visibilità quasi nulla, anche perché nel frattempo era calato il buio. E non accennava a smettere di nevicare.
Quando finalmente si arrestò davanti alla casa, un grosso husky gli andò incontro abbaiando gioiosamente. «Giù, Amico. Fa' il bravo. Abbia mo un'ospite stasera» gli disse Sly, mentre scendeva dalla jeep.
Andò ad aprire la portiera sul retro, e dovette prendere la donna tra le braccia. Non aveva ancora ripreso i sensi.
La portò dentro. Il cane lo seguì all'interno della grande costruzione di legno scuro, che si armonizzava perfettamente coi secolari alberi circostanti. Sly oltrepassò il soggiorno, un ampio stanzone arredato nei toni del rosso scuro e del blu, col pavimento di legno tirato a lucido e tappeti di lana intrecciati sparsi un po' dovunque; quindi raggiunse la stanza da letto, che si affacciava sul retro della costruzione.
Adagiò la donna sul grande letto a due piazze, poi la sollevò a sedere per toglierle la giacca a vento. Sotto indossava un maglioncino di cashmere verde mela, che accarezzava morbidamente i seni generosi e le spalle minute. La distese e le sfilò gli stivali imbottiti di pelliccia.
Aveva una caviglia gonfia, notò. Ed era gelata dalla testa ai piedi. Attraversò la stanza e sistemò tre ciocchi di legna nel grande camino di pietra. Attese che prendessero fuoco e tornò da lei. A quel punto, doveva toglierle i pantaloni e cercare di medicare la ferita alla coscia. Si apprestò ad abbassarle la lampo.
«Scusami, ma non posso fare altrimenti» bisbigliò. Le abbassò i pantaloni, e le calze strappate, incapace di staccare gli occhi dalla pelle serica che andava via via scoprendo. Si arrestò qualche istante a fissare i minuscoli slip di pizzo rosa cipria, sotto i quali intravedeva una soffice massa di riccioli fulvi.
La reazione del proprio corpo lo contrariò. Si costrinse a guardare il taglio sulla coscia destra, quindi si alzò per andare in bagno a prendere l'occorrente per medicarlo.
Si procurò anche un panno bagnato, col quale le pulì il viso. Dovunque la toccasse, era ghiacciata. Doveva fare in fretta e avvolgerla tra le coperte.
Le tolse adagio il maglione e le tastò lievemente il torace per assicurarsi che non ci fossero ossa rotte. Le posò due dita sulla gola, e si rassicurò sentendo le pulsazioni regolari.
Quindi passò a fasciarle la ferita alla coscia; poi le sollevò appena la gamba per pulirle una ferita dietro il polpaccio. Morbido, liscio come seta... Sentiva la pelle di lei che si riscaldava sotto le sue dita, e di nuovo reagì intensamente a quel contatto.
«Ti è andata bene» le mormorò, mentre procedeva. Lei aveva ancora gli occhi chiusi ed era sempre pallidissima.
Il fuoco scoppiettava adesso, e la temperatura della stanza si era alzata. Sly dovette togliersi il giaccone di montone e il maglione, perché cominciava a sudare. Seduto sulla sponda del letto, prese la mano della donna e le tolse alcuni frammenti di vetro che vi si erano conficcati. Poi le mise una borsa del ghiaccio sulla caviglia gonfia, che sollevò su un cuscino.
Mentre sollevava le coperte, lasciò scorrere lo sguardo sulle lunghe gambe di lei, arrestandosi un breve istante sui riccioli fulvi all'inguine, e poi sui seni coperti dal reggiseno di pizzo. Una fiammata di calore lo avvolse.
«È proprio un bel bocconcino, vero, Amico?» commentò girandosi verso l'husky, che sollevò il muso e subito prese a scodinzolare.
La donna emise un lento gemito, e Sly le scostò la frangia dagli occhi. «È tutto a posto. Te la sei cavata per miracolo. Se non fossi passato da quelle parti...» Anche ammesso che fosse sopravvissuta all'esplosione, quella poveretta sarebbe morta assiderata se avesse trascorso la notte fuori, sotto la tormenta. «Stai tranquilla, ora sei al sicuro. Appena smette di nevicare, ti porto in ospedale.» Parlava, e intanto le tracciava la linea del mento con un