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Il brivido della tentazione: Harmony Destiny
Il brivido della tentazione: Harmony Destiny
Il brivido della tentazione: Harmony Destiny
E-book161 pagine2 ore

Il brivido della tentazione: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Noah Brand ha qualche difficoltà a inquadrare Faith Cabrera come sua nemica: con quelle gambe chilometriche e quel viso d'angelo sembra piuttosto la partner ideale per un intenso idillio dei sensi. Invece è una scaltra donna d'affari, a capo della società che Noah vuole acquisire a tutti i costi. Ma prima dovrà ammorbidirla un po'...



Faith sa di aver commesso uno sbaglio a passare un giorno, e una notte esplosiva, con uno squalo pericoloso come Noah, ma non è riuscita a resi-stergli. Ora come farà a tenere separati piacere e affari e a non cedere la sua adorata compagnia al più letale dei fratelli Brand?
LinguaItaliano
Data di uscita10 ago 2017
ISBN9788858970966
Il brivido della tentazione: Harmony Destiny
Autore

Sara Orwig

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Il brivido della tentazione - Sara Orwig

    Prologo

    «Alla tua, papà» disse Noah Brand, alzando il suo bicchiere di Dom Pérignon in un brindisi.

    «Buon compleanno.» Jeff alzò a sua volta la propria flûte, in tutto e per tutto uguale al gemello con i suoi folti capelli neri, gli occhi grigi e la mascella pronunciata. Erano entrambi sul metro e novanta e avevano una corporatura simile. La spiccata personalità di Jeff emergeva dalla sua preferenza per l’abbigliamento casual e, in particolare, per gli immancabili stivali.

    «Grazie mille, figlioli. Presto torneremo dagli altri ospiti, ma volevo approfittare del fatto che vi trovate qui per avere un momento in privato con voi.» Knox sorseggiò il suo champagne, catalizzando la loro attenzione su di sé com’era abituato a fare.

    Una certa preoccupazione si insinuò in Noah a causa della salute di suo padre che, sebbene non terribile, non era più buona come un tempo. Una leggera brezza giungeva dalla portafinestra aperta. Era il quattro di marzo e a Dallas si avvertivano già le prime avvisaglie della primavera.

    «Ormai avete trentaquattro anni» proseguì Knox, guardando negli occhi Noah, che improvvisamente ebbe la sensazione che il discorsetto fosse rivolto più a lui che a Jeff. «Non vedo alcuna relazione seria all’orizzonte per nessuno di voi» affermò Knox, e Noah si rilassò, comprendendo che suo padre stava solo cercando di intromettersi come al solito nelle loro vite. Be’, ci avrebbe pensato Jeff a farlo desistere.

    «Siete nel fiore della vita, e io e vostra madre cominciamo ad andare in là con gli anni. Ci piacerebbe vedervi entrambi sposati e sistemati.»

    «Dannazione, papà» disse Jeff, e Knox lo zittì con un gesto perentorio del braccio.

    «No, statemi a sentire. So bene di non potervi ordinare di sposarvi. So che tutti e due avete un debole per le donne e che avete avuto delle storie, ma nessuna si è mai approfondita troppo e, soprattutto, nessuna è mai durata. A dimostrazione di quel che sto dicendo, nessuno di voi mi ha chiesto di portare una donna al party di stasera.»

    «Papà, avevamo stabilito di non tornare più su questo argomento» disse Jeff, e Noah si chiese se il gemello avrebbe continuato per tutta la vita a prendersi a cornate con il loro padre. C’erano modi migliori di gestire le persone. E molto più rapidi.

    «No, statemi a sentire. Tutto ciò che voglio è che prendiate almeno in considerazione la possibilità. Vi dico solo una cosa, se uno di voi due si sposerà entro un anno da stasera, vi darò un premio di cinque milioni di dollari.»

    Noah non poté reprimere un sorriso, mentre Jeff scoppiò a ridere, scrollando il capo mentre si alzava in piedi.

    «Non ho ancora finito, Jeff. Come bonus, al primo che si sposerà darò un extra di ulteriori due milioni.»

    L’ilarità di Jeff svanì. «E così stai tentando di metterci di nuovo l’uno contro l’altro» affermò disgustato mentre Noah teneva per sé qualsiasi commento.

    «Affatto, il mio è solo un ulteriore incentivo. Due milioni non faranno la fortuna né la rovina di nessuno dei due. Ve la siete già cavata egregiamente da soli.»

    «Be’, grazie, papà» disse Jeff con una punta di cinismo mentre si alzava in piedi. «Io me ne torno alla festa.» A lunghe falcate, abbandonò la stanza, lasciando che la porta gli si richiudesse con forza alle spalle. Noah e Knox si guardarono l’un l’altro.

    «Tu ti aspetti che sia io a ottenere quell’extra di due milioni» affermò Noah.

    «So che hai uno spirito competitivo, oltre che collaborativo, e so anche che Jeff è un ribelle.»

    Noah fece roteare lo champagne che aveva nel bicchiere. «Papà, mi piacerebbe tanto far felici te e la mamma, ma il matrimonio non si profila nemmeno lontanamente al mio orizzonte.»

    «Per certi versi il matrimonio è solo una piccola parte della vita, Noah. La principale continuerai a trascorrerla nella nostra azienda di pelletteria. Hai una posizione sufficientemente florida per fare quel che ti pare e rendere felice una donna. Scoprirai che i figli, oltre che importanti, sono una benedizione. Trovati una donna fra le tue amiche, una con cui vai d’accordo, e metti su famiglia. Non te ne pentirai.»

    «Ci rifletterò su» dichiarò Noah. «Adesso, però, i tuoi ospiti staranno cominciando a chiedersi dove sei finito. Su, torniamo a raggiungerli.»

    Knox attraversò la stanza e uscì insieme a Noah, unendosi alla folla riunita nel salone delle feste. Noah individuò Jeff e si diresse verso di lui.

    «Per l’ennesima volta ci ha messi l’uno contro l’altro» ripeté Jeff. «Be’, fratello, stavolta farò il tifo per te. Anzi, ti dico subito che mi chiamo fuori dalla competizione.»

    Noah rise. «Francamente, avevo tutta l’intenzione di lasciar vincere te in questa occasione. Non sono sul mercato, e per quanto possa lusingarmi l’idea di ritrovarmi in tasca sette milioni di dollari, non vedo proprio come potrei sposarmi. Sai bene che ho sempre detto che non avrei mai fatto il grande passo prima dei quarant’anni. Non mi va di seguire il consiglio di papà di trovarmi una da sposare solo perché ho i mezzi per farla felice e, in fin dei conti, io sarò impegnato nel lavoro.»

    Jeff stava sorseggiando il suo drink, che per poco non gli andò di traverso. «Razza di un furfante! Ti ha già pianificato tutto. Che bella prospettiva! Oh, naturalmente, è quello che hanno lui e la mamma, e sono felici. Mamma ha sempre potuto viaggiare e fare shopping a suo piacimento. In quanto a noi, siamo cresciuti con le babysitter, ma non è questo che voglio per i miei figli e non intendo sposarmi per far piacere a papà o per qualche stupido bonus. È possibile che lui debba sempre cercare di controllare le nostre esistenze? Non so proprio come fai a lavorare al suo fianco tutto il giorno. Questo mi fa amare ancora di più il mio ranch.»

    «Io e papà siamo talmente presi dall’azienda che non abbiamo nemmeno il tempo di vederci.» Noah posò la sua flûte di champagne. «Adesso sarà meglio che ci mescoliamo al resto della compagnia. Troviamoci a pranzo uno di questi giorni, Jeff.»

    «Volentieri, sempre che riesca a staccarti quanto basta dalla Brand Enterprises. Sarò in città per tre o quattro giorni per via di un’asta di bestiame. Facciamo lunedì a mezzogiorno?» propose Jeff mentre Noah annuiva e si allontanava, i suoi pensieri già rivolti a coloro fra i presenti con cui sarebbe stato proficuo parlare d’affari. Eh, no, non si sarebbe sposato tanto presto. Al momento, non c’era nemmeno l’ombra di una donna nella sua vita.

    1

    Lunedì mattina in ufficio, Emilio Cabrera fece un ampio sorriso mentre salutava la nipote, ricevendone un forte abbraccio. Faith Cabrera provò un moto di affetto nei suoi confronti, desiderando di poter fare di più per lui.

    «Buongiorno» gli disse.

    «Ah, cosa ho fatto per meritarmi una nipote così bella?»

    Lei sorrise. «Grazie, nonno. Non sarà che sei un tantino di parte?» Faith si sistemò una ciocca ribelle dei lunghi capelli biondi.

    «Dunque, che novità ci sono nel nostro mondo stamane?» le chiese Emilio.

    Faith agitò un pezzo di carta che aveva ricevuto dalla loro segretaria e addetta alla reception, Angie Nelson. «Per prima cosa abbiamo ricevuto un’altra chiamata da parte della Brand Enterprises. Be’, non intendo rispondere più ad altre telefonate di quella gente.»

    Emilio annuì. «Non riescono proprio a ficcarsi in testa che non cederò mai l’attività di famiglia. Pensano che sia vecchio e che debba passare la mano.»

    «Non è questo il punto, nonno» disse lei, che non sopportava di sentirlo parlare così. «Fanno la posta a questa società fin da quando è stata messa in piedi. Non ho mai saputo se è questo il motivo che ha dato inizio alla faida tra le due famiglie o se la faida era già in atto e non ha fatto altro che spronarli a cercare di rilevarci.»

    «La faida risale talmente addietro nel tempo che nemmeno io sono in grado di rispondere alla tua domanda in modo esauriente. Ciò che so è che mio nonno e mio padre si sono scontrati entrambi con i Brand. Ci sono perfino dei fori di pallottole sul retro di questo stabile che risalgono alla volta in cui i Brand avevano preso a schioppettate la nostra famiglia. Nessuno è finito nella tomba per questo, ma la cosa era parecchio seria. Ci sono stati automezzi finiti fuori strada e tutta una serie di altri sabotaggi. La violenza è cessata con mio padre e nella mia generazione non si è più ripresentata. Adesso tutto si limita a gelosie e risentimenti. Naturalmente, i Cabrera danno la colpa ai Brand. Così come i Brand sostengono che sono arrivati qui per primi e ce l’hanno con i Cabrera. Ma non preoccuparti di questo. Non ho problemi a ribadir loro il mio no.»

    «Intendo assicurarmi che tu non debba più avere a che fare con loro. Gestirò io i Brand. O meglio, li eviterò. Ci hanno già fatto perdere abbastanza tempo.»

    «Quando sono entrato, ho visto che eri china sui libri contabili. Come siamo andati il mese scorso?»

    «Non ho ancora tutte le registrazioni» disse lei, cercando di evitare di sbilanciarsi prima di aver completato le verifiche, anche se era evidente che le vendite avevano subito un’ulteriore flessione.

    «Non hai terminato oppure non vuoi spaventare tuo nonno?» chiese lui con una luce maliziosa negli occhi. Anche se quest’anno avrebbe compiuto settantanove anni, aveva ancora qualche capello nero nella folta chioma sale e pepe che gli copriva il capo. Era un mastro artigiano e una volta ancora Faith rimpianse il fatto che in famiglia non ci fosse nessuno in grado di raccogliere il testimone della sua preziosa arte.

    «Non temere. So che sei abbastanza forte da far fronte alla verità sulla Cabrera, quindi, sì, sono certa che siamo ancora in fase calante.»

    Annuendo, lui si allontanò. «Non so cosa farei senza di te, ma vorrei tanto che non avessi rinunciato al tuo posto alla conduzione di quel grande magazzino.»

    «Ne abbiamo già discusso, nonno» replicò lei con un sorriso.

    Lui lasciò l’ufficio e Faith tirò indietro le spalle.

    Mentre passava la mano sul ripiano della pregiata scrivania in mogano, avvertì distintamente i solchi dovuti ad anni di usura. In un angolo della stanza un’antica sella era montata su un supporto di legno. La sella che il suo trisnonno si era fatto con le proprie mani e che aveva poi usato per anni. Quell’ufficio era parte di suo nonno. Lui era la persona più importante della sua vita e Faith era fermamente intenzionata a proteggerlo dai Brand.

    Si era appena seduta per rimettersi al lavoro quando bussarono alla porta aperta del suo ufficio. Alzando lo sguardo, vide l’alta receptionist dai capelli biondo sabbia. «Entra pure, Angie» le disse, domandandosi a cosa fosse dovuta l’espressione spaventata di Angie.

    «Faith, sono uscita per ritirare la posta e ho visto una limousine parcheggiata qui di fronte da cui è sceso un uomo alto e prestante in doppiopetto.»

    «Una limousine in questa vecchia zona industriale della città? E, cosa ancor più rara, un tizio in giacca e cravatta?»

    «Proprio così» affermò Angie. «Chi può essere?»

    «Mi puzza tanto di Brand» buttò lì Faith, mentre il suo cervello si metteva in azione. «Grazie, Angie. Io sgattaiolo fuori dal retro. Ho delle commissioni da sbrigare. Non mi va di parlare né con l’ennesimo dipendente di quella multinazionale, né tanto meno con Noah Brand in persona» disse, ricordando le due chiamate da parte di un non meglio specificato vicepresidente della Brand Enterprises ricevute la settimana precedente alle quali, per altro, non aveva risposto.

    «Tienimelo a bada mentre io me la batto. Ho con me il cellulare. Puoi dirgli in tutta onestà che non sono qui. Hanno smesso da un pezzo di cercare di parlare con il nonno, quindi non chiederanno di lui.» Afferrati

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