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Cuori in tempesta: Harmony Destiny
Cuori in tempesta: Harmony Destiny
Cuori in tempesta: Harmony Destiny
E-book141 pagine1 ora

Cuori in tempesta: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Carrie Loving sta cercando in tutti i modi di raggiungere la casa affittata per le vacanze natalizie nei pressi del lago Prince John. La notte però è buia e una terribile tempesta di neve la sorprende prima che possa arrivare. Nelle sue condizioni, incinta e febbricitante, pensa che l'unica via d'uscita sia bussare a quel cottage isolato. Le apre la porta Sam Holt che, colto alla sprovvista, le presta immediatamente aiuto accogliendola nella propria casa. Nessuno dei due pare fidarsi dell'altro...
LinguaItaliano
Data di uscita9 dic 2016
ISBN9788858958278
Cuori in tempesta: Harmony Destiny
Autore

Ashley Summers

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Cuori in tempesta - Ashley Summers

    successivo.

    1

    Le spalle curve contro il vento pungente, Carrie Loving avanzava faticosamente nella nera notte di dicembre, solo il fascio della luce della pila a guidarla nel buio. Stava cercando di raggiungere a piedi il cottage che aveva affittato sul lago Prince John, nell'Ohio, perché la sua macchina era finita in un fosso a un quarto di miglio dalla destinazione. Quando era scesa si era ritrovata con gli stivali immersi nell'acqua ghiacciata del fosso e adesso aveva i piedi bagnati e gelati.

    La piccola borsa di tela che portava con sé conteneva soltanto un cambio di biancheria e l'occorrente per la toeletta: niente scarpe asciutte, ricordò mentre cercava di infilare un ciuffo di capelli bagnati sotto il cappuccio del parka.

    Forse lasciare la macchina e avventurarsi nel buio era stata una pazzia, rifletté, ma cos'altro avrebbe potuto fare? L'avevano avvertita che in quel periodo così vicino al Natale i cottage del Blue Heron Fishing Camp erano tutti disabitati, ma la cosa non l'aveva preoccupata; aveva ventotto anni, non era una ragazzina che sobbalza alla minima ombra, e dopo tutte le tempeste emotive che aveva affrontato negli ultimi mesi quel posto assolutamente tranquillo e deserto le era sembrato una specie di paradiso, proprio il rifugio di cui aveva bisogno in quel momento.

    Una folata gelida la investì facendole perdere per un attimo l'equilibrio e facendo ondeggiare il fascio di luce della torcia: si attaccò a un ramo per non cadere. Stava gelando, ma dentro aveva il fuoco. Gli occhi le bruciavano e le lacrimavano. Le era tornata quella dannata influenza e stava vagando nel bel mezzo del nulla, pensò sgomenta.

    «Oddìo!» sussurrò, improvvisamente in preda ai dubbi e alla paura. Era divorziata, sola... e incinta di quasi quattro mesi!

    La folata passò. Lei lasciò il ramo e riprese a camminare, lo sguardo fisso al piccolo spicchio di mondo che la pila le consentiva di vedere. Ignorò la nausea che aveva ripreso a tormentarla. Le famose nausee mattutine in realtà si presentavano quando più piaceva loro...

    Fra pochi mesi sarebbe stata madre. Una ragazza madre. Non poteva negare che l'idea di allevare un bambino da sola la spaventava, ma avrebbe fatto in modo che suo figlio non se ne rendesse conto: un bambino deve potersi fidare ciecamente di sua madre.

    «Non preoccuparti, amore mio» mormorò accarezzandosi il ventre con la mano guantata. «Mi prenderò cura di te con tutta me stessa.»

    Quando un'altra folata di vento la investì, si fermò, aspettò che passasse e ricominciò ad avanzare. Sapeva che quella strada seguiva la riva del lago per girare poi intorno al campo, e dato che era quasi arrivata alla curva, ormai il cottage non doveva essere lontano.

    «Coraggio piccolo, siamo quasi arrivati» sussurrò al suo bambino.

    Poco dopo vide il primo cottage e si fermò sorpresa a scrutare oltre gli alberi.

    Attraverso la neve turbinante si scorgevano delle luci. Un sospiro di sollievo le sorse spontaneo. C'era qualcun altro oltre lei!

    Aveva freddo, era esausta e aveva bisogno di un contatto umano. Anche se il suo cottage si trovava più avanti, si diresse a passo svelto verso quello illuminato.

    Sam Holt mise un altro ciocco di legna sul fuoco, provocando un turbine di scintille che risalì lungo il camino per perdersi nella notte. Quando le lingue di fuoco avvolsero il fragrante tronco di legno di melo, rimise a posto il parafuoco e appoggiò un braccio alla mensola del camino.

    Alto, con un pigiama di seta blu che gli cadeva alla perfezione sui muscoli sodi, era decisamente un bell'uomo anche se la smorfia sul viso rovinava in parte la sua immagine. Prese a tamburellare nervosamente sulla mensola con la punta delle dita fissando le fiamme con espressione torva. Avrebbe voluto... Al diavolo, non sapeva cosa avrebbe voluto. Era affamato, ma non di cibo. E di cos'altro, allora? Non certo della compagnia di una donna, per la quale gli sarebbe bastata una telefonata. La sua cassetta della posta e la segreteria telefonica erano piene di inviti di donne. La solita follia delle feste... decretò cinicamente.

    Sorrise quando dalla televisione una voce concitata lo avvertì che restavano solo sei giorni per comprare i regali natalizi. Forse la ragione del suo malessere stava proprio nel fatto che tra poco sarebbe stato Natale, rifletté; quella ricorrenza un tempo magica che ormai era diventata solo una scusa per spendere dei soldi e dare degli stupidi party. Sentirsi così demotivato nei confronti di qualcosa che un tempo lo aveva divertito, come comprare un regalo speciale per qualcuno che riteneva speciale, lo irritò molto.

    Anche andare ai ricevimenti un tempo gli era piaciuto, ma adesso bere, flirtare, dedicarsi alle solite chiacchiere e alle risate alcoliche non gli interessava più.

    E non gli interessavano più nemmeno le donne sofisticate che frequentavano quelle feste, con le loro voci controllate e i loro sguardi eloquenti. Compresa la sua ex moglie, una caparbia bellezza dell'alta società in grado di mentire così bene che sarebbe riuscita a ingannare anche gli angeli del cielo.

    Di certo aveva ingannato lui, con i suoi modi dolci e falsamente innocenti, anche se non gli ci era voluto molto per capire quanto fosse vana, falsa e inaffidabile.

    Tutto questo suonava amaro, ma lui non era amareggiato. Semmai, era ferito e disilluso. E terribilmente diffidente.

    Comunque, se c'era un uomo che aveva il diritto di essere amareggiato, era lui. Quello che Elysse gli aveva fatto era imperdonabile. Se non fosse stato per il suo narcisistico egoismo, invece di quel cocente rimpianto nel cuore adesso lui avrebbe avuto un figlio...

    Era incredibile quanto quel ricordo potesse fargli ancora così male, ma aveva sempre desiderato un figlio. Anche una figlia sarebbe stata una gioia, rifletté, poi il sorriso che gli aveva addolcito per un attimo l'espressione sparì per lasciare il posto a una rabbia sorda.

    Elysse aveva abortito prima ancora che lui sapesse di avere generato il figlio che lei portava in grembo.

    Non avrebbe mai dimenticato quel tradimento.

    Se non altro, quell'esperienza lo aveva temprato, si disse. Aveva cancellato anche l'ultima sfumatura di sentimento che provava per sua moglie.

    Sospirò. La grande stanza con le pareti di tronchi e il soffitto alto sembrava stringerglisi addosso, sotto la forza del vento.

    Stai diventando paranoico, Holt, si disse mentre accendeva una lampada a stelo. Forse, dato che non aveva sonno, avrebbe fatto bene a lavorare un po'.

    Quando sentì bussare alla porta si stupì. Chi diavolo poteva essere in una notte come quella?

    Il rumore si ripeté: il bussare leggero di una mano guantata.

    Holt andò alla finestra per dare un'occhiata allo spiazzo davanti alla casa, dove la neve turbinava incessantemente da ore, ma non vide nessuna macchina. Possibile che qualcuno si fosse avventurato fin lì a piedi?

    Spinto dalla curiosità andò alla porta e l'aprì senza però togliere la catena di sicurezza.

    L'uscio si spalancò così bruscamente che Carrie sussultò. Un uomo alto si stagliò nella fessura tra la porta e lo stipite, contro la luce proveniente dall'interno, e la fissò con gli occhi azzurri seminascosti da ciuffi di capelli scuri. La studiò attonito per un paio di secondi.

    «Che diavolo!» esclamò poi.

    «La prego, ho bisogno di aiuto.» Carrie ebbe un capogiro e si appoggiò con una mano allo stipite. «La mia macchina è finita in un fosso e...» Barcollò.

    «Mio Dio!» Sam tolse la catena, aprì del tutto la porta e le afferrò il braccio. Una folata di vento si insinuò all'interno, lui richiuse la porta con un calcio e sostenne la donna afferrandole entrambe le braccia.

    «Si sente male?» le chiese.

    Lei percepì un vago odore di sandalo. Con uno sforzo riguadagnò l'equilibrio e si sottrasse alla sua presa. Il cuore le batteva all'impazzata.

    Respira profondamente, Carrie, si disse. Ancora, da brava...

    «È... È passato» mormorò all'uomo. «Sono solo stanca e infreddolita. La mia automobile è finita in un fosso a un quarto di miglio da qui e ho proseguito a piedi.»

    «Lasci che l'aiuti a togliersi il giaccone e a scaldarsi. Sembra congelata.» Sam scrutò il viso della sconosciuta seminascosto dal cappuccio e le chiese: «È sicura di sentirsi bene?».

    «Sì, grazie. Ho bisogno soltanto di riposare un po' e poi starò benissimo.» Carrie cercò di parlare con voce ferma, ma di nuovo la testa aveva preso a girarle. Non devi svenire, si disse, sforzandosi di sorridere all'uomo. «Il giaccone preferisco tenerlo» dichiarò. «Se potesse darmi un passaggio fino al mio cottage gliene sarei molto grata. È il numero undici, quello del signor McKinney.»

    «Sì, certo.» Confuso e stupito da quell'apparizione improvvisa, Sam si passò una mano nei capelli. «Mi dia il tempo di vestirmi.»

    Nonostante la stanchezza Carrie sorrise, guardando il suo pigiama e i suoi piedi nudi. «Naturalmente. L'aspetto.»

    «Si tolga quel parka bagnato, nel frattempo» le ripeté lui.

    Carrie se lo tolse e lo lasciò cadere per terra, ma nessuno dei due se ne curò. Lei era troppo occupata a reggersi in piedi, lui era rimasto ipnotizzato dai suoi capelli rossi, ondulati e folti, che sembravano una fiammata intorno al viso arrossato dal freddo.

    «Cosa ci faceva là fuori in una notte come questa?» non poté fare a meno di chiederle.

    «Stavo cercando di raggiungere il mio cottage» rispose lei, poi ebbe un capogiro fortissimo, le gambe le cedettero e si aggrappò al suo braccio per non cadere.

    Sentì che lui esclamava qualcosa, ma non fu in grado di ribattere. Il bel viso dello sconosciuto fu l'ultima cosa che vide prima di sprofondare in un tunnel nero che la catturò inesorabilmente.

    Benché colto di sorpresa, Sam riuscì ad afferrarla prima che finisse sul pavimento. Ringraziando i suoi riflessi pronti, la portò sul divano e la fece sdraiare. Aveva gli stivali e le gambe dei pantaloni fradici, si accorse. «Ha per caso guadato un torrente?» le chiese. «Signorina?» la chiamò. «Signorina?» ripeté toccandole delicatamente una spalla.

    Lei non aprì gli occhi e non si mosse.

    Col cuore che gli batteva forte, lui le premette un dito sul collo e sentì pulsare la vena. Grazie al cielo era solo svenuta. Poi notò che aveva le guance molto arrossate e si chiese se per

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