E se fosse vero amore?: Harmony Collezione
Di Kate Walker
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Kate Walker
Autrice inglese originaria della regione di Nottingham, ha anche diretto una libreria per bambini.
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Anteprima del libro
E se fosse vero amore? - Kate Walker
successivo.
1
«Tu vuoi cosa?»
La sua espressione diceva tutto, rifletté Sienna mestamente. Poteva anche fare a meno di aggiungere una sola parola. Shock, incredulità e repulsione erano stampati sui lineamenti marcati di Keir Alexander.
«Vuoi che cosa?» ripeté con voce tesa, gli espressivi occhi castano scuro puntati come fari su quelli azzurri di lei.
«Voglio che mi sposi.»
Suonò anche peggio, la seconda volta. Più crudo, più incredibile, più impossibile. Non riusciva ancora a credere che avesse avuto il coraggio di chiederglielo. Dove avesse trovato la faccia tosta di ripetergli la proposta era un mistero.
D'altra parte non aveva alternativa. Aveva provato ogni altro approccio, considerato ogni possibile risposta, ma nessuna avrebbe funzionato. Doveva essere Keir o nessun altro. Lui era l'ultima possibilità. E se non accettava, aveva perso. Era finita.
«Neanche per sogno, cara mia!» Adamantino e inflessibile. «Neanche per sogno!»
«Ma...»
«Ho detto no!»
«Keir, ascolta...»
Ma stava parlando alla sua schiena, e un momento dopo la porta sbatté con fragore. Keir se n'era andato. Aveva rifiutato. Lei e la sua proposta, senza nemmeno un attimo di esitazione. Con un grosso sospiro, si lasciò cadere sulla sedia vicina e chiuse gli occhi.
E adesso? Che poteva fare? Niente. Ci sarebbe voluta una fatina con la bacchetta magica. Tuttavia, quando riaprì gli occhi, niente era cambiato. Il futuro si stendeva davanti cupo, vuoto, senza la minima luce in fondo al tunnel.
Era stato un anno pessimo. Ed era appena luglio. Prima Dean, poi la chiusura del salone di bellezza dove lavorava come aromaterapeuta. Era seguita la scoperta che la madre, da qualche tempo cagionevole di salute, soffriva di sclerosi multipla. E, per completare il quadro, il proprietario dell'appartamento che abitavano le aveva informate che voleva vendere l'intero stabile. I nuovi proprietari intendevano aprirvi degli uffici, e di conseguenza loro dovevano traslocare.
Non era giusto! Sienna batté un pugno contro il palmo dell'altra mano in un gesto carico di frustrazione e sconforto. Sua madre aveva bisogno di una casa. Un posto dove vivere in sicurezza e circondata da comodità. E il posto perfetto esisteva. Solo che, per ottenerlo, doveva rispettare delle condizioni. Con il rifiuto di Keir, però, ogni speranza era svanita nel nulla.
Non sapeva quanto tempo fosse rimasta seduta lì, persa nella propria infelicità. Non aveva idea del tempo che era passato finché non sentì suonare il campanello. All'inizio fu tentata d'ignorarlo, ma ben presto si costrinse ad alzarsi in piedi, poiché lo sconosciuto visitatore sembrava aver incollato il dito all'interruttore.
«Che diavo...!» L'esclamazione le morì sulle labbra. In piedi sulla soglia c'era Keir Alexander, la testa bionda tenuta alta, la mascella stretta, ogni muscolo del corpo atletico pronto a scattare.
«E va bene» esordì con voce tagliente. «Incomincia a parlare. Convincimi.»
Lei non se lo fece ripetere due volte. Non riusciva a credere alla propria fortuna e ce la mise tutta per non lasciarsela scappare di mano un'altra volta.
«Riconosco che non è il matrimonio che avremmo voluto. Nei nostri sogni, intendo. Ma è l'unico modo che ho a disposizione per uscire da un vicolo cieco. Se tu non mi aiuti, non so a che santo rivolgermi.»
Non osò guardarlo mentre lo precedeva verso il salotto, consapevole che erano passati appena due mesi, più o meno, da quando si erano conosciuti.
«Sai che mia madre è gravemente malata. E non potrà che peggiorare, con il passar del tempo. Devo trovare un posto dove andare a vivere e dove potermi prendere cura di lei.»
«Se ho ben capito, intendi mettere le mani sulla casa di tuo padre» stabilì Keir, secco.
«Sì.»
La voce le uscì bassa e tremula al ricordo di come si era sentita quando era venuto l'avvocato a portarle la notizia. Era rimasta sconvolta nello scoprire che il padre, l'uomo che aveva abbandonato sua madre prim'ancora che lei nascesse, avesse avuto un attacco tardivo di coscienza e l'avesse riconosciuta come figlia. Dato che la moglie era morta qualche anno prima e che non avevano figli, l'aveva nominata erede universale del suo patrimonio. Ma... c'era un ma.
«Se mio... se Andrew Nash non mi avesse lasciato tutti quei soldi, non saprei che fare. E se non avesse messo quella condizione, non ti avrei coinvolto in questa storia.»
Si decise finalmente ad alzare lo sguardo, ma solo per constatare che le lunghe ciglia ombreggiavano gli occhi scuri, nascondendo i suoi pensieri. Keir aveva le mani ficcate in tasca, le spalle rigide, l'atteggiamento chiaramente ostile.
«La condizione è che tu devi essere sposata, presumo.»
«Esatto. Nella lettera lui dice che ha passato tutta la vita a rammaricarsi delle sue scelte. Che ha capito che l'amore che io e la mamma potevamo dargli era molto più importante della ricchezza che ha avuto dalla moglie. Per questo ha messo la clausola alla mia eredità: per entrare in possesso del patrimonio è necessario che io sia sposata. Felicemente sposata.»
«Felicemente sposata» le fece eco Keir con cinismo. «E chi dovrebbe ergersi a giudice?»
«Mio...» Trovava difficoltà a pronunciare la parola zio dopo aver creduto per venticinque anni di non avere una famiglia. «Suo fratello, Francis Nash, avrà l'ultima parola. Però non mi conosce. Non mi ha mai vista. Non dovrebbe essere difficile convincerlo che... che...»
«Che tu e io siamo pazzamente innamorati e ansiosi di sposarci?» terminò lui, gelido.
«Sì.» Il suo fu un mero bisbiglio e, ancora una volta, sfuggì allo sguardo penetrante che sembrava esaminarla al microscopio. «Io... ecco... ti andrebbe di bere qualcosa?»
«Credo sia meglio tenere la testa sgombra.»
Il che significava che ci stava pensando? Non osava sperarci.
«Insomma, vuoi che faccia la parte dello sposo devoto?»
A sentirlo, sembrava una cosa repellente.
«Mentire. Sai che le bugie hanno la brutta abitudine di portarne altre? E prima che tu abbia anche il tempo di pensarci, ti ci trovi talmente invischiata che non puoi più liberarti e vieni trascinata a fondo.»
«Ma noi non dobbiamo mentire! Non proprio, almeno. La gente ormai ci vede come una coppia. Sono un paio di mesi che usciamo insieme. Non sarebbe poi così diverso da quello che abbiamo ora!» dichiarò con enfasi. «Quasi tutte le sere sei qui. E se ti avessi chiesto di trasferirti da me?»
«Dai troppo per scontato, amica.»
«È solo una supposizione!» Con la forza della disperazione, Sienna cercò di riguadagnare il terreno perduto. «Sappiamo tutti e due che la nostra relazione non è del genere due cuori e una capanna. Che forse non ci arriveremo mai. Ma lo sappiamo solo noi due. Dopotutto, stiamo bene insieme, no?»
Il viso di Keir sembrava di pietra.
«Se dopo un anno dovessimo decidere che non funziona, allora niente e nessuno c'impedirà di divorziare. Ognuno per la propria strada. Senza liti, né rammarichi, né recriminazioni, né complicazioni.»
«Secondo me, un accordo di questo tipo è già carico di complicazioni» le fece notare con puntiglio. «Non si può fare. Un certificato di matrimonio complica le cose di per sé, cara mia.»
«È solo una soluzione temporanea, cerca di capire! Non significherà niente per nessuno di noi. Non devi preoccuparti di finire in trappola! Sarà questione di dodici mesi, poi... ognuno per la propria strada.»
«La fai così semplice...»
«Perché è semplice! Non potrebbe essere diversamente. Dopotutto, tu non sei pazzo d'amore per me e io non lo sono per te.»
Tacque mentre lui la zittiva con una mano, girandosi infine verso la finestra. Rimase a fissare il traffico, la mente concentrata.
«Potrebbe funzionare» mormorò lentamente.
Da una parte, Sienna non voleva illudersi. Dall'altra, aveva quasi paura che accettasse. Era talmente assorbita dai propri pensieri tormentati che, quando Keir si voltò di scatto, sobbalzò come una gatta spaventata.
«Esattamente, cosa ne ricaverei io? Perché presumo che tu abbia intenzione di offrirmi un premio per la mia cooperazione e per la perdita della mia libertà.»
«È naturale.»
Lei deglutì a fatica. Se lo aspettava. Ma non pensava che ci arrivasse così presto.
Quanto sei stupida! E cosa pensavi, che ti dicesse subito sì senza volere niente in cambio?
Certo che no. Però non era preparata al modo in cui gliel'aveva chiesto. Distante. Controllato.
«Allora?» insistette lui con una punta d'irritazione.
«Be'... ti ricordi quando mi hai parlato delle quote di proprietà della Alexander's, l'azienda di tuo padre?»
Si era meravigliata parecchio che si fosse aperto così con lei. Keir era un uomo molto riservato, che affrontava argomenti di ordine generale. Mai personali.
Tuttavia, qualche sera prima, le aveva rivelato che la compagnia di trasporti di cui era comproprietario e direttore stava attraversando un periodo critico a causa di alcuni problemi. Problemi creati dall'altro socio, la seconda moglie di suo padre.
L'Alexander's era una piccola impresa familiare quando Keir, appena uscito dall'università, aveva preso in mano le redini e l'aveva trasformata in una grossa azienda a livello internazionale.
«Sei riuscito a raccogliere la somma necessaria per rilevare la quota della tua matrigna?»
L'espressione dei suoi occhi castani fu più che eloquente. Cupa e tempestosa.
«L'avevo raccolta, ma quella strega ha alzato ancora il prezzo. E se riesce a spuntarla con un altro acquirente, addio!»
«T'importa così tanto?»
Sienna si meritò un'occhiata carica d'impazienza per tanta stupidità. «L'Alexander's è mia! Non sopporto l'idea che venga fagocitata da un'altra compagnia. Ho promesso a mio padre che una cosa del genere non sarebbe mai accaduta e man terrò la promessa a costo di morire!»
«E se la tua matrigna continuasse ad alzare il prezzo?»
«Sa benissimo quanti soldi vi ho investito per migliorarla e modernizzarla. E sa anche che è solo questione di tempo, ma che ne verrò ben ripagato!»
«Quanto tempo?»
«Un anno, più o meno.»
Sienna colse con esattezza il momento in cui lui comprese dove voleva arrivare.
«È questo che mi stai offrendo.»
Fu una constatazione, non una domanda. Keir, intento e concentrato, pareva impegnato a valutare i pro e i contro della proposta.
«L'eredità mi renderà molto ricca. Avrò tutti i mezzi per regalare a mia madre un'esistenza confortevole e agiata. E anche per aiutarti.» Oh, non dire no, ti prego!
Stava per farlo, le bastò