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Un infermiera per lo sceicco: Harmony Bianca
Un infermiera per lo sceicco: Harmony Bianca
Un infermiera per lo sceicco: Harmony Bianca
E-book187 pagine1 ora

Un infermiera per lo sceicco: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

I dottori delle dune 1/2
Due dottori del deserto abituati a comandare. Due donne disposte a combattere per la propria libertà.

Quella doveva essere una giornata come tante per l'infermiera Lauren Macpherson. Almeno fino a quando, convocata d'urgenza nell'ufficio del suo capo, non si è trovata a faccia a faccia con lo sceicco Malik Madani, lo zio del bambino che lei ha adottato e che ama con tutta se stessa.

Malik non pensava che alla fine sarebbe riuscito a trovare suo nipote, l'ultimo legame rimasto con il fratello scomparso. E non credeva nemmeno che avrebbe provato un'immediata attrazione per l'infermiera Macpherosn, la donna che potrebbe impedirgli di realizzare il sogno di riportare Nimr a casa con lui. Lauren non sembra impressionata dalla sua ricchezza, né tantomeno disposta a cedergli il bambino. Ma lui è in grado di farle cambiare idea. Con una semplice proposta.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mag 2020
ISBN9788830514324
Un infermiera per lo sceicco: Harmony Bianca
Autore

Meredith Webber

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Un infermiera per lo sceicco - Meredith Webber

    successivo.

    1

    Lauren immaginava che dovesse esistere un direttore generale – qualcuno il cui compito fosse quello di occuparsi delle finanze e della logistica dell'ospedale – ma nei quasi due anni in cui aveva lavorato lì non aveva mai sentito parlare del signor Marshall. L'aveva convocata nel suo ufficio alla fine del turno.

    C'era forse qualcosa che non andava nel suo fondo previdenziale? No, era sicura che gli amministratori delegati avessero cose ben più importanti a cui pensare.

    Allora, che cosa poteva volere da lei?

    Una serie di domande senza risposta l'aiutarono a tenere a bada la preoccupazione mentre l'ascensore saliva nell'atmosfera rarefatta del sesto piano. Ma appena iniziò a percorrere il corridoio verso la stanza 279, sentì il panico montare di nuovo...

    Un'elegante segretaria – o forse un'assistente personale – la squadrò dalla testa ai piedi e sollevò un sopracciglio di fronte ai suoi abiti sgualciti, da fine turno, che con buone probabilità erano anche macchiati di sangue, poi l'accompagnò oltre la soglia del sancta sanctorum.

    «L'infermiera Macpherson» annunciò la donna, e Lauren fece un passo in avanti, chiedendosi quale dei due uomini presenti nella stanza fosse il signor Marshall. Di certo non quello nell'abito di seta grigio che gli cadeva a pennello lungo il corpo. Il vestito era così preciso da farlo sembrare un modello nell'atelier di un sarto.

    Un modello molto affascinante, a dirla tutta, pensò guardandolo in controluce. L'abito era di sicuro fatto su misura, dal momento che le spalle dell'uomo erano di gran lunga più larghe del comune. Ma lui rimase alla finestra, osservandola da sotto quelle sue ciglia spesse.

    Aveva gli occhi di un falco...

    Socchiusi.

    Come... se la stessero scansionando.

    Provò un brivido di apprensione e anche una strana sensazione a cui non seppe dare il nome e alla quale avrebbe fatto bene a non pensare...

    «Sono Ted Marshall» disse l'altro uomo, interrompendo le sue fantasie e avvicinandosi a lei. Le porse la mano con fare disponibile. «Prego, si accomodi. Lo sceicco Madani desidera parlarle, e dal momento che ha fatto tanta strada per visitare il nostro reparto pediatrico, il minimo che posso fare per lui è essere ospitale.»

    Merda!

    Ma non poteva essere... Non era possibile.

    Invece sì. Per forza. Mentre l'inevitabile la colpiva come un'ondata di burrasca, Lauren cercò di convincersi che non doveva avere paura.

    Be', non troppa...

    Cercando in tutti i modi di compiacere lo Sconosciuto in Abito di Seta, Ted Marshall le fece un altro cenno per invitarla ad accomodarsi, ma Lauren non si sedette. L'istinto le suggeriva che sarebbe stata più al sicuro in piedi.

    «Sceicco Madani, questa è l'infermiera Macpherson. Ora io vado, così potrete parlare in tutta tranquillità.»

    La stava lasciando lì con Madani?

    No!

    Conosceva quel nome fin troppo bene. E lo odiava con altrettanta passione. Non era stato forse un Madani ad aver rapito sua sorella?

    «Ma non può farlo» protestò lei mentre il signor Marshall si avviava verso la porta. «Non può farmi salire e chiudermi in una stanza con un perfetto sconosciuto solo perché lui ha decantato le lodi del suo ospedale! È da irresponsabili, oltre che poco etico. E forse anche illegale!»

    Si sentiva le guance in fiamme e probabilmente aveva anche i capelli dritti sul capo; per non parlare della paura: la sua sfuriata era frutto del terrore che si sentiva addosso in quel momento. Un terrore che provava non per se stessa, ma per Nim.

    Il damerino sollevò gli occhi nella sua direzione. E il sorrisetto che gli comparve sulle labbra le fece venire voglia di ucciderlo.

    O di convincere Joe a farlo.

    «Non deve più avere paura di me» le disse l'uomo con un sorriso amichevole quanto quello di uno squalo.

    «Be', vede...» disse Ted Marshall aprendo la porta. «Lo sceicco era qui per affari, poi ha detto di volerla incontrare. Pare ci siano questioni di famiglia delle quali desidera discutere con lei, e sono certo che non si pentirà di ascoltarlo.»

    E dopo quelle parole, sparì fuori dalla porta.

    Lauren rimase dov'era, paralizzata dalla consapevolezza che quell'uomo avrebbe anche potuto avere qualcosa a che fare con l'omicidio di sua sorella e dei suoi genitori.

    Se non lui, di certo qualcuno dei suoi parenti...

    Ma non aveva intenzione di mostrargli il panico che le attanagliava il cuore e le stringeva lo stomaco.

    Fece un profondo respiro, fingendosi a proprio agio.

    «Questioni di famiglia?»

    Tranquilla e gentile.

    «Penso che lei sappia di cosa si tratta.»

    La sua voce profonda e stucchevole le raspò la pelle, provocandole dei brividi lungo la schiena. Anche Lily era rimasta imbrogliata da una voce roca e abiti di seta, da gioielli e denaro, da aerei privati e vacanze da sogno.

    Povera Lily, così bella, giovane e piena di vita...

    E guarda com'era andata a finire.

    «Eh?» Lauren si riscosse a fatica dai ricordi del passato, cercando di ignorare il proprio affanno mentre lui le si avvicinava.

    «Il bambino! Lei ha il bambino!»

    Non era una domanda, e Lauren si chiese subito quanto sapesse quell'uomo di lei.

    Certamente non dove vivesse, o si sarebbe presentato a casa sua, cercando probabilmente di rapire Nim. Ma per farlo avrebbe dovuto passare sul corpo di Joe.

    «Che bambino?» chiese lei, irrigidendosi.

    Lui ignorò le sue parole, perforandola con i suoi occhi di ossidiana.

    «Deve tornare a casa» asserì con voce ora glaciale. «Deve conoscere il paese del quale un giorno diverrà re.»

    «E lei chi è di preciso per avanzare simili pretese?»

    L'uomo si raddrizzò, raggiungendo un'altezza impressionante, come a raccogliere tutto il potere possibile disperso nell'etere.

    «Sono Abdul-Malik Madani, ma tutti mi chiamano Malik. Significa Protettore del Re.»

    Rifiutando di lasciarsi intimidire, Lauren tese le spalle, e anche se il suo metro e sessantasette non era granché come altezza, fece il possibile per apparire sicura di sé. Sollevò il mento e lo guardò negli occhi.

    «Be', se il padre di Nim era il precedente erede al trono, allora lei non ha fatto un buon lavoro...»

    Lauren notò la sua reazione – un impercettibile sospiro – e poi la vide riflessa nell'espressione severa del suo sguardo e nel modo in cui lui abbassò velocemente la testa per nascondere le proprie emozioni.

    Vide il suo petto espandersi mentre inspirava profondamente, e quando alla fine lui riprese a parlare, con la voce tesa dal dolore, intuì quanto dovesse aver sofferto.

    «Ha ragione» dichiarò. «Non sono riuscito a salvare mio fratello, ma adesso è suo figlio che devo proteggere... E lo proteggerò a qualunque costo, fosse anche con la mia stessa vita.»

    Un po' melodrammatico come approccio, ma del resto tutti i suoi brevi contatti con i membri della famiglia Madani lo erano stati.

    Chiuse gli occhi ricordando il passato, e subito rabbrividì, consapevole della presenza magnetica di quell'uomo, e cercò di focalizzarsi su quello che le stava dicendo.

    O era un bravissimo attore, oppure era sincero. Ma lei non era certa di volerlo scoprire.

    Andò verso la porta.

    Lo sentì muoversi rapidamente nella stanza, e in due falcate la raggiunse e le si mise di fronte, a pochi centimetri, troneggiando su di lei con quella sua imponente presenza che la faceva sentire più nauseata che impaurita.

    Con sua sorpresa, però, uno sciame di farfalle irrequiete le invase lo stomaco, irradiando il suo turbamento attraverso i nervi. Da vicino lui aveva un bel viso. Non era il classico tipo belloccio, ma i suoi lineamenti erano piuttosto marcati, con gli occhi profondi separati da un naso dritto, zigomi alti e labbra abbastanza carnose da essere sensuali senza apparire esagerate. Non era in carne ma quasi, ed era serio...

    «Il suo nome è Nimr!»

    Quelle parole la colpirono come uno schiaffo.

    E pensare che aveva creduto di poter avere la meglio, pochi istanti prima.

    «Ma noi lo chiamiamo Nim» ribatté lei. «È più facile, senza dover impazzire per arrotare quella r alla fine. Ma sì, è Nimr, sui documenti.»

    «Vede che sa di chi parlo!»

    Quelle parole cariche di sarcasmo la trafissero come una lama gelata. Sentirlo pronunciare il nome di Nim le dava i brividi. Lei non aveva alcuna prova che fosse sincero quando diceva di essere pronto a dare la vita per il bene del bambino.

    Da quel che ne sapeva, avrebbe anche potuto esserci lui dietro la morte del fratello.

    Appena quel pensiero gli apparve nella mente, si rese conto che non avrebbe dovuto pensarlo, o avrebbe rischiato di lasciarsi sopraffare dai ricordi, e non era conveniente in quel momento, quando avrebbe dovuto essere forte.

    E comunque l'ipotesi che Nim un giorno avrebbe accettato di diventare re di quel dannato paese, era qualcosa di cui si sarebbe discusso in futuro e di certo non sarebbe spettato solo a Nim decidere.

    «Nim è stato lasciato in mia custodia ed è lì che rimarrà» disse Lauren, senza citare il terribile presagio di morte che Lily aveva avuto sulle persone – anche membri della famiglia di Tariq – intenzionate a uccidere lei e suo figlio. Ma quando sua sorella aveva avanzato quel presentimento, lei le aveva dato dell'isterica, convinta che Lily stesse esagerando, e aveva dato la colpa agli ormoni della gravidanza.

    Poi, però, c'era stato l'incidente, e quando Nim era stato portato...

    Non pensarci proprio ora, disse a se stessa.

    «E adesso dovrei andare» gli disse, facendo un passo di lato, sperando di arrivare alla porta prima di lui.

    Ma era senza speranza.

    Provò a lanciargli un'occhiataccia, ma non ebbe alcuna efficacia.

    «Forse dovremmo ricominciare da capo, e parlarne in un contesto un po' più familiare» ribatté l'uomo. «Come ha detto il signor Marshall, avevo alcuni affari da sbrigare in ospedale, e ho pensato che per lei fosse più semplice incontrarmi in un luogo neutro. Ma se ci sono altri posti in cui...»

    La sfiorò con una mano mentre le parlava. Fu un tocco leggero, sulla spalla, ma le innescò una vampata di calore che le attraversò il corpo.

    Era così che si era sentita anche Lily quando aveva incontrato Tariq per la prima volta?

    «Non abbiamo niente di cui discutere» gli disse, sforzandosi di mantenere la voce ferma. «Nim è mio figlio, è stato regolarmente adottato. E non va da nessuna parte!»

    «Certo, con luci di sicurezza intorno a tutta la casa e un sistema di allarme collegato con la più vicina stazione di polizia... E con una guardia del corpo che lo segue ovunque, dove vuole che vada?»

    Lauren provò un'ondata di panico.

    Sapeva davvero dove vivevano! E come! L'unica cosa di cui non era al corrente era la sua paura costante...

    Ma non avrebbe permesso in alcun modo a quel tizio di avvicinarsi a suo figlio.

    «Non è una guardia del corpo, è semplicemente un babysitter» sbottò lei. «La maggior parte delle mamme lavoratrici ne ha uno!»

    «Di un metro e ottanta? Formato nelle Forze Aeree Speciali? Non mi risulta che la maggior parte delle mamme australiane abbia una tata del genere.»

    Lei fece un passo indietro, consapevole di offrirgli il campo libero con quella mossa. Ma d'altronde non poteva avere la meglio su di lui se le stava così attaccato. Qualcosa in quell'uomo la turbava nel profondo, ed era abbastanza sicura che non si trattasse di paura...

    Fece un altro profondo respiro.

    «Ho perso tutta la mia famiglia in quell'incidente... Tutti tranne Nim... e nessuno è stato in grado di dirmi come o perché sia accaduto, o chi fosse il vero obiettivo: se mia sorella e i miei genitori, oppure suo fratello Tariq.»

    «Ci sono dei dubbi su questo?» domandò lui, con voce tagliente.

    Lei chiuse gli occhi per cercare di recuperare un minimo di controllo, poi proseguì. «Mio padre aveva molti interessi a ovest: miniere, proprietà agrarie e altro. La polizia credeva che...»

    Non poteva permettersi di ripercorrere l'orrore di quei giorni, quando era stata completamente sopraffatta dal dolore e la polizia non smetteva di farle domande...

    «Mi dica.»

    La sua voce era gentile adesso. Non la stava pregando, ma il suo tono era carico di emozione e lei capì che aveva davvero bisogno di conoscere la verità.

    «È stato solo quando hanno rapito Nim che l'attenzione di tutti è passata a suo fratello.»

    «Hanno rapito il bambino?»

    Adesso gli occhi di lui brillavano di rabbia, ma i ricordi stavano rischiando di schiacciarla e doveva raccontare subito quella storia prima di crollare in preda al terrore.

    «Un poliziotto amico di famiglia stava con me. I detective venivano la mattina a interrogarmi, e la cosa disturbava molto Nim. Così lo portai fuori a fare una giro con il passeggino. All'improvviso qualcuno mi colpì alla testa e scappò con il bambino.»

    Cercò di arginare le sensazioni di dolore e paura che riemersero nel rievocare quel momento. Aveva temuto di perdere il figlio di Lil – il bambino che aveva promesso di proteggere sempre – oltre ai suoi genitori e alla sorella.

    Lui doveva averle letto nel pensiero, perché l'accompagnò di nuovo nella stanza invitandola a sedersi.

    «Si metta comoda, faccia un bel respiro. Come hanno trovato il bambino?»

    Le fece quella domanda con voce calma.

    «In aeroporto, tutto vestito di rosa, con un passaporto falso a nome di Lucy-qualchecosa e insieme a due adulti. È stata solo fortuna. Altri venti minuti e sarebbero partiti.»

    «E la coppia?»

    Lauren guardò negli occhi l'uomo impaziente che aveva di fronte.

    «Hanno confessato di essere stati pagati per rapirlo e portarlo negli Stati Uniti, dove sarebbe stato venduto all'interno di

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