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Sotto custodia (eLit): eLit
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E-book222 pagine3 ore

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Info su questo ebook

Colby Agency 2


Tre anni prima, l'agente dell'FBI Nicole Reed ha tradito l'investigatore della Colby Agency Ian Michaels, allora suo compagno nella vita e nel lavoro, per rispettare degli ordini. Lui la crede responsabile della morte di un testimone sotto custodia. La verità però è un'altra e, ora che un killer vuole mettere a tacere la bella Nicole e il suo segreto per sempre, Ian decide di aiutarla, dandole un'altra possibilità. Molti sono i dubbi e nulle le certezze, ma lui non può permettersi di "perdere" una seconda volta Nicole.
LinguaItaliano
Data di uscita29 giu 2018
ISBN9788858988619
Sotto custodia (eLit): eLit

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    Anteprima del libro

    Sotto custodia (eLit) - Debra Webb

    Titoli originali delle edizioni in lingua inglese:

    Protective Custody

    Harlequin Intrigue

    © 2001 Debra Webb

    Traduzioni di Elisabetta Elefante

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-861-9

    Prologo

    «Devo potermi fidare ciecamente.» Nicole Reed fissava Victoria con un’espressione solenne. «La mia vita e quella del suo uomo dipenderanno dalla fiducia che riporrò in lui. Conosco Michaels. E so che con lui dormirò sonni tranquilli.»

    Victoria Colby soppesò per qualche istante quell’ultima osservazione, prima di parlare. Non aveva dubbi: Ian era la persona più adatta per quell’incarico. Oltre a essere uno dei suoi agenti più esperti, era un uomo tutto d’un pezzo. Da quando Nick Foster si era ritirato a vita privata, era subentrato al suo posto. La Colby Agency assumeva soltanto i migliori investigatori sulla piazza, e nei suoi tre anni di servizio Ian aveva dimostrato di non essere secondo a nessuno.

    «Capisco che lei abbia bisogno di rivolgersi a un’agenzia privata, signorina Reed. È chiaro che non può fidarsi di nessuno dei suoi colleghi.»

    «Non posso fidarmi di nessuno che sia in qualche modo collegato al Bureau o al Programma Protezione Testimoni» sospirò Nicole. «Hanno già tentato di uccidermi due volte. Il mio diretto superiore è morto, e pochi giorni dopo la stessa sorte è toccata a un collega con cui avevo lavorato in squadra, tempo fa. Finché non riuscirò a trovare il bandolo di questa intricata matassa, voglio che a guardarmi le spalle sia una persona della massima fiducia. La sua è un’agenzia che gode di una reputazione impeccabile, signora Colby. E Ian ora lavora per lei.»

    Victoria si rilassò sulla sua poltrona di pelle mentre studiava la cliente seduta dall’altra parte della scrivania. Era una donna di una bellezza innegabile. E sembrava uscita dalle pagine patinate di Vogue. La giacca di nappa nera abbinata al pantalone gessato di taglio maschile le dava un aria professionale e al tempo stesso elegante. Lunghi capelli biondi lasciati sciolti sulle spalle, occhi di un azzurro intenso che spiccavano sul viso dall’incarnato color pesca, dai tratti perfetti. Questa donna, ricordò Victoria, era la ragione per cui Ian Michaels aveva voltato le spalle a una promettente carriera negli U.S. Marshals.

    «I suoi trascorsi con Ian potrebbero rappresentare un problema» disse, inarcando appena un sopracciglio.

    Nicole aggrottò la fronte. «Non la seguo.»

    Il candore con cui aveva parlato era solo simulato, e Victoria quasi sorrise. «Prima di assumere qualcuno qui, in agenzia, mi preoccupo di raccogliere tutte le informazioni possibili sul suo passato. Valuto con attenzione tanto le qualità, quanto i punti deboli; cerco di farmi un quadro completo della persona con cui avrò a che fare, tenendo soprattutto conto degli errori che ha commesso in passato. Mi risulta che lei abbia lavorato con Ian a un caso di una certa importanza, tre anni fa. Il caso Solomon.»

    L’espressione di Nicole si fece guardinga. «Esatto.»

    «Sono anche al corrente della relazione sentimentale che c’è stata tra voi. E di come poi abbia influito sull’esito del caso» aggiunse Victoria.

    «Raymond Solomon è morto. Io e Ian facemmo del nostro meglio, ma non riuscimmo a salvargli la vita. Fine della storia.»

    Un incarico che i due non avevano portato a buon fine, quindi. Ma non era comunque questo il punto, per Victoria. Nicole Reed aveva bisogno di aiuto, di quel genere di aiuto che la Colby Agency era fiera di poter dare ai suoi clienti. Perciò si sporse sulla scrivania e premette il tasto dell’interfono. «Mildred, vedi se Ian è libero. E chiedigli di venire nel mio ufficio.»

    Nicole guardò altrove. Doveva costarle parecchio chiedere aiuto proprio a Ian, immaginò Victoria. Dopotutto, Ian aveva dovuto mettere bruscamente fine alla sua precedente carriera per colpa di quella donna.

    «La nostra agenzia può fare molto per aiutarla» disse. E Nicole si rilassò visibilmente. «A mio modesto parere, non credo che Ian sia la persona più adatta a proteggerla» continuò. «Ma lasceremo che sia lui a decidere.»

    Nicole alzò e riabbassò una spalla. «Mi sembra giusto.»

    Nell’attimo in cui Ian entrò nella stanza, poco dopo, Nicole comprese di aver sopravvalutato il potere curativo del tempo. Lui si irrigidì all’istante mentre i suoi occhi grigi si velavano di una chiara indifferenza. La sua espressione era la stessa che le aveva opposto l’ultima volta che si erano visti: assolutamente traboccante di malcelato disprezzo.

    «Ricorderai la signorina Reed, immagino» annunciò Victoria, rompendo un imbarazzato silenzio.

    Gli occhi duri di lui non si staccarono da quelli di Nicole. «Come no?»

    Nicole si sforzò di ignorare il lungo brivido procuratole dal suono di quella voce. Profonda. Sensuale. Resa inconfondibile da un leggero accento europeo. Il tipo di voce che evocava sogni incredibilmente erotici. Immagini di lenzuola aggrovigliate, di lunghe notti infuocate. Dal primissimo istante in cui Nicole lo aveva incontrato, quell’uomo le aveva acceso dentro un desiderio travolgente. Non doveva far altro che guardarla negli occhi e parlarle, per farla sciogliere completamente. E malgrado quel che era accaduto tra loro, e quei tre anni di separazione, l’effetto che Ian aveva su di lei non era mutato. Purtroppo.

    Deglutì rumorosamente, si alzò e tese la mano, costringendosi a sorridere. «Che piacere rivederti, Ian.»

    Lui le squadrò da capo a piedi il corpo con occhi ingannevolmente svogliati. Poi le fissò a lungo la mano, prima di stringerla. Rispose al saluto con un breve cenno del capo, interruppe la stretta di mano e si rivolse a Victoria. «Volevi vedermi?»

    «Sì. Accomodati.»

    Mentre Victoria, presa la parola, riassumeva a Ian la conversazione che si era svolta in quello stesso ufficio poco prima, Nicole la ascoltava distrattamente. Non riusciva a staccare gli occhi dall’uomo che ora sedeva alla sua destra. Alto e attraente come lo ricordava. Una presenza imponente, ancora capace di mozzarle il respiro. I folti capelli neri erano appena più lunghi di come li portava, tre anni prima. E l’abito era più elegante, probabilmente un Armani, ma il colore era lo stesso. Nero. Ian vestiva sempre di nero.

    Sicuramente era in gamba come quando lo frequentava lei, se non di più. Nessun evaso riusciva a sfuggirgli. Non c’era testimone a cui riuscissero a chiudere la bocca se avevano affidato a Ian la sua incolumità.

    Ian Michaels era uno che non sbagliava mai. Per questo gli avevano affidato il caso Solomon, tre anni prima.

    E per questo motivo avevano affidato lo stesso caso a Nicole: per assicurarsi che Ian fallisse.

    Ora, sia pure col ricordo ancora bruciante di quel tradimento, era venuta a chiedere aiuto proprio a lui. Nicole trattenne il fiato mentre aspettava di conoscere la decisione di Ian: Victoria gli aveva appena chiesto se era disposto ad accettare l’incarico.

    «Victoria ti assegnerà uno dei suoi uomini migliori» disse Ian, trapassandola con un’occhiata glaciale. «Ma ho paura che quell’uomo non sarò io.»

    «Sei convinto?»

    «Convintissimo.» Ian non si girò. Sapeva di aver deluso Victoria, ma non gli importava. Per ora, voleva solo veder salire Nicole sulla macchina che aveva lasciato nel parcheggio, quattro piani sotto di loro. Nicole era andata via come se il suo rifiuto non le importasse, ma non era così. La conosceva troppo bene: aveva intercettato il lampo di sconfitta nei suoi occhi. Quasi sorrise. Certo, non sarebbe bastato questo a pareggiare i conti con lei.

    «Non ti preoccupa il fatto che si sia rifiutata di lavorare con Alex?» incalzò Victoria, forse nel tentativo di smuovere la sua coscienza.

    Che già gli rimordeva parecchio.

    «E perché dovrei preoccuparmi?» mentì Ian, spudoratamente. Non gli importava più niente di Nicole Reed. Sebbene il suo corpo, vedendola, avesse reagito come se quei tre anni fossero stati un giorno. Nicole. L’agente dell’FBI che era stata capace di giocare con lui, e di mandargli in fumo la carriera. Una donna che, per ambizione, era stata pronta a sacrificare la vita di un uomo. Come aveva potuto? Ian non avrebbe mai avuto risposta a quella domanda. E comunque ormai non aveva importanza. Il passato non si può cambiare. Solomon era morto.

    «Nicole è capace di badare a se stessa» disse in risposta alla domanda di Victoria, con una voce che suonò aspra alle sue stesse orecchie.

    Ma Victoria aveva qualcos’altro da aggiungere, perché si alzò dalla sua poltrona e lo affiancò, davanti alla finestra. Guardò anche lei in basso, in direzione del parcheggio. Nicole marciava impettita verso la macchina con cui era arrivata.

    «Non so esattamente come andò a finire tra voi, ma so per certo che quella donna è in pericolo.»

    Ian tenne lo sguardo fisso sulla cascata di capelli biondi mossi dal fresco vento settembrino sulle spalle di Nicole. Com’era possibile che anche solo la vista di lei bastava a farlo ardere di desiderio? Pur sapendo quel che sapeva? E perché Nicole era venuta a chiedere aiuto proprio a lui, avendo la certezza che avrebbe rifiutato?

    Doveva essere disperata.

    Ma Victoria aveva lasciato la decisione a lui, e Ian aveva deciso. Era stata Nicole, poi, a rifiutare di essere affiancata da un altro agente. Era un problema suo. Che se lo risolvesse da sola.

    «Forse cambierà idea» si augurò Victoria.

    «Non credo proprio» pensò Ian ad alta voce. Nicole era troppo orgogliosa. Il fatto che fosse venuta a cercarlo significava che sapeva di correre un pericolo davvero grave, ma non sarebbe tornata indietro strisciando per accettare di farsi proteggere da qualcuno che considerava un ripiego. Strisciare non era mai stato nel suo stile.

    «Allora spero che tu abbia ragione.» Victoria si allacciò le braccia sul seno. «Spero che sia davvero in grado di badare a se stessa.»

    «La cosa ha smesso di riguardarmi tre anni fa» disse ancora Ian. Ma chi stava cercando di convincere? Victoria o se stesso?

    Non finì di chiederselo che un’esplosione fece tremare il vetro della finestra, a pochi centimetri dalla sua faccia. Pezzi di quella che fino a un attimo prima erano stati un’automobile volarono in tutte le direzioni. Una nuvola di fumo nero si alzò verso il cielo dallo scheletro della vettura in fiamme. Il cuore di Ian sobbalzò. Frugò con lo sguardo il parcheggio, passando in rassegna i passanti spaventati che correvano in cerca di un riparo.

    E Nicole? Che fine aveva fatto? Era ancora viva?

    1

    La terra tremava sotto i suoi piedi. Un muro invisibile sbatteva contro la sua faccia, scaraventandola per terra. Un dolore alla testa. Terribile...

    Nicole cercò di aprire gli occhi. Di lottare contro quel vortice buio nel quale veniva risucchiata. Doveva svegliarsi. Correre via. Ma il suo corpo si rifiutava di collaborare. Non riusciva a muoversi. Non riusciva nemmeno a urlare.

    Udì un rantolo. Capì che fuoriusciva dalla sua bocca e si rassicurò: non era ancora morta. Un dolore le esplose nella testa. Anche quello significava che era ancora viva. Provò a muoversi, ma bastava un leggerissimo spostamento della testa per procurarle una fitta lancinante alla base della nuca. Si lamentò con un gemito.

    «Va tutto bene, Nicole.»

    Si bloccò. Quella voce...

    Sollevò le palpebre e dovette sforzare gli occhi per mettere a fuoco la sagoma indistinta china su di lei. Il viso che aveva invaso i suoi sogni in quegli ultimi tre anni. «Ian...»

    «Sì. Non è successo niente.»

    Nicole tornò a chiudere gli occhi. E ricordò tutto. L’esplosione. Ian che accorreva in suo aiuto. L’aveva accompagnata in ospedale. Si era assicurato che non avesse niente di rotto. Poi se l’era portata a casa. Ricordò anche di essersi addormentata, esausta, tra le sue braccia.

    «La testa...» mormorò, riaprendo gli occhi.

    «Fa male, lo so. Passerà» disse Ian, scostandole una ciocca di capelli dal viso.

    Ian. Che solo poche ore prima aveva rifiutato di accettare l’incarico! Ricordando anche questo, Nicole si rizzò a sedere di scatto. Così velocemente che la testa riprese a pulsarle. Se la massaggiò con una mano. «Perché mi hai portata qui?»

    «Il dottore ha detto che eri ancora sotto shock. E che non dovevi restare sola.»

    La mano di Nicole si spostò su una tempia. «L’esplosione...»

    «Hanno fatto saltare in aria la tua macchina. Cioè, quella che avevi preso a nolo» puntualizzò Ian. «Mi sono occupato io della denuncia, quando è arrivata la polizia. Ora perché non mi dici in che razza di pasticcio ti sei cacciata?»

    Stavolta ci era mancato davvero poco, rifletté Nicole, costringendosi a respirare lentamente per calmarsi. Aveva bisogno di ritrovare tutta la sua lucidità. Si guardò intorno, nella stanza buia. La stanza di Ian. Il suo profumo, così familiare, la avvolse interamente.

    Forse perché era distesa nel suo letto. Nel suo letto...

    Sì, ma perché Ian l’aveva portata a casa sua, dopo essersi rifiutato categoricamente di aiutarla? Impossibile che ci avesse ripensato.

    «Devo andare» farfugliò, scostando le coperte. Non era al sicuro lì. Né da nessun’altra parte.

    «Dobbiamo parlare.»

    Istintivamente, Nicole rotolò dall’altra parte del letto, in modo che lui non potesse fermarla. Si mise in piedi, e subito si pentì di averlo fatto. La testa riprese a pulsarle dolorosamente. Non proprio un trauma cranico, aveva detto il dottore, ma aveva preso una bella botta alla testa. Si sarebbe sentita intontita per un paio di giorni, ma a parte questo poteva ritenersi fortunata. Non doveva far altro che starsene a riposo.

    Il problema era che Nicole non aveva due giorni per riposarsi. Non aveva tempo da perdere. Aveva un testimone da rintracciare e da trasferire in un posto più sicuro. E non poteva farlo attraverso i canali ufficiali. C’era qualcuno che la voleva morta. Ma come avevano fatto a rintracciarla fino a Chicago? Era stata così attenta a non commettere errori! E nessuno conosceva i suoi spostamenti.

    Eppure l’avevano trovata. E avrebbero continuato a seguirla, ovunque fosse andata.

    Ma Nicole aveva bisogno delle sue cose. Doveva correre il rischio di tornare in albergo a prendere la valigia? Le serviva almeno un cambio di vestiti.

    Già, i vestiti...

    Abbassò lo sguardo, rendendosi conto di non avere addosso nient’altro che il reggiseno di pizzo lilla e lo slip dello stesso colore.

    «Che fine hanno fatto i miei vestiti?» chiese a Ian, che la torreggiava dalla sua posizione, oltre l’altra sponda del letto.

    Il suo sguardo, sia pure nella semioscurità della stanza, la percorse lentamente. «Li ho messi a lavare. D’altronde, ho pensato che così saresti stata più comoda» aggiunse, in quel tono calmo che non mancava mai di farla infuriare.

    Il tono di chi decideva per tutti e due, e non ammetteva repliche. Insomma, Ian non aveva intenzione di lavorare con lei, ma, vedendola in difficoltà, si era prontamente fatto avanti. Era il suo stile. Ian Michaels faceva sempre la cosa più giusta. E non sbagliava mai.

    A parte una volta. Una sola.

    Dopo quel fallimento, le aveva voltato le spalle come se lei non fosse mai esistita. Come se quello che avevano condiviso non avesse avuto nessuna importanza. Non le aveva concesso il beneficio del dubbio. Non aveva aspettato che lei gli spiegasse come stavano le cose. Aveva girato sui tacchi e se ne era andato.

    Perché lei lo aveva tradito. Il fatto che Nicole avesse semplicemente svolto il suo lavoro non era rilevante... ammesso che avesse potuto dirgli tutta la verità. Niente di quel che avrebbe potuto dire avrebbe cambiato l’idea che Ian si era fatto di lei. Se poi fosse stato capace di provare delle emozioni, forse avrebbe avuto una qualche reazione. Rabbia. Dolore. Rimpianto... Qualunque cosa! E invece niente. Perché Ian Michaels era fatto così. Si era addestrato a non provare niente. Per nessuno. Nicole lo aveva capito tre anni prima. A sue spese.

    «Dammi i miei vestiti!» esclamò, improvvisamente arrabbiata con se stessa per aver permesso che Ian la portasse lì, a casa sua.

    «Ti ho già detto che li ho messi a lavare.»

    «Ho sbagliato a cercarti. Sto solo sprecando tempo.» Nicole provò a oltrepassarlo,

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