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Nessuna difesa: Harmony Destiny
Nessuna difesa: Harmony Destiny
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E-book149 pagine2 ore

Nessuna difesa: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Chi ha scattato quelle foto "rubate" ad Allison? E quali sono le sue intenzioni? È quello che si chiede Oliver Westcott, un ricchissimo imprenditore che, preoccupato per la incolumità della bellissima figlia, ingaggia Thomas Kane affinché la protegga da eventuali malintenzionati e le dia lezioni di autodifesa. Allison è così bella, ma molto ribelle e non sembra gradire quella costante presenza nella sua vita. Tuttavia la passione ha il sopravvento e ancora prima che il caso sia risolto succede che...
LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2017
ISBN9788858965542
Nessuna difesa: Harmony Destiny
Autore

Barbara McCauley

Coltiva molti interessi, fra cui la scrittura. E proprio la passione che ha per i romanzi d'amore l'ha portata a diventare un'autrice di successo.

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    Anteprima del libro

    Nessuna difesa - Barbara McCauley

    successivo.

    1

    Era fermo alla finestra, in attesa, l'espressione spassionata, a osservare il traffico sottostante. Quando il furgoncino azzurro accostò davanti al palazzo di vetro e cristallo, lo riconobbe immediatamente, così come sapeva che avrebbe riconosciuto lei pur non avendola mai vista prima. Quasi ad annunciare il suo arrivo, un fulmine squarciò il cielo di Seattle, subito seguito da un tuono che fece tremare il vetro della finestra dell'ufficio.

    Solo cinque ore prima, non aveva mai sentito parlare di Allison Elizabeth Westcott, ma ora avrebbe potuto dire che cosa prendeva a colazione, dove comperava i vestiti e persino dove faceva benzina. Era alta un metro e settantacinque, aveva capelli castani e occhi verdi. Sapeva anche che aveva un neo sul seno sinistro, una cicatrice sul ginocchio destro dovuta a un incidente a cavallo che aveva posto fine alla sua carriera di ballerina due anni prima, e che si era procurata una multa per eccesso di velocità. Una multa contro la quale si era battuta vincendo la causa, ricordò con un fremito di ammirazione.

    Quelle sue conoscenze sarebbero potute essere considerate una violazione della privacy, ma non se ne preoccupava. Quando aveva un lavoro da svolgere, null'altro aveva importanza per lui. Faceva il proprio dovere assicurandosi che nessuno ne soffrisse.

    Guardò l'orologio e attese.

    Quando Allison accostò davanti al Westcott Pavilion, pioveva a dirotto e il temporale infuriava con tuoni e lampi che si susseguivano a distanza ravvicinata.

    Guardò fuori del parabrezza il cielo grigio, pensando di aspettare che la furia si calmasse, ma la tristezza che aveva colto nella voce del padre quando l'aveva chiamata al St. Martin's Center per chiederle di raggiungerlo in ufficio non le permetteva esitazioni.

    Inspirando a fondo, aprì la portiera e si precipitò verso le porte di cristallo fumé.

    Prese l'ascensore, salì al dodicesimo piano ed esitò alla vista di due uomini in abito scuro fermi davanti alla porta dell'ufficio di suo padre. Anche se non era insolito che ci fossero in giro dipendenti o clienti, in quei due uomini c'era qualcosa che le provocò un nodo alla bocca dello stomaco. Non li conosceva, ma aveva la netta sensazione che loro sapessero benissimo chi era lei e che la stessero aspettando.

    La signora Harwood, la segretaria del padre, era al telefono. Alzò gli occhi e le fece segno di entrare nell'ufficio privato del padre.

    Che cosa stava succedendo? si chiese Allison notando l'espressione severa sul viso della signora Harwood. La donna in genere era sempre pronta al sorriso.

    Il padre era seduto alla sua scrivania, assorto nelle pratiche che aveva davanti. Assomigliava all'eroe sportivo che era stato un tempo piuttosto che al presidente di una azienda di computer, una società che aveva fondato con un prestito di cinquemila dollari ottenuto da una banca di cui era ora uno dei maggiori azionisti. Spaventato, alzò lo sguardo dal suo lavoro quando sentì chiudere la porta.

    «Papà, chi sono quei tipi là fuori...»

    Fu allora che vide l'altro uomo. Era fermo alla finestra d'angolo, le braccia conserte, lo sguardo fisso su di lei. Allison tentennò, ma non fu solo la scoperta di non essere sola con il padre a farle battere il cuore più forte. Fu l'intensità dello sguardo di quello sconosciuto.

    Aveva i capelli corvini, gli occhi blu scuro, l'espressione intelligente e completamente priva di emozioni. Ed era alto. Poco meno di uno e novanta, e anche con il cappotto rivelava la corporatura di un atleta: spalle larghe, vita stretta, gambe e braccia muscolose. Allison ebbe la sensazione che avrebbe potuto muoversi alla stessa velocità del fulmine che illuminava il cielo in quel preciso momento.

    Si rivolse di nuovo al padre. «Scusami, non sapevo che avessi visite. Posso tornare...»

    Oliver Westcott scosse il capo. «Siedi, Allison.»

    Lei si avvicinò alla scrivania, ma non si sedette. «Di che cosa si tratta?»

    «Forse non è niente di importante» rispose Oliver. «Ma tanto per andare sul sicuro, ho chiesto di rafforzare il servizio di sorveglianza qui nel palazzo e ho chiamato il signor Kane. Kane, lei è mia figlia, Allison. Allison, Thomas Kane.»

    «Piacere di conoscerla, signor Kane.»

    Lui annuì. «Kane è sufficiente.»

    Allison annuì a sua volta, poi riportò l'attenzione sul padre. Capì che stava nicchiando, come sempre quando era preoccupato. Molto preoccupato. «Che cosa vuol dire, andare sul sicuro? Che cosa è successo?»

    Oliver sospirò, poi raccolse i fogli sulla scrivania e glieli passò. Prendendoli, lei si rese conto che non erano documenti, ma fotografie in bianco e nero. Vi diede una rapida scorsa. Erano tutte foto di lei e del padre.

    «Me le ha date stamattina l'ispettore Carlos Fandino del dipartimento di polizia di Seattle» disse lui, serio in viso. «Hanno sviluppato un rullino trovato sotto il sedile di un'auto rubata.»

    Lei guardò le foto con maggiore attenzione. Le prime ritraevano suo padre che usciva dal palazzo, le tre successive erano state prese al ristorante dove avevano pranzato insieme due giorni prima. Confusa, continuò a esaminare le altre. In esse, appariva lei sola che saliva in auto dopo avere fatto spese o mentre usciva dal suo appartamento.

    Provò un brivido lungo la schiena. Chi le aveva scattate? Quando? Non aveva mai visto nessuno con una macchina fotografica.

    Arrivata all'ultima foto, si raggelò. Era lei, presa a distanza con un teleobiettivo. Sapeva esattamente quando era stata fatta: la settimana prima, la sera in cui aveva dormito a casa del padre dopo la sua festa di compleanno. Era seduta alla toeletta nella sua camera al primo piano.

    E aveva addosso solo un reggiseno e le mutandine.

    Kane osservò Allison che si lasciava cadere lentamente nella poltroncina. Il viso, solo pochi momenti prima accaldato per la corsa sotto la pioggia, era ora cereo e le dava l'aspetto di una bambola di porcellana spaventata. Fissando le sue labbra si rese conto che erano più larghe e più piene di come gli erano parse nelle foto.

    Era molto più bella di persona, decise, ma non capì perché. Forse per come fiammeggiavano i suoi capelli castani illuminati dalle luci fluorescenti o forse per la tonalità di verde dei suoi occhi che dava sul blu e che gli ricordava una statuetta di giada. Qualunque cosa fosse, si sentì turbato.

    «Io... non capisco» mormorò lei. «Chi è stato a farle?»

    Kane mise le foto sulla scrivania, poi si sedette sul bordo. «Non lo sappiamo ancora. La polizia sta verificando quella che sembra l'impronta di un pollice.»

    Lei si raddrizzò e guardò il padre. «Hai ricevuto minacce?»

    Oliver scosse il capo. «Non eravamo gli unici su quel rullino, Allison. C'erano altre due persone, due uomini d'affari molto conosciuti. Vivono tutti e due a Fox Island, a due o tre isolati da noi, e sono entrambi ricchi.» Corrugò la fronte. «E quello era solo un rullino. Chissà quante altre persone hanno fotografato.»

    «Che cosa dice la polizia?»

    Oliver sospirò con una nota di esasperazione. «Non ci sono state minacce effettive, solo un pazzo che ha fatto delle foto e che non siamo nemmeno in grado di identificare.»

    Allison guardò Kane, poi di nuovo il padre. «Quelli della sorveglianza dovrebbero essere in grado di gestire dei fotografi pervertiti, papà. Non capisco perché tu ti sia rivolto al signor Kane.»

    «È solo una precauzione, Allie.» Oliver sorrise, rassicurante. «Dovrò andare a Los Angeles per un paio di giorni e mi sentirò meglio sapendo che c'è Kane a tenere d'occhio la situazione.»

    Allison conosceva abbastanza bene il padre da capire che non era stato del tutto sincero. Spostò lo sguardo su Kane. Qualcosa le diceva che solo lui poteva darle una risposta diretta.

    «Signor Kane, mio padre ha passato tutta la vita a proteggermi. Capisco quando mi nasconde qualcosa. Le sarei grata se mi dicesse che cosa lo preoccupa.»

    Kane lanciò un'occhiata interrogativa a Oliver, che sospirò e annuì. Riportò lo sguardo su Allison. «Sequestro.»

    «Sequestro?» Allison scosse la testa, incredula. «Potrei capire una persona famosa o un politico, ma se è solo questione di soldi, ci sono molte persone a Seattle molto più ricche di noi.»

    «Quelli che a lei possono sembrare spiccioli, potrebbero significare una fortuna per uno di quei tipi. Cercano un bersaglio facile. Il semplice fatto che lei lo ritenga improbabile, la rende un bersaglio facile. Nel caso non lo sapesse, i sequestri sono diventati piuttosto di moda.»

    Lei si adirò per il tono condiscendente, ma non poté confutare la verità delle sue parole. L'anno prima, uno dei soci del padre era sfuggito per un pelo a un tentativo di sequestro e sei mesi addietro i giornali erano pieni di articoli sul dirigente di una TV via cavo che era stato fatto scendere dalla sua auto da un tipo che gli aveva puntato una pistola alla tempia.

    «Che cosa le fa pensare che sia una minaccia di sequestro?» domandò. «Non potrebbe trattarsi di ricatto o altro?»

    Kane fece un gesto spazientito. «Non sono molti i fotografi che rubano auto per fare fotografie. Nelle foto non c'è niente di incriminante che faccia pensare a un ricatto e non ci sono state richieste di denaro.»

    Oliver assunse un tono autoritario. «Allison, starò via per un paio di giorni. Kane ha rafforzato il servizio di sicurezza a casa e voglio che tu resti là finché avranno preso quel tipo.»

    Lei fece per protestare, ma si rese conto che non era una richiesta irragionevole. Inoltre, dormiva là abbastanza spesso e aveva ancora la sua camera al piano di sopra. Emise un lungo sospiro, poi annuì. «D'accordo, papà. Se ti fa sentire meglio.»

    Colse il sollievo negli occhi del padre.

    «Un'altra cosa» disse lui schiarendosi la voce. «Dovrò chiederti di prenderti un paio di giorni di vacanza.»

    Allison fissò il padre, sbalordita. Sapeva quanto importante fosse il centro per lei. I bambini erano la sua vita. Non poteva rinunciarci, nemmeno per un paio di giorni.

    Scuotendo il capo, si alzò e si spostò dietro la sedia. «Non posso farlo, papà. In questo momento siamo a corto di personale e uno dei ragazzi, Billy, verrà dimesso oggi dall'ospedale dopo un intervento all'orecchio. Gli ho promesso che sarei passata da lui domattina.»

    «Allison, ti prego» insistette Oliver con pacata disperazione. «Ho corso molti rischi in vita mia e, se si trattasse solo di me, non ci penserei due volte. Ma in quelle foto compari anche tu. Sei la cosa più importante della mia vita e non voglio correre rischi. Ogni volta che sei in pubblico ti esponi al pericolo. Kane e io abbiamo già stabilito che la cosa migliore per te è restare in casa...»

    «Kane e tu avete stabilito?» ribatté lei, furiosa all'idea che un

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