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Un'avventura col capo: Harmony Collezione
Un'avventura col capo: Harmony Collezione
Un'avventura col capo: Harmony Collezione
E-book159 pagine2 ore

Un'avventura col capo: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Una collaborazione fin troppo personale.

Dal momento in cui finisce inavvertitamente fra le braccia di Nikolai Korovin, Alicia Teller vede sgretolarsi lentamente il proprio ferreo autocontrollo, cosa alla quale non è preparata. E che, soprattutto, non aveva assolutamente previsto.

Nikolai non è abituato a mischiare il dovere con il piacere: gli affari vengono da sempre prima di tutto il resto per lui. Quando si imbatte in Alicia, però, ogni sua certezza comincia a vacillare.

LinguaItaliano
Data di uscita22 dic 2014
ISBN9788858929308
Un'avventura col capo: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Un'avventura col capo - Caitlin Crews

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Not Just the Boss’s Plaything

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2013 Caitlin Crews

    Traduzione di Leonora Sioli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5892-930-8

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    Avrebbe preferito essere sottoposto a una tortura piuttosto che trovarsi lì.

    Nikolai Korovin si fece strada con passo deciso in mezzo alla gente, senza preoccuparsi di nascondere quanto detestasse quell’ambiente.

    Si trovava in uno dei club più esclusivi di Londra, stando a quello che gli avevano detto le sue assistenti, e questo significava che era accerchiato da persone più o meno famose, trendy e alla moda. In effetti pareva che tutti i VIP di Londra si fossero riuniti lì quella sera. Veronika, dunque, con le sue manie di grandezza, non poteva essere lontano.

    «Vuoi un drink?» gli domandò una ragazza dai lunghi capelli neri e le labbra rosso fuoco, con un atteggiamento che avrebbe dovuto sedurlo, ma che in realtà lo fece innervosire ancora di più. «O qualcos’altro? Posso darti tutto ciò che vuoi.»

    Nikolai aspettò con impazienza che la ragazza smettesse di ridacchiare e lo guardasse negli occhi, perché quando lo fece, come previsto, impallidì e se ne andò, come se avesse visto il diavolo in persona.

    E lui lo era, in effetti.

    Dopo avere fatto per due volte il giro di quel caotico locale, squadrando ogni singola persona, sia quelle in piedi al bancone, sia quelle sedute nei salottini, Nikolai si fermò davanti ai due grandi altoparlanti e, semplicemente, aspettò.

    La musica, se così si poteva chiamare quel baccano, era assordante. Il ritmo martellante gli penetrava nelle ossa come se lui fosse stato il bersaglio di una mitragliatrice.

    Brontolò qualcosa nella sua lingua madre, il russo, ma le sue parole vennero coperte dal rumore. Che tortura!

    Odiava quel posto. Odiava tutti i posti simili a quello in cui era stato da quando aveva cominciato la sua piccola e snervante ricerca. Detestava quello spettacolo. Detestava lo sfarzo, lo spreco. Veronika, al contrario, adorava quel tipo di ambiente e chi lo frequentava, considerando con chi si faceva vedere in giro ultimamente.

    Veronika. Il nome di sua moglie gli scivolò addosso come una serpe - ciò che lei appunto era sempre stata - ricordandogli per quale ragione si stava sottoponendo a quello stillicidio.

    Voleva scoprire la verità, finalmente. Veronika era l’unica questione rimasta in sospeso nella sua vita e desiderava avere delle risposte per poter voltare pagina una volta per tutte.

    «Non ti ho mai amato» gli aveva detto, con la sigaretta in mano, le labbra rosse, e le valige già pronte. «Non ti sono mai stata fedele, se non per sbaglio.» E poi gli aveva sorriso, facendogli capire che in fondo lei era come lui, in un modo o nell’altro: un’arma nascosta davanti agli occhi di tutti. «Inutile dire che Stefan non è tuo. Quale donna sana di mente metterebbe al mondo un figlio tuo?»

    Per quanto fosse rimasto sorpreso dalla decisione di Veronika di andarsene, Nikolai non aveva replicato e non aveva fatto nulla per fermarla, poiché era perfettamente consapevole della verità.

    Sapeva chi era. O, meglio, sapeva che cosa era. E sapeva molto bene chi era lei.

    Veronika era una donna ambiziosa e avara che amava il lusso, le feste e gli uomini straricchi. Ultimamente era stata vista ai ricevimenti più esclusivi d’Europa e non solo, da Berlino alle Mauritius, e si era stabilita in una sfarzosa dimora a Londra.

    Avendo fatto parte delle Forze Speciali Russe, per Nikolai era stato un gioco da ragazzi rintracciare una donna ambiziosa ma non molto furba come Veronika. E così aveva scoperto che abitava in una specie di fortezza a Mayfair, con il figlio di uno sceicco, che passava la propria vita sperperando le ricchezze del padre. Non gli sarebbe stato difficile eludere il servizio di sorveglianza per riuscire a incontrarla, anzi sarebbe stato divertente. Il problema era che avrebbe scatenato un incidente diplomatico se lo avesse fatto.

    Perché ora Nikolai non era più un soldato. Non era più lo specnaz che poteva schiacciare tutto e tutti per raggiungere i propri obiettivi, e che si era guadagnato la fama di essere un uomo spietato proprio perché aveva sempre portato a termine le proprie missioni, a qualsiasi costo. Si era tolto di dosso quei panni - perlomeno in apparenza - da sette anni ormai e poi, ironia della sorte, era diventato un filantropo conosciuto a livello internazionale. Gestiva infatti la Fondazione Korovin, la grande organizzazione benefica che aveva creato con suo fratello Ivan, dopo che Ivan si era ritirato dalla carriera di attore hollywoodiano. Era un abile investitore, che aveva saputo farsi conoscere tanto per la sua magnanimità, quanto per la sua determinazione. In pratica, era un lupo travestito da agnello.

    Le persone credono a quello a cui vogliono credere. E lui lo sapeva meglio di chiunque altro.

    Essendo cresciuto nella Russia post-sovietica, dove crudeli oligarchi avevano una grande influenza e i signori della guerra, assetati di potere, lottavano come cani affamati, aveva imparato a riconoscere gli uomini molto ricchi e a trattare con loro. Si diceva infatti che possedesse un dono, poiché riusciva a ottenere generose donazioni anche dagli sponsor più riluttanti. Lui, però, sapeva che questo non era un dono, ma semplicemente una delle tante lezioni che aveva imparato in guerra. Individuava la preda e andava all’attacco.

    Del resto, tutto per lui era una guerra.

    Il problema era che adesso, avendo raggiunto una certa posizione sociale, non poteva permettersi di fare irruzione nella casa londinese del figlio di uno sceicco, senza pensare alle conseguenze. Un multimilionario filantropo, con un fratello che era stato una star, doveva seguire delle regole che un soldato avrebbe potuto infrangere. Doveva essere, in una parola, diplomatico.

    Ecco perché ora non gli restava altro da fare che rimanere lì immobile ad aspettare.

    Avrebbe voluto sbuffare, ma non lo fece. Inspirò ed espirò lentamente, ignorando le tre ragazzine che saltellavano di fronte a lui, in preda agli effetti dell’alcool e forse delle droghe.

    Mentre le luci a intermittenza lampeggiavano, continuò a guardarsi intorno, controllando dalla sua posizione strategica le persone che entravano nel locale.

    Era certo che prima o poi Veronika sarebbe arrivata e a quel punto finalmente lui avrebbe scoperto che cosa, di quello che gli aveva detto sette anni prima, era vero e che cosa era stato inventato per ferirlo.

    Aveva rimandato per tanto tempo perché aveva voluto sperare che Stefan fosse suo figlio, come Veronika gli aveva fatto credere per i primi cinque anni di vita del bambino. Pensare di avere un figlio gli aveva dato l’illusione di avere fatto almeno una cosa buona nella vita, anche se solo per sbaglio.

    Si era reso conto però che questa illusione lo aveva reso debole e ora non voleva più esserlo. Avrebbero fatto il test del DNA così avrebbe avuto la certezza che Stefan non era suo figlio, e a quel punto anche questo capitolo sarebbe stato chiuso definitivamente.

    «Devi mettere ordine nella tua vita» gli aveva detto due anni prima Ivan, l’unico punto fermo che ci fosse mai stato nella sua esistenza. La sola persona che sapeva che cosa avevano subito dallo zio, dopo che i loro genitori erano rimasti uccisi in un incendio. Poi Ivan lo aveva guardato come se fosse stato un estraneo e se ne era andato.

    Era stata l’ultima volta in cui si erano visti di persona e in cui avevano parlato di qualcosa che non fosse la Korovin Foundation.

    Nikolai non biasimava suo fratello maggiore per avergli voltato le spalle. Ivan era rimasto deluso perché preferiva credere in qualcosa che non esisteva piuttosto che accettare la triste realtà.

    Lui era diverso. A lui non era concesso il privilegio di illudersi, e di restare deluso.

    Le emozioni non facevano parte del suo modo di essere. Erano qualcosa di sfuggente. Erano bugie. Nikolai credeva solo nel sesso e nel denaro. Niente relazioni. Niente tentazioni. Niente vincoli, ora che Ivan era uscito dalla sua vita. Nessun rischio che qualcuna delle donne con cui era stato a letto lo cercasse, considerando che non aveva mai provato nulla per loro, e che loro non avevano mai provato nulla per lui.

    Per essere traditi, bisognava fidarsi di una persona.

    La sola persona di cui Nikolai si fosse mai fidato era Ivan, ma adesso si era liberato anche di questo legame.

    Meglio così. Perché Nikolai non aveva mai saputo come spiegare a Ivan - che aveva costruito la propria carriera recitando il ruolo dell’eroe buono, e che si era immedesimato talmente tanto da arrivare a credere che esistesse davvero qualcosa di buono - che certe cose non si potevano aggiustare.

    Gli sarebbe piaciuto poterlo fare. Gli sarebbe piaciuto essere semplicemente un uomo con una vita complicata in cui bisognava mettere un po’ di ordine.

    Ma lui non era questo. Non lo sarebbe mai stato. Perché per essere un uomo avrebbe dovuto possedere qualcosa che aveva svenduto tanti anni prima per diventare una macchina da guerra: un cuore.

    No, lui era un pezzo di ghiaccio. Una gelida, implacabile arma creata dalle mani esperte di suo zio, e perfezionata dalle Forze Speciali dell’esercito. Un essere vuoto, una fredda calcolatrice. Ecco perché era così bravo in ciò che faceva.

    E gli conveniva restare quello che era, perché avrebbe potuto perdere tutto se il gelo che c’era in lui si fosse sciolto, se il suo autocontrollo avesse ceduto.

    Ricordava molto bene come erano stati gli anni in cui aveva cercato conforto nell’alcool, le nottate di follia, la disperazione tramutata in violenza che lo aveva reso troppo simile allo zio che aveva tanto disprezzato. Non sarebbe più ripiombato in quell’incubo. Preferiva rimanere vuoto. Freddo. Privo di emozioni.

    Doveva solo parlare con Veronika, avere la certezza che Stefan non fosse suo figlio e poi avrebbe potuto vivere la propria vita nel gelo più totale.

    Alicia Teller perse la pazienza quando ricevette l’ennesima spinta che la fece quasi finire a terra. Forse era tutta colpa della stanchezza o forse, cosa più probabile, erano stati i ragazzini alla sua sinistra che, ormai ubriachi, ciondolavano da una parte all’altra della pista da ballo reggendosi in piedi a malapena.

    Sono troppo vecchia per tutto questo, si disse allontanandosi da loro e sentendosi

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