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Stregato da una vergine: Harmony Destiny
Stregato da una vergine: Harmony Destiny
Stregato da una vergine: Harmony Destiny
E-book153 pagine1 ora

Stregato da una vergine: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

La maledizione dei Barone: pericolo, inganno e passione! Nicholas Barone si trova tra capo e collo una bimba di un anno della quale non conosceva nemmeno l'esistenza: sua figlia. Un playboy rampante come lui ha bisogno assoluto di una babysitter. Infatti, la bella Gail Fenton fa tornare il sorriso sul volto della piccola Molly e... popola le fantasie notturne di Nicholas, che non sa più come tenere a freno i propri ormoni e governare il proprio cuore.
LinguaItaliano
Data di uscita10 giu 2016
ISBN9788858950920
Stregato da una vergine: Harmony Destiny
Autore

Leanne Banks

È una delle scrittrici più conosciute nel panorama degli autori dei romanzi d'amore, ne ha scritti più di quaranta. Durante tutta la sua carriera ha ricevuto diversi riconoscimenti tra cui quello del Romantic Times Career Achievement Awards nella categoria "Sensualità, amore e risate". I suoi libri sono molto apprezzati per le storie fortemente connotate dal punto di vista delle emozioni. I personaggi, poi, appaiono talmente reali, sfaccettati e calati nella realtà quotidiana che ogni lettore è in grado di ritrovarvi un po' di se stesso e della propria vita. Leanne è convinta che i lettori del genere rosa siano i migliori, perché hanno capito che l'amore è il miracolo più grande di tutti. Ed è questo che la spinge a scrivere a ritmo serrato prendendo spunto da tutto ciò che la circonda. Nonostante la grande popolarità, Leanne non ha mai voluto lasciare la sua amata Virginia dove vive con il marito e i due figli adolescenti. La scrittura non è la sua sola passione: il cioccolato, la musica e l'amore per l'avventura seguono a ruota rendendo la sua vita completa e appagata.

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    Anteprima del libro

    Stregato da una vergine - Leanne Banks

    regalo.»

    1

    Gail Fenton osservò la smagliatura nel collant e tirò giù l'orlo del vestito per nasconderla. Era anche una giornataccia per i suoi capelli, ma con la chioma rossa ribelle che si ritrovava non ricordava di aver mai avuto la testa a posto. Un'acconciatura perfetta non era probabilmente un requisito necessario per prendersi cura di una bambina di un anno, ma presentarsi sciatta e scarmigliata non avrebbe certo incrementato le sue possibilità di ottenere quel posto. Inoltre, se lei si sentiva così a disagio nell'elegante soggiorno della lussuosa villa di Nicholas Barone, come si sarebbe potuta sentire quella povera bambina?

    L'assistente del signor Barone, la signora Peabody, che, come le aveva spiegato, aveva lasciato apposta l'ufficio per assistere il suo capo in quei colloqui, la guardava da sopra gli occhialetti. «Il suo curriculum dice che lei ha conseguito una laurea in informatica. Come mai vuole fare la bambinaia?»

    Traduzione: è una stupida a rinunciare al prestigio di una posizione nel settore informatico per cambiare pannolini? Gail era ormai abituata a quella domanda e rispose con prontezza: «Trovo molto più gratificante lavorare con dei bambini. I bambini sorridono, ti abbracciano, ridono. I computer no».

    «Allora perché non si è presa una qualifica come educatrice d'infanzia o qualcosa di simile?» indagò la signora Peabody.

    «Per dar retta a mio fratello» confessò Gail. Adam aveva sempre esercitato una grossa influenza su di lei e, dopo la morte prematura dei loro genitori, lei si era sottomessa completamente alla sua autorità. Fino a quel momento. «Mio fratello mi ha incoraggiata a seguire degli studi d'informatica perché, sosteneva, si tratta di un mercato in via d'espansione e perché ho sempre avuto una certa predisposizione per i computer. Ma durante l'estate prima del diploma ho lavorato come babysitter e mi sono innamorata di questo mestiere. Dopo la laurea ho lavorato con la Manatee Computer Service. Quando la compagnia ha subito di recente una forte recessione, ho intravisto in questo l'opportunità di fare, finalmente, quello che mi piace. Lavorare con i bambini.»

    «In effetti le sue referenze sono eccellenti» commentò la signora Peabody. «Si rende conto che tale posizione le imporrebbe di venire a vivere in questa casa?»

    «Non è un problema, per me» assicurò Gail. «La mia coinquilina sta per sposarsi.»

    La signora Peabody annuì, pensosa. «Credo che il signor Barone dovrebbe conoscerla. La prego, attenda qui mentre io vado a chiamarlo.»

    Gail avvertì una specie di frullio nello stomaco. «Non mi muovo» disse, con un sorriso.

    Non appena la donna si fu allontanata, Gail si alzò in piedi e cominciò a camminare, nervosa, per la stanza. Alla sua età, venticinque anni, si stupiva dei suoi nervi saldi. Sebbene desiderasse tanto cambiare mestiere, non aveva creduto di possedere tutta quella determinazione per farlo.

    Si fermò davanti a una collezione di foto di famiglia appese alla parete.

    I Barone. Erano tanti e i loro nomi e i loro volti allietavano spesso la cronaca del Boston Globe, insieme alle pagine di economia e finanza. Gail si chiese come sarebbe stato avere tanti fratelli e sorelle, e provò una certa tristezza. Con la scomparsa dei suoi genitori erano rimasti solo lei e suo fratello. Anche se Adam era sempre molto generoso nell'elargirle consigli, non lo era altrettanto con il tempo che poteva dedicarle, preso com'era dalla sua carriera. Lei aveva, sì, un sacco di amici, ma da quando aveva concluso gli studi si sentiva un po' spaesata.

    Il suono di una voce femminile dal tono distinto e quello del pianto assordante di un bambino interruppero le sue fantasticherie. Gail sbirciò da dietro la porta e adocchiò un'anziana signora dai capelli rossi vestita con eleganza. Non aveva neppure un capello fuori posto, notò lei con ammirazione, mentre si lisciava distrattamente la folta massa di riccioli.

    La donna teneva in braccio una sbraitante bambina dai capelli scuri. Sollevò il capo con espressione avvilita e incontrò lo sguardo di Gail. «La nostra Molly è ancora in fase di ambientamento» spiegò.

    Incuriosita, Gail allungò il collo per dare meglio un'occhiata al suo potenziale incarico. «Molti di noi si sentono un po' spaesati appena svegliati. È incredibile che cosa siano in grado di fare un cambio di pannolino, un succo di frutta e un biscottino.»

    La donna sorrise e le si avvicinò. «Un cambio di pannolino per adulti?»

    «Be', bisogna ammettere che spesso noi adulti ci comportiamo come se avessimo indosso della biancheria troppo stretta, senza avere neppure la giustificazione di un pannolino bagnato!»

    La donna emise una risatina roca. «È proprio vero. Salve, sono Moira Barone e questa è la mia nipotina, Molly. Mi dispiace che non posso stringerle la mano.»

    «E io sono Gail Fenton. Piacere di fare la vostra conoscenza.» Gail rimase a bocca aperta di fronte alla bellezza della piccola. «Mio Dio, che splendore di bimba. Anche con il faccino rosso come un peperone.»

    Moira rise di nuovo, poi scosse il capo, impotente. «Credo che, se continua a strillare così, finirà con il sentirsi male.»

    Gail soffiò sul visetto della bambina. All'istante, Molly smise di strepitare e aprì gli occhi, le lunghe ciglia scure umide di pianto. Fissò Gail dritta negli occhi, protendendo il labbro inferiore, come se si stesse preparando per un altro pianto.

    «Cucù!» esclamò Gail, scomparendo poi di colpo dalla vista della bambina.

    Silenzio, seguito da un singhiozzo.

    Gail ricomparve. «Cucù» ripeté con un sorriso, ritraendosi nuovamente.

    Di nuovo silenzio. Molly ruotò il capo per cercarla.

    Gail ricomparve di nuovo. «Cucù.»

    Un lento sorriso incurvò la bocca di Molly.

    Moira scosse il capo, sbalordita. «Ho ben otto figli e mi ero completamente dimenticata del cucù

    «Troppi ricevimenti in giardino con le contegnose signore dell'alta società» echeggiò la voce di un uomo che comparve nella stanza accanto alla signora Peabody.

    Gail guardò il nuovo arrivato e rimase a bocca aperta. Oltre il metro e novanta, capelli nero corvino, lineamenti scolpiti e fisico tonico che gli procuravano, sicuramente, tappeti di donne ai suoi piedi. Lo sguardo severo nei suoi occhi la fece tremare. Altre donne avrebbero cercato di domarlo, ma lei non si sentiva così bella e affascinante da cimentarsi nella impresa di sedurre un uomo come Nicholas Barone. Si sarebbe limitata ad ammirarlo da lontano.

    Istintivamente, si voltò verso Moira. L'anziana signora era di certo un soggetto più rassicurante. «Il potere del cucù viene spesso sottovalutato, ma sono sicura che le sarebbe ritornato in mente, prima o poi.»

    «Probabilmente è vero. La necessità aguzza l'ingegno, no?» concordò la donna, posando poi lo sguardo sulla nipotina. «O la disperazione.»

    «E che cosa saprebbe del cucù un'esperta d'informatica?» domandò l'uomo, sprezzante.

    Gail si concesse una pausa più lunga del dovuto. Sospettava ci fosse una motivazione per quella sua aria da cinico; ciononostante detestava quel tipo di atteggiamento. Qualcosa le diceva che quello non era un uomo che si preoccupava di piacere agli altri.

    Affrontò il suo sguardo a testa alta, sicura della propria capacità di prendersi cura della figlia di quell'uomo, così come lo era della propria mancanza di fascino. «Potrei scrivere un trattato sul cucù. La cosa meravigliosa del cucù è che non richiede nessuna attrezzatura particolare e può essere utilizzato in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo. Tuttavia, esistono dei requisiti per tale gioco.»

    Lui inarcò un sopracciglio. «Che sarebbero?»

    «Senso dell'umorismo e una certa predisposizione a...» Gail si bloccò, lo stomaco in subbuglio per il modo in cui lui la fissava. Sentì un calore improvviso diffondersi in tutto il corpo.

    «A che cosa?» incalzò lui.

    Gail si schiarì la voce e pregò invano che le sue guance non avvampassero per l'imbarazzo. «Una... certa predisposizione da parte dell'adulto a mettere completamente sotto i piedi la propria dignità» concluse, quasi convinta di aver già perso la propria.

    Le labbra di lui si torsero leggermente in una specie di smorfia. «Ah, è così?» Nicholas diede un'occhiata al suo curriculum. «E come mai non trovo scritto qui specialista in cucù

    Gail rise, sollevata e divertita al tempo stesso. «Sapevo di essermi scordata di qualcosa!»

    «Nicholas Barone» si presentò lui, stendendo la mano e incontrando il suo sguardo.

    Lei accettò la stretta. «Gail Fenton, ma immagino che questo lei già lo sappia.»

    «Esatto. Ha già conosciuto Molly, vedo» aggiunse lui, guardando sua figlia. «Ciao, tesoro» disse alla piccola, posandole un bacio sulla fronte.

    Gail osservò la bambina fare il broncio, come se fosse sul punto di scoppiare di nuovo in lacrime.

    E come poteva biasimarla? Se Nicholas Barone metteva a disagio lei con la sua imponenza, figuriamoci come doveva apparire a una bimbetta di un anno soltanto.

    «La prego, mi segua in soggiorno» annunciò lui. «Ho alcune domande da rivolgerle.»

    «Certo» accettò Gail. «È stato un piacere conoscerla, signora Barone. E anche conoscere lei, signora Peabody» aggiunse, mentre il cerbero cominciava a muoversi.

    Gail seguì Nicholas in soggiorno.

    «Non mi ha neppure sorriso» constatò questi a voce alta, indicando a Gail di accomodarsi di fronte a lui sul divano.

    «È in soggezione» spiegò Gail.

    Nicholas scosse il capo, interdetto. «In soggezione?»

    «Be', sì, per la gente comune lei è piuttosto alto, ma per sua figlia è addirittura un gigante.»

    «Per la gente comune?» ripeté lui, strofinandosi il mento.

    «Sì, l'americano medio» si corresse Gail, riflettendo che Nicholas Barone doveva essere uno di quei tipi che, cascasse il mondo, si radevano tutti i giorni. «Qualcosa mi dice che non ha molta dimestichezza con l'idea di essere una persona comune» disse, mordendosi immediatamente le labbra. «Mi scusi, non sono affari miei.»

    Lui annuì. «Infatti. Però ha ragione. Ai Barone non è concesso di essere gente comune.» Poi, abbassò lo sguardo sul suo curriculum. «Ancora non capisco perché lei abbia deciso di fare la babysitter quando potrebbe aspirare a un posto di lavoro in una serie di aziende prestigiose.»

    Gail soffocò un grugnito. «Mi piace giocare al cucù» disse. «Ai computer no.»

    Lui rimase in silenzio, come se aspettasse la spiegazione vera.

    «Quando lavoro con i computer, non mi sembra di dare un apporto importante. Ma quando mi occupo di un bambino, mi sento quasi di poter plasmare il futuro. Adoro il senso di responsabilità che provo nel prendermi cura di un bambino» aggiunse poi Gail.

    «La signora Peabody mi ha detto che ha perso entrambi i genitori.»

    «Sì.»

    «Mi dispiace» disse lui, sorprendendola con il tono gentile della sua voce. «Ha un fratello, vero?»

    «Che ha cercato di manovrare la mia vita, sì.»

    Nicholas le scoccò un'occhiata interrogativa, stupendola con la sua capacità di estorcerle informazioni con la sola espressione del viso.

    «È stato lui a convincermi a intraprendere gli studi d'informatica» specificò Gail.

    «E come ha preso la sua decisione di fare la babysitter?»

    «Di quello che pensa lui non m'importa più. Per me conta solo piacere a lei e a Molly.»

    Lui annuì. «È fidanzata, per caso? O ha una

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